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Arancia ad orologeria
collettiva
Comunicato stampa
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L’arte si è sempre interessata – coinvolgendolo secondo differenti modalità
– al destino e alla conformità del LUOGO
(sfondo-paesaggio-contesto-rovina-città), adattandosi al suo mutare nella
forma e nel pensiero. E’ l’uomo che determina l’ambiente, vivendolo e
abitandolo, ma allo stesso tempo, trovandosi a “stare” in esso, ne viene
influenzato in modo determinante ed inconsapevole. Questo innesca una sorta
di loop ossessivo, che lega i vari elementi della narrazione in
un’articolata ragnatela di relazioni, che danno come risultante un organismo
complesso, fatto di umanità e proprio contesto, mobile perché in continua e
progressiva evoluzione.
L’ambiente - quel circostante avvolgente definito come luogo - diviene così
“epidermide” sociale organica che ricopre l’individuo multicellulare (la
società), costituito da un insieme di uomini dispersi, viaggiatori ciechi e
muti, del tutto assorti nell’impersonale compito di una sopravvivenza
metropolitana. Si tratta di un meccanismo minaccioso come “a clockwork
orange”, un’arancia ad orologeria, che verbalmente evoca un ordigno per sua
natura incapace di esplodere, ma pericoloso perché capace di nutrire il
terrore ideale, con le proprie vitamine psicologiche. Come ben evidenzia il
libro da cui abbiamo tratto aspirazione e ancor meglio il celebre capolavoro
cinematografico, è chiaro che – pur essendo ormai chiari i valori del
“luogo” che è venuto concretizzandosi nella contemporaneità – esso non può
non spaventare almeno un pochino.
La sua morfologia di “spazio standard”, sembra mettere in pratica
l’illusione della “macchina per abitare” che chiede, come gabella,
l’omogeneizzazione dell’uomo in termini figurativi. Ne risulta un uomo muto,
che si auto-castra attraverso la negazione delle relazioni, perché queste
presumerebbero un rallentamento. Se il corpo sociale si sta mutando in una
macchina, le sue componenti si trasformeranno via via, in ingranaggi
omogenei della giusta forma, ma sostituibili. L’uomo sembra dirigersi verso
quella forma di “perfezione meccanica” che Kubrick condanna in modo così
deciso attraverso la trasformazione del drugo Alex, in un’arancia meccanica
manipolata da altri, trasformando la finzione cinematografica, in un vero e
proprio trattato, universale ed inattaccabile, in difesa del libero arbitrio
e delle umane imperfezioni.
(da V.Siviero "UN'ARANCIA AD OROLOGERIA riflessioni sullo stare quotidiano")
– al destino e alla conformità del LUOGO
(sfondo-paesaggio-contesto-rovina-città), adattandosi al suo mutare nella
forma e nel pensiero. E’ l’uomo che determina l’ambiente, vivendolo e
abitandolo, ma allo stesso tempo, trovandosi a “stare” in esso, ne viene
influenzato in modo determinante ed inconsapevole. Questo innesca una sorta
di loop ossessivo, che lega i vari elementi della narrazione in
un’articolata ragnatela di relazioni, che danno come risultante un organismo
complesso, fatto di umanità e proprio contesto, mobile perché in continua e
progressiva evoluzione.
L’ambiente - quel circostante avvolgente definito come luogo - diviene così
“epidermide” sociale organica che ricopre l’individuo multicellulare (la
società), costituito da un insieme di uomini dispersi, viaggiatori ciechi e
muti, del tutto assorti nell’impersonale compito di una sopravvivenza
metropolitana. Si tratta di un meccanismo minaccioso come “a clockwork
orange”, un’arancia ad orologeria, che verbalmente evoca un ordigno per sua
natura incapace di esplodere, ma pericoloso perché capace di nutrire il
terrore ideale, con le proprie vitamine psicologiche. Come ben evidenzia il
libro da cui abbiamo tratto aspirazione e ancor meglio il celebre capolavoro
cinematografico, è chiaro che – pur essendo ormai chiari i valori del
“luogo” che è venuto concretizzandosi nella contemporaneità – esso non può
non spaventare almeno un pochino.
La sua morfologia di “spazio standard”, sembra mettere in pratica
l’illusione della “macchina per abitare” che chiede, come gabella,
l’omogeneizzazione dell’uomo in termini figurativi. Ne risulta un uomo muto,
che si auto-castra attraverso la negazione delle relazioni, perché queste
presumerebbero un rallentamento. Se il corpo sociale si sta mutando in una
macchina, le sue componenti si trasformeranno via via, in ingranaggi
omogenei della giusta forma, ma sostituibili. L’uomo sembra dirigersi verso
quella forma di “perfezione meccanica” che Kubrick condanna in modo così
deciso attraverso la trasformazione del drugo Alex, in un’arancia meccanica
manipolata da altri, trasformando la finzione cinematografica, in un vero e
proprio trattato, universale ed inattaccabile, in difesa del libero arbitrio
e delle umane imperfezioni.
(da V.Siviero "UN'ARANCIA AD OROLOGERIA riflessioni sullo stare quotidiano")
22
dicembre 2006
Arancia ad orologeria
Dal 22 dicembre 2006 al 28 gennaio 2007
arte contemporanea
Location
TOBE ARTSPACE
Torino, Via Giuseppe Mazzini, 37, (Torino)
Torino, Via Giuseppe Mazzini, 37, (Torino)
Orario di apertura
dal martedì al sabato, 15:30-19:30 e su appuntamento
Vernissage
22 Dicembre 2006, ore 19
Autore
Curatore