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Arcaicità e Futuro ecosostenibile
L’ Associazione Culturale IdeaVita p.p. Arte Contemporanea, nell’ambito della XXII rassegna I Territori dell’Arte ha organizzato la mostra “Arcaicità e Futuro ecosostenibile”, con inaugurazione giovedì 15 Settembre 2011, alle ore 18.30, nei seguenti luoghi: Biblioteca Civica di Cameri (NO); Piazza Dante Municipio di Cameri; Palazzo Natta, sede della Provincia di Novara
Comunicato stampa
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Mostra
“Arcaicità e Futuro ecosostenibile”
L’ Associazione Culturale IdeaVita p.p. Arte Contemporanea, nell’ambito della XXII rassegna I Territori dell’Arte ha organizzato la mostra “Arcaicità e Futuro ecosostenibile”, con inaugurazione giovedì 15 Settembre 2011, alle ore 18.30, nei seguenti luoghi: Biblioteca Civica di Cameri (NO); Piazza Dante Municipio di Cameri; Palazzo Natta, sede della Provincia di Novara.
15 Settembre - 18 ottobre 2011
da martedì a venerdì dalle 14.00 alle 18.00; sabato e domenica dalle 15.00 alle 18.00; Biblioteca Civica di Cameri mostra in Biblioteca e installazione nel giardino - P.zza Dante Municipio, installazioni site specific e performance.
08 - 29 Settembre 2011
da lunedì al venerdì dalle 8.00 alle 19.00, sabato dalle 8.00 alle 12.00; Palazzo Natta, sede della Provincia di Novara, installazioni site specific.
Espongono: sala personale: Sergio Alessio, Giannetto Bravi, Piero Ferrini; sala collettiva: Maria Pia Daidone, Dino De Simone, Nicola Evangelisti, Benedetta Galli, Anna Rosa Gavazzi, Pina Inferrera, Emilio Minoli, Carlo Piemonti, Edegildo Zava; piazza Dante Municipio di Cameri: Linda Carrara, Guido Nosari, Laura Patacchia; Palazzo Natta, della Provincia di Novara: Elena Redaelli e Kabir Shafiqul.
Trattasi di una rassegna d’arte contemporanea, progetti di public art con interventi site specific e performance, realizzati in luoghi prescelti, convegni e iniziative culturali.
Promozione e organizzazione: Associazione Culturale IdeaVita; Progettazione e coordinamento: Pina Inferrera; Curatela e testi critici: Maurizio Vitiello; Realizzazione catalogo: Radu Dragomirescu – Edizioni: IdeaVita.
L’Associazione Culturale IdeaVita p.p. Arte Contemporanea, in occasione della XXII rassegna “Territori dell’Arte” per il tema “Arcaicità e Futuro Ecosostenibile” ha
organizzato oltre alla mostra d’arte contemporanea anche un convegno sul rapporto arte e mondo del lavoro, dal titolo “Territorio, Arte, Impresa quale sviluppo ecosostenibile”.
Il convegno si svolgerà nella Sala Teatro nel Comune di Cameri, giovedì 15 settembre, dalle ore 15 alle ore 18.00.
Programma dell’Associazione per l’anno 2011
27- 30 gennaio, Bologna, Sal8 di Syusy Blady, ARTE FIERA ART FIRST
8 – 25 settembre, Vercelli, Auditorium Santa Chiara
15 Settembre, Cameri, convegno
15 Settembre - 18 ottobre, Cameri, Biblioteca Comune e Piazza comunale
8-29 settembre, Novara, Palazzo Natta sede della Provincia
1°- 30 ottobre, Vespolate, Museo Malandra - Pieve di San Giovanni
Info: www.ideavita.com 3475553301 – 3387194211
Con viva preghiera di cortese pubblicazione e sollecita diffusione. Grazie!
Scheda della mostra
“Arcaicità e Futuro ecosostenibile” di Maurizio Vitiello
L’ambiente è il nostro eco-sistema futuro. Gli artisti cercano di non invaderlo e cercano di equilibrare con idee di fattibilità l’habitat in cui ci troviamo inseriti e dovremmo continuare a vivere vincendo allarmi preoccupati, possibili sentieri del malaffare e lucide rapine alla luce del sole. L’artista diventa acuminato e appassionato “defensor habitat” più di architetti miopi, di ingegneri maldestri, di politici insani.
Sull’interessante iniziativa che andiamo a commentare, intendiamo comunicare l’esprit, il suo valore aggiunto, il suo portato di “concept”. L’uomo avvertito ha voglia di conquistare lo spazio, anzi tenta di sedurlo, di coprirlo, di invaderlo pienamente per gustarlo, per aiutarlo. L’essenza della presenza umana e/o animale vuole intendere una costante, che vuole essere dinamica, dichiarata ed estrema, di pregevoli incursioni, che intendono vincere latenze e significare, invece, pregnanti presenze. Le redazioni delle opere sono solide, convincenti, compatte; emerge un profondo senso tattile, quasi di corporeità, nella giusta declinazione di favorire, al massimo, l’assunzione icastica della scena. Nelle discrezionalità austere degli impianti, realizzati con passione, si legge e si ricava la tendenziale idea di misurare lo spazio, ma, anche, di interpretarlo pienamente, possederlo e alla fine di conquistarlo con una rilevante sembianza umana, con pregnanti pluridimensioni cromatiche e/o con elettriche mitiche figure. Non si ricorre alle iperboliche iconografie multimediali, ma a scandite figure che cercano, nel loro manifestarsi, d’estrapolare succhi vitali e frenetici. Gli artisti considerati sono sempre in continua attività e, fortemente, impegnati a inquadrare arte e natura in pittura e in modulate strutturazioni ambientali. Cambiamenti storico-geografici del pianeta si colgono e si cerca di dare sostanza alle attese. Certezze acute di soglie e di estremità sono perimetrale, ma varchi e respiri sono anche ben misurati e disposti. Gli intendimenti degli artisti e delle artiste tastano l’esterno del mondo per mantenere composti e virtuosi contatti con il sentiero del limite per non ravvedere preclusioni di sorta. Sentimenti di riappropriazione li hanno spinti a misurare gli interventi. Il nostro vivere, con i sussulti quotidiani, mai pacifici, può essere controllato ed esaminato, grazie ad una profonda presa di coscienza, corroborata anche dalla disamina di ciò che si sedimenta. Le serietà operative hanno cercato di esplicitare con codici linguistici intensi, immagini forti, in cui segmenti e insiemi cromatici consolidano osservazioni consistenti. Palpitano equilibri di umori e sfere di sentimenti. Tratti decisi ed esperti, agganciati a vettori cromatici, determinati da calibrati ventagli di motivi e di strutture visive, assegnano a una scala, calamitata di colori e regolata da reticoli di segmenti, vibranti torsioni dinamiche e pensieri alti, mentre i segni dichiarano propositi e investigazioni. Le palpitanti visioni, controllate da esercizi cadenzati di spessori tecnici, tocchi cromatici e di precisazioni strutturali innestano sincere motivazioni. Sequenze e inquadrature aprono nuove frontiere di percorsi sensibili rivolti a sagomare e a rifilare campi dell’origine e per captare e intendere il futuro.
I luoghi interessati per accogliere “Territori dell’Arte S.O.S. Arcaicità e Futuro ecosostenibile” vedono coinvolte la Biblioteca Civica di Cameri, Piazza Dante dove insiste il Municipio di Cameri e il Porticato del Palazzo della Provincia di Novara. Espongono: sala personale: Sergio Alessio, Giannetto Bravi, Piero Ferrini; sala collettiva: Maria Pia Daidone, Dino De Simone, Nicola Evangelisti, Benedetta Galli, Anna Rosa Gavazzi, Pina Inferrera, Emilio Minoli, Carlo Piemonti, Edegildo Zava; piazza Dante Municipio di Cameri: Linda Carrara, Guido Nosari, Laura Patacchia; porticato palazzo della Provincia: Shafiqul Kabir Chandan, Elena Redaelli. Si tratta, fondamentalmente, di una rassegna d’arte contemporanea e progetti di public art, interventi site specific e performances, realizzati in luoghi prescelti, con, in parallelo, convegni e iniziative cultural a Vespolate, Cameri, Novara, Vercelli.
Segnaliamo che il percorso ha avuto inizio dal 27-30 gennaio 2011 nel SAL8 di Syusy Blady con Futuro Arcaico, evento collaterale ad ARTE FIERA ART FIRST 2011, Bologna. L’Associazione Culturale IdeaVita per l’Arte Contemporanea - www.ideavita.com - , in occasione della XXII rassegna “Territori dell’Arte” per il tema “S.O.S. Arcaicità e Futuro Ecosostenibile” ha organizzato, oltre alla mostra d’arte contemporanea, anche un convegno sul rapporto arte e mondo del lavoro, dal titolo “Territorio, Arte, Impresa quale sviluppo ecosostenibile”, alla Sala Teatro nel Comune di Cameri, giovedì 15 settembre, dalle ore 15 alle ore 18.00, che precederà l’inaugurazione della mostra alla Biblioteca Civica di Cameri. L’esperienza, davanti a un momento di grandi trasformazioni, ci fa volgere lo sguardo al passato per trarre forza e nuova vitalità da investire verso il futuro. La collaborazione tra industria e mondo dell’arte è un tema degno di attenzione; questo connubio storico ha gettato le basi in Italia e nel mondo dell’affermazione creativa del genio italiano. Tempo fa un imprenditore faceva notare: “Le società straniere che comprano le aziende italiane lo fanno sì per un discorso economico, ma, soprattutto, perché vogliono impadronirsi della cultura storica che ha fatto scuola nel mondo, la differenza sta nel valore aggiunto della creatività italiana, un patrimonio immenso che va tutelato”. L’Associazione Culturale IdeaVita condividendo quest’affermazione ha ritenuto che l’arte e gli artisti possano contribuire con le loro intuizioni a far nascere una maggiore coscienza dell’importanza dell’arte e della cultura in simbiosi con il territorio e l’imprenditoria. L’Associazione si è impegnata a lungo per la rivalutazione dei luoghi e dei siti importanti nella storia del territorio novarese. Ambiziosi progetti, che, pur tra tante difficoltà, stanno prendendo forma segnando un percorso; infatti, “IdeaVita” ha portato a compimento, insieme al contributo dell'Amministrazione Comunale di Vespolate, il restauro dell'antica Chiesa della Santissima Trinità, per adibirla a Museo d’Arte Contemporanea, denominato Museo Angela Malandra - www.museomalandra.it -. L'attività dell'Associazione si orienta verso due principali direttive: cultura e ambiente; il fulcro si ritrova nella rassegna annuale di arte contemporanea "I Territori dell'Arte". Oltre a questo appuntamento IdeaVita ha organizzato, nel corso degli anni, convegni, concerti e rappresentazioni teatrali. In collaborazione con le case editrici Interlinea, Allemandi, Giunti, Nomos, … sono stati pubblicati cataloghi di arte contemporanea e libri d’interesse storico-geografico.
Sergio Alessio è nato a Orio Litta (Milano), da madre milanese e padre piemontese. Laureato in architettura presso il Politecnico di Milano, vive a Bergamo. Ha da sempre creduto nelle grandi potenzialità del segno. Calibrate immagini, giochi di trasparenze, variazioni e intrecci regolano visioni sognate o paradossali, ma anche lucide, delicate tessiture, che trapassano il nostro contemporaneo e l’urgenza della cronaca spicciola. La sua scrittura poetica è presente in lavori a tecnica mista nei quali gli inchiostri si accoppiano con i colori (olio, pastello pressato, ecc.). I tratti di inchiostro nero si intrecciano con quelli seppia, prodotti dall’artista secondo una formula antica. Riesce, con rispetto del “ductus” disegnativo, a vigilare le mescolanze ibride e a contestualizzare stimoli, riferimenti e luoghi della memoria. Segnaliamo: i Percorsi vegetali, concepiti nel 2009, dopo le precedenti esperienze, negli anni dai settanta ai novanta, dei Percorsi, dei Rami, dei Borghi di Bergamo, delle Orditure. La rigorosa osservazione del paesaggio, vissuto come vedutismo tonificante e come realismo sentimentale, gli fa produrre pregiati ed educati disegni di meditazione.
Giannetto Bravi, noto artista tripolino, napoletano d’adozione, gran signore e grande artista, ora residente in provincia di Varese, lo ricordiamo benissimo. Indimenticabile quella sua mostra singolare al prestigioso Museo di Capodimonte, a Napoli, “Museo di tutti i Musei – Quadreria d’Arte”, con trecentosessanta opere, ognuna delle quali realizzata assemblando cartoline con il medesimo soggetto riguardante capolavori d’ogni tempo raccolte nei book-shop dei musei di mezza Europa. Giannetto Bravi, dopo aver esordito a Roma, nel 1967, con una mostra promossa da Lucio Amelio e presentata da Achille Bonito Oliva alla Galleria Fiamma Vigo, prosegue l’utopica “Operazione Vesuvio” - avviata nel 1972 dal critico Pierre Restany e dall’artista Gianni Pisani - inviando cartoline postali del mitico vulcano con indicato il luogo preciso in cui il destinatario doveva prelevare un “pezzo di Vesuvio” da ‘invaligiare’ e riportare in tempi migliori, quando si fosse placata la corsa alla speculazione edilizia, per ricostruire il cono vulcanico. Partendo dalla coerenza della memoria e agendo con spirito pronto, fra il gioco e l’ironia, determina emblematiche rivelazioni. È finissimo interprete della nostra realtà contemporanea.
Piero Ferrini è nato a Castel San Pietro Terme (BO). Presente nell’arte in questi anni si è distinto coll’uso della parola, accettato come mezzo fondamentale nella comunicazione e che tende ad entrare in crisi, in quanto il comunicare nella vita frenetica di oggi diviene problematico ed è sempre più legato ad un mondo scientifico, informatico/tecnologico, che lascia poco spazio all’anima. Ha aiutato a far nascere a Vespolate, in una vecchia chiesa ristrutturata del ‘700, un Museo di Arte Moderna e Contemporanea, intitolato ad Angela Malandra, madre di Dino Formaggio, noto filosofo e critico d’arte. Piero Ferrino segnala “Molto spesso e distrattamente saliamo e scendiamo dai treni. Essi sono semplici mezzi che corrono lungo strade segnate. La nostra mente, però, nel seguire il suo ritmo cadente, scarta nel fantastico irraggiungibile. Volti e persone si confondono nelle nebbie dei ricordi, scrigni di cupe amarezze. Il tempo scandito nell'usura, genera una immagine fluida, tenue arabesco intriso nel gioco continuo. La leggerezza dei segni che contornano le nostre emozioni. Una flebile mano che scompagina i sentimenti, non più un paesaggio usuale, ai quali siamo avvezzi, ma orme e tracce che impregnano il nostro vivere. Alle quali siamo poco attenti. Il viaggio continua sino a dove i binari divengono autostrade di speranze.” L’autore, fondamentalmente, è “toccato” dal viaggio, dal divenire, dal futuro. Fotomemorizza un vettore, quello classico del treno; così, semplicemente, indica la vita e la sua dinamicità, che s’appoggia anche su i sogni, che sono le abbreviazioni concettuali positive di un futuro che si spera possibile. Fotografa parzialità, segmenti di carrozze, certezze di ferro. Dalla strada ferrata della nostra memoria alle autostrade del futuro sognato, insomma.
Maria Pia Daidone crea maglie di ritagliate e brevi tessere di fogli di rame; usa anche fogli di cartone, pressati, ricoperti di cromatismi dorati e ramati, in parte aggettanti e in parte ricoperti da trasparenze predispongono e programmano morbide, intriganti, piacevoli seduzioni di senso. Il rame con la sua calda venatura riesce a stendere temprate superfici. Le recentissime redazioni pittoriche e plastiche dell'artista accolgono accostamenti di sacro e profano, comprendono le vertigini del nostro tempo e ci rimandano alle dimensioni mitiche di tempi antichi. Le metabolizzate, significative, leggere tessere di rame s’interpolano come elementi segnico-simbolici di interpretazione e di comunicazione sociale. La “texture” di ogni riquadro ramato è un sottile ricalco arricciato, increspato, mosso, sbalzato, ondulato su cui scivolano motivi ritmati e strette pressioni, mentre i bordi si solleticano e si sfiorano, limitati e ristretti, in una raffinata disposizione, che assicura una maglia, abbigliata lusinga, o un accurato mantello, appropriato richiamo per un fantasmatico corpo. Il mantello sembrerebbe tendere verso la pronuncia di un’overdose estetica, ma, a ben guardare, risulta, poi, essere cortina di un’essenza calamitante, dall’indubbio influsso e fascino pervasivo, che prende l'animo e la mente in modo completo.
Dino De Simone guarda al paesaggio, soprattutto quello al limite tra entroterra e mare, ad esempio come la Val di Vara, non tralasciando gli ambienti più interni tra Piemonte e Lombardia. I panorami di queste terre lo attirano, particolarmente. Intensi possono essere i rimandi tra passato e presente, tra evocazioni e impressioni. Il paesaggio naturale e antropico, da dove emerge una geografia umana, risulta riferimento iconografico di solida partenza. Lo stato della natura, che può suggerire anche un fronte magico quanto arcaico, si può tradurre in essenziali segni e in composizioni di percezioni. Vasta e imponente è la natura, ma cosmogonica e archetipica è la visione di Dino De Simone, che propone la ricerca di un linguaggio pittorico, tra due sentieri fondamentali, che toccano il cubismo e il surrealismo. Insomma, insegue l’identità della natura cercando di fissarla, la quale non sempre è focalizzata nella distratta percezione quotidiana, e struttura motivi mettendo in relazione presenze e sentimenti per ricomporre una logica descrittiva, talvolta delicata, talvolta possente. I contrassegni della descrizione si colgono in un montaggio di monumenti naturali quanto del governo dell’uomo in un habitat. Ricerche e le sperimentazioni sono guidate dall’ottica dell’attenzione massima sugli elementi naturali e architettonici, che interagiscono.
Nicola Evangelisti, nato a Bologna; si è diplomato in scultura presso l'Accademia di Belle Arti della sua città. Ha svolto una ricerca artistica sperimentale, che, spaziando dall’installazione al light-box, dalla fotografia al video, mostra la sua coerenza di fondo nella costante attenzione al tema della luce. Lavora al ciclo dei “crilex”, introflessioni su materiale plastico, realizzate tramite combustione che generano linee luminose avvicinabili alle forme della grafica frattale, evocanti esplosioni cosmiche. Poi, individua nello specchio un medium da privilegiare per i suoi segni luminosi, inaugurando un filone di ricerca che prosegue, a tutt’oggi, con molteplici variazioni e sviluppi. Si aggancia alle istanze della “Light Art”, corrente che va sempre delineandosi a livello internazionale. Nel 2010 è invitato a Luminale, la Biennale della Luce di Francoforte; in tale occasione presenta “LIGHT PULSE”, una scultura luminosa irradiata di luce laser. Nel 2011 realizza una seconda installazione luminosa a scala urbana nel parco di Villa la Vedetta a Firenze e viene invitato alla Biennale di Venezia nel padiglione Italia nel Mondo. Il lavoro di Nicola Evangelisti sollecita il ventaglio delle luci. La luce, talvolta, la governa per renderla fenomeno impalpabile, altre volte la gestisce nelle dinamiche elettrizzanti, che può determinare. I fasci di luce che istrada formano cunei di diffusione luministica mentre le sorgenti di effetti diventano altari mitic,i che attraversano il buio. La luce è elemento significativo per evidenziare calamite segniche o sopraffare evidenze plastiche.
Benedetta Galli è nata a Perugia. Le interessanti composizioni dell’artista misurano l’intimo, lo replicano e lanciano le moltitudini. Le installazioni di Benedetta Galli si sviluppano grazie a disegni, scritti, studi, rilievi, bozzetti e situano il soggetto finale, che è, poi, il risultato concreto dell’indagine percettiva, a reggere l’individualità umana. Dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande, quasi in uno svolgimento matematico per soppesare grandezze, si svolge il suo lavoro. I termini di inizio e di target finale vedono l’unicità dell’intimità umana e la resa che investe piani fantasmatici. Le piccole parti generano una rinascita dell’essere, un’immagine ricavata da microproiezioni; quindi tutto si volge verso un apparente unicità, che altro non è se non la ramificazione di sigilli riprodotti in modo seriale. Il particolare è la base e l’occhio è felicemente ingannato, perché ogni frammento porta in sé la vita e diventa base per essere letto con un doppio registro. Una realtà percepita non è sempre quella che si mostra, ma può contenere altri intendimenti percettivi e una fisicità di sensibile livello. Il forte carattere espressivo delle opere di Benedetta Galli poggia sul particolare, ma da minime variazioni cromatiche e/o segniche del particolare emerge un’icona riflessa, talvolta una postura iconica. Le singole tessere sono moltiplicate in una coazione a ripetere, che vuole marcare un’iniziale identità, dal rigore minimalista, per mostrarsi allo sguardo del fruitore in un processo di frames per arrivare a esaltare un gesto quotidiano nel perdersi della sua possibilità infinita di replay.
Anna Rosa Gavazzi, vive e lavora a Milano; ha frequentato i corsi di pittura e scenografia all'Accademia di Brera. Assistente di Luciano Damiani, Ezio Frigerio ed Enrico Job al Lirico e Piccolo Teatro di Milano. Si dedica all'uso della fotografia come mezzo d’espressione e la insegna per suscitare interesse e reggere l’incontro tra una forma di comunicazione e afferrare il “genius loci”, e non solo. Ha sempre cercato di guidare la fotografia a rappresentare il territorio. L’uso intelligente del medium fotografico, accompagnato da misure e tecniche aggiornate, le hanno permesso di intendere volti e personaggi, ma, soprattutto, a definire, in sintesi, gli ambienti sociali e a calibrare geografie umane. Il codice interpretativo di Anna Rosa Gavazzi esalta i territori dell’anima o ove l’anima coglie il suo spirito e lo omaggia profondamente. Fotografare è un sistema logico in cui l’inquadratura dove essere “camera” di vita. L’equilibrio è la giustizia visiva. I territori siciliani e/o quelli lombardi suggeriscono itinerari per l’intelletto. Comporre una fotografia o una immagine con apporti fotografici e di altro carattere espressivo comporta bilanciamenti e contrappesi per avere controcampi e contropiani. L’artista elabora e rimisura l’ambiente e le sue genti. Promuove esercizi di lettura, approfondimenti sociologici, esalta nuove iconografie.
Pina Inferrera è nata a Messina; ha studiato a Milano presso l’Accademia di Belle Arti di Brera. Sin dall’inizio del suo percorso artistico s’interessa sia alla fotografia che alla scultura. Dalla metà degli anni Ottanta la ricerca artistica dell’autrice è tesa all’esplorazione della realtà circostante, e, in particolar modo, si dedica a quella industriale. I materiali di scarto delle piccole o grandi industrie vengono prima fotografati e, poi, adoperati per la realizzazione di sculture dalle dimensioni imponenti. Opere site specific, sculture che diventano un segno articolato, capace di ridisegnare lo spazio in cui sono installate. Dal 2000 le video-installazioni sono il linguaggio prescelto. L’artista fotografa e completa le immagini inseguite della natura con integrazioni speculari; quasi intende suggerire possibili ritmi vitali tra mondo reale e modo concepito. L’importante per l’artista è il proponimento di pervadere la natura con soluzioni alternative e ciò è determinato dalla comprensione della bellezza degli assoluti che ci circondano e che molte volte non si captano. Tra germinazioni, che intendono dare sostanza a una duplicità mitica della vita, e gemmazioni, che intendono atomizzare i sensi concreti in filiazioni correnti, si divide, concettualmente, il percorso foto-artistico di Pina Inferrera, sempre più protesa a significare il suo senso della vita in una natura soltanto da duplicare, mai da azzerare. L’artista con le sue alte qualificazioni estetiche media tra natura offerta ancora al mondo e natura da preservare; nel gioco del doppio rientra la voglia di duplicare per specchiarsi in una natura da tutelare.
Emilio Minoli è nato a Ponte San Pietro, vive e lavora a Bergamo. Acquisisce varie tecniche e le applica con serietà. Con il disegno, la pittura, i pastelli, la scultura, attraverso l’applicazione di vari materiali in strutture di assemblaggio dinamiche e statiche e software grafici intende colpire. La scelta attuale è indirizzata verso un grafismo in bianco e nero. I suoi lavori affrontano sempre tematiche sulla natura dell’uomo, sulle incognite esistenziali e sulla realtà interiore e i suoi dintorni. Amante della Metafisica e del grafismo, l’artista cerca sempre di sorprendere e far riflettere l’osservatore; l’accompagna a considerare piani grafici di allusioni e di ludici avvertimenti. Il segno si fa carica gestionale di congetture fabulistiche e disposizione di avventure memoriali e future. L’arricciamento del segno, la tensione da “horror vacui”, la pregnanza dei simboli concentrano e condensano una polisemanticità ragguardevole, che fraziona realtà e accende rivoli sapienti di futuro.
Carlo Piemonti è nato a Gorizia; si laurea in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. Con lavori attenti per esecuzione e per maestria, diretta e partecipe, riesce a combinare pratiche relazionali secondo il suo assunto programmatico, che vede nella pittura principio e tecnica per riassumere il reale ed esaminarlo nei suoi aspetti più delicati. Le sue inquadrature e i suoi tagli arditi riescono a impossessarsi di segmenti iconici, che osano narrare dialoghi propulsivi in un’esperienza grafica di sintesi e di scomposizioni determinate. Le sue immagini variegate nutrono un flusso percettivo e le emozioni si stagliano su fondi semplificati. Il tutto è dato e compreso su abbreviative modalità espressive dell’uomo moderno, con risalti minimi. Rarefazioni compositive, sottratte a cromatismi accentuati, interpretano il mondo. Equivalenti tracce esistenziali sono significativamente replicate nell’accentuato gioco del setaccio segnico; vengono, insomma, cribrate, cioè vagliate, attentamente e intensamente, nel sapore di una scanalatura sintetica per richiamare certezze tautologiche.
Edegildo Zava, è nato a Legnano; vive ed opera tra Milano, Antibes e Celle Ligure. E’ attivo in gioventù come disegnatore/progettista di grandi impianti industriali, nei primi anni ’80 prende a frequentare l’Accademia Belle Arti di Brera e si dedica professionalmente alla ricerca artistica. Dopo un inizio come pittore, passa alla sperimentazione e all’utilizzo di media diversi – dalla fotografia al video, al computer – lavorando a vari cicli di opere. Da Nuclear Power Station ad oggi, Zava ha centrato argomenti di spessore. La sua fotografia, funzionale e tecnica, racconta in maniera certa e impegna il lettore. Le immagini di Zava sono cospicuamente seduttive, anche se ostentano dichiarati stereotipi per, poi, riconvertirsi in soluzioni di lucida critica.
I precipizi contemporanei sono rintracciabili nelle sue foto, che fungono anche da avvertimenti sociali; bilanciano osservazioni e sono contrappunto di considerazioni adeguate. Le immagini industriali o dell’identità tutta umana e sociale vengono ricondotte ad essere pista di sensi vigili.
Linda Carrara è nata a Villa d’Adda (BG); vive e lavora a Milano. Ha frequentato l’Istituto Statale d’Arte di Monza e si diploma nel dipartimento sperimentale d’arte contemporanea dell’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano. La stessa artista ha voluto, significativamente, precisare sul suo progetto quanto segue: “L'installazione performance consiste in un telo più o meno grande tenuto sospeso a mezz'aria da tanti palloncini gonfiabili. “La Sindone è un lenzuolo di lino ... contenente la doppia immagine accostata per il capo del cadavere di un uomo morto in seguito ad una serie di torture culminate con la crocefissione. “ [dal sito ufficiale della Sacra Sindone]. La mia vuole essere una sindone comune che idealmente dovrebbe coprire tutta l'Italia, torturata sino alla sua prossima morte (basta accendere un qualsiasi notiziario serio per sentir le condizioni in cui si trova il nostro stato e capirne la fine inesorabile). Simbolicamente ho pensato ad una sindone “collettiva”, ma anche ad un velo che rende ciechi i nostri occhi, o meglio li ostruisce facendogli vedere una situazione esteticamente bella, dolce … alla “Little Italy”, che ormai non ci appartiene più. Un velo pronto a cadere sulle nostre teste per coprirci e calcare le nostre figure (come la Sindone).”
Guido Nosari stende mani di colore, di gessetti, in particolare, e con un gioco di lacca per rendere lucidi e luminosi i soggetti accorda una valutazione dell’espressionismo più veloce. Tende a rivoltare il più possibile il significato dell’immagine, parte da “sirene in carta patinata” sino ad arrivare a struggimenti carnali. Insomma, l’artista elabora sottrazioni e stravolgimenti da basi fotografiche per rendere una diversa estetica e ricombinare un’estetica di profondità. Viene immesso un negativo e rivoltato con scritte, manomissioni varie e diverse giustapposizioni per riconoscere una profondità del positivo umano, che deve essere sempre valutato. Insomma, lo smalto mediatico non piace all’artista. Da buon provocatore agita il contemporaneo da copertina, che corrompe e compromette, nella voglia pungente e partecipe di determinare altre considerazioni, altre valutazioni e altre riflessioni. Sotto c’è sempre un’altra realtà.
Laura Patacchia è nata a Terni; ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Perugia e fin dalle sue prime esperienze il suo lavoro è caratterizzato dalla presenza di elementi filiformi intrecciati, tesi e torti fino a ridefinire le relazioni tra le parti chiamate in causa nella definizione del lavoro. Fili che riempiono lo spazio espositivo limitando la mobilità del corpo dell’autrice e dell'osservatore o fili le cui tensioni sostengono le immagini o gli oggetti che imprigionano, sempre con attenzione all'aspetto cromatico, in una concezione di “disegno spaziale”. Il lavoro che viene presentato in questa occasione è una piccola scultura realizzata con materiali durevoli nel tempo e resistente agli agenti atmosferici. L’arista sottolinea: “Ho reinventato a mio modo il concetto di bozzolo, utilizzando materiali sintetici e resistenti, ma che all’apparenza risultano leggeri ed effimeri. Rimane sempre il concetto di installazione nel senso che il lavoro dovrebbe essere montato nel suo habitat più conforme, un albero; questo proprio per mantenere la naturalezza del concetto. L’albero non sarà né rovinato, né bucato, per installare il lavoro sarà sufficiente far passare un filo di nylon intorno ad un ramo resistente. La scultura è leggera, non c’ è quindi il rischio che il ramo si spezzi. …” Le sue installazioni si inarcano in inedite articolazioni spaziali. Il contatto sensoriale specifica una memoria ambientale e la fluidità del tempo si stempera nella stabilità dello spazio.
Shafiqul Kabir Chandan è nato nel cuore del Bangladesh, ora vive in Italia. Presenta un’opera sostenuta da fili di nylon tesi tra il capitello e la staffa a “L” individuate nelle finestre del chiostro, lato ingresso. Si tratta di una scultura tessile in tela di juta a sospensione. Le opere dell’artista sono il risultato di una forte tensione spirituale, tutta animata da una calma forza interiore. Opere tessili, intrecci di corde e funi sono i riferimenti primari delle sue lavorazioni. Da segnalare che ha una forte attrazione per i colori caldi della sua terra e nelle sue composizioni utilizza il marrone, l’ocra e il ruggine mescolandoli alle gamme più luminose dei bianchi. Materia pittorica e materia tessile s’incontrano magnificamente e rendono poesia la percezione del territorio di provenienza di Kabir. Piacevolissime, morbide tavole di arazzi ci fanno comprendere che i pattern di fibre emozionano. Insomma, disegno, modello, schema escono dal luogo comune descrittivo ed entrano nella proposizione alta di suggerire un’anima; intendono anche completare la comprensione di un paese e abbracciare il senso del mondo e del suo futuro, nonché custodire, preservare e sorvegliare con eleganza estrema il caldo sentiero del nobile pensiero indiano (docet Roberto Rossellini).
Elena Redaelli è nata ad Erba (Como). Ha prodotto un’opera sostenuta da cavetti da acciaio avvolti all’altezza del capitello. La struttura è stata realizzata in ferro ed è ricoperta intrecciando le corde. Il personale punto di vista dell’artista, che si guarda attorno per verificare quanto mutevole sia il mondo, s’incontra con il mistero della vita. Ha feeling con lo spazio; lo governa, lo domina e lo trapassa con equilibrate plastiche sospese o calzanti verticalità. Lo specchio delle sue visioni sono il circostante, l’ambiente, la natura in cui poter inserire lavori animati dal vento dei sogni. I suoi soggetti devono essere stimoli fortemente attivi e lo spazio deve suggerire possibili intuizioni per specificare virtuali suggestioni. Tappeti di memoria animano la sua voglia istintiva di conoscenza del mondo. L’estetica è incontrata nel saldo di misteri e di incantamenti. Penetrate luci e dileguate ombre creano atmosfere. L’occhio deve avvicinare alla mente condensazioni concettuali e alla sensibilità corporea offrire tattili sensazioni di positività. Materiali usati e/o riciclati entrano in una dimensione altra e si abbinano per essere fari di perlustrazioni essenziali delle estensioni spaziali.
Maurizio Vitiello
“Arcaicità e Futuro ecosostenibile”
L’ Associazione Culturale IdeaVita p.p. Arte Contemporanea, nell’ambito della XXII rassegna I Territori dell’Arte ha organizzato la mostra “Arcaicità e Futuro ecosostenibile”, con inaugurazione giovedì 15 Settembre 2011, alle ore 18.30, nei seguenti luoghi: Biblioteca Civica di Cameri (NO); Piazza Dante Municipio di Cameri; Palazzo Natta, sede della Provincia di Novara.
15 Settembre - 18 ottobre 2011
da martedì a venerdì dalle 14.00 alle 18.00; sabato e domenica dalle 15.00 alle 18.00; Biblioteca Civica di Cameri mostra in Biblioteca e installazione nel giardino - P.zza Dante Municipio, installazioni site specific e performance.
08 - 29 Settembre 2011
da lunedì al venerdì dalle 8.00 alle 19.00, sabato dalle 8.00 alle 12.00; Palazzo Natta, sede della Provincia di Novara, installazioni site specific.
Espongono: sala personale: Sergio Alessio, Giannetto Bravi, Piero Ferrini; sala collettiva: Maria Pia Daidone, Dino De Simone, Nicola Evangelisti, Benedetta Galli, Anna Rosa Gavazzi, Pina Inferrera, Emilio Minoli, Carlo Piemonti, Edegildo Zava; piazza Dante Municipio di Cameri: Linda Carrara, Guido Nosari, Laura Patacchia; Palazzo Natta, della Provincia di Novara: Elena Redaelli e Kabir Shafiqul.
Trattasi di una rassegna d’arte contemporanea, progetti di public art con interventi site specific e performance, realizzati in luoghi prescelti, convegni e iniziative culturali.
Promozione e organizzazione: Associazione Culturale IdeaVita; Progettazione e coordinamento: Pina Inferrera; Curatela e testi critici: Maurizio Vitiello; Realizzazione catalogo: Radu Dragomirescu – Edizioni: IdeaVita.
L’Associazione Culturale IdeaVita p.p. Arte Contemporanea, in occasione della XXII rassegna “Territori dell’Arte” per il tema “Arcaicità e Futuro Ecosostenibile” ha
organizzato oltre alla mostra d’arte contemporanea anche un convegno sul rapporto arte e mondo del lavoro, dal titolo “Territorio, Arte, Impresa quale sviluppo ecosostenibile”.
Il convegno si svolgerà nella Sala Teatro nel Comune di Cameri, giovedì 15 settembre, dalle ore 15 alle ore 18.00.
Programma dell’Associazione per l’anno 2011
27- 30 gennaio, Bologna, Sal8 di Syusy Blady, ARTE FIERA ART FIRST
8 – 25 settembre, Vercelli, Auditorium Santa Chiara
15 Settembre, Cameri, convegno
15 Settembre - 18 ottobre, Cameri, Biblioteca Comune e Piazza comunale
8-29 settembre, Novara, Palazzo Natta sede della Provincia
1°- 30 ottobre, Vespolate, Museo Malandra - Pieve di San Giovanni
Info: www.ideavita.com 3475553301 – 3387194211
Con viva preghiera di cortese pubblicazione e sollecita diffusione. Grazie!
Scheda della mostra
“Arcaicità e Futuro ecosostenibile” di Maurizio Vitiello
L’ambiente è il nostro eco-sistema futuro. Gli artisti cercano di non invaderlo e cercano di equilibrare con idee di fattibilità l’habitat in cui ci troviamo inseriti e dovremmo continuare a vivere vincendo allarmi preoccupati, possibili sentieri del malaffare e lucide rapine alla luce del sole. L’artista diventa acuminato e appassionato “defensor habitat” più di architetti miopi, di ingegneri maldestri, di politici insani.
Sull’interessante iniziativa che andiamo a commentare, intendiamo comunicare l’esprit, il suo valore aggiunto, il suo portato di “concept”. L’uomo avvertito ha voglia di conquistare lo spazio, anzi tenta di sedurlo, di coprirlo, di invaderlo pienamente per gustarlo, per aiutarlo. L’essenza della presenza umana e/o animale vuole intendere una costante, che vuole essere dinamica, dichiarata ed estrema, di pregevoli incursioni, che intendono vincere latenze e significare, invece, pregnanti presenze. Le redazioni delle opere sono solide, convincenti, compatte; emerge un profondo senso tattile, quasi di corporeità, nella giusta declinazione di favorire, al massimo, l’assunzione icastica della scena. Nelle discrezionalità austere degli impianti, realizzati con passione, si legge e si ricava la tendenziale idea di misurare lo spazio, ma, anche, di interpretarlo pienamente, possederlo e alla fine di conquistarlo con una rilevante sembianza umana, con pregnanti pluridimensioni cromatiche e/o con elettriche mitiche figure. Non si ricorre alle iperboliche iconografie multimediali, ma a scandite figure che cercano, nel loro manifestarsi, d’estrapolare succhi vitali e frenetici. Gli artisti considerati sono sempre in continua attività e, fortemente, impegnati a inquadrare arte e natura in pittura e in modulate strutturazioni ambientali. Cambiamenti storico-geografici del pianeta si colgono e si cerca di dare sostanza alle attese. Certezze acute di soglie e di estremità sono perimetrale, ma varchi e respiri sono anche ben misurati e disposti. Gli intendimenti degli artisti e delle artiste tastano l’esterno del mondo per mantenere composti e virtuosi contatti con il sentiero del limite per non ravvedere preclusioni di sorta. Sentimenti di riappropriazione li hanno spinti a misurare gli interventi. Il nostro vivere, con i sussulti quotidiani, mai pacifici, può essere controllato ed esaminato, grazie ad una profonda presa di coscienza, corroborata anche dalla disamina di ciò che si sedimenta. Le serietà operative hanno cercato di esplicitare con codici linguistici intensi, immagini forti, in cui segmenti e insiemi cromatici consolidano osservazioni consistenti. Palpitano equilibri di umori e sfere di sentimenti. Tratti decisi ed esperti, agganciati a vettori cromatici, determinati da calibrati ventagli di motivi e di strutture visive, assegnano a una scala, calamitata di colori e regolata da reticoli di segmenti, vibranti torsioni dinamiche e pensieri alti, mentre i segni dichiarano propositi e investigazioni. Le palpitanti visioni, controllate da esercizi cadenzati di spessori tecnici, tocchi cromatici e di precisazioni strutturali innestano sincere motivazioni. Sequenze e inquadrature aprono nuove frontiere di percorsi sensibili rivolti a sagomare e a rifilare campi dell’origine e per captare e intendere il futuro.
I luoghi interessati per accogliere “Territori dell’Arte S.O.S. Arcaicità e Futuro ecosostenibile” vedono coinvolte la Biblioteca Civica di Cameri, Piazza Dante dove insiste il Municipio di Cameri e il Porticato del Palazzo della Provincia di Novara. Espongono: sala personale: Sergio Alessio, Giannetto Bravi, Piero Ferrini; sala collettiva: Maria Pia Daidone, Dino De Simone, Nicola Evangelisti, Benedetta Galli, Anna Rosa Gavazzi, Pina Inferrera, Emilio Minoli, Carlo Piemonti, Edegildo Zava; piazza Dante Municipio di Cameri: Linda Carrara, Guido Nosari, Laura Patacchia; porticato palazzo della Provincia: Shafiqul Kabir Chandan, Elena Redaelli. Si tratta, fondamentalmente, di una rassegna d’arte contemporanea e progetti di public art, interventi site specific e performances, realizzati in luoghi prescelti, con, in parallelo, convegni e iniziative cultural a Vespolate, Cameri, Novara, Vercelli.
Segnaliamo che il percorso ha avuto inizio dal 27-30 gennaio 2011 nel SAL8 di Syusy Blady con Futuro Arcaico, evento collaterale ad ARTE FIERA ART FIRST 2011, Bologna. L’Associazione Culturale IdeaVita per l’Arte Contemporanea - www.ideavita.com - , in occasione della XXII rassegna “Territori dell’Arte” per il tema “S.O.S. Arcaicità e Futuro Ecosostenibile” ha organizzato, oltre alla mostra d’arte contemporanea, anche un convegno sul rapporto arte e mondo del lavoro, dal titolo “Territorio, Arte, Impresa quale sviluppo ecosostenibile”, alla Sala Teatro nel Comune di Cameri, giovedì 15 settembre, dalle ore 15 alle ore 18.00, che precederà l’inaugurazione della mostra alla Biblioteca Civica di Cameri. L’esperienza, davanti a un momento di grandi trasformazioni, ci fa volgere lo sguardo al passato per trarre forza e nuova vitalità da investire verso il futuro. La collaborazione tra industria e mondo dell’arte è un tema degno di attenzione; questo connubio storico ha gettato le basi in Italia e nel mondo dell’affermazione creativa del genio italiano. Tempo fa un imprenditore faceva notare: “Le società straniere che comprano le aziende italiane lo fanno sì per un discorso economico, ma, soprattutto, perché vogliono impadronirsi della cultura storica che ha fatto scuola nel mondo, la differenza sta nel valore aggiunto della creatività italiana, un patrimonio immenso che va tutelato”. L’Associazione Culturale IdeaVita condividendo quest’affermazione ha ritenuto che l’arte e gli artisti possano contribuire con le loro intuizioni a far nascere una maggiore coscienza dell’importanza dell’arte e della cultura in simbiosi con il territorio e l’imprenditoria. L’Associazione si è impegnata a lungo per la rivalutazione dei luoghi e dei siti importanti nella storia del territorio novarese. Ambiziosi progetti, che, pur tra tante difficoltà, stanno prendendo forma segnando un percorso; infatti, “IdeaVita” ha portato a compimento, insieme al contributo dell'Amministrazione Comunale di Vespolate, il restauro dell'antica Chiesa della Santissima Trinità, per adibirla a Museo d’Arte Contemporanea, denominato Museo Angela Malandra - www.museomalandra.it -. L'attività dell'Associazione si orienta verso due principali direttive: cultura e ambiente; il fulcro si ritrova nella rassegna annuale di arte contemporanea "I Territori dell'Arte". Oltre a questo appuntamento IdeaVita ha organizzato, nel corso degli anni, convegni, concerti e rappresentazioni teatrali. In collaborazione con le case editrici Interlinea, Allemandi, Giunti, Nomos, … sono stati pubblicati cataloghi di arte contemporanea e libri d’interesse storico-geografico.
Sergio Alessio è nato a Orio Litta (Milano), da madre milanese e padre piemontese. Laureato in architettura presso il Politecnico di Milano, vive a Bergamo. Ha da sempre creduto nelle grandi potenzialità del segno. Calibrate immagini, giochi di trasparenze, variazioni e intrecci regolano visioni sognate o paradossali, ma anche lucide, delicate tessiture, che trapassano il nostro contemporaneo e l’urgenza della cronaca spicciola. La sua scrittura poetica è presente in lavori a tecnica mista nei quali gli inchiostri si accoppiano con i colori (olio, pastello pressato, ecc.). I tratti di inchiostro nero si intrecciano con quelli seppia, prodotti dall’artista secondo una formula antica. Riesce, con rispetto del “ductus” disegnativo, a vigilare le mescolanze ibride e a contestualizzare stimoli, riferimenti e luoghi della memoria. Segnaliamo: i Percorsi vegetali, concepiti nel 2009, dopo le precedenti esperienze, negli anni dai settanta ai novanta, dei Percorsi, dei Rami, dei Borghi di Bergamo, delle Orditure. La rigorosa osservazione del paesaggio, vissuto come vedutismo tonificante e come realismo sentimentale, gli fa produrre pregiati ed educati disegni di meditazione.
Giannetto Bravi, noto artista tripolino, napoletano d’adozione, gran signore e grande artista, ora residente in provincia di Varese, lo ricordiamo benissimo. Indimenticabile quella sua mostra singolare al prestigioso Museo di Capodimonte, a Napoli, “Museo di tutti i Musei – Quadreria d’Arte”, con trecentosessanta opere, ognuna delle quali realizzata assemblando cartoline con il medesimo soggetto riguardante capolavori d’ogni tempo raccolte nei book-shop dei musei di mezza Europa. Giannetto Bravi, dopo aver esordito a Roma, nel 1967, con una mostra promossa da Lucio Amelio e presentata da Achille Bonito Oliva alla Galleria Fiamma Vigo, prosegue l’utopica “Operazione Vesuvio” - avviata nel 1972 dal critico Pierre Restany e dall’artista Gianni Pisani - inviando cartoline postali del mitico vulcano con indicato il luogo preciso in cui il destinatario doveva prelevare un “pezzo di Vesuvio” da ‘invaligiare’ e riportare in tempi migliori, quando si fosse placata la corsa alla speculazione edilizia, per ricostruire il cono vulcanico. Partendo dalla coerenza della memoria e agendo con spirito pronto, fra il gioco e l’ironia, determina emblematiche rivelazioni. È finissimo interprete della nostra realtà contemporanea.
Piero Ferrini è nato a Castel San Pietro Terme (BO). Presente nell’arte in questi anni si è distinto coll’uso della parola, accettato come mezzo fondamentale nella comunicazione e che tende ad entrare in crisi, in quanto il comunicare nella vita frenetica di oggi diviene problematico ed è sempre più legato ad un mondo scientifico, informatico/tecnologico, che lascia poco spazio all’anima. Ha aiutato a far nascere a Vespolate, in una vecchia chiesa ristrutturata del ‘700, un Museo di Arte Moderna e Contemporanea, intitolato ad Angela Malandra, madre di Dino Formaggio, noto filosofo e critico d’arte. Piero Ferrino segnala “Molto spesso e distrattamente saliamo e scendiamo dai treni. Essi sono semplici mezzi che corrono lungo strade segnate. La nostra mente, però, nel seguire il suo ritmo cadente, scarta nel fantastico irraggiungibile. Volti e persone si confondono nelle nebbie dei ricordi, scrigni di cupe amarezze. Il tempo scandito nell'usura, genera una immagine fluida, tenue arabesco intriso nel gioco continuo. La leggerezza dei segni che contornano le nostre emozioni. Una flebile mano che scompagina i sentimenti, non più un paesaggio usuale, ai quali siamo avvezzi, ma orme e tracce che impregnano il nostro vivere. Alle quali siamo poco attenti. Il viaggio continua sino a dove i binari divengono autostrade di speranze.” L’autore, fondamentalmente, è “toccato” dal viaggio, dal divenire, dal futuro. Fotomemorizza un vettore, quello classico del treno; così, semplicemente, indica la vita e la sua dinamicità, che s’appoggia anche su i sogni, che sono le abbreviazioni concettuali positive di un futuro che si spera possibile. Fotografa parzialità, segmenti di carrozze, certezze di ferro. Dalla strada ferrata della nostra memoria alle autostrade del futuro sognato, insomma.
Maria Pia Daidone crea maglie di ritagliate e brevi tessere di fogli di rame; usa anche fogli di cartone, pressati, ricoperti di cromatismi dorati e ramati, in parte aggettanti e in parte ricoperti da trasparenze predispongono e programmano morbide, intriganti, piacevoli seduzioni di senso. Il rame con la sua calda venatura riesce a stendere temprate superfici. Le recentissime redazioni pittoriche e plastiche dell'artista accolgono accostamenti di sacro e profano, comprendono le vertigini del nostro tempo e ci rimandano alle dimensioni mitiche di tempi antichi. Le metabolizzate, significative, leggere tessere di rame s’interpolano come elementi segnico-simbolici di interpretazione e di comunicazione sociale. La “texture” di ogni riquadro ramato è un sottile ricalco arricciato, increspato, mosso, sbalzato, ondulato su cui scivolano motivi ritmati e strette pressioni, mentre i bordi si solleticano e si sfiorano, limitati e ristretti, in una raffinata disposizione, che assicura una maglia, abbigliata lusinga, o un accurato mantello, appropriato richiamo per un fantasmatico corpo. Il mantello sembrerebbe tendere verso la pronuncia di un’overdose estetica, ma, a ben guardare, risulta, poi, essere cortina di un’essenza calamitante, dall’indubbio influsso e fascino pervasivo, che prende l'animo e la mente in modo completo.
Dino De Simone guarda al paesaggio, soprattutto quello al limite tra entroterra e mare, ad esempio come la Val di Vara, non tralasciando gli ambienti più interni tra Piemonte e Lombardia. I panorami di queste terre lo attirano, particolarmente. Intensi possono essere i rimandi tra passato e presente, tra evocazioni e impressioni. Il paesaggio naturale e antropico, da dove emerge una geografia umana, risulta riferimento iconografico di solida partenza. Lo stato della natura, che può suggerire anche un fronte magico quanto arcaico, si può tradurre in essenziali segni e in composizioni di percezioni. Vasta e imponente è la natura, ma cosmogonica e archetipica è la visione di Dino De Simone, che propone la ricerca di un linguaggio pittorico, tra due sentieri fondamentali, che toccano il cubismo e il surrealismo. Insomma, insegue l’identità della natura cercando di fissarla, la quale non sempre è focalizzata nella distratta percezione quotidiana, e struttura motivi mettendo in relazione presenze e sentimenti per ricomporre una logica descrittiva, talvolta delicata, talvolta possente. I contrassegni della descrizione si colgono in un montaggio di monumenti naturali quanto del governo dell’uomo in un habitat. Ricerche e le sperimentazioni sono guidate dall’ottica dell’attenzione massima sugli elementi naturali e architettonici, che interagiscono.
Nicola Evangelisti, nato a Bologna; si è diplomato in scultura presso l'Accademia di Belle Arti della sua città. Ha svolto una ricerca artistica sperimentale, che, spaziando dall’installazione al light-box, dalla fotografia al video, mostra la sua coerenza di fondo nella costante attenzione al tema della luce. Lavora al ciclo dei “crilex”, introflessioni su materiale plastico, realizzate tramite combustione che generano linee luminose avvicinabili alle forme della grafica frattale, evocanti esplosioni cosmiche. Poi, individua nello specchio un medium da privilegiare per i suoi segni luminosi, inaugurando un filone di ricerca che prosegue, a tutt’oggi, con molteplici variazioni e sviluppi. Si aggancia alle istanze della “Light Art”, corrente che va sempre delineandosi a livello internazionale. Nel 2010 è invitato a Luminale, la Biennale della Luce di Francoforte; in tale occasione presenta “LIGHT PULSE”, una scultura luminosa irradiata di luce laser. Nel 2011 realizza una seconda installazione luminosa a scala urbana nel parco di Villa la Vedetta a Firenze e viene invitato alla Biennale di Venezia nel padiglione Italia nel Mondo. Il lavoro di Nicola Evangelisti sollecita il ventaglio delle luci. La luce, talvolta, la governa per renderla fenomeno impalpabile, altre volte la gestisce nelle dinamiche elettrizzanti, che può determinare. I fasci di luce che istrada formano cunei di diffusione luministica mentre le sorgenti di effetti diventano altari mitic,i che attraversano il buio. La luce è elemento significativo per evidenziare calamite segniche o sopraffare evidenze plastiche.
Benedetta Galli è nata a Perugia. Le interessanti composizioni dell’artista misurano l’intimo, lo replicano e lanciano le moltitudini. Le installazioni di Benedetta Galli si sviluppano grazie a disegni, scritti, studi, rilievi, bozzetti e situano il soggetto finale, che è, poi, il risultato concreto dell’indagine percettiva, a reggere l’individualità umana. Dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande, quasi in uno svolgimento matematico per soppesare grandezze, si svolge il suo lavoro. I termini di inizio e di target finale vedono l’unicità dell’intimità umana e la resa che investe piani fantasmatici. Le piccole parti generano una rinascita dell’essere, un’immagine ricavata da microproiezioni; quindi tutto si volge verso un apparente unicità, che altro non è se non la ramificazione di sigilli riprodotti in modo seriale. Il particolare è la base e l’occhio è felicemente ingannato, perché ogni frammento porta in sé la vita e diventa base per essere letto con un doppio registro. Una realtà percepita non è sempre quella che si mostra, ma può contenere altri intendimenti percettivi e una fisicità di sensibile livello. Il forte carattere espressivo delle opere di Benedetta Galli poggia sul particolare, ma da minime variazioni cromatiche e/o segniche del particolare emerge un’icona riflessa, talvolta una postura iconica. Le singole tessere sono moltiplicate in una coazione a ripetere, che vuole marcare un’iniziale identità, dal rigore minimalista, per mostrarsi allo sguardo del fruitore in un processo di frames per arrivare a esaltare un gesto quotidiano nel perdersi della sua possibilità infinita di replay.
Anna Rosa Gavazzi, vive e lavora a Milano; ha frequentato i corsi di pittura e scenografia all'Accademia di Brera. Assistente di Luciano Damiani, Ezio Frigerio ed Enrico Job al Lirico e Piccolo Teatro di Milano. Si dedica all'uso della fotografia come mezzo d’espressione e la insegna per suscitare interesse e reggere l’incontro tra una forma di comunicazione e afferrare il “genius loci”, e non solo. Ha sempre cercato di guidare la fotografia a rappresentare il territorio. L’uso intelligente del medium fotografico, accompagnato da misure e tecniche aggiornate, le hanno permesso di intendere volti e personaggi, ma, soprattutto, a definire, in sintesi, gli ambienti sociali e a calibrare geografie umane. Il codice interpretativo di Anna Rosa Gavazzi esalta i territori dell’anima o ove l’anima coglie il suo spirito e lo omaggia profondamente. Fotografare è un sistema logico in cui l’inquadratura dove essere “camera” di vita. L’equilibrio è la giustizia visiva. I territori siciliani e/o quelli lombardi suggeriscono itinerari per l’intelletto. Comporre una fotografia o una immagine con apporti fotografici e di altro carattere espressivo comporta bilanciamenti e contrappesi per avere controcampi e contropiani. L’artista elabora e rimisura l’ambiente e le sue genti. Promuove esercizi di lettura, approfondimenti sociologici, esalta nuove iconografie.
Pina Inferrera è nata a Messina; ha studiato a Milano presso l’Accademia di Belle Arti di Brera. Sin dall’inizio del suo percorso artistico s’interessa sia alla fotografia che alla scultura. Dalla metà degli anni Ottanta la ricerca artistica dell’autrice è tesa all’esplorazione della realtà circostante, e, in particolar modo, si dedica a quella industriale. I materiali di scarto delle piccole o grandi industrie vengono prima fotografati e, poi, adoperati per la realizzazione di sculture dalle dimensioni imponenti. Opere site specific, sculture che diventano un segno articolato, capace di ridisegnare lo spazio in cui sono installate. Dal 2000 le video-installazioni sono il linguaggio prescelto. L’artista fotografa e completa le immagini inseguite della natura con integrazioni speculari; quasi intende suggerire possibili ritmi vitali tra mondo reale e modo concepito. L’importante per l’artista è il proponimento di pervadere la natura con soluzioni alternative e ciò è determinato dalla comprensione della bellezza degli assoluti che ci circondano e che molte volte non si captano. Tra germinazioni, che intendono dare sostanza a una duplicità mitica della vita, e gemmazioni, che intendono atomizzare i sensi concreti in filiazioni correnti, si divide, concettualmente, il percorso foto-artistico di Pina Inferrera, sempre più protesa a significare il suo senso della vita in una natura soltanto da duplicare, mai da azzerare. L’artista con le sue alte qualificazioni estetiche media tra natura offerta ancora al mondo e natura da preservare; nel gioco del doppio rientra la voglia di duplicare per specchiarsi in una natura da tutelare.
Emilio Minoli è nato a Ponte San Pietro, vive e lavora a Bergamo. Acquisisce varie tecniche e le applica con serietà. Con il disegno, la pittura, i pastelli, la scultura, attraverso l’applicazione di vari materiali in strutture di assemblaggio dinamiche e statiche e software grafici intende colpire. La scelta attuale è indirizzata verso un grafismo in bianco e nero. I suoi lavori affrontano sempre tematiche sulla natura dell’uomo, sulle incognite esistenziali e sulla realtà interiore e i suoi dintorni. Amante della Metafisica e del grafismo, l’artista cerca sempre di sorprendere e far riflettere l’osservatore; l’accompagna a considerare piani grafici di allusioni e di ludici avvertimenti. Il segno si fa carica gestionale di congetture fabulistiche e disposizione di avventure memoriali e future. L’arricciamento del segno, la tensione da “horror vacui”, la pregnanza dei simboli concentrano e condensano una polisemanticità ragguardevole, che fraziona realtà e accende rivoli sapienti di futuro.
Carlo Piemonti è nato a Gorizia; si laurea in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. Con lavori attenti per esecuzione e per maestria, diretta e partecipe, riesce a combinare pratiche relazionali secondo il suo assunto programmatico, che vede nella pittura principio e tecnica per riassumere il reale ed esaminarlo nei suoi aspetti più delicati. Le sue inquadrature e i suoi tagli arditi riescono a impossessarsi di segmenti iconici, che osano narrare dialoghi propulsivi in un’esperienza grafica di sintesi e di scomposizioni determinate. Le sue immagini variegate nutrono un flusso percettivo e le emozioni si stagliano su fondi semplificati. Il tutto è dato e compreso su abbreviative modalità espressive dell’uomo moderno, con risalti minimi. Rarefazioni compositive, sottratte a cromatismi accentuati, interpretano il mondo. Equivalenti tracce esistenziali sono significativamente replicate nell’accentuato gioco del setaccio segnico; vengono, insomma, cribrate, cioè vagliate, attentamente e intensamente, nel sapore di una scanalatura sintetica per richiamare certezze tautologiche.
Edegildo Zava, è nato a Legnano; vive ed opera tra Milano, Antibes e Celle Ligure. E’ attivo in gioventù come disegnatore/progettista di grandi impianti industriali, nei primi anni ’80 prende a frequentare l’Accademia Belle Arti di Brera e si dedica professionalmente alla ricerca artistica. Dopo un inizio come pittore, passa alla sperimentazione e all’utilizzo di media diversi – dalla fotografia al video, al computer – lavorando a vari cicli di opere. Da Nuclear Power Station ad oggi, Zava ha centrato argomenti di spessore. La sua fotografia, funzionale e tecnica, racconta in maniera certa e impegna il lettore. Le immagini di Zava sono cospicuamente seduttive, anche se ostentano dichiarati stereotipi per, poi, riconvertirsi in soluzioni di lucida critica.
I precipizi contemporanei sono rintracciabili nelle sue foto, che fungono anche da avvertimenti sociali; bilanciano osservazioni e sono contrappunto di considerazioni adeguate. Le immagini industriali o dell’identità tutta umana e sociale vengono ricondotte ad essere pista di sensi vigili.
Linda Carrara è nata a Villa d’Adda (BG); vive e lavora a Milano. Ha frequentato l’Istituto Statale d’Arte di Monza e si diploma nel dipartimento sperimentale d’arte contemporanea dell’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano. La stessa artista ha voluto, significativamente, precisare sul suo progetto quanto segue: “L'installazione performance consiste in un telo più o meno grande tenuto sospeso a mezz'aria da tanti palloncini gonfiabili. “La Sindone è un lenzuolo di lino ... contenente la doppia immagine accostata per il capo del cadavere di un uomo morto in seguito ad una serie di torture culminate con la crocefissione. “ [dal sito ufficiale della Sacra Sindone]. La mia vuole essere una sindone comune che idealmente dovrebbe coprire tutta l'Italia, torturata sino alla sua prossima morte (basta accendere un qualsiasi notiziario serio per sentir le condizioni in cui si trova il nostro stato e capirne la fine inesorabile). Simbolicamente ho pensato ad una sindone “collettiva”, ma anche ad un velo che rende ciechi i nostri occhi, o meglio li ostruisce facendogli vedere una situazione esteticamente bella, dolce … alla “Little Italy”, che ormai non ci appartiene più. Un velo pronto a cadere sulle nostre teste per coprirci e calcare le nostre figure (come la Sindone).”
Guido Nosari stende mani di colore, di gessetti, in particolare, e con un gioco di lacca per rendere lucidi e luminosi i soggetti accorda una valutazione dell’espressionismo più veloce. Tende a rivoltare il più possibile il significato dell’immagine, parte da “sirene in carta patinata” sino ad arrivare a struggimenti carnali. Insomma, l’artista elabora sottrazioni e stravolgimenti da basi fotografiche per rendere una diversa estetica e ricombinare un’estetica di profondità. Viene immesso un negativo e rivoltato con scritte, manomissioni varie e diverse giustapposizioni per riconoscere una profondità del positivo umano, che deve essere sempre valutato. Insomma, lo smalto mediatico non piace all’artista. Da buon provocatore agita il contemporaneo da copertina, che corrompe e compromette, nella voglia pungente e partecipe di determinare altre considerazioni, altre valutazioni e altre riflessioni. Sotto c’è sempre un’altra realtà.
Laura Patacchia è nata a Terni; ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Perugia e fin dalle sue prime esperienze il suo lavoro è caratterizzato dalla presenza di elementi filiformi intrecciati, tesi e torti fino a ridefinire le relazioni tra le parti chiamate in causa nella definizione del lavoro. Fili che riempiono lo spazio espositivo limitando la mobilità del corpo dell’autrice e dell'osservatore o fili le cui tensioni sostengono le immagini o gli oggetti che imprigionano, sempre con attenzione all'aspetto cromatico, in una concezione di “disegno spaziale”. Il lavoro che viene presentato in questa occasione è una piccola scultura realizzata con materiali durevoli nel tempo e resistente agli agenti atmosferici. L’arista sottolinea: “Ho reinventato a mio modo il concetto di bozzolo, utilizzando materiali sintetici e resistenti, ma che all’apparenza risultano leggeri ed effimeri. Rimane sempre il concetto di installazione nel senso che il lavoro dovrebbe essere montato nel suo habitat più conforme, un albero; questo proprio per mantenere la naturalezza del concetto. L’albero non sarà né rovinato, né bucato, per installare il lavoro sarà sufficiente far passare un filo di nylon intorno ad un ramo resistente. La scultura è leggera, non c’ è quindi il rischio che il ramo si spezzi. …” Le sue installazioni si inarcano in inedite articolazioni spaziali. Il contatto sensoriale specifica una memoria ambientale e la fluidità del tempo si stempera nella stabilità dello spazio.
Shafiqul Kabir Chandan è nato nel cuore del Bangladesh, ora vive in Italia. Presenta un’opera sostenuta da fili di nylon tesi tra il capitello e la staffa a “L” individuate nelle finestre del chiostro, lato ingresso. Si tratta di una scultura tessile in tela di juta a sospensione. Le opere dell’artista sono il risultato di una forte tensione spirituale, tutta animata da una calma forza interiore. Opere tessili, intrecci di corde e funi sono i riferimenti primari delle sue lavorazioni. Da segnalare che ha una forte attrazione per i colori caldi della sua terra e nelle sue composizioni utilizza il marrone, l’ocra e il ruggine mescolandoli alle gamme più luminose dei bianchi. Materia pittorica e materia tessile s’incontrano magnificamente e rendono poesia la percezione del territorio di provenienza di Kabir. Piacevolissime, morbide tavole di arazzi ci fanno comprendere che i pattern di fibre emozionano. Insomma, disegno, modello, schema escono dal luogo comune descrittivo ed entrano nella proposizione alta di suggerire un’anima; intendono anche completare la comprensione di un paese e abbracciare il senso del mondo e del suo futuro, nonché custodire, preservare e sorvegliare con eleganza estrema il caldo sentiero del nobile pensiero indiano (docet Roberto Rossellini).
Elena Redaelli è nata ad Erba (Como). Ha prodotto un’opera sostenuta da cavetti da acciaio avvolti all’altezza del capitello. La struttura è stata realizzata in ferro ed è ricoperta intrecciando le corde. Il personale punto di vista dell’artista, che si guarda attorno per verificare quanto mutevole sia il mondo, s’incontra con il mistero della vita. Ha feeling con lo spazio; lo governa, lo domina e lo trapassa con equilibrate plastiche sospese o calzanti verticalità. Lo specchio delle sue visioni sono il circostante, l’ambiente, la natura in cui poter inserire lavori animati dal vento dei sogni. I suoi soggetti devono essere stimoli fortemente attivi e lo spazio deve suggerire possibili intuizioni per specificare virtuali suggestioni. Tappeti di memoria animano la sua voglia istintiva di conoscenza del mondo. L’estetica è incontrata nel saldo di misteri e di incantamenti. Penetrate luci e dileguate ombre creano atmosfere. L’occhio deve avvicinare alla mente condensazioni concettuali e alla sensibilità corporea offrire tattili sensazioni di positività. Materiali usati e/o riciclati entrano in una dimensione altra e si abbinano per essere fari di perlustrazioni essenziali delle estensioni spaziali.
Maurizio Vitiello
15
settembre 2011
Arcaicità e Futuro ecosostenibile
Dal 15 settembre al 18 ottobre 2011
arte contemporanea
Location
SEDI VARIE – Novara
Novara, (Novara)
Novara, (Novara)
Vernissage
15 Settembre 2011, ore 18.30
Sito web
www.ideavita.com
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