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Arcangelo / Anton Zoran Mušič – Nel paesaggio il vuoto
All’interno dello spazio, i due artisti dialogano metaforicamente attraverso la loro arte, un’arte che parla della loro terra e del sentimento di appartenenza a essa, un’arte colma di storia personale e delle vicende storiche avvenute nei luoghi da essi vissuti.
Comunicato stampa
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VV8artecontemporanea è lieta di ospitare nel suo spazio espositivo di Reggio Emilia (via dell’Aquila 6c/6d), “Nel paesaggio il vuoto”: opere di Arcangelo e Anton Zoran Mušič .
Realizzata in collaborazione con Lorenzelli Arte Milano, l’esposizione inaugurerà sabato 5 ottobre alle ore 18.00.
All’interno dello spazio, i due artisti dialogano metaforicamente attraverso la loro arte, un’arte che parla della loro terra e del sentimento di appartenenza a essa, un’arte colma di storia personale e delle vicende storiche avvenute nei luoghi da essi vissuti.
L’esposizione propone dipinti e disegni su carta in un percorso pregno di effluvi terrestri e di quel petricore che resta attaccato addosso, la cui presenza è veramente intensa in ogni opera. Lo spazio si riempie di geosmina, dell’odore di quella terra calpestata e vissuta dai due artisti ora privatamente, ora nel suo aspetto più collettivo, con richiami e rimandi al background storico, culturale e sociale.
Le opere di Mušič risalgono agli anni ’60, periodo cronologicamente centrale della sua carriera artistica. Le tele, così come i disegni, oscillano tra i toni scuri della terra bruciata e le chiare evanescenze, sfumature impressionistiche, rappresentazioni atmosferiche che emanano il profumo della desolazione: il paesaggio, sia quello rappresentato, sia quello reale, si fa specchio della solitudine che pervade l’artista ma che è condizione comune ad ogni uomo. È un paesaggio introspettivo, intriso di un sentimento privato eppure comune, ma vissuto da ogni testimone in maniera del tutto personale: la guerra, il dramma dell’olocausto, hanno segnato indelebilmente l’artista che non può divincolarsi dal terribile ricordo del campo di concentramento e della morte. Scrive Kosme De Barañano: «L’opera di Mušič è una successione di singoli dipinti che formano una galleria dell’emarginazione, quella degli uomini privati della loro identità, e una sequenza di immagini raffiguranti un territorio consumato dal vento o dal semplice scorrere del tempo. […] Registra, come un notaio, ciò che il tempo scolpisce giorno dopo giorno. […] La rappresentazione è un dialogo basato su una finzione: la pretesa del realismo figurativo di restituire il “tempo reale”. […] quella di Mušič è una riflessione visiva sulla figura sfigurata, non soltanto convertita in ombra espressiva, ma soprattutto erosa, in fuga da se stessa.»
Arcangelo ci racconta lo stretto rapporto con la sua regione d’origine, il meridione italico, con i suoi misteri, i suoi rituali, il suo popolo. I cicli presenti in mostra, Tappeti Persiani (1999) e Sanniti (2003-2004), diventano il pretesto con cui l’artista, attraverso le immagini, può parlare dell’appartenenza al territorio. La terra è qui narrata non tramite la rappresentazione del paesaggio, ma con una sorta di simbologia o scrittura, fatta di segni, poiché la natura è da intendersi come madre generatrice, sfondo di vicende storiche, sempre presente ma coprotagonista. La gestualità con cui l’artista dipinge, conferisce alle opere una potenza primordiale e istintuale, il gesto arricchisce di movimento. Le forme non hanno valore in sé ma forza evocativa: sono archetipi che rispecchiano l’anima della terra, oggetti universalmente validi ad esprimere in senso generale la cultura, la religione, i misteri e le credenze pagane che sono diverse e identiche alle più ancestrali comunità di tutto il mondo. Come nelle opere di Mušič, anche in quelle di Arcangelo lo spazio e il tempo sono sospesi; gli elementi, gli oggetti, sono sempre in primo piano ma in uno spazio privo di profondità. La pittura è introspettiva e allo stesso tempo a contatto con la quotidianità. Il colore rispecchia l’emotività, la gamma cromatica è ristretta a tonalità calde con rimandi alla terra. Ciò di cui Arcangelo ci parla, sono culture diverse ma che camminano parallelamente. Scrive Ivan Quaroni: «…le prime tele dei Sanniti resuscitano l’idea di una classicità italica cruda e barbarica, ma rimescolata con reminiscenze della cultura cristiana e pagana popolare, sempre all’insegna di una re-interpretazione moderna delle radici del proprio patrimonio mnemonico. Per Arcangelo la storia non è un serbatoio cronologicamente ripartito, scientemente ordinato, ma un accumulo di sovrapposizioni in cui simboli e segni di età diverse convivono fianco a fianco, come elementi di un unico e vitale substrato culturale.»
L’esposizione sarà visitabile fino al 17 novembre 2019, da martedì a sabato ore 10.00-13.00 e 16.30-19.30, oppure su appuntamento. Per informazioni: tel. 0522 432103, www.vv8artecontemporanea.it.
Realizzata in collaborazione con Lorenzelli Arte Milano, l’esposizione inaugurerà sabato 5 ottobre alle ore 18.00.
All’interno dello spazio, i due artisti dialogano metaforicamente attraverso la loro arte, un’arte che parla della loro terra e del sentimento di appartenenza a essa, un’arte colma di storia personale e delle vicende storiche avvenute nei luoghi da essi vissuti.
L’esposizione propone dipinti e disegni su carta in un percorso pregno di effluvi terrestri e di quel petricore che resta attaccato addosso, la cui presenza è veramente intensa in ogni opera. Lo spazio si riempie di geosmina, dell’odore di quella terra calpestata e vissuta dai due artisti ora privatamente, ora nel suo aspetto più collettivo, con richiami e rimandi al background storico, culturale e sociale.
Le opere di Mušič risalgono agli anni ’60, periodo cronologicamente centrale della sua carriera artistica. Le tele, così come i disegni, oscillano tra i toni scuri della terra bruciata e le chiare evanescenze, sfumature impressionistiche, rappresentazioni atmosferiche che emanano il profumo della desolazione: il paesaggio, sia quello rappresentato, sia quello reale, si fa specchio della solitudine che pervade l’artista ma che è condizione comune ad ogni uomo. È un paesaggio introspettivo, intriso di un sentimento privato eppure comune, ma vissuto da ogni testimone in maniera del tutto personale: la guerra, il dramma dell’olocausto, hanno segnato indelebilmente l’artista che non può divincolarsi dal terribile ricordo del campo di concentramento e della morte. Scrive Kosme De Barañano: «L’opera di Mušič è una successione di singoli dipinti che formano una galleria dell’emarginazione, quella degli uomini privati della loro identità, e una sequenza di immagini raffiguranti un territorio consumato dal vento o dal semplice scorrere del tempo. […] Registra, come un notaio, ciò che il tempo scolpisce giorno dopo giorno. […] La rappresentazione è un dialogo basato su una finzione: la pretesa del realismo figurativo di restituire il “tempo reale”. […] quella di Mušič è una riflessione visiva sulla figura sfigurata, non soltanto convertita in ombra espressiva, ma soprattutto erosa, in fuga da se stessa.»
Arcangelo ci racconta lo stretto rapporto con la sua regione d’origine, il meridione italico, con i suoi misteri, i suoi rituali, il suo popolo. I cicli presenti in mostra, Tappeti Persiani (1999) e Sanniti (2003-2004), diventano il pretesto con cui l’artista, attraverso le immagini, può parlare dell’appartenenza al territorio. La terra è qui narrata non tramite la rappresentazione del paesaggio, ma con una sorta di simbologia o scrittura, fatta di segni, poiché la natura è da intendersi come madre generatrice, sfondo di vicende storiche, sempre presente ma coprotagonista. La gestualità con cui l’artista dipinge, conferisce alle opere una potenza primordiale e istintuale, il gesto arricchisce di movimento. Le forme non hanno valore in sé ma forza evocativa: sono archetipi che rispecchiano l’anima della terra, oggetti universalmente validi ad esprimere in senso generale la cultura, la religione, i misteri e le credenze pagane che sono diverse e identiche alle più ancestrali comunità di tutto il mondo. Come nelle opere di Mušič, anche in quelle di Arcangelo lo spazio e il tempo sono sospesi; gli elementi, gli oggetti, sono sempre in primo piano ma in uno spazio privo di profondità. La pittura è introspettiva e allo stesso tempo a contatto con la quotidianità. Il colore rispecchia l’emotività, la gamma cromatica è ristretta a tonalità calde con rimandi alla terra. Ciò di cui Arcangelo ci parla, sono culture diverse ma che camminano parallelamente. Scrive Ivan Quaroni: «…le prime tele dei Sanniti resuscitano l’idea di una classicità italica cruda e barbarica, ma rimescolata con reminiscenze della cultura cristiana e pagana popolare, sempre all’insegna di una re-interpretazione moderna delle radici del proprio patrimonio mnemonico. Per Arcangelo la storia non è un serbatoio cronologicamente ripartito, scientemente ordinato, ma un accumulo di sovrapposizioni in cui simboli e segni di età diverse convivono fianco a fianco, come elementi di un unico e vitale substrato culturale.»
L’esposizione sarà visitabile fino al 17 novembre 2019, da martedì a sabato ore 10.00-13.00 e 16.30-19.30, oppure su appuntamento. Per informazioni: tel. 0522 432103, www.vv8artecontemporanea.it.
05
ottobre 2019
Arcangelo / Anton Zoran Mušič – Nel paesaggio il vuoto
Dal 05 ottobre al 17 novembre 2019
arte contemporanea
Location
VV8ARTECONTEMPORANEA
Reggio Emilia, via dell'Aquila, 6c/6d, (Reggio Nell'emilia)
Reggio Emilia, via dell'Aquila, 6c/6d, (Reggio Nell'emilia)
Orario di apertura
10-13 e 16-19,30
Vernissage
5 Ottobre 2019, h 18,00
Sito web
Ufficio stampa
CSArt - Comunicazione per l'Arte
Autore