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Archipèlagos. Spazi contigui del contemporaneo
Sabato 24 novembre alle ore 18 si inaugurerà al MAON di Rende la mostra “ARCHIPÈLAGOS. Spazi contigui del contemporaneo”, a cura di Tonino Sicoli e Bruno Corà, con sei artisti italiani importanti della seconda metà del XX secolo: Nicola Carrino, Francesco Lo Savio, Achille Pace, Gianfranco Pardi.
Comunicato stampa
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Sabato 24 novembre alle ore 18 si inaugurerà al MAON, Museo d’arte dell’Otto e Novecento di Rende/Cs, la mostra “ARCHIPÈLAGOS. Spazi contigui del contemporaneo”, con sei artisti italiani importanti della seconda metà del XX secolo: Nicola Carrino, Francesco Lo Savio, Achille Pace, Gianfranco Pardi, Giuseppe Spagnulo e Giuseppe Uncini.
La rassegna è curata da Bruno Corà e Tonino Sicoli e resterà aperta al pubblico fino al 2 febbraio 2018
La storia dell'arte del Secondo Novecento, dopo la stagione delle avanguardie recenti legate alla ricerca astratta, minimalista e poverista, ha prodotto alla fine del secondo millennio una linea di ricerca trasversale, che ha avuto nella sottovalutazione dell'avanguardia stessa il suo momento critico e nello stesso tempo complesso. Con il ritorno ad una visione artisticamente eclettica sia sul piano dei linguaggi usati che delle tecniche e tecnologie, si sono attivati in maniera trasversale processi ed esiti estremamente problematici.
Si può a ragion veduta parlare di una disseminazione pulviscolare progressiva, che ha frantumato le grandi correnti a favore di una fioritura di fenomeni correlati ma autonomi, con una identità non più assimilabile a filoni e modelli, che sono rimasti per lo più appannaggio di una cultura sempre più di massa.
Le logiche del mercato pur dilaganti, determinati successi e consensi presso il collezionismo non sono riusciti a vanificare l’idealità e la tensione intellettuale di tanti artisti, che pur avendo sfiorato gli ultimi movimenti e gruppi, di fatto hanno costituito una sorta di arcipelago di “isole poetiche”, vicine ma staccate, contigue ma con una loro identità forte basata su apporti personali, esperienze, sperimentazioni e interazioni anche geografiche, legate ad una mobilità ed ad una possibilità di comunicazione sempre più accentuata, portatrice di inediti intrecci.
Se gli anni Sessanta e Settanta hanno visto le ultime vivacità movimentiste, ci sono stati, tuttavia, artisti più in luce ed altri rimasti più nell’ombra, alcuni che hanno sfiorato l'idea di gruppo o ne hanno fatto parte per poco tempo, altri che hanno mantenuto, invece, un “isolamento” proficuo sul piano della ricerca e del rigore, sul piano della professionalità e sul loro ruolo relazionale e di influenti intellettuali formatori anche di nuove generazioni. Isole portatrici di pensiero e di spunti (che hanno lasciato maggiori tracce di quelle degli artisti più facilmente accolti dal mercato), fautori di scambi e di influenze pur dentro una mappatura variegata e piena di canali, separazioni, vicinanze, lontananze, dialettiche e contrasti.
Figure artistiche come quella di Francesco Lo Savio (Roma, 1935 - Marsiglia, 1963), scultore della luce scomparso prematuramente; alcuni esponenti del gruppo Forma Uno: come Giuseppe Uncini (Fabriano, 1929 – Trevi, 2008) con i suoi “cementi armati”, Nicola Carrino (Taranto, 1932 – Roma, 2018), con i suoi moduli costruttivi, o il segnico Achille Pace (Termoli, 1923); lo strutturalista concettuale Gianfranco Pardi (Milano, 1933 - 2012); l’astrattista plastico Giuseppe Spagnulo (Grottaglie, 1936 – 2016). Tutti hanno costituito un arcipelago morfologico e poetico in cui l’immagine è stata azzerata in una ricerca astratta apparentemente semplice ma intrinsecamente complessa.
Spazi installati con strutture dai materiali più antichi e moderni, site specific, installazioni varie hanno creato un cortocircuito fra il naturale e l'artificiale in una matericità rivisitata e reinventata alla luce di un atteggiamento sempre più rizomatico.
I legami fra i generi hanno portano ad un linguaggio dell'arte sempre più integrato, interattivo, secante. Verso un'identità multipla e aperta a tutto.
Lo spazio è un luogo concettuale e fisico, che si anima di un pensiero visivo e di una struttura totalizzante. La separazione lessicale lascia il campo ad un coinvolgimento comunicativo ed espressivo coincidente, con ricadute semantiche e corrispondenze.
Questi artisti hanno dato spazio ad una linearità e ad un'essenzialità della forma, per indirizzare la ricerca verso soluzioni contaminate e incontri semiotici, segni dialettici, andando oltre le differenze originarie per dar luogo ad una genesi morfologica multi-genere.
Scultura, pittura e architettura generano un'arte costruttiva, modulare, strutturale, analitica ma tendente alla sintesi, in un superamento dialogico fra geometrie e organicità, fra bidimensionalità e tridimensionalità, tracciati e schemi, regolarità e materia. Forme elementari disegnate, piegate, spezzate, ricomposte.
Il pieno valorizza il vuoto e lo coinvolge nel senso oggettuale, aprendo la composizione al concetto, all'idea, in una purezza contaminata, esito di un ingegno poliedrico.
La rassegna è curata da Bruno Corà e Tonino Sicoli e resterà aperta al pubblico fino al 2 febbraio 2018
La storia dell'arte del Secondo Novecento, dopo la stagione delle avanguardie recenti legate alla ricerca astratta, minimalista e poverista, ha prodotto alla fine del secondo millennio una linea di ricerca trasversale, che ha avuto nella sottovalutazione dell'avanguardia stessa il suo momento critico e nello stesso tempo complesso. Con il ritorno ad una visione artisticamente eclettica sia sul piano dei linguaggi usati che delle tecniche e tecnologie, si sono attivati in maniera trasversale processi ed esiti estremamente problematici.
Si può a ragion veduta parlare di una disseminazione pulviscolare progressiva, che ha frantumato le grandi correnti a favore di una fioritura di fenomeni correlati ma autonomi, con una identità non più assimilabile a filoni e modelli, che sono rimasti per lo più appannaggio di una cultura sempre più di massa.
Le logiche del mercato pur dilaganti, determinati successi e consensi presso il collezionismo non sono riusciti a vanificare l’idealità e la tensione intellettuale di tanti artisti, che pur avendo sfiorato gli ultimi movimenti e gruppi, di fatto hanno costituito una sorta di arcipelago di “isole poetiche”, vicine ma staccate, contigue ma con una loro identità forte basata su apporti personali, esperienze, sperimentazioni e interazioni anche geografiche, legate ad una mobilità ed ad una possibilità di comunicazione sempre più accentuata, portatrice di inediti intrecci.
Se gli anni Sessanta e Settanta hanno visto le ultime vivacità movimentiste, ci sono stati, tuttavia, artisti più in luce ed altri rimasti più nell’ombra, alcuni che hanno sfiorato l'idea di gruppo o ne hanno fatto parte per poco tempo, altri che hanno mantenuto, invece, un “isolamento” proficuo sul piano della ricerca e del rigore, sul piano della professionalità e sul loro ruolo relazionale e di influenti intellettuali formatori anche di nuove generazioni. Isole portatrici di pensiero e di spunti (che hanno lasciato maggiori tracce di quelle degli artisti più facilmente accolti dal mercato), fautori di scambi e di influenze pur dentro una mappatura variegata e piena di canali, separazioni, vicinanze, lontananze, dialettiche e contrasti.
Figure artistiche come quella di Francesco Lo Savio (Roma, 1935 - Marsiglia, 1963), scultore della luce scomparso prematuramente; alcuni esponenti del gruppo Forma Uno: come Giuseppe Uncini (Fabriano, 1929 – Trevi, 2008) con i suoi “cementi armati”, Nicola Carrino (Taranto, 1932 – Roma, 2018), con i suoi moduli costruttivi, o il segnico Achille Pace (Termoli, 1923); lo strutturalista concettuale Gianfranco Pardi (Milano, 1933 - 2012); l’astrattista plastico Giuseppe Spagnulo (Grottaglie, 1936 – 2016). Tutti hanno costituito un arcipelago morfologico e poetico in cui l’immagine è stata azzerata in una ricerca astratta apparentemente semplice ma intrinsecamente complessa.
Spazi installati con strutture dai materiali più antichi e moderni, site specific, installazioni varie hanno creato un cortocircuito fra il naturale e l'artificiale in una matericità rivisitata e reinventata alla luce di un atteggiamento sempre più rizomatico.
I legami fra i generi hanno portano ad un linguaggio dell'arte sempre più integrato, interattivo, secante. Verso un'identità multipla e aperta a tutto.
Lo spazio è un luogo concettuale e fisico, che si anima di un pensiero visivo e di una struttura totalizzante. La separazione lessicale lascia il campo ad un coinvolgimento comunicativo ed espressivo coincidente, con ricadute semantiche e corrispondenze.
Questi artisti hanno dato spazio ad una linearità e ad un'essenzialità della forma, per indirizzare la ricerca verso soluzioni contaminate e incontri semiotici, segni dialettici, andando oltre le differenze originarie per dar luogo ad una genesi morfologica multi-genere.
Scultura, pittura e architettura generano un'arte costruttiva, modulare, strutturale, analitica ma tendente alla sintesi, in un superamento dialogico fra geometrie e organicità, fra bidimensionalità e tridimensionalità, tracciati e schemi, regolarità e materia. Forme elementari disegnate, piegate, spezzate, ricomposte.
Il pieno valorizza il vuoto e lo coinvolge nel senso oggettuale, aprendo la composizione al concetto, all'idea, in una purezza contaminata, esito di un ingegno poliedrico.
24
novembre 2018
Archipèlagos. Spazi contigui del contemporaneo
Dal 24 novembre 2018 al 02 febbraio 2019
arte contemporanea
Location
MAON – MUSEO D’ARTE DELL’OTTO E NOVECENTO
Rende, Via Raffaele De Bartolo, 1, (Cosenza)
Rende, Via Raffaele De Bartolo, 1, (Cosenza)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 16:00-19:00, di mattina su appuntamento.
Vernissage
24 Novembre 2018, ore 18.00
Autore
Curatore