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Armando Donna
Opere dell’incisore piemontese Armando Donna (1913-1994). In esposizione un’antologica della sua produzione a bulino, dalle opere in bianco e nero degli anni Quaranta alle acquetinte degli anni Novanta.
Comunicato stampa
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I segni di Armando Donna delineano paesaggi d’attesa, scenari silenti in cui la stasi notturna o il trapassare lento del tempo si posano su oggetti e ricordi. Il meticoloso apparire dei solchi d’inchiostro tracciati dal bulino sulla lastra, come una musica assente, rende una poesia semplice e sospesa che tratteggia luoghi trasognati, rarefatti dagli incroci delle textures. Donna, fedele alla pratica incisoria che gli è più propria, a quella fine precisione del ‘levare’, all’ossessione del rigore e del solco preciso il cui sforzo di scavo si sublima nell’accuratezza, rende il dato sensibile in una elementare economia di mezzi tecnici, ma con meditato senso del destino umano. Le disposizioni di linee e di toni, il convergere dei tratti netti e freddi, creano ombreggiature e contrasti chiaroscurali dai toni intransigenti, dati dall’instancabile infittirsi dei tracciati.
La natura spoglia e severa che affiora nelle sue carte ha temi e motivi assidui, intimi ma remoti, come la luna, talora colta a mezzo del suo corso, leopardianamente immota e assisa nel cielo, presenza fissa e melancolica tra i paesaggi che si aprono sulla campagna, sulla strada o tra i promontori. Altrove sono cancelli e balaustre o è la triste desolazione di un albero secco a vegliare sulla notte. Un alto silenzio racchiude ogni cosa, come una quiete dormiente, e conferisce un anelito di sogno delle sue Magie lunari. Dalle casette addossate le une alle altre in una evocazione alla Braque, in cui la neve e il pino diventano silhouettes tra bianco e chiaroscuro, ai paesaggi urbani degli anni Cinquanta, i fitti intrecci del nero disegnano scorci di paesaggi forse onirici, forse reali. Le sagome pallide degli edifici, i ponti, il fiume o la cattedrale, i rii di Venezia, sono visioni e variazioni che ritornano come un’affezionata litania. I suoi chiarori lunari si spandono silenziosi nell’assenza di avvenimenti: è una narrazione statica a prendere il sopravvento, in cui la quiete dissimula la sospensione di eventi, di tempo, di sentimento.
Poche, sparute e immobili, sono le sue rare figure umane, colte in spazi confinati, in cantucci guardinghi. Sono personificazioni, piccole storie, più che individui, tutta un’umanità pensosa e solinga: la signorina che attende, il poeta solitario, una ragazza col grammofono; così come sono figurette i pretini in passeggiata notturna che rasentando un muro divengono un’ombra nera
nell’oscurità. Anche il mondo animale è per Donna motivo di similitudine, di richiamo colto e allusivo alla tradizione dell’arte e a quel suo mondo personale che anche Paolo Bellini chiama ‘un realismo esistenziale tutto interiore’. Le anguille e la scimmietta, l’upupa e l’anitra, si avvicinano all’essenza delle nature morte in cui tornano così spesso la forma uovo, mistero di nascita e di attesa, le conchiglie, il mandolino, il ferro da stiro, le bottiglie e la caffettiera: oggetti domestici posati con echi morandiani, che assumono un aspetto metafisico e soggettivante. La sua ‘scoperta’ del colore è degli anni Settanta, con la conversione all’acquatinta, che impregna i Fiori Segreti di tinte stranite e motivi più decorativi. Rimangono lo stupefatto silenzio dello sfondo, l’originalità della visione, il perseguire costante verso un’apparenza diradata, costruita con la presenza di soggetti accostati che assumono il ruolo di valori archetipi, pur nella ricerca di un valore espressivo diverso. (Stefania Portinari)
note biografiche
Armando Donna è nato a Vercelli il 5 febbraio del 1913.
Frequenta la Scuola Borgogna, dove segue gli insegnamenti di Francesco Porzio(scultore). Riceve i primi insegnamenti sull’acquaforte da Enzo Gazzone. Nel 1941 decide, dopo aver letto il libro “Bianco e Nero” di G.F.Guarnati, di dedicarsi al bulino. Lavora presso la Casa degli Argentieri di Vercelli e si esercita, come autodidatta, con il bulino su piccole lastre di rame. Nel 1948 incide la sua prima opera a bulino (una natura morta dal titolo: Libri). È invitato all’esposizione della “Società Promotrice delle Belle Arti” di Torino dove espone: Natura morta con sedia e Natura morta con candeliere. Nel 1951 partecipa, per la prima volta, ad una mostra all’estero (Galleria Georges Giroux di Bruxelles) insieme ai più importanti incisori italiani: Barbisan, Morandi, Maccari e Manzù. Tra il 1951 e il 1994 partecipa alle più importanti esposizioni dedicate alla grafica: Forlì, Sassari, Torino e Venezia nel ’52; Alessandria, Atene, Milano, Reggio Emilia, Torino e Venezia nel ’53; Boston, Forlì e Torino nel ’54; Alessandria, Lecco, Roma e Torino nel ’55; Burano, Lima, Lugano, San Marino, San Paulo e Sassari nel ’56; Atene, Lubiana e Reggio Emilia nel ’57; negli anni successivi sarà a Cremona, Marradi, Varsavia, Tokyo, Trieste, Lucca, Venezia, Asti, Biella, Città del Messico, Pescia, Tripoli, Faenza, Il Cairo, Baden Baden, Urbino e Milano.
La critica lo colloca nelle prime file del panorama dell’incisione italiana del Novecento, numerosi ed importanti gli attestati di stima.
Muore a Vercelli il 18 ottobre del 1994.
OPERE IN MOSTRA
(bulini in bianco e nero)
Finestra e libri, 113x127, 1948 – Natura morta con cactus, 174x176, 1948 – Paesaggio (Piazza Tizzoni), 200x204, 1949 – Oggetti Sacri, 225x181, 1949 – Viale, 222x245, 1950 – Pesci e Conchiglie, 222x253, 1950 – Uomo seduto, 219x178, 1951 – Case e tre pali, 249x223, 1951 – Anguille, 158x244, 1952 – La cattedrale, 255x218, 1952 – Ponte sul fiume, 222x253, 1952 – Venditrice di castagne, 220x253, 1952 – Rio a Venezia, 251x221, 1952 – Periferia, 217x247, 1952 – Case e montagne a Scopa, 235x269, 1953 – Paesaggio urbano, 236x306, 1953 – Natura morta con upupa, 307x230, 1953 – Passeggiata di notte, 284x231, 1954 – Il Rosa, 219x258, 1954 – Il Tagliaferro, 206x254, 1955 – Case a Macugnaga, 311x236, 1955 – Mandolino, 237x280, 1956 – Conchiglia e candele, 311x255, 1957 – Ferro da stiro, 331x239, 1957 – Caffettiera e frutta, 252x285, 1957 – Attesa, 308x241, 1958 – Ragazza e grammofono, 310x250, 1958 – Luna nera, 310x240, 1960 – Solitudine del poeta, 318x240, 1967 – Sogno di un mattino, 240x235, 1967 – Poesia del silenzio, 235x336, 1967 – Sgomento, 200x300, 1984 – La grande luna, 297x201, 1988 – Magica visione, 300x200, 1989 – Magia lunare, 310x173, 1991 – Alto silenzio, 320x170, 1992 – Estasiata solitudine, 299x162, 1994 .
(bulini a colori)
Sole spento, 190x290, 1969 – L’ultimo testimone, 300x200, 1970 – Sole morente, 320x180, 1970 – Rinascita magica, 298x202, 1971 – Fiori segreti, 300x155, 1971 – Desolazione, 300x199, 1972 – Attesa inutile, 200x300, 1973 – La casa della speranza, 200x304, 1976 – Nautilus, 298x200, 1978 – Magica armonia, 299x200, 1983.
La natura spoglia e severa che affiora nelle sue carte ha temi e motivi assidui, intimi ma remoti, come la luna, talora colta a mezzo del suo corso, leopardianamente immota e assisa nel cielo, presenza fissa e melancolica tra i paesaggi che si aprono sulla campagna, sulla strada o tra i promontori. Altrove sono cancelli e balaustre o è la triste desolazione di un albero secco a vegliare sulla notte. Un alto silenzio racchiude ogni cosa, come una quiete dormiente, e conferisce un anelito di sogno delle sue Magie lunari. Dalle casette addossate le une alle altre in una evocazione alla Braque, in cui la neve e il pino diventano silhouettes tra bianco e chiaroscuro, ai paesaggi urbani degli anni Cinquanta, i fitti intrecci del nero disegnano scorci di paesaggi forse onirici, forse reali. Le sagome pallide degli edifici, i ponti, il fiume o la cattedrale, i rii di Venezia, sono visioni e variazioni che ritornano come un’affezionata litania. I suoi chiarori lunari si spandono silenziosi nell’assenza di avvenimenti: è una narrazione statica a prendere il sopravvento, in cui la quiete dissimula la sospensione di eventi, di tempo, di sentimento.
Poche, sparute e immobili, sono le sue rare figure umane, colte in spazi confinati, in cantucci guardinghi. Sono personificazioni, piccole storie, più che individui, tutta un’umanità pensosa e solinga: la signorina che attende, il poeta solitario, una ragazza col grammofono; così come sono figurette i pretini in passeggiata notturna che rasentando un muro divengono un’ombra nera
nell’oscurità. Anche il mondo animale è per Donna motivo di similitudine, di richiamo colto e allusivo alla tradizione dell’arte e a quel suo mondo personale che anche Paolo Bellini chiama ‘un realismo esistenziale tutto interiore’. Le anguille e la scimmietta, l’upupa e l’anitra, si avvicinano all’essenza delle nature morte in cui tornano così spesso la forma uovo, mistero di nascita e di attesa, le conchiglie, il mandolino, il ferro da stiro, le bottiglie e la caffettiera: oggetti domestici posati con echi morandiani, che assumono un aspetto metafisico e soggettivante. La sua ‘scoperta’ del colore è degli anni Settanta, con la conversione all’acquatinta, che impregna i Fiori Segreti di tinte stranite e motivi più decorativi. Rimangono lo stupefatto silenzio dello sfondo, l’originalità della visione, il perseguire costante verso un’apparenza diradata, costruita con la presenza di soggetti accostati che assumono il ruolo di valori archetipi, pur nella ricerca di un valore espressivo diverso. (Stefania Portinari)
note biografiche
Armando Donna è nato a Vercelli il 5 febbraio del 1913.
Frequenta la Scuola Borgogna, dove segue gli insegnamenti di Francesco Porzio(scultore). Riceve i primi insegnamenti sull’acquaforte da Enzo Gazzone. Nel 1941 decide, dopo aver letto il libro “Bianco e Nero” di G.F.Guarnati, di dedicarsi al bulino. Lavora presso la Casa degli Argentieri di Vercelli e si esercita, come autodidatta, con il bulino su piccole lastre di rame. Nel 1948 incide la sua prima opera a bulino (una natura morta dal titolo: Libri). È invitato all’esposizione della “Società Promotrice delle Belle Arti” di Torino dove espone: Natura morta con sedia e Natura morta con candeliere. Nel 1951 partecipa, per la prima volta, ad una mostra all’estero (Galleria Georges Giroux di Bruxelles) insieme ai più importanti incisori italiani: Barbisan, Morandi, Maccari e Manzù. Tra il 1951 e il 1994 partecipa alle più importanti esposizioni dedicate alla grafica: Forlì, Sassari, Torino e Venezia nel ’52; Alessandria, Atene, Milano, Reggio Emilia, Torino e Venezia nel ’53; Boston, Forlì e Torino nel ’54; Alessandria, Lecco, Roma e Torino nel ’55; Burano, Lima, Lugano, San Marino, San Paulo e Sassari nel ’56; Atene, Lubiana e Reggio Emilia nel ’57; negli anni successivi sarà a Cremona, Marradi, Varsavia, Tokyo, Trieste, Lucca, Venezia, Asti, Biella, Città del Messico, Pescia, Tripoli, Faenza, Il Cairo, Baden Baden, Urbino e Milano.
La critica lo colloca nelle prime file del panorama dell’incisione italiana del Novecento, numerosi ed importanti gli attestati di stima.
Muore a Vercelli il 18 ottobre del 1994.
OPERE IN MOSTRA
(bulini in bianco e nero)
Finestra e libri, 113x127, 1948 – Natura morta con cactus, 174x176, 1948 – Paesaggio (Piazza Tizzoni), 200x204, 1949 – Oggetti Sacri, 225x181, 1949 – Viale, 222x245, 1950 – Pesci e Conchiglie, 222x253, 1950 – Uomo seduto, 219x178, 1951 – Case e tre pali, 249x223, 1951 – Anguille, 158x244, 1952 – La cattedrale, 255x218, 1952 – Ponte sul fiume, 222x253, 1952 – Venditrice di castagne, 220x253, 1952 – Rio a Venezia, 251x221, 1952 – Periferia, 217x247, 1952 – Case e montagne a Scopa, 235x269, 1953 – Paesaggio urbano, 236x306, 1953 – Natura morta con upupa, 307x230, 1953 – Passeggiata di notte, 284x231, 1954 – Il Rosa, 219x258, 1954 – Il Tagliaferro, 206x254, 1955 – Case a Macugnaga, 311x236, 1955 – Mandolino, 237x280, 1956 – Conchiglia e candele, 311x255, 1957 – Ferro da stiro, 331x239, 1957 – Caffettiera e frutta, 252x285, 1957 – Attesa, 308x241, 1958 – Ragazza e grammofono, 310x250, 1958 – Luna nera, 310x240, 1960 – Solitudine del poeta, 318x240, 1967 – Sogno di un mattino, 240x235, 1967 – Poesia del silenzio, 235x336, 1967 – Sgomento, 200x300, 1984 – La grande luna, 297x201, 1988 – Magica visione, 300x200, 1989 – Magia lunare, 310x173, 1991 – Alto silenzio, 320x170, 1992 – Estasiata solitudine, 299x162, 1994 .
(bulini a colori)
Sole spento, 190x290, 1969 – L’ultimo testimone, 300x200, 1970 – Sole morente, 320x180, 1970 – Rinascita magica, 298x202, 1971 – Fiori segreti, 300x155, 1971 – Desolazione, 300x199, 1972 – Attesa inutile, 200x300, 1973 – La casa della speranza, 200x304, 1976 – Nautilus, 298x200, 1978 – Magica armonia, 299x200, 1983.
29
maggio 2004
Armando Donna
Dal 29 maggio al 26 giugno 2004
disegno e grafica
Location
INCHIOSTRO SU CARTA
Scandicci, Via Leonardo Da Vinci, 5, (Firenze)
Scandicci, Via Leonardo Da Vinci, 5, (Firenze)
Orario di apertura
tutti i giorni, esclusi domenica e lunedì, dalle 16:30 alle19:30,
sabato anche dalle 10:30 alle 13:00; altri giorni su appuntamento
Vernissage
29 Maggio 2004, ore 17.30