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Art Happens Now. La giovane arte italiana al tempo del web 2.0
Nelle loro opere il ritratto di un mondo digitale dove “succede sempre tutto ora”. Ma anche riflessioni su temi cruciali del decennio che si sta chiudendo: dal web come biblioteca del sapere condiviso, alla costruzione di identità immaginarie; dalla nausea per l’overdose di informazioni all’uso dei software online per la lettura degli spazi architettonici; dalle paure per la perdita della privacy, alla rivalutazione di una manualità artistica “post-web”.
Comunicato stampa
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ART HAPPENS NOW: la prima mostra di Smartarea
Da venerdì 8 maggio a Verona, una collettiva della galleria d’arte contemporanea Smartarea, nella sede della società GoClick Limited. Ventuno artisti a confronto in “Art Happens Now. La giovane arte italiana al tempo del web 2.0”.
Nelle loro opere il ritratto di un mondo digitale dove “succede sempre tutto ora”. Ma anche riflessioni su temi cruciali del decennio che si sta chiudendo: dal web come biblioteca del sapere condiviso, alla costruzione di identità immaginarie; dalla nausea per l’overdose di informazioni all’uso dei software online per la lettura degli spazi architettonici; dalle paure per la perdita della privacy, alla rivalutazione di una manualità artistica “post-web”.
Inaugurazione alle 18.30 di venerdì 8 maggio 2009, in via dell'Industria, 38 a Bussolengo (Verona).
Si intitola “Art Happens Now. La giovane arte italiana al tempo del web 2.0”, la prima mostra prodotta e curata dalla galleria d’arte contemporanea Smartarea. Attiva dal febbraio 2008, Smartarea è un progetto di tipo nuovo: vive sul web (oltre 52.000 visitatori unici in un anno), ma ha un rapporto reale, personale e consolidato con i suoi artisti.
Per questa sua collettiva d’esordio Smartarea ha riunito intorno a un tema appassionante una selezione di nomi già trattati dalla galleria, affiancando loro alcuni giovani artisti che in questi mesi hanno colpito la nostra attenzione. La lista dei partecipanti comprende Andy, Stefano Abbiati, Silvia Argiolas, Antonio Bardino, Stefano Bolcato, Roberto Coda Zabetta, Andrea Chiesi, Paolo Consorti, Andrea Contin, Vanni Cuoghi, Emanuele Dottori, Daniele Giunta, Eloisa Gobbo, Massimo Gurnari, Koes, Pierluigi Lanzillotta, Luca Lisci, Agostino Rocco, Michael Rotondi, Giuliano Sale, Mr.Wany.
La mostra avrà una versione virtuale su www.smartarea.it, con una galleria in cui gli utenti potranno votare le opere esposte.
“Art Happens Now” affronta – con varie opere tra tele, video, sculture, collage e disegni – una lunga serie di temi cruciali del decennio che si sta chiudendo.
Smartarea ha scelto di puntare su un approccio critico e sulla responsabilità individuale degli artisti per evitare il pericolo – fortissimo in un paese che non considera la tecnologia come cultura – di letture riduttive e modaiole del tema della mostra.
Per farlo abbiamo invitato gli artisti in mostra non a produrre opere “sul web”, ma piuttosto a riflettere su come usano la Rete. E soprattutto abbiamo chiesto un contributo critico a due osservatori d’eccezione: la critica d’arte Fabiola Naldi (Flash Art, Accademia di Belle Arti di Bologna) e il giornalista Mario Gerosa, penna di AD ed esperto di mondi virtuali.
L’attenzione di Smartarea non si è concentrata tanto sulle tecniche e gli strumenti forniti dal web 2.0 alla creatività degli artisti. La mostra intende invece portare alla luce alcune questioni di fondo che gli artisti colgono prima e meglio di altri nel momento in cui si trovano – per piacere, per adesione istintiva, per necessità – a dover fare i conti con l’uso del web collaborativo e delle reti sociali.
Il percorso espositivo
Memoria e archivi
Il prologo della mostra è affidato al tema della memoria. Non si tratta di una contraddizione: la promessa scritta nel titolo, quella di portare alla luce l’arte del momento presente, sarebbe infatti irrealizzabile senza mettere il web – che è il presente – in prospettiva.
Secondo un’analisi ancora attuale di Umberto Eco, sarebbe Borges, più di Joyce, il padre dell’ipertesto e quindi della logica di interconnessione non gerarchica propria della Rete. Per chi ha paura del web l’ipertesto è barbarie, frammento, superficialità. Per i partecipanti a questa collettiva avere imparato che ogni libro parla di altri libri (e ogni quadro di altri quadri) è il loro modo di essere artisti nel XXI secolo.
Ecco allora la tela di Vanni Cuoghi, in cui una Venere di Botticelli dipinta a memoria sorge da un computer portatile aperto a conchiglia. O gli alti scaffali dipinti da Andrea Chiesi, che rimandano a Borges almeno due volte: nel titolo (“Ombra”) e nella scelta della Biblioteca come luogo dove si solidifica la memoria, dove i testi sono in connessione e dove si manifesta l’universo, perché come ripeteva appunto Borges “ogni cosa è stata scritta”.
Una direzione del tutto inaspettata l’ha presa Roberto Coda Zabetta, anche lui alle prese con un archivio. È quello del Marsden Hospital di Londra, dove vengono conservati reperti anatomici di malati di cancro facciale. Risalgono anche a inizio ‘800, e sono tenuti sotto formaldeide. Rappresentando una serie di volti devastati dalla malattia - e costringendoci a guardarli – Coda Zabetta porta alla luce il dolore di queste persone che definisce “costrette all’anonimato”. Ma ci fa anche riflettere in modo originale sulla capacità di compassione che può avere l’arte, a confronto con la rimozione asettica e rassicurante della formaldeide.
Ipertesti
La composizione del frammento in ipertesto è la logica che pervade anche le tele di pittori più giovani, come Andy, Silvia Argiolas, Stefano Abbiati, Massimo Gurnari, Michael Rotondi, e Giuliano Sale.
I loro lavori non solo sono realizzati a partire da immagini provenienti spesso dal web, ma sono successivamente commentati e descritti in reti sociali come flickr o facebook. Questo percorso circolare, per niente scontato per dei pittori, è dato assolutamente normale per tutti loro. E tuttavia l’uso disinvolto delle nuove tecnologie non significa necessariamente adesione acritica alle logiche del web. Anzi, come vedremo molti loro usano il web solo come strumento, assumendo per il resto un punto di vista decisamente disincantato sulle sue dinamiche.
Molto esemplificativa in questo senso Argiolas, a cui interessa tradurre in pittura temi quali la violenza sulle donne, il disagio giovanile e la preoccupazione per la perdita di un rapporto armonioso con la natura. Per tutto questo lei ricorre al web, e in particolare usa le “notizie trovate sul web” per indagare nei temi dolorosi che predilige. E poi sul web ritorna: carica le foto su facebook, e usa i commenti del suo network di amici, curatori e giornalisti per riflettere sulla propria pittura.
Un uso simile delle reti sociali vale per Abbiati, che usa flickr e facebook. Nelle sue tele è molto marcato il gioco di rimandi tra la contemporaneità e le suggestioni che vengono dalla storia dell’arte o dalla letteratura. Abbiati mischia le tecniche e soprattutto i significati (spesso non c’è nesso evidente tra i titoli e le tele) e quindi è in pieno territorio borgesiano.
Più stridente invece l’accostamento di frammenti in Gurnari, pittore pienamente pop, che nella tela in mostra raffigura in modo pungente la trinità che regna indiscussa sul web e cioè sesso, soldi e sadomaso. Senonché il titolo dell’opera, “Oro colato”, pare alludere in modo pungente alla carica di falsità e automistificazione tipica delle “trasgressioni” virtuali.
Nelle sue tele-sculture a strati sovrapposti, Rotondi frulla elementi presi dai manga, dalla musica soul e dall’iconografia religiosa, e si definisce ironicamente “pittore porno-pop-punk”. Al centro di tutto c’è una riflessione sul rapporto tra le tradizioni popolari, la musica contemporanea e i ricordi personali. Nel suo caso l’uso di materiale pop è solo un pretesto per una pittura che contiene elementi di critica sociale e politica, pur senza alcun appiglio ideologico.
Andy per la mostra ha scelto un terreno di confronto simile a quello di Abbiati o di Cuoghi, anche se con una declinazione decisamente più pop. Ha deciso di rivisitare un soggetto classico per eccellenza, l’Annunciazione, e dopo essersi documentato online lo ha dipinto con acrilici fluorescenti, mescolando quindi iconografie tradizionali ed estetica contemporanea.
Giuliano Sale usa invece la mano pesante mettendo alla berlina la falsità e la frustrazione che si affacciano nei comportamenti di molti utenti delle reti sociali. Le sue opere hanno titoli come “I miei album: io alle Bahamas” e richiamano le foto delle vacanze caricate su facebook o myspace. Le persone che si mettono in mostra sono grottesche e malaticce e di sicuro di sole ne hanno preso poco. Gli sfondi sono chiaramente finti. L’intera “condivisione” è una finzione di utenti che in realtà non si sono mai mossi da casa.
Una seconda sala affronta i temi della costruzione delle identità nel web collaborativo. Questo con due artisti agli antipodi, un virtuoso della fotografia e un concettuale, il cui confronto è particolarmente stimolante. Da un lato Paolo Consorti presenta una manipolazione fotografica in cui un orizzonte cosmico di nebulose fa da sfondo a due minuscoli Adamo ed Eva che si guardano sperduti in un gioco di correnti fluide e sciolte. L’opera rende visivamente, secondo il testo in catalogo di Mario Gerosa, “l'idea della crossmedialità e della contaminazione tra generi e elementi, tra naturale e artificiale”.
Dall’altro lato Andrea Contin preleva dal web degli spezzoni di contenuti pornografici piuttosto kitsch, e li rende irriconoscibili cancellandone proprio le parti anatomiche. Non una semplice critica alla “rimozione della realtà”, visto che Contin si prende la briga di usare il disegno per ricreare i corpi che aveva cancellato, affidando alla mano libera il compito di ritrovare la fisicità fatta sparire dal grottesco esibizionismo degli originali.
Tendenza documentata anche dal lavoro di Agostino Rocco, che dopo un notevole lavoro sulla fotografia di impostazione pittorica, ha sentito il bisogno di ripartire dal disegno e in particolare dal nudo.
Il gioco è il tema delle tele di Stefano Bolcato, che ci parlano di un mondo ambiguo in cui c’è una grande voglia di tornare bambini (Bolcato dipinge pupazzetti Lego). Ma questo gioco avviene sotto la lente di ingrandimento di un grande fratello che viola sempre la nostra privacy. Nelle sue opere intitolare “Google Earth”, i protagonisti sono inquadrati dall’alto, e spiati dall’occhio googleano nei loro momenti di relax.
Di frammenti, di estremamente piccolo e di ritmo parlano le improvvisazioni segniche del giovanissimo Pier Lanzillotta, che rappresenta visivamente la fenomenale intuizione dell’ipertesto quando scrive “ogni segno è un essere a sé stante, ma inevitabilmente collegato ad un altro”.
Il ruolo del web, delle reti sociali e dei metaversi nella comprensione e nell’uso degli spazi architettonici è decisamente sottostimato. Mario Gerosa conduce una battaglia su questi temi e Smartarea sottopone al suo occhio i non-luoghi di Antonio Bardino e le architetture interiori di Emanuele Dottori.
Antonio Bardino fissa sulla tela interni aeroportuali, magari ricostruiti a partire da immagini speditegli da amici per email o col cellulare. “Nei dipinti di Bardino – scrive Gerosa – gli aeroporti sono deserti: le folle e anche l'umanità sono state risucchiate in questi quadri di iperrealismo sotto vuoto spinto. I suoi dipinti, con i gate e i check in, ricordano i livelli di videogame claustrofobici come Quake o Doom.”
Per Emanuele Dottori Gerosa parla invece di luoghi-personaggi. Il giovanissimo pittore rielabora il lucernario della piazza antistante la Stazione Centrale di Milano. Lo studio di Dottori parte da materiale reperito con Google Earth. Ma a differenza di Bolcato, l’interesse di Dottori è formale e interiore. Per astrazioni successive lo stesso luogo diventa una visione personale, che tuttavia sarebbe stato impossibile concepire senza l’ausilio iniziale del software di Google.
Originale l’approccio di Daniele Giunta, che per Smartarea trasferisce sul terreno degli spazi architettonici la sua ricerca, incentrata da sempre sull’analisi delle potenzialità multiple degli oggetti. Giunta sceglie materiali e tecniche pittoriche che gli consentono di esprimere variazioni infinitesimali di colore, posizione e movimento. Nell’opera in mostra gli spazi architettonici appaiono e scompaiono, facendo entrare nella composizione il punto di vista dell’osservatore.
Un tema ricorrente in alcuni artisti selezionati è la riflessione critica sull’overdose di informazioni quotidiane che il web produce e sulla nausea generata dalla consapevolezza che sono “di troppo”, che non si possono digerire e spesso nemmeno usare. L’accumulazione di notizie sembra prendere il posto della loro lettura.
Eloisa Gobbo dipinge sagome che ricordano insetti su sfondi geometrici, usando forme e textures scaricate dal web. I titoli sono una parte essenziale delle sue opere. Le tele che presenta in mostra procedono per piccoli slittamenti di senso: si chiamano “Organismi geneticamente modificati”, “Orgasmi geneticamente modificati” e “Organismi geneticamente mortificati”.
Lavori giocati sul livello dell’ambiguità e del distacco ironico, che è interessante mettere a confronto con quelli di una generazione più giovane, proveniente dalla Street Art, e che su questi temi pare preferire un approccio più carico emotivamente.
Koes, che per Smartarea abbandona temporaneamente i muri e prova a misurarsi con supporti a tela, se la prende infatti con la mania del “taglia e incolla”. La dittatura del “CTRL-C CTRL-V” non riguarda solo i testi. È l’abitudine, molto diffusa anche nelle reti sociali, a considerare ogni contenuto come copiabile senza fatica e riutilizzabile in altro contesto. E se questo, ci dice Koes, ha ovvi aspetti positivi, pone tuttavia un problema: l’uso automatico e acritico del copia-e-incolla genera spesso dei mostri. Nella sua opera questa condizione è raffigurata da un serpente velenoso che si copia e si incolla all’interno di un dittico di tele.
Alle tele di Koes si affiancano idealmente le opere di un altro artista proveniente dal mondo della Street Art. Mr. Wany ha scelto come supporto un monitor da pc. L’intento dell’autore è chiaramente quello di prendere per i fondelli i web-victims compulsivi: sul monitor campeggiano due grandi mani che reggono un cavo di connessione. Come se fosse lo stesso monitor a offrirsi in modo patetico al suo esausto spettatore. A non lasciare alcun dubbio su quanto Wany detesti questo mondo, ci sono un loghino simile a quello di YouTube, che recita però “Fuck You”, e soprattutto il titolo dell’opera: “Scherno allo Schermo”.
Il mito e le metamorfosi sono il tema dell’ultima parte del percorso di “Art Happens Now”, che con l’opera di Luca Lisci “Prometeo Cuore Sacro” documenta come la scultura contemporanea possa trarre spunti interessanti dal lavoro dei professionisti dei mondi virtuali. Lisci è infatti un resident di Second Life, che nel metaverso produce architetture, animazioni e spettacoli. La sua opera, una doppia proiezione su scultura, ci ricorda che se i libri e i quadri si parlano, anche i miti sono in comunicazione tra loro. Per Lisci le mitologie sono “una manifestazione del sublime terrore che l'umanità prova nel percepirsi più grandi della vita”.
Che cos'è Smartarea
E’ qualcosa che non c’era: una galleria online di arte contemporanea che promuove su internet giovani artisti emergenti o già affermati. Lo facciamo con la nostra conoscenza capillare del web, e ci proponiamo come il punto d’incontro ideale per chi vuole avvicinarsi a un collezionismo di tipo nuovo: sicuro, trasparente, e con un coinvolgimento diretto degli artisti. Per i giovani collezionisti che si stanno avvicinando al mondo dell’arte, ma anche a chi già coltiva da anni questa passione, Smartarea offre consulenze approfondite e personalizzate, e la garanzia di poter offrire i migliori artisti italiani a prezzi accessibili.
Leggi la nostra presentazione completa online: http://www.smartarea.it/it/Chi-siamo/Chi-siamo_0_67.html
La sede della mostra
Smartarea ha scelto come luogo per la sua mostra inaugurale la nuova sede veronese di GoClick Limited, un’azienda di servizi e soluzioni Internet, partner esclusivo per l’Europa di BeWebCom Corp., l’editore di progetti di successo come Asteclick.com e OasisLove.com. La scelta di ambientare la mostra negli uffici di un’impresa è stata dettata dalla volontà di presentare le opere in una cornice coerente con la visione della galleria e il tema della mostra. L’allestimento prevede infatti una disposizione delle opere su più livelli, comprese aree destinate agli uffici. Smartarea esce quindi dal web, ma non si chiude per questo negli spazi di uno showroom tradizionale. Al contrario, propone la sua mostra in uno spazio dinamico e vitale, in cui i primi fruitori delle opere d’arte saranno proprio i dipendenti della società che ospita la mostra.
Da venerdì 8 maggio a Verona, una collettiva della galleria d’arte contemporanea Smartarea, nella sede della società GoClick Limited. Ventuno artisti a confronto in “Art Happens Now. La giovane arte italiana al tempo del web 2.0”.
Nelle loro opere il ritratto di un mondo digitale dove “succede sempre tutto ora”. Ma anche riflessioni su temi cruciali del decennio che si sta chiudendo: dal web come biblioteca del sapere condiviso, alla costruzione di identità immaginarie; dalla nausea per l’overdose di informazioni all’uso dei software online per la lettura degli spazi architettonici; dalle paure per la perdita della privacy, alla rivalutazione di una manualità artistica “post-web”.
Inaugurazione alle 18.30 di venerdì 8 maggio 2009, in via dell'Industria, 38 a Bussolengo (Verona).
Si intitola “Art Happens Now. La giovane arte italiana al tempo del web 2.0”, la prima mostra prodotta e curata dalla galleria d’arte contemporanea Smartarea. Attiva dal febbraio 2008, Smartarea è un progetto di tipo nuovo: vive sul web (oltre 52.000 visitatori unici in un anno), ma ha un rapporto reale, personale e consolidato con i suoi artisti.
Per questa sua collettiva d’esordio Smartarea ha riunito intorno a un tema appassionante una selezione di nomi già trattati dalla galleria, affiancando loro alcuni giovani artisti che in questi mesi hanno colpito la nostra attenzione. La lista dei partecipanti comprende Andy, Stefano Abbiati, Silvia Argiolas, Antonio Bardino, Stefano Bolcato, Roberto Coda Zabetta, Andrea Chiesi, Paolo Consorti, Andrea Contin, Vanni Cuoghi, Emanuele Dottori, Daniele Giunta, Eloisa Gobbo, Massimo Gurnari, Koes, Pierluigi Lanzillotta, Luca Lisci, Agostino Rocco, Michael Rotondi, Giuliano Sale, Mr.Wany.
La mostra avrà una versione virtuale su www.smartarea.it, con una galleria in cui gli utenti potranno votare le opere esposte.
“Art Happens Now” affronta – con varie opere tra tele, video, sculture, collage e disegni – una lunga serie di temi cruciali del decennio che si sta chiudendo.
Smartarea ha scelto di puntare su un approccio critico e sulla responsabilità individuale degli artisti per evitare il pericolo – fortissimo in un paese che non considera la tecnologia come cultura – di letture riduttive e modaiole del tema della mostra.
Per farlo abbiamo invitato gli artisti in mostra non a produrre opere “sul web”, ma piuttosto a riflettere su come usano la Rete. E soprattutto abbiamo chiesto un contributo critico a due osservatori d’eccezione: la critica d’arte Fabiola Naldi (Flash Art, Accademia di Belle Arti di Bologna) e il giornalista Mario Gerosa, penna di AD ed esperto di mondi virtuali.
L’attenzione di Smartarea non si è concentrata tanto sulle tecniche e gli strumenti forniti dal web 2.0 alla creatività degli artisti. La mostra intende invece portare alla luce alcune questioni di fondo che gli artisti colgono prima e meglio di altri nel momento in cui si trovano – per piacere, per adesione istintiva, per necessità – a dover fare i conti con l’uso del web collaborativo e delle reti sociali.
Il percorso espositivo
Memoria e archivi
Il prologo della mostra è affidato al tema della memoria. Non si tratta di una contraddizione: la promessa scritta nel titolo, quella di portare alla luce l’arte del momento presente, sarebbe infatti irrealizzabile senza mettere il web – che è il presente – in prospettiva.
Secondo un’analisi ancora attuale di Umberto Eco, sarebbe Borges, più di Joyce, il padre dell’ipertesto e quindi della logica di interconnessione non gerarchica propria della Rete. Per chi ha paura del web l’ipertesto è barbarie, frammento, superficialità. Per i partecipanti a questa collettiva avere imparato che ogni libro parla di altri libri (e ogni quadro di altri quadri) è il loro modo di essere artisti nel XXI secolo.
Ecco allora la tela di Vanni Cuoghi, in cui una Venere di Botticelli dipinta a memoria sorge da un computer portatile aperto a conchiglia. O gli alti scaffali dipinti da Andrea Chiesi, che rimandano a Borges almeno due volte: nel titolo (“Ombra”) e nella scelta della Biblioteca come luogo dove si solidifica la memoria, dove i testi sono in connessione e dove si manifesta l’universo, perché come ripeteva appunto Borges “ogni cosa è stata scritta”.
Una direzione del tutto inaspettata l’ha presa Roberto Coda Zabetta, anche lui alle prese con un archivio. È quello del Marsden Hospital di Londra, dove vengono conservati reperti anatomici di malati di cancro facciale. Risalgono anche a inizio ‘800, e sono tenuti sotto formaldeide. Rappresentando una serie di volti devastati dalla malattia - e costringendoci a guardarli – Coda Zabetta porta alla luce il dolore di queste persone che definisce “costrette all’anonimato”. Ma ci fa anche riflettere in modo originale sulla capacità di compassione che può avere l’arte, a confronto con la rimozione asettica e rassicurante della formaldeide.
Ipertesti
La composizione del frammento in ipertesto è la logica che pervade anche le tele di pittori più giovani, come Andy, Silvia Argiolas, Stefano Abbiati, Massimo Gurnari, Michael Rotondi, e Giuliano Sale.
I loro lavori non solo sono realizzati a partire da immagini provenienti spesso dal web, ma sono successivamente commentati e descritti in reti sociali come flickr o facebook. Questo percorso circolare, per niente scontato per dei pittori, è dato assolutamente normale per tutti loro. E tuttavia l’uso disinvolto delle nuove tecnologie non significa necessariamente adesione acritica alle logiche del web. Anzi, come vedremo molti loro usano il web solo come strumento, assumendo per il resto un punto di vista decisamente disincantato sulle sue dinamiche.
Molto esemplificativa in questo senso Argiolas, a cui interessa tradurre in pittura temi quali la violenza sulle donne, il disagio giovanile e la preoccupazione per la perdita di un rapporto armonioso con la natura. Per tutto questo lei ricorre al web, e in particolare usa le “notizie trovate sul web” per indagare nei temi dolorosi che predilige. E poi sul web ritorna: carica le foto su facebook, e usa i commenti del suo network di amici, curatori e giornalisti per riflettere sulla propria pittura.
Un uso simile delle reti sociali vale per Abbiati, che usa flickr e facebook. Nelle sue tele è molto marcato il gioco di rimandi tra la contemporaneità e le suggestioni che vengono dalla storia dell’arte o dalla letteratura. Abbiati mischia le tecniche e soprattutto i significati (spesso non c’è nesso evidente tra i titoli e le tele) e quindi è in pieno territorio borgesiano.
Più stridente invece l’accostamento di frammenti in Gurnari, pittore pienamente pop, che nella tela in mostra raffigura in modo pungente la trinità che regna indiscussa sul web e cioè sesso, soldi e sadomaso. Senonché il titolo dell’opera, “Oro colato”, pare alludere in modo pungente alla carica di falsità e automistificazione tipica delle “trasgressioni” virtuali.
Nelle sue tele-sculture a strati sovrapposti, Rotondi frulla elementi presi dai manga, dalla musica soul e dall’iconografia religiosa, e si definisce ironicamente “pittore porno-pop-punk”. Al centro di tutto c’è una riflessione sul rapporto tra le tradizioni popolari, la musica contemporanea e i ricordi personali. Nel suo caso l’uso di materiale pop è solo un pretesto per una pittura che contiene elementi di critica sociale e politica, pur senza alcun appiglio ideologico.
Andy per la mostra ha scelto un terreno di confronto simile a quello di Abbiati o di Cuoghi, anche se con una declinazione decisamente più pop. Ha deciso di rivisitare un soggetto classico per eccellenza, l’Annunciazione, e dopo essersi documentato online lo ha dipinto con acrilici fluorescenti, mescolando quindi iconografie tradizionali ed estetica contemporanea.
Giuliano Sale usa invece la mano pesante mettendo alla berlina la falsità e la frustrazione che si affacciano nei comportamenti di molti utenti delle reti sociali. Le sue opere hanno titoli come “I miei album: io alle Bahamas” e richiamano le foto delle vacanze caricate su facebook o myspace. Le persone che si mettono in mostra sono grottesche e malaticce e di sicuro di sole ne hanno preso poco. Gli sfondi sono chiaramente finti. L’intera “condivisione” è una finzione di utenti che in realtà non si sono mai mossi da casa.
Una seconda sala affronta i temi della costruzione delle identità nel web collaborativo. Questo con due artisti agli antipodi, un virtuoso della fotografia e un concettuale, il cui confronto è particolarmente stimolante. Da un lato Paolo Consorti presenta una manipolazione fotografica in cui un orizzonte cosmico di nebulose fa da sfondo a due minuscoli Adamo ed Eva che si guardano sperduti in un gioco di correnti fluide e sciolte. L’opera rende visivamente, secondo il testo in catalogo di Mario Gerosa, “l'idea della crossmedialità e della contaminazione tra generi e elementi, tra naturale e artificiale”.
Dall’altro lato Andrea Contin preleva dal web degli spezzoni di contenuti pornografici piuttosto kitsch, e li rende irriconoscibili cancellandone proprio le parti anatomiche. Non una semplice critica alla “rimozione della realtà”, visto che Contin si prende la briga di usare il disegno per ricreare i corpi che aveva cancellato, affidando alla mano libera il compito di ritrovare la fisicità fatta sparire dal grottesco esibizionismo degli originali.
Tendenza documentata anche dal lavoro di Agostino Rocco, che dopo un notevole lavoro sulla fotografia di impostazione pittorica, ha sentito il bisogno di ripartire dal disegno e in particolare dal nudo.
Il gioco è il tema delle tele di Stefano Bolcato, che ci parlano di un mondo ambiguo in cui c’è una grande voglia di tornare bambini (Bolcato dipinge pupazzetti Lego). Ma questo gioco avviene sotto la lente di ingrandimento di un grande fratello che viola sempre la nostra privacy. Nelle sue opere intitolare “Google Earth”, i protagonisti sono inquadrati dall’alto, e spiati dall’occhio googleano nei loro momenti di relax.
Di frammenti, di estremamente piccolo e di ritmo parlano le improvvisazioni segniche del giovanissimo Pier Lanzillotta, che rappresenta visivamente la fenomenale intuizione dell’ipertesto quando scrive “ogni segno è un essere a sé stante, ma inevitabilmente collegato ad un altro”.
Il ruolo del web, delle reti sociali e dei metaversi nella comprensione e nell’uso degli spazi architettonici è decisamente sottostimato. Mario Gerosa conduce una battaglia su questi temi e Smartarea sottopone al suo occhio i non-luoghi di Antonio Bardino e le architetture interiori di Emanuele Dottori.
Antonio Bardino fissa sulla tela interni aeroportuali, magari ricostruiti a partire da immagini speditegli da amici per email o col cellulare. “Nei dipinti di Bardino – scrive Gerosa – gli aeroporti sono deserti: le folle e anche l'umanità sono state risucchiate in questi quadri di iperrealismo sotto vuoto spinto. I suoi dipinti, con i gate e i check in, ricordano i livelli di videogame claustrofobici come Quake o Doom.”
Per Emanuele Dottori Gerosa parla invece di luoghi-personaggi. Il giovanissimo pittore rielabora il lucernario della piazza antistante la Stazione Centrale di Milano. Lo studio di Dottori parte da materiale reperito con Google Earth. Ma a differenza di Bolcato, l’interesse di Dottori è formale e interiore. Per astrazioni successive lo stesso luogo diventa una visione personale, che tuttavia sarebbe stato impossibile concepire senza l’ausilio iniziale del software di Google.
Originale l’approccio di Daniele Giunta, che per Smartarea trasferisce sul terreno degli spazi architettonici la sua ricerca, incentrata da sempre sull’analisi delle potenzialità multiple degli oggetti. Giunta sceglie materiali e tecniche pittoriche che gli consentono di esprimere variazioni infinitesimali di colore, posizione e movimento. Nell’opera in mostra gli spazi architettonici appaiono e scompaiono, facendo entrare nella composizione il punto di vista dell’osservatore.
Un tema ricorrente in alcuni artisti selezionati è la riflessione critica sull’overdose di informazioni quotidiane che il web produce e sulla nausea generata dalla consapevolezza che sono “di troppo”, che non si possono digerire e spesso nemmeno usare. L’accumulazione di notizie sembra prendere il posto della loro lettura.
Eloisa Gobbo dipinge sagome che ricordano insetti su sfondi geometrici, usando forme e textures scaricate dal web. I titoli sono una parte essenziale delle sue opere. Le tele che presenta in mostra procedono per piccoli slittamenti di senso: si chiamano “Organismi geneticamente modificati”, “Orgasmi geneticamente modificati” e “Organismi geneticamente mortificati”.
Lavori giocati sul livello dell’ambiguità e del distacco ironico, che è interessante mettere a confronto con quelli di una generazione più giovane, proveniente dalla Street Art, e che su questi temi pare preferire un approccio più carico emotivamente.
Koes, che per Smartarea abbandona temporaneamente i muri e prova a misurarsi con supporti a tela, se la prende infatti con la mania del “taglia e incolla”. La dittatura del “CTRL-C CTRL-V” non riguarda solo i testi. È l’abitudine, molto diffusa anche nelle reti sociali, a considerare ogni contenuto come copiabile senza fatica e riutilizzabile in altro contesto. E se questo, ci dice Koes, ha ovvi aspetti positivi, pone tuttavia un problema: l’uso automatico e acritico del copia-e-incolla genera spesso dei mostri. Nella sua opera questa condizione è raffigurata da un serpente velenoso che si copia e si incolla all’interno di un dittico di tele.
Alle tele di Koes si affiancano idealmente le opere di un altro artista proveniente dal mondo della Street Art. Mr. Wany ha scelto come supporto un monitor da pc. L’intento dell’autore è chiaramente quello di prendere per i fondelli i web-victims compulsivi: sul monitor campeggiano due grandi mani che reggono un cavo di connessione. Come se fosse lo stesso monitor a offrirsi in modo patetico al suo esausto spettatore. A non lasciare alcun dubbio su quanto Wany detesti questo mondo, ci sono un loghino simile a quello di YouTube, che recita però “Fuck You”, e soprattutto il titolo dell’opera: “Scherno allo Schermo”.
Il mito e le metamorfosi sono il tema dell’ultima parte del percorso di “Art Happens Now”, che con l’opera di Luca Lisci “Prometeo Cuore Sacro” documenta come la scultura contemporanea possa trarre spunti interessanti dal lavoro dei professionisti dei mondi virtuali. Lisci è infatti un resident di Second Life, che nel metaverso produce architetture, animazioni e spettacoli. La sua opera, una doppia proiezione su scultura, ci ricorda che se i libri e i quadri si parlano, anche i miti sono in comunicazione tra loro. Per Lisci le mitologie sono “una manifestazione del sublime terrore che l'umanità prova nel percepirsi più grandi della vita”.
Che cos'è Smartarea
E’ qualcosa che non c’era: una galleria online di arte contemporanea che promuove su internet giovani artisti emergenti o già affermati. Lo facciamo con la nostra conoscenza capillare del web, e ci proponiamo come il punto d’incontro ideale per chi vuole avvicinarsi a un collezionismo di tipo nuovo: sicuro, trasparente, e con un coinvolgimento diretto degli artisti. Per i giovani collezionisti che si stanno avvicinando al mondo dell’arte, ma anche a chi già coltiva da anni questa passione, Smartarea offre consulenze approfondite e personalizzate, e la garanzia di poter offrire i migliori artisti italiani a prezzi accessibili.
Leggi la nostra presentazione completa online: http://www.smartarea.it/it/Chi-siamo/Chi-siamo_0_67.html
La sede della mostra
Smartarea ha scelto come luogo per la sua mostra inaugurale la nuova sede veronese di GoClick Limited, un’azienda di servizi e soluzioni Internet, partner esclusivo per l’Europa di BeWebCom Corp., l’editore di progetti di successo come Asteclick.com e OasisLove.com. La scelta di ambientare la mostra negli uffici di un’impresa è stata dettata dalla volontà di presentare le opere in una cornice coerente con la visione della galleria e il tema della mostra. L’allestimento prevede infatti una disposizione delle opere su più livelli, comprese aree destinate agli uffici. Smartarea esce quindi dal web, ma non si chiude per questo negli spazi di uno showroom tradizionale. Al contrario, propone la sua mostra in uno spazio dinamico e vitale, in cui i primi fruitori delle opere d’arte saranno proprio i dipendenti della società che ospita la mostra.
08
maggio 2009
Art Happens Now. La giovane arte italiana al tempo del web 2.0
Dall'otto maggio al 21 giugno 2009
fotografia
arte contemporanea
giovane arte
disegno e grafica
arte contemporanea
giovane arte
disegno e grafica
Location
SMARTAREA C/O GO CLICK LIMITED
Bussolengo, Via Dell'industria, 38, (Verona)
Bussolengo, Via Dell'industria, 38, (Verona)
Vernissage
8 Maggio 2009, ore 18.30
Sito web
www.smartarea.it
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