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Art in deep endence
26 artisti provenienti da tutt’Italia si riunisco a Bologna per questa grande mostra
Comunicato stampa
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ART IN DEEP ENDENCE
“L’arte non è governata da una necessità. Nessuna disciplina spirituale la costringe. Il suo impulso creativo è volere”.
( J. Huizinga, La crisi della civiltà, Einaudi,1938).
Con questa definizione si veniva ,tra gli altri aspetti considerati, sottolineato il nuovo impegno dell’artista che allora,viveva le eccitanti stagioni del rinnovamento radicale e delle idee prospettiche della cultura artistica,letteraria e musicale.
Questa visone propulsiva e non conformista, era accostata alla filosofia vitalistica.
Sono passati diversi decenni e si sono riproposti,in modo ciclico, motivi di crisi e di malessere che condizionano ogni campo di esperienza di una società, di una civiltà.Ancora una volta l’arte e gli artisti diventano il termostato e/o il campanello d’allarme dei cambiamenti e delle inevitabili trasformazioni dei costumi e delle culture.Questa Collettiva riassunta opportunatamente dal titolo:”Art in deep endence”, non va valutata come una delle tante “collettive” d’occasione, una vetrina per gli acquisti, ma una salutare immersione nell’universo artistico post-moderno.Questa stessa Collettiva sembra,infatti, un’antologia che parte dal figurativo al formale,all’informale,al concretismo e ai flussi e ri-flussi dell’arte come “destrutturazione” del déjà vu.Dall’arte imitativa e simbolica all’arte che si fa “azione”, che diviene la forza visiva di un pensiero, di un attimo coscienziale, di una soggettività intransigente. Siamo di fronte ad una lodevole promozione culturale che premia la ricerca di giovani artisti e nello stesso tempo ci ripropone il concetto di arte come opera aperta, una condizione indispensabile e condivisa , che permette la sperimentazione e le scelte dei campi artistici senza tempo e volutamente interattivi con l’ambiente e con lo spettatore.Questo atteggiamento culturale ci aiuta ad evitare gli stereotipi storici dell’arte come identità di un epoca,come stile esclusivo,come concetto determinato e circoscritto di una ricercata creatività. E’ opportuno ricordarsi che l’opera d’arte (sia pittura che scultura) come quella letteraria o musicale è costantemente oggetto di indagini che producono,da un lato formule accademiche, dove le aggettivazioni estetiche prevalgono sull’oggetto,sulla essenza intenzionale e sulle condizioni di applicazione e dall’altro il moltiplicarsi dei sensi dell’arte al fine di saperne intendere il vecchio concetto oppure l’inventarne uno nuovo (per es.”questa non è una scultura,è un mobile”).Le esperienze artistiche della Collettiva testimoniano questo ultimo orientamento culturale che dà apertura ad ogni progetto artistico.Nelle opere esposte sono presenti campi motivazionali diversissimi: dalla ricerca sociologica della pittura come incontro con l’umanità, al considerare il nudo come oggetto speculare dell’inconscio, dalla ricerca fisica e materica , alle sperimentazioni sugli oggetti della quotidianità, destrutturati, con effetti choc, privi di riferimenti ideali.
Un mondo “minimalista” dove l’artista indaga il rapporto e le implicazioni tra l’idea e la sua materializzazione,utilizzando tecniche le più varie: dalla tempera al pastello,dall’acrilico ai colori ad olio.Questi giovani artisti inseguono quello stesso ideale dell’opera che era considerato nel periodo del Bauhaus di Weimar e che Klee definiva “umanizzazione dell’oggetto”. La produzione artistica qui raccolta, ci offre un denominatore comune: l’uomo attore e spettatore di un mondo in disordine,in particolare il disordine dei linguaggi e delle conoscenze.Tutto questo potrebbe significare un completo abbandono e una piena aderenza alla vacuità del mondo contemporaneo,ma,al contrario, in ogni artista si nota una volontà di uscire dallo stereotipo stilistico e dai condizionamenti di un’unica,ormai, pervasiva cultura della globalizzazione dei contenuti e dell’artificiale spazialità. La solitudine e l’angoscia divengono lo stile attraverso cui si tende di ricostruire un colloquio, una apertura per raggiungere momenti di liberazione e di rottura rispetto al “decomposto”sense , che vive attorno a noi. “L’uomo non comincia con la libertà, ma con il limite e con la linea del non superabile”(M.Foucault,Saggi letterari.). La vita diventa allegoria del vivere e quello che emerge,anche dalle opere “in deep endence”, è il furore ,come antidoto,per riprenderci il senso vero della vita: sentirsi protagonisti di un divenire perenne essendo consapevole del profondo dolore cosmico che rende fragili i nostri sentimenti e vibranti i nostri sogni.Questa “Collettiva” è un incoraggiamento ad una prassi indagativa e di verifica, al di là, delle aspettative comuni e scontate. Si tratta di saper cogliere il messaggio collettivo che sembra richiamare una perentoria ed attuale affermazione di Picasso: “prima trovo, dopo cerco”. di Franchino Falsetti
“L’arte non è governata da una necessità. Nessuna disciplina spirituale la costringe. Il suo impulso creativo è volere”.
( J. Huizinga, La crisi della civiltà, Einaudi,1938).
Con questa definizione si veniva ,tra gli altri aspetti considerati, sottolineato il nuovo impegno dell’artista che allora,viveva le eccitanti stagioni del rinnovamento radicale e delle idee prospettiche della cultura artistica,letteraria e musicale.
Questa visone propulsiva e non conformista, era accostata alla filosofia vitalistica.
Sono passati diversi decenni e si sono riproposti,in modo ciclico, motivi di crisi e di malessere che condizionano ogni campo di esperienza di una società, di una civiltà.Ancora una volta l’arte e gli artisti diventano il termostato e/o il campanello d’allarme dei cambiamenti e delle inevitabili trasformazioni dei costumi e delle culture.Questa Collettiva riassunta opportunatamente dal titolo:”Art in deep endence”, non va valutata come una delle tante “collettive” d’occasione, una vetrina per gli acquisti, ma una salutare immersione nell’universo artistico post-moderno.Questa stessa Collettiva sembra,infatti, un’antologia che parte dal figurativo al formale,all’informale,al concretismo e ai flussi e ri-flussi dell’arte come “destrutturazione” del déjà vu.Dall’arte imitativa e simbolica all’arte che si fa “azione”, che diviene la forza visiva di un pensiero, di un attimo coscienziale, di una soggettività intransigente. Siamo di fronte ad una lodevole promozione culturale che premia la ricerca di giovani artisti e nello stesso tempo ci ripropone il concetto di arte come opera aperta, una condizione indispensabile e condivisa , che permette la sperimentazione e le scelte dei campi artistici senza tempo e volutamente interattivi con l’ambiente e con lo spettatore.Questo atteggiamento culturale ci aiuta ad evitare gli stereotipi storici dell’arte come identità di un epoca,come stile esclusivo,come concetto determinato e circoscritto di una ricercata creatività. E’ opportuno ricordarsi che l’opera d’arte (sia pittura che scultura) come quella letteraria o musicale è costantemente oggetto di indagini che producono,da un lato formule accademiche, dove le aggettivazioni estetiche prevalgono sull’oggetto,sulla essenza intenzionale e sulle condizioni di applicazione e dall’altro il moltiplicarsi dei sensi dell’arte al fine di saperne intendere il vecchio concetto oppure l’inventarne uno nuovo (per es.”questa non è una scultura,è un mobile”).Le esperienze artistiche della Collettiva testimoniano questo ultimo orientamento culturale che dà apertura ad ogni progetto artistico.Nelle opere esposte sono presenti campi motivazionali diversissimi: dalla ricerca sociologica della pittura come incontro con l’umanità, al considerare il nudo come oggetto speculare dell’inconscio, dalla ricerca fisica e materica , alle sperimentazioni sugli oggetti della quotidianità, destrutturati, con effetti choc, privi di riferimenti ideali.
Un mondo “minimalista” dove l’artista indaga il rapporto e le implicazioni tra l’idea e la sua materializzazione,utilizzando tecniche le più varie: dalla tempera al pastello,dall’acrilico ai colori ad olio.Questi giovani artisti inseguono quello stesso ideale dell’opera che era considerato nel periodo del Bauhaus di Weimar e che Klee definiva “umanizzazione dell’oggetto”. La produzione artistica qui raccolta, ci offre un denominatore comune: l’uomo attore e spettatore di un mondo in disordine,in particolare il disordine dei linguaggi e delle conoscenze.Tutto questo potrebbe significare un completo abbandono e una piena aderenza alla vacuità del mondo contemporaneo,ma,al contrario, in ogni artista si nota una volontà di uscire dallo stereotipo stilistico e dai condizionamenti di un’unica,ormai, pervasiva cultura della globalizzazione dei contenuti e dell’artificiale spazialità. La solitudine e l’angoscia divengono lo stile attraverso cui si tende di ricostruire un colloquio, una apertura per raggiungere momenti di liberazione e di rottura rispetto al “decomposto”sense , che vive attorno a noi. “L’uomo non comincia con la libertà, ma con il limite e con la linea del non superabile”(M.Foucault,Saggi letterari.). La vita diventa allegoria del vivere e quello che emerge,anche dalle opere “in deep endence”, è il furore ,come antidoto,per riprenderci il senso vero della vita: sentirsi protagonisti di un divenire perenne essendo consapevole del profondo dolore cosmico che rende fragili i nostri sentimenti e vibranti i nostri sogni.Questa “Collettiva” è un incoraggiamento ad una prassi indagativa e di verifica, al di là, delle aspettative comuni e scontate. Si tratta di saper cogliere il messaggio collettivo che sembra richiamare una perentoria ed attuale affermazione di Picasso: “prima trovo, dopo cerco”. di Franchino Falsetti
29
ottobre 2005
Art in deep endence
Dal 29 ottobre al 10 novembre 2005
arte contemporanea
Location
GALLERIA D’ARTE 18
Bologna, Via San Felice, 18, (Bologna)
Bologna, Via San Felice, 18, (Bologna)
Orario di apertura
dal lunedì al sabato 15.30-19.30
Vernissage
29 Ottobre 2005, ore 18
Autore