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Artisti della realtà
Un omaggio speciale a Gianfranco Ferroni e otto pittori e scultori scelti per documentare la prosecuzione nel contemporaneo di un “realismo” lombardo, erede della rivoluzione caravaggesca, portato a non eludere l’attrito con la realtà, ma anzi a confrontarsi con essa fino a un’aspra e irritata esistenzialità
Comunicato stampa
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Un omaggio speciale a Gianfranco Ferroni e otto pittori e scultori scelti per documentare la prosecuzione nel contemporaneo di un “realismo” lombardo, erede della rivoluzione caravaggesca, portato a non eludere l’attrito con la realtà, ma anzi a confrontarsi con essa fino a un’aspra e irritata esistenzialità.
Questa è la tesi proposta dalla mostra “Artisti della realtà. Figurazione lombarda contemporanea fra visione classica ed esistenzialità” che dal 3 ottobre al 6 novembre riunirà nelle sale, nell’antica corte e nel parco della storica Villa Giavazzi di Verdello (Bergamo) circa 50 opere, fra dipinti e sculture anche di grandi dimensioni, di autori diversi per generazione, tecnica e cifra stilistica, ma accomunati dall’appartenenza a un’area di cultura e di sensibilità peculiarmente bergamasca-bresciana, secondo quell’accezione di realismo radicale che per primo Roberto Longhi individuò come una specificità della cultura figurativa lombarda.
Dalla rivoluzione realistica e luministica caravaggesca alla pittura di Foppa e Romanino fino alla lezione plastica di Giacomo Manzù e Medardo Rosso, la secolare lezione degli “artisti lombardi della realtà” - intepreti di un ancoraggio al reale senza mediazioni idealistiche, in tutta la sua corporeità nonché miseria e sofferenza - continua a segnare la riflessione di diversi autori contemporanei, in particolare in ambiente orobico e bresciano, in grado di aggiornare il nobile patrimonio realista autoctono.
La ricognizione espositiva, che intende porre e non certo esaurire la questione, prende il via da uno speciale omaggio a Gianfranco Ferroni, che in questo contesto ha occupato un ruolo di referenza. La sua è stata, anche biograficamente, una vicenda squisitamente lombarda. E’ prima a Milano e poi a Bergamo che l’artista mette a fuoco i contenuti della sua poetica della realtà, della condizione individuale e degli oggetti, che sfocia nelle prime drammatiche vedute urbane e nei ritratti, poi abbandonati per avviarsi verso un’elegia della realtà più prossima e dimessa, con immagini inconfondibili, come quelle dei silenziosi interni dello studio, sempre più avvolte nella luce, in una sfera di metafisico pointillisme.
Di vent’anni più giovane di Ferroni era Gianfranco Bonetti, rappresentante – con Bruno Visinoni e Carlo Previtali – dell’importante leva artistica bergamasca del 1947. La sua pittura dai colori sulfurei è impietosa nel mettere a nudo sulla tela e sulla carta, con una grafia nervosa, le angosce, le paure e le disperazioni dell’uomo, in una galleria di effigiati dove la pittura - anziché celebrare la figura - pare invece corroderla, come una carie necessaria. L’arte di Bonetti è stata l’omologia, in pittura, della corrosione che contrassegna le sculture di Giacometti, maestro di riferimento al quale ha dedicato una stupenda suite di dipinti.
Strettamente legato a Bonetti per età, amicizia e approccio esistenziale al problema della figurazione è Bruno Visinoni. Uomo dal carattere ritirato e schivo, Visinoni vive e lavora nella natìa Rovetta attestandosi, con la sua pittura flagrante e crudele, in un filone di dura e coriacea esistenzialità. Nei dipinti su tela e su carta, all’olio e all’acquerello, di Visinoni, l’amaro disincanto, l’infelicità e il trascorrere della morte (talora simboleggiata nello scheletro) sono come “raffreddati” dalla nitida oggettività della visione e da una pittura priva di orpelli concettuali ma di profonda verità nel segno e nel colore.
Pittore e incisore è pure Aurelio Bertoni, artista di Lovere, il cui lavoro gira, ormai da molti anni, intorno a una sola “ossessione”: quella del natìo Lago d’Iseo. In quest’esclusività di visione e di interesse, Bertoni conferma quella forza istintiva, quasi barbarica, che è chiave della sua personalità e che appare tuttoggi confermata, anche se sui suoi paesaggi lacustri, frequentati da qualche rara figura, sembra allungarsi – nella sinfonia di azzurri, di blu e di verdi – un’ombra di magia e di mistero.
La ricerca figurativa del pittore bergamasco Maurizio Bonfanti, le cui qualità sono oggetto di attenzione anche internazionale, è invece approdata a un inconfondibile linguaggio chiaroscurale che rivista, con accenti di intimismo moderno, la lezione luministica di Caravaggio. Figure maschili e femminili, perlopiù nude, abitano spazi rarefatti e spogli, risultando definite da un gioco di accensioni luminose e di ombre profonde, in una poetica della corporeità che non esclude cicli tematici dedicati al paesaggio (anch’esso dimesso, scabro, esistenziale) e ripetuti confronti col Sacro.
Condivide tale sentimento di malinconia l’arte della pittrice bergamasca Patrizia Masserini che, da straordinaria disegnatrice, si confronta costantemente con l’anatomia maschile e femminile, evocando il lato psicologico della fisicità, in una cultura pittorica dove le norme di bellezza e perfezione appaiono contaminate dalle ansie dell’anima moderna. Nei suoi scenari urbani misteriose figure trascorrono come rapide comparse, ibridando in una cifra iconica nuova le suggestioni desunte dai media (il cinema on the road, la tv, la fotografia di moda, il réportage giornalistico, il videoclip pubblicitario).
Dopo la pittura, il fuoco della mostra si sposta sulla scultura figurativa contemporanea in ambiente lombardo che tende ad attenuare la componente descrittiva a beneficio dell’indagine interiore.
Inconfondibile è il lessico plastico dell’artista bresciano Federico Severino, contraddistinto da uno stretto dialogo fra le pulsioni della realtà e quelle dell’immaginazione e da un’audacia compositiva anticonvenzionale, con forme, modellati e posture che sfiorano l’arbitrio e sfidano le leggi della statica, con viluppi figurali e gestualità teatrali che incarnano le passioni spirituali della modernità. Nasce così dal bronzo e dalla terracotta una galleria di emblemi e di allegorie, di personaggi mitici, mitologici e letterari che nella loro urlata disperazione e nella tragica eloquenza recitativa, ci additano l’illusorietà del tempo, dell’arte, del divenire.
Sul versante opposto a quella di Severino, la scultura del bergamasco Giancarlo Defendi appare da sempre caratterizzata da una composta e solenne staticità. Una colta ricerca sul mistero della forma e della figura, dagli universali exempla della statuaria della Grecia arcaica e di quella etrusca alla modernità del ‘900 italiano. Figure frontali, allungate, dalla sorvegliata fluidità e compattezza strutturale che, nelle opere recenti presentate in mostra, appare messa in tensione da un inedito gioco di funi e tiranti.
Una nicchia singolare nella scultura italiana contemporanea tocca al bergamasco Carlo Previtali, da lungo tempo autore di una figurazione stilisticamente e cromaticamente ricercata, che si avvale delle più raffinate tecniche fittili e ceramistiche, soprattutto del raku. Con tonalità crepuscolari, frantumate in suggestive craquelures, Previtali esprime un proprio piccolo mondo edenico e mitico, facendo rivivere la dimensione del meraviglioso e i modelli della mitologia classica e della commedia dell’arte italiana in un inquietante e variopinto teatro di ninfe, Nereidi, Meduse, Giuturne, Satiri grifagni e a Bacchi corpulenti.
Questa è la tesi proposta dalla mostra “Artisti della realtà. Figurazione lombarda contemporanea fra visione classica ed esistenzialità” che dal 3 ottobre al 6 novembre riunirà nelle sale, nell’antica corte e nel parco della storica Villa Giavazzi di Verdello (Bergamo) circa 50 opere, fra dipinti e sculture anche di grandi dimensioni, di autori diversi per generazione, tecnica e cifra stilistica, ma accomunati dall’appartenenza a un’area di cultura e di sensibilità peculiarmente bergamasca-bresciana, secondo quell’accezione di realismo radicale che per primo Roberto Longhi individuò come una specificità della cultura figurativa lombarda.
Dalla rivoluzione realistica e luministica caravaggesca alla pittura di Foppa e Romanino fino alla lezione plastica di Giacomo Manzù e Medardo Rosso, la secolare lezione degli “artisti lombardi della realtà” - intepreti di un ancoraggio al reale senza mediazioni idealistiche, in tutta la sua corporeità nonché miseria e sofferenza - continua a segnare la riflessione di diversi autori contemporanei, in particolare in ambiente orobico e bresciano, in grado di aggiornare il nobile patrimonio realista autoctono.
La ricognizione espositiva, che intende porre e non certo esaurire la questione, prende il via da uno speciale omaggio a Gianfranco Ferroni, che in questo contesto ha occupato un ruolo di referenza. La sua è stata, anche biograficamente, una vicenda squisitamente lombarda. E’ prima a Milano e poi a Bergamo che l’artista mette a fuoco i contenuti della sua poetica della realtà, della condizione individuale e degli oggetti, che sfocia nelle prime drammatiche vedute urbane e nei ritratti, poi abbandonati per avviarsi verso un’elegia della realtà più prossima e dimessa, con immagini inconfondibili, come quelle dei silenziosi interni dello studio, sempre più avvolte nella luce, in una sfera di metafisico pointillisme.
Di vent’anni più giovane di Ferroni era Gianfranco Bonetti, rappresentante – con Bruno Visinoni e Carlo Previtali – dell’importante leva artistica bergamasca del 1947. La sua pittura dai colori sulfurei è impietosa nel mettere a nudo sulla tela e sulla carta, con una grafia nervosa, le angosce, le paure e le disperazioni dell’uomo, in una galleria di effigiati dove la pittura - anziché celebrare la figura - pare invece corroderla, come una carie necessaria. L’arte di Bonetti è stata l’omologia, in pittura, della corrosione che contrassegna le sculture di Giacometti, maestro di riferimento al quale ha dedicato una stupenda suite di dipinti.
Strettamente legato a Bonetti per età, amicizia e approccio esistenziale al problema della figurazione è Bruno Visinoni. Uomo dal carattere ritirato e schivo, Visinoni vive e lavora nella natìa Rovetta attestandosi, con la sua pittura flagrante e crudele, in un filone di dura e coriacea esistenzialità. Nei dipinti su tela e su carta, all’olio e all’acquerello, di Visinoni, l’amaro disincanto, l’infelicità e il trascorrere della morte (talora simboleggiata nello scheletro) sono come “raffreddati” dalla nitida oggettività della visione e da una pittura priva di orpelli concettuali ma di profonda verità nel segno e nel colore.
Pittore e incisore è pure Aurelio Bertoni, artista di Lovere, il cui lavoro gira, ormai da molti anni, intorno a una sola “ossessione”: quella del natìo Lago d’Iseo. In quest’esclusività di visione e di interesse, Bertoni conferma quella forza istintiva, quasi barbarica, che è chiave della sua personalità e che appare tuttoggi confermata, anche se sui suoi paesaggi lacustri, frequentati da qualche rara figura, sembra allungarsi – nella sinfonia di azzurri, di blu e di verdi – un’ombra di magia e di mistero.
La ricerca figurativa del pittore bergamasco Maurizio Bonfanti, le cui qualità sono oggetto di attenzione anche internazionale, è invece approdata a un inconfondibile linguaggio chiaroscurale che rivista, con accenti di intimismo moderno, la lezione luministica di Caravaggio. Figure maschili e femminili, perlopiù nude, abitano spazi rarefatti e spogli, risultando definite da un gioco di accensioni luminose e di ombre profonde, in una poetica della corporeità che non esclude cicli tematici dedicati al paesaggio (anch’esso dimesso, scabro, esistenziale) e ripetuti confronti col Sacro.
Condivide tale sentimento di malinconia l’arte della pittrice bergamasca Patrizia Masserini che, da straordinaria disegnatrice, si confronta costantemente con l’anatomia maschile e femminile, evocando il lato psicologico della fisicità, in una cultura pittorica dove le norme di bellezza e perfezione appaiono contaminate dalle ansie dell’anima moderna. Nei suoi scenari urbani misteriose figure trascorrono come rapide comparse, ibridando in una cifra iconica nuova le suggestioni desunte dai media (il cinema on the road, la tv, la fotografia di moda, il réportage giornalistico, il videoclip pubblicitario).
Dopo la pittura, il fuoco della mostra si sposta sulla scultura figurativa contemporanea in ambiente lombardo che tende ad attenuare la componente descrittiva a beneficio dell’indagine interiore.
Inconfondibile è il lessico plastico dell’artista bresciano Federico Severino, contraddistinto da uno stretto dialogo fra le pulsioni della realtà e quelle dell’immaginazione e da un’audacia compositiva anticonvenzionale, con forme, modellati e posture che sfiorano l’arbitrio e sfidano le leggi della statica, con viluppi figurali e gestualità teatrali che incarnano le passioni spirituali della modernità. Nasce così dal bronzo e dalla terracotta una galleria di emblemi e di allegorie, di personaggi mitici, mitologici e letterari che nella loro urlata disperazione e nella tragica eloquenza recitativa, ci additano l’illusorietà del tempo, dell’arte, del divenire.
Sul versante opposto a quella di Severino, la scultura del bergamasco Giancarlo Defendi appare da sempre caratterizzata da una composta e solenne staticità. Una colta ricerca sul mistero della forma e della figura, dagli universali exempla della statuaria della Grecia arcaica e di quella etrusca alla modernità del ‘900 italiano. Figure frontali, allungate, dalla sorvegliata fluidità e compattezza strutturale che, nelle opere recenti presentate in mostra, appare messa in tensione da un inedito gioco di funi e tiranti.
Una nicchia singolare nella scultura italiana contemporanea tocca al bergamasco Carlo Previtali, da lungo tempo autore di una figurazione stilisticamente e cromaticamente ricercata, che si avvale delle più raffinate tecniche fittili e ceramistiche, soprattutto del raku. Con tonalità crepuscolari, frantumate in suggestive craquelures, Previtali esprime un proprio piccolo mondo edenico e mitico, facendo rivivere la dimensione del meraviglioso e i modelli della mitologia classica e della commedia dell’arte italiana in un inquietante e variopinto teatro di ninfe, Nereidi, Meduse, Giuturne, Satiri grifagni e a Bacchi corpulenti.
03
ottobre 2008
Artisti della realtà
Dal 03 ottobre al 06 novembre 2008
arte contemporanea
Location
VILLA GIAVAZZI
Verdello, Via Don Giavazzi, 6, (Bergamo)
Verdello, Via Don Giavazzi, 6, (Bergamo)
Orario di apertura
tutti i giorni 16-19.30, domenica 10-12 e 16-18. Chiuso lunedì e martedì
Vernissage
3 Ottobre 2008, ore 19
Ufficio stampa
B@BELE
Autore
Curatore