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Artistic tribute to Woodstock
Artistic Tribute To Woodstock, presenta artisti appartenenti a diverse generazioni, che con interventi visivi multimediali, si riferiscono alla cultura che animò lo spirito poetico e artistico di questa grande manifestazione rock, e all’influenza successiva sugli usi e costumi della società anni ’70
Comunicato stampa
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Al grande festival di Woodstock, una maratona musicale durata 3 giorni e a cui presenziarono circa 500.000 giovani (sui dati reali dell’affluenza c’è ancora molta incertezza) suonarono gruppi di grande fama, altri presto sciolti e oggi semisconosciuti al grande pubblico. Tra quelli rimasti sicuramente nella memoria collettiva di questa parte dell’oceano, c’erano Joan Baez, Santana, Janis Joplin, i Grateful Dead, gli Who, Joe Cocker, Jimi Hendrix. Tutti impegnati a dare voce non solo ad un tipo di musica che trovò assonanze in tutto il mondo, ma anche e soprattutto a una “protesta pacifica” contro ogni forma di censura e di oppressione morale e istituzionale. Gli “hippy” predicavano una libertà in materia di costumi, morale sessuale, di culto in ogni sua forma, e di espressione creativa che incantò almeno tutto il decennio successivo. Chi poteva dire “io c’ero”, tanto fra i musicisti quanto fra gli spettatori, sentiva di aver preso parte a un fenomeno che avrebbe lasciato un segno imperituro. Perché in quei tre giorni convergevano forze intellettuali e ideologiche che andavano ben oltre la musica, la quale offriva più che altro un canale per diffondere idee e credenze già delineate, nell’ottica della leggerezza, del divertimento e della fratellanza.
Alcune di queste forze, tra le più significative, erano il proselitismo pseudo-religioso delle teorie sull’LSD di Timothy Leary, i cui effetti psichedelici erano visti addirittura come il futuro dell'evoluzione umana. L’aura iniziatica disegnata da romanzi come Gli insegnamenti di Don Juan (1968) di Carlos Castaneda. La riscoperta e diffusione di religioni e filosofie orientali, che spesso combinate all’uso di allucinogeni promettevano di raggiungere uno stato simile all'estasi e alla grazia. Le suggestioni politiche affidate a slogan come “l’immaginazione al potere” (Saggio sulla liberazione, 1969) di Herbert Marcuse, e altre più prossime alla violenza come nei discorsi di Malcom X e nelle azioni del Black Panther Party. Il desiderio di far cadere ogni barriera delle differenze incarnata in un Jimi Herndrix, afroamericano, che suonava da mancino con la stratocaster destrorsa girata a 180°, o nel femminismo militante di Silvia Plath. Dalla canzone The Times They Are A-Changing, 1964 di Bob Dylan, a Il Laureato, 1967 e Hair, 1967 (“Se riesci a vedere i miei occhi, vuol dire che ho capelli troppo corti”) tutto invoca la massima apertura della mente umana, tutto espira un’aria di cambiamento. E non sempre pacifico, come non lo è la rabbia che talora muove la protesta, dalle chitarre distrutte sul palco da Pete Townshend degli Who, alle manifestazioni contro la guerra in Viet-Nam che vide episodi di intolleranza contro reduci storditi e mutilati. Ma gli idoli polemici contro cui si scagliavano la rabbia o la protesta pacifica non sono stati il vero elemento di originalità del fenomeno Woodstock. In questi anni si compiva piuttosto un’ennesima, esasperata, idilliaca e a tratti utopica ripresa: la volontà di trasmutazione dei valori borghesi che già alla fine del secolo precedente, poi con le avanguardie artistiche, e negli anni ’20, e ancora nel periodo d’oro della musica jazz incorniciava l’alba e l’infanzia del ‘900 nell’ombra di un gigantesco parricidio edipico. Del 1966 è L’incanto del lotto 49 di Thomas Pynchon, la cui protagonista si chiama, non a caso, Oedipa, una giovane donna che cerca di districarsi nella confusione di un mondo in cui la conoscenza è divenuta informazione. E del 1972 è L'Anti-Edipo scritto da Gilles Deleuze con Guattari – saggio che avrà un successo e una diffusione inaspettati, forse perché ivi si cercava l’affrancamento da una sorta di maledizione freudiana, quella di una colpa originaria solo apparentemente rimossa ma poi perpetuata in chiave psicanalitica.
In piena contestazione studentesca, con Differenza e ripetizione, 1968, proprio Deleuze offriva una griglia concettuale che spiegava, più o meno indirettamente, l’ondata della Pop Art, del gruppo di
Warhol, Rauschenberg, Lichtenstein, Jasper Johns, Oldenburg: la risposta data dalla pittura americana al desiderio di anticonvenzionalità. E al bisogno irrefrenabile di giocare con le icone dei media, sovvertire la portata simbolica di immagini istituzionalizzate dal successo e dal loro grado di visibilità.
Gli artisti in mostra: Luigi Arcangeli, Paola Babini, Gianmaria Colognese, Elisa Laraia, Gaia Giugni, Daniele Nalin, Francesco Martani, Gianni Pedullà, Rossella Piergallini, Davide Rondoni, Franco Savignano, Irene Zangheri, rivisitano in chiave contemporanea, cosa è cambiato rispetto a questi grandi ideali di libertà , uguaglianza e diritti umani.
Vittorio Riguzzi
Alcune di queste forze, tra le più significative, erano il proselitismo pseudo-religioso delle teorie sull’LSD di Timothy Leary, i cui effetti psichedelici erano visti addirittura come il futuro dell'evoluzione umana. L’aura iniziatica disegnata da romanzi come Gli insegnamenti di Don Juan (1968) di Carlos Castaneda. La riscoperta e diffusione di religioni e filosofie orientali, che spesso combinate all’uso di allucinogeni promettevano di raggiungere uno stato simile all'estasi e alla grazia. Le suggestioni politiche affidate a slogan come “l’immaginazione al potere” (Saggio sulla liberazione, 1969) di Herbert Marcuse, e altre più prossime alla violenza come nei discorsi di Malcom X e nelle azioni del Black Panther Party. Il desiderio di far cadere ogni barriera delle differenze incarnata in un Jimi Herndrix, afroamericano, che suonava da mancino con la stratocaster destrorsa girata a 180°, o nel femminismo militante di Silvia Plath. Dalla canzone The Times They Are A-Changing, 1964 di Bob Dylan, a Il Laureato, 1967 e Hair, 1967 (“Se riesci a vedere i miei occhi, vuol dire che ho capelli troppo corti”) tutto invoca la massima apertura della mente umana, tutto espira un’aria di cambiamento. E non sempre pacifico, come non lo è la rabbia che talora muove la protesta, dalle chitarre distrutte sul palco da Pete Townshend degli Who, alle manifestazioni contro la guerra in Viet-Nam che vide episodi di intolleranza contro reduci storditi e mutilati. Ma gli idoli polemici contro cui si scagliavano la rabbia o la protesta pacifica non sono stati il vero elemento di originalità del fenomeno Woodstock. In questi anni si compiva piuttosto un’ennesima, esasperata, idilliaca e a tratti utopica ripresa: la volontà di trasmutazione dei valori borghesi che già alla fine del secolo precedente, poi con le avanguardie artistiche, e negli anni ’20, e ancora nel periodo d’oro della musica jazz incorniciava l’alba e l’infanzia del ‘900 nell’ombra di un gigantesco parricidio edipico. Del 1966 è L’incanto del lotto 49 di Thomas Pynchon, la cui protagonista si chiama, non a caso, Oedipa, una giovane donna che cerca di districarsi nella confusione di un mondo in cui la conoscenza è divenuta informazione. E del 1972 è L'Anti-Edipo scritto da Gilles Deleuze con Guattari – saggio che avrà un successo e una diffusione inaspettati, forse perché ivi si cercava l’affrancamento da una sorta di maledizione freudiana, quella di una colpa originaria solo apparentemente rimossa ma poi perpetuata in chiave psicanalitica.
In piena contestazione studentesca, con Differenza e ripetizione, 1968, proprio Deleuze offriva una griglia concettuale che spiegava, più o meno indirettamente, l’ondata della Pop Art, del gruppo di
Warhol, Rauschenberg, Lichtenstein, Jasper Johns, Oldenburg: la risposta data dalla pittura americana al desiderio di anticonvenzionalità. E al bisogno irrefrenabile di giocare con le icone dei media, sovvertire la portata simbolica di immagini istituzionalizzate dal successo e dal loro grado di visibilità.
Gli artisti in mostra: Luigi Arcangeli, Paola Babini, Gianmaria Colognese, Elisa Laraia, Gaia Giugni, Daniele Nalin, Francesco Martani, Gianni Pedullà, Rossella Piergallini, Davide Rondoni, Franco Savignano, Irene Zangheri, rivisitano in chiave contemporanea, cosa è cambiato rispetto a questi grandi ideali di libertà , uguaglianza e diritti umani.
Vittorio Riguzzi
09
giugno 2009
Artistic tribute to Woodstock
Dal 09 al 23 giugno 2009
arte contemporanea
Location
FONDAZIONE DI CA’ LA GHIRONDA – MUSEO DI ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA
Zola Predosa, Via Leonardo Da Vinci, 19, (Bologna)
Zola Predosa, Via Leonardo Da Vinci, 19, (Bologna)
Orario di apertura
Sabato e Domenica dalle ore 10.00 alle ore 12.00 e dalle ore 15.00 alle ore 18.00
Vernissage
9 Giugno 2009, Ore 17
Autore
Curatore