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Arza Somekh Coen – Dialettica nella coscienza
La sua è una pittura piena di tensione che si accomuna, per alcuni aspetti, a quella degli artisti astratti dei primi decenni del XX° secolo
Comunicato stampa
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Le opere di Arza Somekh Coen colpiscono perché, pur essendo al di fuori di ogni contesto pittorico contemporaneo, la loro semplicità e immediatezza rimandano a un contenuto certo e convinto, cui non siamo più abituati. La sua è una pittura piena di tensione che si accomuna, per alcuni aspetti, a quella degli artisti astratti dei primi decenni del XX° secolo. Questi ruppero fragorosamente con la tradizione figurativa fino allora dominante attraverso l’uso della geometria primaria. Partendo da una cultura secessionista di fine Ottocento, costoro approdarono immediatamente a una visione della realtà pittorica completamente astratta sia attraverso le macchie di colore (Kandinskij e Klee) sia con rigorose forme geometriche (Mondrian e Van Doesburg).
Ciò che ha colpito di più la Somekh Coen all’arrivo nel Bel Paese è stato il rapporto tra il linguaggio artistico, di pittura e scultura, e la fede. Visitando l’Italia e i suoi musei ha apprezzato il forte messaggio religioso e la funzione pedagogica delle opere figurative, che va oltre il valore artistico.
Ammirando le opere del Rinascimento e del Barocco italiano ha colto in sé un’ispirazione: trovare una soluzione simile per far conoscere alcuni degli aspetti salienti dell’ebraismo in un contesto, quello odierno, fortemente caratterizzato dall’uso dell’immagine. La Somekh Coen si è messa a dipingere con forte passione, cercando un linguaggio espressivo più consono a lei e alla sua formazione di illustratrice di libri scientifici. Iniziava quindi a metà degli anni Novanta a esprimere idee a lungo meditate attraverso quadrati, rettangoli, triangoli, cerchi, ovali e sottili linee colorate di congiunzione.
Lotta e comunicazione fra mondi opposti
Il tema che pervade le opere della pittrice è ben rappresentato dal dualismo lotta/comunicazione, un concetto cardine della visione dell’uomo credente. Secondo la Somekh Coen, infatti, nella coscienza del credente si svolge una lotta perenne fra desideri e precetti, doveri inappellabili per il religioso. Nel suo lavoro ha cercato sempre di rappresentare la dialettica fra questi due mondi, apparentemente inconciliabili. Lo scontro continuo nella coscienza determina, però, anche una relazione tra fattori in contrasto e, nella maggior parte dei casi, genera anche una comunicazione continua e il compromesso. La lotta nella coscienza del credente ne determina i successi o i fallimenti nell’eseguire le richieste di Dio.
Nella serie di opere che è scaturita da questo tema, Arza Somekh Coen ha usato una rappresentazione di ellissi e reti per indicare il contrasto e l’interazione. Ogni ellisse (coscienza/conoscenza) comunica con le altre tramite reti, poiché la rete rappresenta le connessioni e cosa stabiliamo nella coscienza, se non connessioni fra concetti? Le reti diventano così la rappresentazione della comunicazione.
Il lavoro della Coen, pur intriso di concetti e insegnamenti ebraici, non fa uso di segni e simboli convenzionali. Ed è questo uno dei suoi punti di forza: qualsiasi spettatore, pur non conoscendo l’ebraismo, si può avvicinare alle sue opere grazie a forme primarie, a strutture e colori che esprimono concetti generali.
Dopo la sua prima esposizione a Bologna, in una galleria privata nel 2003, la Somekh Coen approda al Museo Ebraico di Bologna con un nuovo nucleo di opere, di cui alcune di particolare interesse per la freschezza esecutoria e il rigore compositivo. La mostra dell’artista sarà aperta al pubblico dal 27 aprile al 28 maggio nei locali del Museo Ebraico di Bologna, in via Valdonica 1/5. L’ingresso è gratuito.
Arza Somekh Coen ha iniziato a dipingere a venti anni. Pur avendo abbandonato l’arte a favore delle scienze, in particolare la biologia, ha continuato ad occuparsi di disegno scientifico e ha illustrato libri e riviste di scienza per bambini. Ha inoltre lavorato a un progetto di ricerca per lo sviluppo delle capacità visive dei bambini in età prescolare. Il programma, premiato con la medaglia Comenius dell’Unesco nel 1996, è stato ideato e condotto dall’artista israeliano Yaacov Agam. Dal 1990 vive in Italia. Nel 1995 è tornata al suo primo amore: l’arte figurativa, affrontando la pittura astratta legata a concetti ebraici.
Ciò che ha colpito di più la Somekh Coen all’arrivo nel Bel Paese è stato il rapporto tra il linguaggio artistico, di pittura e scultura, e la fede. Visitando l’Italia e i suoi musei ha apprezzato il forte messaggio religioso e la funzione pedagogica delle opere figurative, che va oltre il valore artistico.
Ammirando le opere del Rinascimento e del Barocco italiano ha colto in sé un’ispirazione: trovare una soluzione simile per far conoscere alcuni degli aspetti salienti dell’ebraismo in un contesto, quello odierno, fortemente caratterizzato dall’uso dell’immagine. La Somekh Coen si è messa a dipingere con forte passione, cercando un linguaggio espressivo più consono a lei e alla sua formazione di illustratrice di libri scientifici. Iniziava quindi a metà degli anni Novanta a esprimere idee a lungo meditate attraverso quadrati, rettangoli, triangoli, cerchi, ovali e sottili linee colorate di congiunzione.
Lotta e comunicazione fra mondi opposti
Il tema che pervade le opere della pittrice è ben rappresentato dal dualismo lotta/comunicazione, un concetto cardine della visione dell’uomo credente. Secondo la Somekh Coen, infatti, nella coscienza del credente si svolge una lotta perenne fra desideri e precetti, doveri inappellabili per il religioso. Nel suo lavoro ha cercato sempre di rappresentare la dialettica fra questi due mondi, apparentemente inconciliabili. Lo scontro continuo nella coscienza determina, però, anche una relazione tra fattori in contrasto e, nella maggior parte dei casi, genera anche una comunicazione continua e il compromesso. La lotta nella coscienza del credente ne determina i successi o i fallimenti nell’eseguire le richieste di Dio.
Nella serie di opere che è scaturita da questo tema, Arza Somekh Coen ha usato una rappresentazione di ellissi e reti per indicare il contrasto e l’interazione. Ogni ellisse (coscienza/conoscenza) comunica con le altre tramite reti, poiché la rete rappresenta le connessioni e cosa stabiliamo nella coscienza, se non connessioni fra concetti? Le reti diventano così la rappresentazione della comunicazione.
Il lavoro della Coen, pur intriso di concetti e insegnamenti ebraici, non fa uso di segni e simboli convenzionali. Ed è questo uno dei suoi punti di forza: qualsiasi spettatore, pur non conoscendo l’ebraismo, si può avvicinare alle sue opere grazie a forme primarie, a strutture e colori che esprimono concetti generali.
Dopo la sua prima esposizione a Bologna, in una galleria privata nel 2003, la Somekh Coen approda al Museo Ebraico di Bologna con un nuovo nucleo di opere, di cui alcune di particolare interesse per la freschezza esecutoria e il rigore compositivo. La mostra dell’artista sarà aperta al pubblico dal 27 aprile al 28 maggio nei locali del Museo Ebraico di Bologna, in via Valdonica 1/5. L’ingresso è gratuito.
Arza Somekh Coen ha iniziato a dipingere a venti anni. Pur avendo abbandonato l’arte a favore delle scienze, in particolare la biologia, ha continuato ad occuparsi di disegno scientifico e ha illustrato libri e riviste di scienza per bambini. Ha inoltre lavorato a un progetto di ricerca per lo sviluppo delle capacità visive dei bambini in età prescolare. Il programma, premiato con la medaglia Comenius dell’Unesco nel 1996, è stato ideato e condotto dall’artista israeliano Yaacov Agam. Dal 1990 vive in Italia. Nel 1995 è tornata al suo primo amore: l’arte figurativa, affrontando la pittura astratta legata a concetti ebraici.
27
aprile 2006
Arza Somekh Coen – Dialettica nella coscienza
Dal 27 aprile al 28 maggio 2006
arte contemporanea
Location
MUSEO EBRAICO
Bologna, Via Valdonica, 1/5, (Bologna)
Bologna, Via Valdonica, 1/5, (Bologna)
Orario di apertura
domenica-giovedì 10-18; venerdì 10-16; chiuso il sabato e festività ebraiche
Vernissage
27 Aprile 2006, ore 17.30
Autore