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Asian overview, people and dreams
dieci artisti, di cui sette orientali e tre italiani, che hanno eletto l’Oriente a propria dimora fisica o ideale
Comunicato stampa
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Una mostra che nasce al di fuori dei circuiti commerciali, delle reti politiche e istituzionali, attraverso quel potente mezzo che è internet, che ha permesso ad artisti lontani migliaia di chilometri di conoscersi, incontrarsi, discutere online per condividere un progetto creativo. Ancora una volta, a conferma delle precoci intuizioni di Douglas Engelbart, la tecnologia non è solo un arido strumento di lavoro, ma costituisce un mezzo straordinario per “aumentare e potenziare le facoltà dell’intelletto”. Dietro una connessione ad internet c’è sempre un uomo, con la sua volontà di comunicare agli altri in modo diretto e naturale, senza la mediazione di un soggetto esterno che, anche se animato da interessi filantropici, rappresenta comunque un ostacolo da superare.
Da un movimento spontaneo, né premeditato né preordinato, nasce dunque la mostra collettiva “Asian overview, people and dreams”, che sarà allestita dal 13 al 28 ottobre presso la galleria “Il Ramo d’Oro” di Napoli. Vi partecipano dieci artisti, di cui sette orientali e tre italiani, che hanno eletto l’Oriente a propria dimora fisica o ideale: la coreana Shin-Hye Park, l’indiana Sangeeta Singh, i cinesi Liu Yang, Wang Tiewei e Liu Wei, gli indonesiani Setyo Mardiyantoro ed Antonius Kho, gli italiani Vincenzo Montella, Marco Sodaro e Teresa Mangiacapra.
Shin-Hye Park dipinge in monocromo paesaggi disadorni e malinconici, pervasi da una vena di misticismo. La sensibilità dell’artista indugia nella descrizione degli steli d’erba, piegati dal vento al quale non sanno opporre resistenza, come esseri umani in balia del proprio destino. È una pittura priva di slanci, che vive in una dimensione intima ed evocativa.
La pittura di Sangeeta Singh indaga l’animo femminile, dai trasporti sognanti dell’adolescenza alle riflessioni malinconiche della donna matura, nella fiera consapevolezza della propria identità di genere. La sua ricerca, come donna e come artista, aspira alla pienezza dell’amore materno e coniugale, sovente represso dalle convenzioni sociali.
Liu Yang rielabora la fotografia al computer, con eccellente perizia, per trasportare la realtà nel suo universo onirico, popolato da farfalle che nuotano e pesci che volano in un cielo terso e cristallino. Ogni composizione gravita intorno a una leggiadra figura femminile, che incarna il suo ideale di immacolata purezza.
Wang Tiewei fotografa due luoghi-simbolo della Cina moderna: la piazza Tiananmen, dove una folla di persone assiste con disincanto a una cerimonia di stato; e il distretto di Qianmen, dove si lavora di notte per le Olimpiadi del 2008, espressione di un paese che cambia rotta, non senza drammatiche conseguenze.
I soggetti delle foto di Liu Wei sono ridenti marionette, che interagiscono come personaggi reali sullo sfondo della Città Proibita. Non sono gli attori di uno spettacolo o di una storia antica – spiega l’artista – ma rappresentano il destino manipolato degli esseri umani. C’è dunque un senso tragico nelle sue composizioni, in apparenza ludiche e disimpegnate.
Setyo Mardiyantoro si serve sapientemente del colore per reinventare le forme della natura, fino ai limiti dell’astrazione. Con un respiro lirico, una sensibilità onirica, un gusto sottile per l’ornato, Setyo dispiega su carta, legno o batik la sua nostalgia per un ambiente puro, dove l’equilibrio tra l’uomo e la natura non è ancora violato.
Nella pittura informale di Antonius Kho rifluiscono le ombre della memoria, i colori della terra, i riflessi della pelle duttile e squamosa dei serpenti. Il tutto è avvolto in una materia densa e grumosa, che travolge le residue tracce di figurazione come l’onda dello tsunami, o quella, non meno impetuosa, delle passioni umane.
Le fotografie di Vincenzo Montella ritraggono soggetti orientali, che vengono trasportati, con sapiente messinscena, in un’atmosfera dal sapore metafisico. La pellicola dorata che investe le scene rinvia all’Oriente bizantino, a quella pittura che tende all’astrazione mediante l’uso innaturale del colore.
Al contrario, Marco Sodaro utilizza la fotografia come strumento di indagine e interpretazione della realtà in cui vive, il Giappone. L’artista muove dal presupposto che il totale è insito nel particolare, così non ha bisogno di allontanare l’obiettivo per cogliere l’essenza dei luoghi, ma adotta il sistema zonale per rilevare le sfumature più segrete.
Teresa Mangiacapra ci conduce nel cuore del Tibet e ci fa sentire il calore di una terra che rappresenta un faro di spiritualità, ultimo baluardo contro le insidie del capitalismo. Le sue fotografie sono montate su scale metalliche, che idealmente rinviano alla scala di Giacobbe: ponte gettato tra cielo e terra, simbolo di vita contemplativa, tensione verso altri spazi ed altre dimensioni.
Marco di Mauro
Da un movimento spontaneo, né premeditato né preordinato, nasce dunque la mostra collettiva “Asian overview, people and dreams”, che sarà allestita dal 13 al 28 ottobre presso la galleria “Il Ramo d’Oro” di Napoli. Vi partecipano dieci artisti, di cui sette orientali e tre italiani, che hanno eletto l’Oriente a propria dimora fisica o ideale: la coreana Shin-Hye Park, l’indiana Sangeeta Singh, i cinesi Liu Yang, Wang Tiewei e Liu Wei, gli indonesiani Setyo Mardiyantoro ed Antonius Kho, gli italiani Vincenzo Montella, Marco Sodaro e Teresa Mangiacapra.
Shin-Hye Park dipinge in monocromo paesaggi disadorni e malinconici, pervasi da una vena di misticismo. La sensibilità dell’artista indugia nella descrizione degli steli d’erba, piegati dal vento al quale non sanno opporre resistenza, come esseri umani in balia del proprio destino. È una pittura priva di slanci, che vive in una dimensione intima ed evocativa.
La pittura di Sangeeta Singh indaga l’animo femminile, dai trasporti sognanti dell’adolescenza alle riflessioni malinconiche della donna matura, nella fiera consapevolezza della propria identità di genere. La sua ricerca, come donna e come artista, aspira alla pienezza dell’amore materno e coniugale, sovente represso dalle convenzioni sociali.
Liu Yang rielabora la fotografia al computer, con eccellente perizia, per trasportare la realtà nel suo universo onirico, popolato da farfalle che nuotano e pesci che volano in un cielo terso e cristallino. Ogni composizione gravita intorno a una leggiadra figura femminile, che incarna il suo ideale di immacolata purezza.
Wang Tiewei fotografa due luoghi-simbolo della Cina moderna: la piazza Tiananmen, dove una folla di persone assiste con disincanto a una cerimonia di stato; e il distretto di Qianmen, dove si lavora di notte per le Olimpiadi del 2008, espressione di un paese che cambia rotta, non senza drammatiche conseguenze.
I soggetti delle foto di Liu Wei sono ridenti marionette, che interagiscono come personaggi reali sullo sfondo della Città Proibita. Non sono gli attori di uno spettacolo o di una storia antica – spiega l’artista – ma rappresentano il destino manipolato degli esseri umani. C’è dunque un senso tragico nelle sue composizioni, in apparenza ludiche e disimpegnate.
Setyo Mardiyantoro si serve sapientemente del colore per reinventare le forme della natura, fino ai limiti dell’astrazione. Con un respiro lirico, una sensibilità onirica, un gusto sottile per l’ornato, Setyo dispiega su carta, legno o batik la sua nostalgia per un ambiente puro, dove l’equilibrio tra l’uomo e la natura non è ancora violato.
Nella pittura informale di Antonius Kho rifluiscono le ombre della memoria, i colori della terra, i riflessi della pelle duttile e squamosa dei serpenti. Il tutto è avvolto in una materia densa e grumosa, che travolge le residue tracce di figurazione come l’onda dello tsunami, o quella, non meno impetuosa, delle passioni umane.
Le fotografie di Vincenzo Montella ritraggono soggetti orientali, che vengono trasportati, con sapiente messinscena, in un’atmosfera dal sapore metafisico. La pellicola dorata che investe le scene rinvia all’Oriente bizantino, a quella pittura che tende all’astrazione mediante l’uso innaturale del colore.
Al contrario, Marco Sodaro utilizza la fotografia come strumento di indagine e interpretazione della realtà in cui vive, il Giappone. L’artista muove dal presupposto che il totale è insito nel particolare, così non ha bisogno di allontanare l’obiettivo per cogliere l’essenza dei luoghi, ma adotta il sistema zonale per rilevare le sfumature più segrete.
Teresa Mangiacapra ci conduce nel cuore del Tibet e ci fa sentire il calore di una terra che rappresenta un faro di spiritualità, ultimo baluardo contro le insidie del capitalismo. Le sue fotografie sono montate su scale metalliche, che idealmente rinviano alla scala di Giacobbe: ponte gettato tra cielo e terra, simbolo di vita contemplativa, tensione verso altri spazi ed altre dimensioni.
Marco di Mauro
13
ottobre 2007
Asian overview, people and dreams
Dal 13 al 28 ottobre 2007
Location
IL RAMO D’ORO
Napoli, Via Adolfo Omodeo, 124, (Napoli)
Napoli, Via Adolfo Omodeo, 124, (Napoli)
Orario di apertura
tutti i giorni tranne giovedì dalle 16 alle 20
Vernissage
13 Ottobre 2007, ore 18
Autore