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Atanasio Giuseppe Elia – I Colori dell’oltre
personale
Comunicato stampa
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I colori dell’oltre
«Tra chiaro e oscuro c’è un velo sottile»: suona come un sussurro questo verso di Montale, tratto
da Diario del ’72, e a noi può tornare utile come chiave di lettura dell’opera pittorica di Atanasio
Giuseppe Elia, soprattutto delle sue prove più recenti e nuove, tra cui quella intitolata dallo stesso
artista Luce e ombre, un dittico del 2009, emblematico e – perciò – particolarmente rappresentativo.
Chi si ferma a guardarlo può esperire una doppia vista: non il passaggio brusco – ipotecato
dall’alternativa – tra ciò che è esposto e ciò che rimane nascosto, la dialettica elidente tra ciò che è
svelato e ciò che ritorna a sprofondare oltrecortina, bensì il dialogo tra una vista e un’altra vista o,
meglio, una vista-altra. La pittura di Elia esige ed elargisce questo fascinoso strabismo di Venere,
capace di far cogliere – a chi guarda – più di un profilo, più di una densità, più di una sfumatura, più
di una dimensione. L’oltre.
C’è – del resto – in questa pittura, un atavico afflato sacro, una valenza religiosa antica che non
stride con la sua moderna afiguratività. Il fatto stesso che essa sia spesso ritmata a mo’ di dittico, o
anche di trittico, invita appunto a prenderne visione quasi liturgica, come si trattasse di pale d’altare.
Così assume comunque una discorsività, che progredisce, si svolge, si evolve, narrando una sorta di
storia, come le leggende musive che nella Sicilia di Elia si possono tuttora ammirare in straordinari
monumenti del passato quali il Casale romano di Piazza Armerina e il Duomo normanno di
Monreale. E se il polittico si sviluppa talvolta in verticale, piuttosto che in orizzontale, allora questa
pittura si propone non più soltanto come una esplorazione spaziale delle plaghe mondane ma
anche come un itinerario metafisico nelle pieghe dell’esistenza. All’insegna della sincronia più che
della diacronia: cioè senza slittamento di scenari ma in forza di una illuminazione cangiante che –
nella contestualità di punti di vista pur differenti – causa una perdurante metamorfosi di colore, di
disegno, di fisionomia, con immagini reiterate e al contempo ridipinte ex novo.
[…] In questi dipinti – però – raramente traspare la figura umana, proprio perché l’uomo stesso è
l’orizzonte in cui s’inscrivono i viaggi di Elia. È la coscienza umana che viaggia, presso di sé, in sé.
E quando le sue “sembianze” emergono finalmente nel chiaroscuro, sono ancora colte con un dittico
– due voci – nel gesto femminile di denudarsi, ad un tempo nostalgia di una condizione di grazia
che in principio rendeva superflue le vesti e recidiva propensione a dismettere quella medesima
grazia, come la filosofia contemporanea – da Erik Peterson a Giorgio Agamben – ha di nuovo
compreso recuperando la lezione di sant’Agostino. In verità anche tra la grazia e il rifiuto d’essa, tra
ciò che siamo (stati) e ciò che non dovremmo essere, c’è soltanto un velo sottile. E la pittura di Elia
ce lo ricorda.
MASSIMO NARO
«Tra chiaro e oscuro c’è un velo sottile»: suona come un sussurro questo verso di Montale, tratto
da Diario del ’72, e a noi può tornare utile come chiave di lettura dell’opera pittorica di Atanasio
Giuseppe Elia, soprattutto delle sue prove più recenti e nuove, tra cui quella intitolata dallo stesso
artista Luce e ombre, un dittico del 2009, emblematico e – perciò – particolarmente rappresentativo.
Chi si ferma a guardarlo può esperire una doppia vista: non il passaggio brusco – ipotecato
dall’alternativa – tra ciò che è esposto e ciò che rimane nascosto, la dialettica elidente tra ciò che è
svelato e ciò che ritorna a sprofondare oltrecortina, bensì il dialogo tra una vista e un’altra vista o,
meglio, una vista-altra. La pittura di Elia esige ed elargisce questo fascinoso strabismo di Venere,
capace di far cogliere – a chi guarda – più di un profilo, più di una densità, più di una sfumatura, più
di una dimensione. L’oltre.
C’è – del resto – in questa pittura, un atavico afflato sacro, una valenza religiosa antica che non
stride con la sua moderna afiguratività. Il fatto stesso che essa sia spesso ritmata a mo’ di dittico, o
anche di trittico, invita appunto a prenderne visione quasi liturgica, come si trattasse di pale d’altare.
Così assume comunque una discorsività, che progredisce, si svolge, si evolve, narrando una sorta di
storia, come le leggende musive che nella Sicilia di Elia si possono tuttora ammirare in straordinari
monumenti del passato quali il Casale romano di Piazza Armerina e il Duomo normanno di
Monreale. E se il polittico si sviluppa talvolta in verticale, piuttosto che in orizzontale, allora questa
pittura si propone non più soltanto come una esplorazione spaziale delle plaghe mondane ma
anche come un itinerario metafisico nelle pieghe dell’esistenza. All’insegna della sincronia più che
della diacronia: cioè senza slittamento di scenari ma in forza di una illuminazione cangiante che –
nella contestualità di punti di vista pur differenti – causa una perdurante metamorfosi di colore, di
disegno, di fisionomia, con immagini reiterate e al contempo ridipinte ex novo.
[…] In questi dipinti – però – raramente traspare la figura umana, proprio perché l’uomo stesso è
l’orizzonte in cui s’inscrivono i viaggi di Elia. È la coscienza umana che viaggia, presso di sé, in sé.
E quando le sue “sembianze” emergono finalmente nel chiaroscuro, sono ancora colte con un dittico
– due voci – nel gesto femminile di denudarsi, ad un tempo nostalgia di una condizione di grazia
che in principio rendeva superflue le vesti e recidiva propensione a dismettere quella medesima
grazia, come la filosofia contemporanea – da Erik Peterson a Giorgio Agamben – ha di nuovo
compreso recuperando la lezione di sant’Agostino. In verità anche tra la grazia e il rifiuto d’essa, tra
ciò che siamo (stati) e ciò che non dovremmo essere, c’è soltanto un velo sottile. E la pittura di Elia
ce lo ricorda.
MASSIMO NARO
10
marzo 2013
Atanasio Giuseppe Elia – I Colori dell’oltre
Dal 10 al 30 marzo 2013
arte contemporanea
Location
IL SAGITTARIO
Messina, Via XXIV Maggio, 108, (Messina)
Messina, Via XXIV Maggio, 108, (Messina)
Orario di apertura
tutti i giorni dalle ore 10.00 alle ore 12,00 e dalle ore 17,00 alle ore 19,00
Sabato dalle ore 10,00 alle ore 12,00
Festivi per appuntamento
Vernissage
10 Marzo 2013, h 18
Autore
Curatore