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Ateliers d’artista, Fondazione Pastificio Cerere – Valentino Diego
Valentino Diego presentato da Maurizio Savini
Comunicato stampa
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Valentino Diego
Nell’ambito della rassegna “Ateliers d’artista” per la Biblioteca di Villa Mercede, Valentino Diego interviene con una performance installativa “Senza Titolo” in sala di lettura, frangendo la canonica disposizione, a schiera, dei “Tavoli/Studio” e sconvolgendo, di conseguenza, la realtà spazio-temporale del luogo con l’inserimento di una scatola sonora, fulcro dell’opera. L’artista costruisce architettonicamente uno “spazio nuovo”, trasformando la visione prospettica e la percezione del luogo, unendo intuizioni diverse in una sorta di dialettica virtuale, scandita in tre progressioni progettuali. Nella prima progressione, supportato dalle diagonali della pavimentazione della biblioteca, l’artista ricolloca i “Tavoli” nello spazio, congiungendoli secondo un disegno mentale che si traduce in segni grafici, i quali ricordano una scrittura numerica. Considerando, inoltre, una serie di fattori pratici, importanti, per la fruibilità del luogo, in relazione alla sua funzione primaria: dall’agibilità dell’utenza, all’accesso facilitato verso le entrate e le uscite di sicurezza, alle traiettorie percorribili per i disabili. Nella seconda progressione, l’artista gioca con l’elemento “Tavolo” staccando i piani di legno bianco dai telai portanti in ferro. Fa in concreto un lavoro di spostamenti, di rotazione dei piani, rispetto ai telai e di assemblaggio delle parti, in un unico “Tavolo/Studio”. Inserendo elementi in Mdf, oltre a fare un’aggiunta cromatica, aumenta la superficie-studio, e di cinque posti la capacità dei tavoli. Nella terza progressione allestisce, con la meticolosità di un regista, lo scenario in cui (ri)attivare l’esperienza percettiva, entrando virtualmente nell’opera, semplicemente posizionando sul pavimento, una scatola sonora dalla quale si espande in audio la registrazione dell’artista mentre studia e prende appunti per circa un’ora nel suo studio. Dislocamento spazio-temporale ma anche fisico-sensoriale (rapporto vista-udito), provocato dalla presenza/assenza dell’artista, che lascia tracce autoreferenziali sottoforma di onde acustiche e cerca l’interazione virtuale con il fruitore.
Rosanna Rago
STUDIO 1999
Ho iniziato a usare il chewing-gum undici anni fa.
Il chewing-gum mi appariva infatti come un mezzo più versatile rispetto ai materiali impiegati dall’arte “tradizionale”, come la pittura. Appartenendo alla cultura popolare il chewing-gum non possiede uno statuto proprio all’interno dell’arte istituzionale. credo tuttavia che nel mio lavoro questo materiale trovi una via di riscatto e acquisisca una sua capacità e una sua dignità espressiva.
La presenza di un’assenza, quindi, che rimanda all’intimità della mia persona alla mia memoria a molto di ciò che noi distinguiamo come la nostra “cultura”. La nostra vita è segnata da un’incessante dialettica, tra il nostro io e il “consumo”, consumo come usura biologica, nostra e altrui ma anche e più banalmente, come distruzione di prodotti. Nella presa di coscienza dell’ineluttabilità di questo processo degenerativo io trovo la giustificazione della morte. Lo spazio vuoto dello studio costituisce anche un recipiente che il futuro potrà riempire: ogni spazio è destinato nel tempo a riempirsi delle esperienze plasmanti di uomini o animali. Il mio lavoro prepara lo spazio all’esperienza dell’arte.
Il lavoro in sé, questa “preparazione”, costituisce sì un’esperienza. Certo. Ma in esso vi è la consapevolezza della propria fine, dell’essere un passaggio momentaneo, un attraversamento fugace, dissolto all’interno del processo storico. Lo sta a sottolineare la stessa caducità del materiale utilizzato, il chewing-gum . Maurizio Savini
Nell’ambito della rassegna “Ateliers d’artista” per la Biblioteca di Villa Mercede, Valentino Diego interviene con una performance installativa “Senza Titolo” in sala di lettura, frangendo la canonica disposizione, a schiera, dei “Tavoli/Studio” e sconvolgendo, di conseguenza, la realtà spazio-temporale del luogo con l’inserimento di una scatola sonora, fulcro dell’opera. L’artista costruisce architettonicamente uno “spazio nuovo”, trasformando la visione prospettica e la percezione del luogo, unendo intuizioni diverse in una sorta di dialettica virtuale, scandita in tre progressioni progettuali. Nella prima progressione, supportato dalle diagonali della pavimentazione della biblioteca, l’artista ricolloca i “Tavoli” nello spazio, congiungendoli secondo un disegno mentale che si traduce in segni grafici, i quali ricordano una scrittura numerica. Considerando, inoltre, una serie di fattori pratici, importanti, per la fruibilità del luogo, in relazione alla sua funzione primaria: dall’agibilità dell’utenza, all’accesso facilitato verso le entrate e le uscite di sicurezza, alle traiettorie percorribili per i disabili. Nella seconda progressione, l’artista gioca con l’elemento “Tavolo” staccando i piani di legno bianco dai telai portanti in ferro. Fa in concreto un lavoro di spostamenti, di rotazione dei piani, rispetto ai telai e di assemblaggio delle parti, in un unico “Tavolo/Studio”. Inserendo elementi in Mdf, oltre a fare un’aggiunta cromatica, aumenta la superficie-studio, e di cinque posti la capacità dei tavoli. Nella terza progressione allestisce, con la meticolosità di un regista, lo scenario in cui (ri)attivare l’esperienza percettiva, entrando virtualmente nell’opera, semplicemente posizionando sul pavimento, una scatola sonora dalla quale si espande in audio la registrazione dell’artista mentre studia e prende appunti per circa un’ora nel suo studio. Dislocamento spazio-temporale ma anche fisico-sensoriale (rapporto vista-udito), provocato dalla presenza/assenza dell’artista, che lascia tracce autoreferenziali sottoforma di onde acustiche e cerca l’interazione virtuale con il fruitore.
Rosanna Rago
STUDIO 1999
Ho iniziato a usare il chewing-gum undici anni fa.
Il chewing-gum mi appariva infatti come un mezzo più versatile rispetto ai materiali impiegati dall’arte “tradizionale”, come la pittura. Appartenendo alla cultura popolare il chewing-gum non possiede uno statuto proprio all’interno dell’arte istituzionale. credo tuttavia che nel mio lavoro questo materiale trovi una via di riscatto e acquisisca una sua capacità e una sua dignità espressiva.
La presenza di un’assenza, quindi, che rimanda all’intimità della mia persona alla mia memoria a molto di ciò che noi distinguiamo come la nostra “cultura”. La nostra vita è segnata da un’incessante dialettica, tra il nostro io e il “consumo”, consumo come usura biologica, nostra e altrui ma anche e più banalmente, come distruzione di prodotti. Nella presa di coscienza dell’ineluttabilità di questo processo degenerativo io trovo la giustificazione della morte. Lo spazio vuoto dello studio costituisce anche un recipiente che il futuro potrà riempire: ogni spazio è destinato nel tempo a riempirsi delle esperienze plasmanti di uomini o animali. Il mio lavoro prepara lo spazio all’esperienza dell’arte.
Il lavoro in sé, questa “preparazione”, costituisce sì un’esperienza. Certo. Ma in esso vi è la consapevolezza della propria fine, dell’essere un passaggio momentaneo, un attraversamento fugace, dissolto all’interno del processo storico. Lo sta a sottolineare la stessa caducità del materiale utilizzato, il chewing-gum . Maurizio Savini
05
giugno 2006
Ateliers d’artista, Fondazione Pastificio Cerere – Valentino Diego
Dal 05 al 22 giugno 2006
arte contemporanea
Location
BIBLIOTECA VILLA MERCEDE
Roma, Via Tiburtina (entrata dal parco), 115, (ROMA)
Roma, Via Tiburtina (entrata dal parco), 115, (ROMA)
Orario di apertura
Lun. 13 - 19 Mart. 9 - 19
Mer. 9 – 19 Gio. 9 - 19
Ven. 9 – 14 Sab. 9 – 13
Vernissage
5 Giugno 2006, ore 19
Autore
Curatore