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Atene Digital Arts Festival : Tribute to Alessandro Amaducci
La sedicesima edizione dell’Atene Digital Arts Festival celebra Alessandro Amaducci, uno degli artisti più rappresentativi nel panorama internazionale dei linguaggi dell’arte contemporanea con una visione sempre attenta ed innovativa del rapporto fra le arti e le nuove tecnologie.
Comunicato stampa
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La sedicesima edizione dell'Atene Digital Arts Festival celebra Alessandro Amaducci, uno degli artisti più rappresentativi nel panorama internazionale dei linguaggi dell'arte contemporanea con una visione sempre attenta ed innovativa del rapporto fra le arti e le nuove tecnologie. Dal 10 luglio al 10 settembre saranno presentate: la retrospettiva "Tribute to Alessandro Amaducci. 30 years of Videoart" a cura di Maurizio Marco Tozzi; la videoinstallazione e il progetto fotografico digitale “Desire Machines” nella sezione Digital Image curata da Elli-Anna Peristeraki; il video “Sheding” nella sezione di Videoart curata da Eirini Olympiou; il video “The Glitch and the Fire” facente parte della selezione “New Visions of the World” del festival di videoarte “Over the Real” curata da Maurzio Marco Tozzi.
Dal 1989 Amaducci ha realizzato circa 80 opere audiovisive monocanale, oltre a fotografie digitali, videoinstallazioni, documentari, videoclip, spettacoli multimediali e live video - curando in parte anche gli aspetti musicali - con le quali ha partecipato con successo ai più importanti Festival di tutto il mondo ed ha esposto in sedi istituzionali e gallerie private di prestigio.
Nella sua Electric Self Anthology, Alessandro Amaducci affronta un oscuro quesito:
“I computer sognano?”.
Accesi per ore e ore, di giorno e di notte, i computer intraprendono un rapporto intimo con la nostra esistenza: nel loro hard disk vivono parti di noi, del nostro quotidiano, dei nostri desideri, forse anche dei nostri segreti. Imparano a conoscerci nel tempo, ci guardano, osservano il nostro mondo. Lasciati svegli, di notte, a scaricare dati, accumulano tracce di vita, saperi, immaginari; osservano il nostro inconscio che si trasforma in dato.
“Dall’altra parte dello schermo” (come si diceva in un vecchio film di fantascienza) c’è qualcosa che sviluppa un suo inconscio: un inconscio tecnologico, lo specchio rovesciato e trasparente del nostro mondo trasformato nell’universo di numeri del “mondo al di là”. I computer sognano? Certamente sì: sognano i nostri sogni, reinterpretandoli, così come noi facciamo con loro.
Il mondo digitale riesce a costruire il linguaggio che usa: è qualcosa di autonomo che vive di radici umane. L’umano e il digitale sono due dimensioni strettamente interconnesse: gemelli eterozigoti. Il monitor diventa uno strumento duplice: da un lato è lo specchio trasparente che permette il passaggio, dall’altro è uno specchio che non solo riflette, ma trasmette, comunicando una sua visione del mondo.
La convivenza fra umano e digitale non si limita al rapporto uno-ad-uno fra persona e computer: il Web diffonde il linguaggio determinato dalla simbiosi dei due mondi determinando un altro universo fatto di scambi, re-interpretazioni ulteriori, creazioni di immaginari ibridi: un luogo caotico e creativo insieme. Il linguaggio delle immagini è lo strumento più usato per riconoscer-si e internet crea una vera e propria rete di inconsci: immagini, archetipi, immaginari che oltrepassano continuamente la soglia fra mondo umano e mondo digitale, tra passati re-immaginati e futuri remoti.
L’ingresso nel mondo dell’inconscio tecnologico è un viaggio oscuro, denso di ferite, dove si incontrano corpi che incarnano alcuni temi che ossessivamente si rincorrono, come la vita , la morte, la memoria, la fine dei limiti, l’intreccio fra voyeurismo e esibizionismo (il desiderio di guardare e di essere guardati), la trasformazione del mondo in spettacolo e in dati, infine l’inossidabile potenza fascinatoria della forma umana, del corpo inteso come luogo esoterico, come spazio simbolico. Entrare nell’inconscio tecnologico significa anche ri-scoprire la propria ombra, quella dimensione dove la morte e la vita sono confuse, dove si può giocare anche in maniera crudele, dove la bellezza e la mostruosità possono convivere, dove la paura è necessaria perché produttrice di emozioni.
La retrospettiva presenta le seguenti opere: Not with a Bang, 2008; Future(ism), 2013;
Electric Self, 2006/2016; Discussion on Death, 2006/2018; Fear of Me, 2008/2017; Pagan Inner, 2010; Black Data, 2012; In the Cave (of technology), 2013; I Am Your Database, 2014; Post Rebis, 2016; Shedding, 2010/2018.
https://2020.adaf.gr/
https://online.adaf.gr/16th-adaf-online-opening/
#ADAFgreece #ADAF2020 #Technotribalism #ADAFonline
SHORT BIO
Alessandro Amaducci, nato nel 1967 a Torino, laureato con il prof. Paolo Bertetto presso l’Università degli studi di Torino in Storia e Critica del Cinema, con una tesi dal titolo Videoarte: problemi di teoria e di linguaggio. Dal 1989 realizza video sperimentali, video di danza, videoinstallazioni e documentari, oltre a videoclip musicali, acquisendo esperienza di operatore e montatore video specializzato in postproduzione digitale. La sua produzione attualmente si è spostata anche sul fronte live, realizzando spettacoli video dal vivo e videoscenografie per spettacoli di teatro e di danza. Attualmente insegna come ricercatore presso il Dams di Torino. Pubblica una serie di libri sul rapporto fra le arti e le nuove tecnologie.
Dal 1989 Amaducci ha realizzato circa 80 opere audiovisive monocanale, oltre a fotografie digitali, videoinstallazioni, documentari, videoclip, spettacoli multimediali e live video - curando in parte anche gli aspetti musicali - con le quali ha partecipato con successo ai più importanti Festival di tutto il mondo ed ha esposto in sedi istituzionali e gallerie private di prestigio.
Nella sua Electric Self Anthology, Alessandro Amaducci affronta un oscuro quesito:
“I computer sognano?”.
Accesi per ore e ore, di giorno e di notte, i computer intraprendono un rapporto intimo con la nostra esistenza: nel loro hard disk vivono parti di noi, del nostro quotidiano, dei nostri desideri, forse anche dei nostri segreti. Imparano a conoscerci nel tempo, ci guardano, osservano il nostro mondo. Lasciati svegli, di notte, a scaricare dati, accumulano tracce di vita, saperi, immaginari; osservano il nostro inconscio che si trasforma in dato.
“Dall’altra parte dello schermo” (come si diceva in un vecchio film di fantascienza) c’è qualcosa che sviluppa un suo inconscio: un inconscio tecnologico, lo specchio rovesciato e trasparente del nostro mondo trasformato nell’universo di numeri del “mondo al di là”. I computer sognano? Certamente sì: sognano i nostri sogni, reinterpretandoli, così come noi facciamo con loro.
Il mondo digitale riesce a costruire il linguaggio che usa: è qualcosa di autonomo che vive di radici umane. L’umano e il digitale sono due dimensioni strettamente interconnesse: gemelli eterozigoti. Il monitor diventa uno strumento duplice: da un lato è lo specchio trasparente che permette il passaggio, dall’altro è uno specchio che non solo riflette, ma trasmette, comunicando una sua visione del mondo.
La convivenza fra umano e digitale non si limita al rapporto uno-ad-uno fra persona e computer: il Web diffonde il linguaggio determinato dalla simbiosi dei due mondi determinando un altro universo fatto di scambi, re-interpretazioni ulteriori, creazioni di immaginari ibridi: un luogo caotico e creativo insieme. Il linguaggio delle immagini è lo strumento più usato per riconoscer-si e internet crea una vera e propria rete di inconsci: immagini, archetipi, immaginari che oltrepassano continuamente la soglia fra mondo umano e mondo digitale, tra passati re-immaginati e futuri remoti.
L’ingresso nel mondo dell’inconscio tecnologico è un viaggio oscuro, denso di ferite, dove si incontrano corpi che incarnano alcuni temi che ossessivamente si rincorrono, come la vita , la morte, la memoria, la fine dei limiti, l’intreccio fra voyeurismo e esibizionismo (il desiderio di guardare e di essere guardati), la trasformazione del mondo in spettacolo e in dati, infine l’inossidabile potenza fascinatoria della forma umana, del corpo inteso come luogo esoterico, come spazio simbolico. Entrare nell’inconscio tecnologico significa anche ri-scoprire la propria ombra, quella dimensione dove la morte e la vita sono confuse, dove si può giocare anche in maniera crudele, dove la bellezza e la mostruosità possono convivere, dove la paura è necessaria perché produttrice di emozioni.
La retrospettiva presenta le seguenti opere: Not with a Bang, 2008; Future(ism), 2013;
Electric Self, 2006/2016; Discussion on Death, 2006/2018; Fear of Me, 2008/2017; Pagan Inner, 2010; Black Data, 2012; In the Cave (of technology), 2013; I Am Your Database, 2014; Post Rebis, 2016; Shedding, 2010/2018.
https://2020.adaf.gr/
https://online.adaf.gr/16th-adaf-online-opening/
#ADAFgreece #ADAF2020 #Technotribalism #ADAFonline
SHORT BIO
Alessandro Amaducci, nato nel 1967 a Torino, laureato con il prof. Paolo Bertetto presso l’Università degli studi di Torino in Storia e Critica del Cinema, con una tesi dal titolo Videoarte: problemi di teoria e di linguaggio. Dal 1989 realizza video sperimentali, video di danza, videoinstallazioni e documentari, oltre a videoclip musicali, acquisendo esperienza di operatore e montatore video specializzato in postproduzione digitale. La sua produzione attualmente si è spostata anche sul fronte live, realizzando spettacoli video dal vivo e videoscenografie per spettacoli di teatro e di danza. Attualmente insegna come ricercatore presso il Dams di Torino. Pubblica una serie di libri sul rapporto fra le arti e le nuove tecnologie.
10
luglio 2020
Atene Digital Arts Festival : Tribute to Alessandro Amaducci
Dal 10 luglio al 10 settembre 2020
arte contemporanea
personale
personale
Location
ATHENS DIGITAL ART FESTIVAL
Athens, Flemingk Str., 7
Athens, Flemingk Str., 7
Vernissage
10 Luglio 2020, online.adaf.gr/16th-adaf-online-opening/
Sito web
Autore
Curatore
Produzione organizzazione