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Atlantikà: Sardegna, Isola Mito
Immagini e testimonianze di una grande Storia nascosta dalla Geografia
Comunicato stampa
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Sono sempre state laggiù, a Gibilterra, le Colonne d'Ercole? Erano proprio lì sin quando Pindaro ne parlò per la prima volta nel 476 a.C.? Non è più probabile, che un tempo - prima che Alessandro facesse grande il mondo e che, poi, Alessandria, con la sua Biblioteca, ne ridisegnasse le mappe - quelle Colonne fossero invece al Canale di Sicilia? C’era – come Platone affermava - un’isola al di là di quella frontiera di mare infido e assassino che Sabatino Moscati segnalava come vera "Cortina di Ferro dell'Antichità" - reale spartiacque mediterraneo tra il mondo greco e quello fenicio?
Questa, in sintesi, l’ipotesi di ricerca sviluppata con passione e dovizia dalla teoria geo-storica del giornalista Sergio Frau. La mostra ripercorre i contenuti del successo editoriale “Le Colonne d’Ercole, un’inchiesta”, libro che, fin dalla sua pubblicazione nel 2002, ha suscitato un approfondito e appassionato dibattito tra gli studiosi della prima storia del Mediterraneo. Il libro ha poi dato origine alla mostra ATLANTIKA’: Sardegna, Isola Mito, curata dallo stesso Sergio Frau e da Giovanni Manca, presentata a Parigi, presso la sede dell’Unesco nel 2005, nei mesi scorsi all'Accademia dei Lincei di Roma e, oggi, presso il Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino, con aggiunte ed integrazioni che tengono conto dei nuovi contributi e delle nuove conferme. Un “cantiere–mostra” che si presenta questa volta ancor più ricco di occasioni di dibattito.
Per ragionare e confrontarsi sugli indizi, le prove e la teoria presentata da Sergio Frau, è stata messa a punto una prestigiosa tavola rotonda (a ingresso libero) proprio in occasione dell’inaugurazione del 1° dicembre, a partire dalle ore 17, alla presenza di Sergio Frau, di Dario Seglie, direttore del Museo Civico di antropologia e archeologia di Pinerolo e di Francesco Sedda, semiologo all’ Università La Sapienza di Roma. Coordina il giornalista Rai Maurizio Menicucci.
ATLANTIKA’- come il suo tema portante – è itinerante. Prima dell’esposizione torinese, è stata ospitata a Parigi dall’Unesco e dall'Accademia dei Lincei di Roma, e oggi giunge nel capoluogo piemontese - città che ben conosce la complessità degli studi su oggetti antichi (basti pensare al Museo Egizio o alla Sindone – solo per citarne alcuni).
ATLANTIKA’ propone una straordinaria lettura iconografica dell’ Isola-Mito attraverso le suggestive fotografie scattate da Francesco Cubeddu, Marcello Farris, Mario Garbati, Gian Mario Marras, Franco Stefano Ruiu e i montaggi virtuali di Laura Montelli. Le immagini sono supportate da una importante e inedita sezione cartografica, da pannelli didascalici e riproduzioni di particolari di opere scultoree e pittoriche che identificano il mitico confine del mondo antico e il suo ritorno alla posizione originale, presso il Canale di Sicilia, là dove Sicilia e Tunisia quasi si toccavano. Tale confine, in seguito al progresso delle conoscenze geografiche dovuto all’alessandrino Eratostene fu “spostato” a Gibilterra, in epoca ellenistica (200 a.C.). Con il trasferimento dei confini del mondo sull’Oceano Atlantico di oggi, anche la mitica Isola di Atlante - la cui potente e temuta civiltà, venne ferita a morte da un misterioso cataclisma, noto a tutte le antiche civiltà mediterranee - si trasformò in qualche cosa di vago, leggendario e introvabile: l'Atlantide delle mille fantasticherie!
Ma partendo dalle ipotesi iniziali di Frau - ormai trasformate in tesi anche da numerosi tra i più autorevoli accademici - tornano credibili le parole degli antichi: Omero, Platone, Ramses III solo per citare i principali. Questi “testimoni” ci narrano concordemente che nel Mediterraneo d'Occidente c’era un’isola strabiliante, dall’eterna primavera, ricca di metalli di ogni tipo, dove i vecchi vivevano felici fino a quando non si stancavano della vita, abitata da genti potenti e temute, navigatori e guerrieri formidabili tanto da essere capaci di sfidare l’Egitto del XII secolo a.C. Quell'isola favolosa oltre le Colonne d’Ercole - l'Isola di Atlante al Tramonto, simmetrica alla Roccia di Prometeo: il Caucaso dell'Alba - fu poi sconvolta da un terribile schiaffo marino di Poseidone che abbatté migliaia di torri e seppellì nel fango intere città, costringendo i superstiti a emigrare verso nuove terre per costituire nuove civiltà.
Quell'Isola Mito degli Antichi è ora identificabile nella Sardegna?
L’attuale mostra ci rivela quanto di favoloso e di misterioso - compresa la drammatica fine della sua civiltà più antica - sia effettivamente rintracciabile nella storia, nella cultura, nella natura e nelle lingue della Sardegna, che ben meritò l’appellativo di “Piccolo Continente”.
L’esposizione torinese è affiancata da tre altre sezioni, presentate qui per la prima volta, che intendono illustrare al pubblico la complessità ed il fascino delle grandi tradizioni della Sardegna.
Nella prima sezione e seconda sezione, entrambe curate direttamente da Kinthales, sono esposte alcune delle espressioni più significative della produzione artistica popolare sarda, capace di trasformare in arte oggetti quotidiani come il pane ed i vestiti. I pani, provenienti dallo stesso Museo del Pane Rituale di Borore offrono una panoramica dei diversi tipi realizzati per marcare il ciclo del tempo e delle tappe di passaggio della vita dell’uomo: la nascita (pani dell’infanzia), il matrimonio (pani dei fidanzati e degli sposi) e la morte (pani per la ricorrenza dei morti). Nell’altra sezione sono esposti i costumi sardi, con il loro trionfo di forme e colori. Questi costumi, provenienti dalle zone interne della Sardegna, non sono solo espressione di abilità tecnica e di utilizzo di preziosi materiali (stoffe, gioielli, tinte naturali) ma racchiudono un insieme di significati e interrogativi di complessa decodificazione attinenti alla simbologia e alla ricchezza antropologica di un popolo che affonda le sue radici nei millenni.
Infine, il Museo Regionale di Scienze Naturali cura una terza sezione, con una selezione di reperti storici e scientifici provenienti dall’isola, che mostrano le peculiarità naturalistiche di una terra in costante divenire. La Sardegna infatti, da un punto di vista geologico, iniziò a separarsi dalla penisola iberica con l’Oligocene - da 34 a 24 milioni di anni fa. Tale spostamento, tenendo a lungo separato il “Piccolo Continente” dal resto delle terre emerse europee, ha permesso la conservazione di alcune rare specie endemiche e subendemiche. Questa peculiarità, assieme con l’incredibile ricchezza culturale, archeologica ed etnologica propria della Sardegna, non sfuggì agli insigni naturalisti del XIX secolo, che incrementarono le collezioni di svariati musei europei e scrissero notevoli contributi sulla flora, sulla fauna e sulla geologia dell’isola. Tra i personaggi di spicco del mondo scientifico piemontese che ebbero maggiori legami con la Sardegna, si ricordano fra tutti Alberto Ferrero della Marmora, Giuseppe Giacinto Moris e Giuseppe Gené che arricchirono le collezioni dei musei universitari torinesi con numerosi reperti provenienti dai loro viaggi nell’isola. A questi antichi esemplari se ne aggiunsero molti altri frutto delle diverse acquisizioni operate dal Museo Regionale di Scienze Naturali nel corso degli anni. Nell’ambito di questa esposizione viene presentato parte di questo patrimonio, con campioni scelti tra quelli più rari e interessanti, quali l’aquila del Bonelli (Hieraeetus fasciatus), la pratolina delle scogliere (Bellium crossifolium), le anglesiti e le fosgeniti dell’Iglesiente.
Questa, in sintesi, l’ipotesi di ricerca sviluppata con passione e dovizia dalla teoria geo-storica del giornalista Sergio Frau. La mostra ripercorre i contenuti del successo editoriale “Le Colonne d’Ercole, un’inchiesta”, libro che, fin dalla sua pubblicazione nel 2002, ha suscitato un approfondito e appassionato dibattito tra gli studiosi della prima storia del Mediterraneo. Il libro ha poi dato origine alla mostra ATLANTIKA’: Sardegna, Isola Mito, curata dallo stesso Sergio Frau e da Giovanni Manca, presentata a Parigi, presso la sede dell’Unesco nel 2005, nei mesi scorsi all'Accademia dei Lincei di Roma e, oggi, presso il Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino, con aggiunte ed integrazioni che tengono conto dei nuovi contributi e delle nuove conferme. Un “cantiere–mostra” che si presenta questa volta ancor più ricco di occasioni di dibattito.
Per ragionare e confrontarsi sugli indizi, le prove e la teoria presentata da Sergio Frau, è stata messa a punto una prestigiosa tavola rotonda (a ingresso libero) proprio in occasione dell’inaugurazione del 1° dicembre, a partire dalle ore 17, alla presenza di Sergio Frau, di Dario Seglie, direttore del Museo Civico di antropologia e archeologia di Pinerolo e di Francesco Sedda, semiologo all’ Università La Sapienza di Roma. Coordina il giornalista Rai Maurizio Menicucci.
ATLANTIKA’- come il suo tema portante – è itinerante. Prima dell’esposizione torinese, è stata ospitata a Parigi dall’Unesco e dall'Accademia dei Lincei di Roma, e oggi giunge nel capoluogo piemontese - città che ben conosce la complessità degli studi su oggetti antichi (basti pensare al Museo Egizio o alla Sindone – solo per citarne alcuni).
ATLANTIKA’ propone una straordinaria lettura iconografica dell’ Isola-Mito attraverso le suggestive fotografie scattate da Francesco Cubeddu, Marcello Farris, Mario Garbati, Gian Mario Marras, Franco Stefano Ruiu e i montaggi virtuali di Laura Montelli. Le immagini sono supportate da una importante e inedita sezione cartografica, da pannelli didascalici e riproduzioni di particolari di opere scultoree e pittoriche che identificano il mitico confine del mondo antico e il suo ritorno alla posizione originale, presso il Canale di Sicilia, là dove Sicilia e Tunisia quasi si toccavano. Tale confine, in seguito al progresso delle conoscenze geografiche dovuto all’alessandrino Eratostene fu “spostato” a Gibilterra, in epoca ellenistica (200 a.C.). Con il trasferimento dei confini del mondo sull’Oceano Atlantico di oggi, anche la mitica Isola di Atlante - la cui potente e temuta civiltà, venne ferita a morte da un misterioso cataclisma, noto a tutte le antiche civiltà mediterranee - si trasformò in qualche cosa di vago, leggendario e introvabile: l'Atlantide delle mille fantasticherie!
Ma partendo dalle ipotesi iniziali di Frau - ormai trasformate in tesi anche da numerosi tra i più autorevoli accademici - tornano credibili le parole degli antichi: Omero, Platone, Ramses III solo per citare i principali. Questi “testimoni” ci narrano concordemente che nel Mediterraneo d'Occidente c’era un’isola strabiliante, dall’eterna primavera, ricca di metalli di ogni tipo, dove i vecchi vivevano felici fino a quando non si stancavano della vita, abitata da genti potenti e temute, navigatori e guerrieri formidabili tanto da essere capaci di sfidare l’Egitto del XII secolo a.C. Quell'isola favolosa oltre le Colonne d’Ercole - l'Isola di Atlante al Tramonto, simmetrica alla Roccia di Prometeo: il Caucaso dell'Alba - fu poi sconvolta da un terribile schiaffo marino di Poseidone che abbatté migliaia di torri e seppellì nel fango intere città, costringendo i superstiti a emigrare verso nuove terre per costituire nuove civiltà.
Quell'Isola Mito degli Antichi è ora identificabile nella Sardegna?
L’attuale mostra ci rivela quanto di favoloso e di misterioso - compresa la drammatica fine della sua civiltà più antica - sia effettivamente rintracciabile nella storia, nella cultura, nella natura e nelle lingue della Sardegna, che ben meritò l’appellativo di “Piccolo Continente”.
L’esposizione torinese è affiancata da tre altre sezioni, presentate qui per la prima volta, che intendono illustrare al pubblico la complessità ed il fascino delle grandi tradizioni della Sardegna.
Nella prima sezione e seconda sezione, entrambe curate direttamente da Kinthales, sono esposte alcune delle espressioni più significative della produzione artistica popolare sarda, capace di trasformare in arte oggetti quotidiani come il pane ed i vestiti. I pani, provenienti dallo stesso Museo del Pane Rituale di Borore offrono una panoramica dei diversi tipi realizzati per marcare il ciclo del tempo e delle tappe di passaggio della vita dell’uomo: la nascita (pani dell’infanzia), il matrimonio (pani dei fidanzati e degli sposi) e la morte (pani per la ricorrenza dei morti). Nell’altra sezione sono esposti i costumi sardi, con il loro trionfo di forme e colori. Questi costumi, provenienti dalle zone interne della Sardegna, non sono solo espressione di abilità tecnica e di utilizzo di preziosi materiali (stoffe, gioielli, tinte naturali) ma racchiudono un insieme di significati e interrogativi di complessa decodificazione attinenti alla simbologia e alla ricchezza antropologica di un popolo che affonda le sue radici nei millenni.
Infine, il Museo Regionale di Scienze Naturali cura una terza sezione, con una selezione di reperti storici e scientifici provenienti dall’isola, che mostrano le peculiarità naturalistiche di una terra in costante divenire. La Sardegna infatti, da un punto di vista geologico, iniziò a separarsi dalla penisola iberica con l’Oligocene - da 34 a 24 milioni di anni fa. Tale spostamento, tenendo a lungo separato il “Piccolo Continente” dal resto delle terre emerse europee, ha permesso la conservazione di alcune rare specie endemiche e subendemiche. Questa peculiarità, assieme con l’incredibile ricchezza culturale, archeologica ed etnologica propria della Sardegna, non sfuggì agli insigni naturalisti del XIX secolo, che incrementarono le collezioni di svariati musei europei e scrissero notevoli contributi sulla flora, sulla fauna e sulla geologia dell’isola. Tra i personaggi di spicco del mondo scientifico piemontese che ebbero maggiori legami con la Sardegna, si ricordano fra tutti Alberto Ferrero della Marmora, Giuseppe Giacinto Moris e Giuseppe Gené che arricchirono le collezioni dei musei universitari torinesi con numerosi reperti provenienti dai loro viaggi nell’isola. A questi antichi esemplari se ne aggiunsero molti altri frutto delle diverse acquisizioni operate dal Museo Regionale di Scienze Naturali nel corso degli anni. Nell’ambito di questa esposizione viene presentato parte di questo patrimonio, con campioni scelti tra quelli più rari e interessanti, quali l’aquila del Bonelli (Hieraeetus fasciatus), la pratolina delle scogliere (Bellium crossifolium), le anglesiti e le fosgeniti dell’Iglesiente.
01
dicembre 2006
Atlantikà: Sardegna, Isola Mito
Dal primo dicembre 2006 al 25 febbraio 2007
fotografia
arte etnica
arte etnica
Location
MUSEO REGIONALE DI SCIENZE NATURALI
Torino, Via Giovanni Giolitti, 36, (Torino)
Torino, Via Giovanni Giolitti, 36, (Torino)
Orario di apertura
10 – 19. Chiuso il martedì
Vernissage
1 Dicembre 2006, ore 19
Autore
Curatore