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Atti Democratici – Carlos Motta – La Buena Vida / The Good Life
Nell’installazione allestita nella Stazione Leopolda, 12 monitor sono montati su una struttura che in maniera astratta si rifà al Priene, il teatro e lo spazio pubblico dell’agorà ateniese, in cui i cittadini si incontravano per dibattere e partecipare ai momenti decisionali. Tutto intorno all’agorà sono posizionate centinaia di fotografie scattate in America Latina: dai graffiti politici, alle processioni religiose, ai monumenti pubblici, tracciando relazioni attive tra i processi politici, culturali e religiosi.
Comunicato stampa
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FABBRICA EUROPA 2009. XVI edizione
Europa < > Mediterraneo < > Americhe _ Firenze 5-23 maggio 2009 _Stazione Leopolda e altri spazi
Fabbrica Europa ’09 inaugura martedì 5 maggio
La XVI edizione di Fabbrica Europa si apre con una serata che spazia dall’arte visiva alle video-installazioni, dal teatro alla danza internazionale, dalla musica multietnica alla live performance.
Tre sono le installazioni che abitano gli spazi della Leopolda, sia al suo interno che all’esterno: nell’ambito del progetto Atti Democratici - una ricerca aperta sul tema arte e democrazia sviluppata da un network di artisti, curatori e ricercatori - nelle navate della Stazione gli artisti colombiani CARLOS MOTTA e JUAN ESTEBAN SANDOVAL presentano rispettivamente La Buena Vida / The Good Life (un’investigazione sulle relazioni attive tra i processi politici, culturali e religiosi che interessano USA e America Latina) e Isola (un’indagine sulle differenze tra la cultura amazzonica e quella occidentale). KINKALERI nel piazzale esterno propone in prima assoluta l’opera video completa (2003-2009) del progetto West - che ha toccato 12 città del mondo in 5 anni - con una live performance di apertura che vede coinvolto il pubblico.
A Cango è in scena Mutando Riposa – per soli 20 spettatori a replica - di Roberto Bacci con la sua COMPAGNIA LABORATORIO DI PONTEDERA, mentre evento di punta della serata è la prima nazionale alla Leopolda de La maison du sourd della coreografa francese CATHERINE DIVERRÈS, un lavoro tra danza, musica dal vivo e video. A seguire il gruppo FUENTES con un sapiente mix di sonorità africane e jazz.
MARTEDÌ 5 MAGGIO
5/5 ore 18.30 – 20.00 e dalle ore 23.00 in poi (fino al 23/5), Stazione Leopolda – ingresso libero – INSTALLAZIONE
Atti Democratici, CARLOS MOTTA: La Buena Vida / The Good Life; JUAN ESTEBAN SANDOVAL: Isola
5/5 dalle ore 20 (fino al 23/5 dalle h 21), Stazione Leopolda (Piazzale Esterno) – ingresso libero – VIDEOINSTALLAZIONE
Opening con live performance: KINKALERI: West _ Video 2003-2009 – prima assoluta
5/5 ore 19 (fino al 10/5 h 21.30), CANGO Cantieri Goldonetta – ingresso 10 euro (prenotazione obbligatoria) – TEATRO
COMPAGNIA LABORATORIO DI PONTEDERA: Mutando Riposa
5/5 ore 21 (6/5 h 20), Stazione Leopolda – ingresso 20/15 euro – DANZA
COMPAGNIE CATHERINE DIVERRÈS: La maison du sourd – prima nazionale
5/5 ore 23, Stazione Leopolda – ingresso libero – MUSICA
FUENTES: Irikelè
5 > 23 maggio ore 18.30–20.00 e dalle ore 23.00 in poi, Stazione Leopolda - INSTALLAZIONE
Atti Democratici _ CARLOS MOTTA: La Buena Vida / The Good Life
La Buena Vida / The Good Life è un articolato progetto basato sulla registrazione video e fotografica di 360 interviste fatte in 12 città dell’America Latina: Bogotà, Colombia; Buenos Aires, Argentina; Caracas, Venezuela; Guatemala City, Guatemala; La Paz, Bolivia; Managua, Nicaragua; Mexico City, Mexico; Panama City, Panama; Santiago, Chile; San Salvador, El Salvador; São Paulo, Brazil e Tegucigalpa, Honduras, tra il 2005 e il 2008.
Tra i temi affrontati: la percezione individuale della politica estera degli Stati Uniti, democrazia, leadership e iniquità sociale. Il risultato è un ampio spettro di risposte e opinioni, che variano in relazione alle situazioni locali e alle specifiche forme di governo nei diversi paesi latinoamericani. Le interviste sono montate cercando di rendere il loro processo di realizzazione trasparente per consentire agli spettatori una riflessione sul metodo di produzione di questi “documenti” video.
Benché The Good Life utilizzi tecniche comuni al giornalismo e al documentario, esso tuttavia non pretende di mostrare la “realtà come è”, ma piuttosto di esporre un’interpretazione soggettiva e personale di “come la realtà dovrebbe essere”. Questi documenti non sono neutrali, e la mediazione e l'ideologia dell'artista, così come quella degli intervistati, sono esplicite. The Good Life è stato concepito con l’obiettivo di porre domande sugli anni di sfruttamento e dipendenza che hanno determinato il destino della maggioranza dei civili in tutto il Sud America. Questo lavoro è nato dal desiderio di generare un dialogo pubblico intergenerazionale sulle azioni degli Stati Uniti in America Latina e sul modo in cui esse sono percepite a seconda del diverso grado e del diverso livello di intervento nella regione. Motta intende investigare la percezione di concetti politici come democrazia e leadership, e in particolare la loro attuazione, considerando il ruolo critico che questi giocano nel nostro sviluppo sociale. Come sono stati costruiti questi concetti in Paesi così diversi come Honduras o Cile dove il coinvolgimento degli Stati Uniti è stato completamente differente? Si può parlare di nazioni democratiche in America Latina, una regione geografica caratterizzata dall’ineguaglianza sociale? Qual è il ruolo dei civili e/o dei movimenti sociali all’interno dei diversi sistemi politici della regione? Queste, tra molte altre questioni, sono parte di uno sforzo per sottolineare il bisogno di una sistematizzazione dell’indagine (politica, sociale e storica) e il rifiuto dell’abuso, della manipolazione e della violenza. Il sistema proposto non tenta di imporre un’altra prospettiva egemonica del mondo, ma piuttosto di amplificare voci e opinioni non ascoltate sul complesso sistema di relazioni che hanno mantenuto i Paesi dell'America Latina poveri e sottorappresentati.
Nell’installazione allestita nella Stazione Leopolda, 12 monitor sono montati su una struttura che in maniera astratta si rifà al Priene, il teatro e lo spazio pubblico dell’agorà ateniese, in cui i cittadini si incontravano per dibattere e partecipare ai momenti decisionali. Tutto intorno all’agorà sono posizionate centinaia di fotografie scattate in America Latina: dai graffiti politici, alle processioni religiose, ai monumenti pubblici, tracciando relazioni attive tra i processi politici, culturali e religiosi.
Carlos Motta (Bogotà, Colombia, 1978) è un artista che lavora soprattutto tramite la fotografia e le video installazioni, usando strategie di indagine documentaria e sociologica per analizzare eventi politici, nello sforzo di osservare i loro effetti e suggerire modi alternativi di scriverli e leggerli. Molte le mostre personali: Institute of Contemporary Art (ICA), Philadelphia, PA, USA; Lower Manhattan Cultural Council, New York, NY, USA; rum46, Aarhus, Denmark; Real Art Ways, Hartford, CT, USA; Kevin Bruk Gallery, Miami, FL, USA; Winkleman Gallery, New York, NY, USA; e Alliance Française, Bogotá, Colombia. Tra le mostre collettive: CCS Bard Hessel Museum of Art, New York, USA; Palazzo Papesse, Siena, Italia; Foam_Fotografie Museum, Amsterdam, Olanda; TEOR/éTica, San José, Costa Rica; Sara Meltzer Gallery, NY, USA; VideoBrasil, San Paolo, Brasile; Prometeo Associazione per l’Arte Contemporanea, Lucca, Italia; Artists Space, NY, USA; Museum of Modern Art, Bogota, Colombia; SF Camerawork, San Francisco, USA; e Fries Museum, Groningen, Olanda. I suoi video sono stati proiettati: International Short Film Festival Oberhausen, Oberhausen, Germania (2007); Festival des Cinémas Différents de Paris, Centre Culturel La Clef, Parigi, Francia (2006); 4ème Festival International du Cinéma Iranien en Exil, (Screening), Parigi, Francia (2006); e VideoBrasil, San Paolo, Brasile (2005).
5 > 23 maggio ore 18.30–20.00 e dalle ore 23.00 in poi, Stazione Leopolda - INSTALLAZIONE
Atti Democratici _ JUAN ESTEBAN SANDOVAL: Isola
L’installazione Isola di Juan Esteban Sandoval prende in esame la radicale differenza tra la cultura indigena e quella occidentale, analizzando da un lato alcune modalità di interazione sviluppate dalle comunità amazzoniche e, dall'altro, i meccanismi interni alle culture indigene che riescono a rafforzarne l'identità. Uno di questi sistemi, largamente utilizzato da diverse comunità indigene non solo amazzoniche, è la minga, che si riferisce a una tipologia di lavoro collettivo che ha lo scopo di ottenere un beneficio per la comunità. Nello specifico la minga (chiamata anche minka o mingaco) è un antico sistema di collaborazione, usato in America Latina fin dall'epoca precolombiana che può essere attivato per soddisfare le necessità di un’intera comunità, come la costruzione di edifici pubblici e strade o la raccolta di patate e di altri prodotti agricoli. Quello che si richiede ai partecipanti alla minga è la manodopera, che viene sempre ricompensata ma mai retribuita in denaro. Attraverso usanze di questo tipo la comunità riesce a preservare la propria identità riuscendo così a superare i confini territoriali e politici che le sono stati imposti.
L’installazione è composta da una piattaforma di legno alla quale sono fissati dei pannelli, su quattro di questi vengono proiettati alcuni video, sugli altri, invece, sono riportate immagini sulle comunità amazzoniche visitate dall’artista ma anche testi e documenti relativi al tema della ricerca. Al centro dello spazio una postazione accoglie gli spettatori, consentendo una visione d’insieme dell’opera. Sull’esterno delle pareti sono presenti immagini, disegni e testi in lingua indigena Uitoto (tradotti anche in italiano) che fanno riferimento a concetti, mitologie e al rapporto con “l’altro”. Le proiezioni comprendono: un video sulla minga in una comunità delle Ande; un video sugli indigeni Uitoto e il loro rapporto con il sistema politico colombiano; un’intervista a Romualdo Roman Sanchez Enokado attivista politico fondatore dell’organizzazione indigena CRIMA (Consejo Regional Indigena del Medio Amazonas) e membro del movimento politico ASI (Alianza Social Indigena) organizzazione che si occupa degli abusi commessi contro i popoli indigeni da parte del governo colombiano.
Juan Esteban Sandoval: indaga il rapporto tra storia, identità e comunicazione. Gli oggetti, gli interventi nello spazio pubblico e i video, sintetizzano diversi aspetti dell’ibridazione come chiave di lettura delle nostre culture. Ha collaborato con associazioni di mediazione culturale sulle tematiche della migrazione e ha lavorato con le comunità indigene di Amazzonia e Ande. Nel 2003 fonda il collettivo El puente, attivo in Europa e Colombia, per creare uno scambio tra luoghi geograficamente distanti. Dal 2003 a oggi ha realizzato vari progetti tra cui Espacios de Memoria-Moravia (in collaborazione con il Centro de Desarrollo Cultural de Moravia, Cittadellarte e Festival della Creatività di Firenze). Nel 2006 entra a far parte del progetto AequatorLab, in collaborazione con Maria Rosa Jijon, un progetto in progress focalizzato sull’idea dell’equatore come linea, confine, luogo immaginario, divisione tra nord e sud del mondo. Le ultime opere analizzano il rapporto delle culture indigene latinoamericane, in particolare amazzoniche, con i modelli di sviluppo occidentali. Ha curato, con Filippo Fabbrica, le 3 edizioni di Methods-research project on art-society relations, la mostra Geografies of Change a Cittadellarte e workshop di progettazione interdisciplinare e partecipata a Gorizia e Venezia. Dal ‘94 espone a livello internazionale, dal 2002 è responsabile dell’Ufficio Arte di Cittadellarte/Fondazione Pistoletto. Tra le ultime mostre: Archivo Sur, Art Between Identity and the Mask, FUTURA centre for contemporary Art Praga (2008); AequatorLab Espacio Arte Actual, FLACSO, Quito, Ecuador (2008); En Blanco, Casa Tres Patios, Medellin, Colombia (2008); Aequator project, MLAC, Museo Laboratorio de arte contemporáneo, Università La Sapienza, Roma, (2008); SIART, Bienal internacional de arte, La Paz, Bolivia (2007); Scrivere la trasformazione. Desiderio/migrazione? Circolo dei Lettori, Torino (2007); Love Difference Mediterannean Sea Michelangelo Pistoletto, curata da Lorand Hegyi, Saint-Étiene Métropole, Musée d'Art Moderne, Saint-Étiene, Francia (2006); L’isola interiore, l’arte della sopravivenza, Exposición internacional de arte, Biennale di Venezia (2005); Praghe Biennale 2, Biennale di Praga (2005); Negociating us here and now, Artist House y Leeds city art gallery, Leeds, UK (2005); SHAKE – Staatsaffare, O.K. Centrum, Linz, Austria (2004); SHAKE, Villa Arson, Nizza (2004).
dal 5 al 23 maggio dalle ore 21, Stazione Leopolda - VIDEOINSTALLAZIONE - prima assoluta
KINKALERI: WEST _ VIDEO 2003-2009
(Paris)(Roma)(Amsterdam)(Wien)(Athina)(Berlin)(Bruxelles)(London)(Beijing)(Praha)(Tokyo)(NewYork)
Progetto, realizzazione: Kinkaleri - Coproduzione: Osservatorio per le Arti Contemporanee / Ente Cassa di Risparmio di Firenze
In collaborazione con: Centro per l’arte contemporanea L. Pecci, Prato / Xing, Bologna / Fabbrica Europa
Coproduttori delle tappe del progetto:
WEST(NewYork): OAC Osservatorio per le Arti Contemporanee Ente CRF, Istituto Italiano di Cultura NewYork, Xing
WEST(Tokyo): Ente Teatrale Italiano, Associazione Danza Urbana, 4th skin arts project, Istituto Italiano Cultura-Tokyo, Xing
WEST(Praha): Ente Teatrale Italiano, 4+4 Days in Motion 07 festival, Xing
WEST(Beijing): Istituto Italiano di Cultura-Pechino, Provincia di Prato-Assessorato alla Cultura, Xing
WEST(London): RED ReggioEmiliaDanza, Xing
WEST(Bruxelles): Kaaitheater Bruxelles, Xing
WEST(Berlin): Hebbel-am-Ufer Berlin, Xing
WEST(Athina): VideoDance -Thessaloniki International Film Festival, TTV Riccione, Xing
WEST(Wien): TanzQuartierWien, Xing
WEST(Amsterdam): Centro per l'arte contemporanea L. Pecci, Xing
WEST(Roma): Festival Enzimi, Xing
WEST(Paris): Batofar cherche l’Italie, Xing
Ringraziamenti a coloro che nelle varie città ci hanno aiutato nella complessa organizzazione delle riprese; a coloro che hanno scelto di partecipare offrendosi alle cadute e senza i quali WEST non sarebbe potuto esistere. Un ringraziamento speciale a Neri Torrigiani per il supporto continuo al progetto.
Kinkaleri presenta in prima assoluta l’opera video WEST completa, composta dalle clip girate in 12 città e realizzate nell’arco di 5 anni, editate singolarmente e proiettate in esterno alla Stazione Leopolda: Parigi, Roma, Amsterdam, Vienna, Atene, Bruxelles, Berlino, Praga, Londra, Pechino, Tokyo e New York.
WEST è un lavoro sviluppato dal 2003 al 2009 per accumulo di tappe geografiche; in questo periodo abbiamo attraversato, con telecamera e cavalletto in spalla, quelle città che in questo momento storico rappresentano per noi un’idea di occidente culturale. In queste città, nelle vie, nelle piazze, nelle stradine del centro o in quelle più anonime delle periferie, abbiamo proposto a occasionali passanti, fermati nel loro scorrere quotidiano, una performance semplice e allo stesso tempo molto intima: provare a cadere per terra come morti dopo aver guardato fissi la telecamera posta davanti a loro, ottenendo con il corpo accasciato, di sprofondare nella visione, nei piccoli avvenimenti di un quotidiano scorrere del tempo all’interno del quadro visivo. Una perfomance ripetuta nella sua dinamica in varie location, scelte sia per il loro valore iconografico riconosciuto, come monumenti o spazi fortemente caratterizzati per il loro valore simbolico e identificativo della città, oppure in luoghi anonimi e difficilmente riconoscibili come alcune strade e periferie o, ancora, catene di negozi presenti ovunque che rendono i paesaggi urbani, pur nelle loro sfumature, omologabili, ripetitivi, rassicuranti. Una molteplicità di piani percettivi diversi si sono aperti davanti a un gesto semplice come quello proposto. Piani che si possono individuare sia dalla performance in quanto tale, per quel che riguarda l’individuo che compie un gesto simile nella probabile rappresentazione di sé a terra e senza vita; sia dalla visione di un corpo lasciato caduto, inquadrato in un contesto urbano con le sue aperture a un’osservazione documentaristica della città contemporanea occidentale.
Per l’inaugurazione, il 5 maggio a partire dalle ore 20, una sezione live organizzerà e riprenderà ulteriori “morti” poi diffuse in video; il pubblico presente sarà coinvolto e avrà la possibilità di esporsi davanti a una videocamera per concedersi alla caduta.
Sarà realizzata una pubblicazione: il catalogo si propone come documentazione e analisi del progetto, composta da due testi curati da Silvia Lucchesi e Andrea Lissoni, e da una parte iconografica, composta da still di video, curata da Kinkaleri.
5 maggio ore 19 - dal 6 al 10 maggio ore 21.30, CANGO Cantieri Goldonetta - TEATRO
COMPAGNIA LABORATORIO DI PONTEDERA: Mutando Riposa
Regia: Roberto Bacci - Con: Savino Paparella e Tazio Torrini - Drammaturgia: Stefano Geraci - Musiche originali: Ares Tavolazzi
Produzione: Fondazione Pontedera Teatro 2009
In un continuo mutare, riposiamo in irrequieta attesa
Mutando riposa, che prende il titolo da un frammento di Eraclito, è uno di quegli spettacoli che nascono quasi “loro malgrado”, che possono lievitare nella direzione di una loro organicità, di un loro senso, oppure restare dei frammenti staccati senza riuscire a diventare un’opera compiuta. Lo stimolo iniziale è nato da una indagine sull’origine della coscienza nell’essere umano. Libri, viaggi e incontri con esperti ci hanno offerto suggestioni vivificanti per produrre materiali scenici. Cominciato il lavoro in sala, lentamente le domande iniziali hanno preso la forma di azioni teatrali. Così si è andato configurando un contesto narrativo che, mentre prendeva forma attraverso la relazione tra i due protagonisti, offriva l’idea dello spazio e della possibile relazione con gli spettatori. Ci siamo resi conto che non stava nascendo un’opera come le altre. Tutto il lavoro aveva bisogno di essere prodotto e presentato attraverso una relazione intima e raccolta con chi vi avrebbe assistito. Da qui la necessità di avere solo venti persone intorno a noi, distribuite sui quattro lati di uno spazio quadrato, chiuso in alto da un cielo stellato. Uno spazio che ci facesse sentire in un giardino.
Ora avevamo un contesto in cui le azioni potevano “reagire” raccontando una possibile storia. Mentre la struttura delle azioni fisiche si andava completando, abbiamo chiesto agli attori di improvvisare un dialogo a partire dalla loro relazione fisica. Successivamente lo abbiamo intrecciato e modificato attraverso testi in grado di arricchire la trama delle azioni di altri possibili temi e significati, senza tuttavia lasciare che le parole deviassero dall’oggettività della relazione fisica dei personaggi. La costruzione definitiva dello spazio, dei costumi e degli oggetti, la scelta delle musiche e delle luci da utilizzare sono emerse dal “dialogo” con un corpo già solido e coerente.
Se rivedo, oggi, tutto questo lavoro mi rendo conto che il tema da cui eravamo partiti è scivolato via via sullo sfondo, senza tuttavia scomparire, mentre altri affioravano alla superficie, attratti dal farsi del lavoro stesso. Due uomini (due fratelli?) si trovano in un giardino distrutto da una tempesta. L’uno, vissuto sempre nella grande casa adiacente vi entra per la prima volta; l’altro, che ne ha accudito e sorvegliato la natura e la storia come un giardiniere, guida l’altro a visitarlo. Gli alberi, come antenati rinsecchiti dal tempo, sono i testimoni di questa visita che ha i colori ed i sapori di una fiaba rusticana. La domanda che ci accompagna come protagonisti e come spettatori nel viaggio in questo giardino delle origini, è quella che ci facciamo attraversando quello, non sempre fiorito, della nostra vita. L’incontro con la morte ci fa supporre l’esistenza di un altro luogo in cui poter continuare. Ma dove? E, perché? Mutando, attimo dopo attimo, nel corso di questa esistenza, riposiamo in una irrequieta attesa di un “oltre” a noi sconosciuto. (Roberto Bacci)
5 maggio ore 21 - 6 maggio ore 20, Stazione Leopolda – DANZA - prima nazionale
CCNRB / COMPAGNIE CATHERINE DIVERRÈS : La maison du sourd
Nell’ambito di La Francia si muove
Coreografia: Catherine Diverrès
Collaborazione artistica / scenografia: Laurent Peduzzi
Danzatori: Fabrice Dasse, Julien Fouché, Emilio Urbina, Thierry Micouin, Mónica García, Pilar Andrés Contreras
Musicisti: Seijiro Murayama, percussioni; Jean-Luc Guionnet, computer; Mattin, computer e voce
Artisti invitati: Mónica Valenciano, coreografa; Chus Domínguez, video maker
Luci: Marie-Christine Soma; Eric Corlay, assistente -
Costumi: Cidalia da Costa; Claude Gorophal, assistente - Film del fuoco: Thierry Micouin
Produzione: Centre Chorégraphique National de Rennes et de Bretagne
Coproduzione: Le Théâtre National de Bretagne – Rennes; Ville de Lorient – Grand Théâtre; Laboral Escena – Asturias; L’Association d’Octobre – Compagnie Catherine Diverrès
Con il sostegno di: INAEM – Ministère de la Culture d’Espagne; DeMon – Ambassade de France à Madrid; Cultures France – Ministère des Affaires Etrangères et la Ville de Rennes
Si ringrazia: Istituto Francese di Madrid e Istituto Francese di Firenze
Durata: 1h20’
“Ogni creazione è accumulazione e sottrazione. Il filo ossessionale che mi occupa costantemente è quello della trasmissione, della memoria in tutte le sue apparenze, ma senza nostalgia, senza narrazione, senza immagini e senza citazioni. […]. Contro l’appiattimento delle estetiche far sorgere il singolare, il particolare in un dialogo comune che non cancella le identità: il progetto infatti si articola partendo da interpreti francesi e spagnoli, e da tre musicisti di cui uno francese, uno giapponese e uno spagnolo. […] In questo senso desidero aprire agli artisti invitati uno spazio di scambio, quello del palcoscenico. A ciascuno di loro il prendersi in carico, il rispondere con il proprio gesto particolare, con la propria scrittura a uno spazio-tempo aperto e al contempo definito (come un piano sequenza cinematografico). Lasciare nella mia stessa scrittura come un varco, un’apertura ad altre scritture partendo da domande precise”.
Catherine Diverrès
Il titolo della nuova creazione della coreografa francese Catherine Diverrès fa riferimento alla Quinta del Sordo, la casa nei dintorni di Madrid dove Goya dipinse la celebre serie delle “pitture nere”, una sequenza di scene allucinanti che sembrano dipinte sotto l’effetto della follia. Catherine Diverrès ne riprende alcune allusioni che fanno scivolare il reale tra le pieghe del fantasmagorico, interrogandosi sui confini fisici, geografici, mentali e sui limiti tra passato e presente, tra sogno e realtà. Nel testo coreografico la Spagna non è concepita come uno spazio di finzione, ma diventa “un pretesto, un pre-testo, un’architettura dei sensi, un motore immaginario del presente”. Da qui prende spunto il movimento dei danzatori, basato sull’improvvisazione ma circoscritto dai temi che pongono domande sull’identità e sulla comunità. Un ulteriore piano filosofico è creato dai testi di Rodrigo Garzía e Maria Zambrano che costituiscono il materiale drammaturgico, sotterraneo, della pièce. Il dialogo che si instaura tra diversi linguaggi artistici (danza, musica dal vivo, parola e video) ci porta sulla soglia instabile in cui ogni immagine si misura con il proprio essere, che sia evanescente, su un tulle, registrata o in diretta. Non un succedaneo del mondo, ma la sua realtà in tutte le sue dimensioni. “La poesia è un acceleratore della coscienza” scrive Roberto Juarroz, poeta argentino caro a Diverrès che ne La maison du sourd dispiega una danza tutta in tensione, sfiorata ora da un soffio, ora da una forza incomparabile e segnata da turbamenti e fratture da cui scaturiscono momenti di toccante fluidità e grazia. Dalla Maison du sourd Diverrès sembra spiare l’alba…
Catherine Diverrès si forma al Mudra di Béjart. Si impone a metà anni ’80 grazie ai suoi duetti con Bernardo Montet, conosciuto nel '79 nella compagnia di Dominique Bagouet. Nel 1982 in Giappone segue l’insegnamento di Kazuo Ohno. Tornata in Europa, fonda la compagnia Studio DM. Nel ‘94 diventa direttrice, con Montet, del Centre Chorégraphique National de Rennes et de Bretagne, di cui è direttrice unica dal '98. La sua scrittura coreografica è aspra e lontana da ogni seduzione, ma anche metafisica, politica e ricca di suggestioni tratte da letteratura e filosofia. Tra i suoi lavori principali: San (2001), Échos (2003), Alla prima (2005), Blowin’ (2007).
5 maggio ore 23, Stazione Leopolda - MUSICA
FUENTES: Irikelè
Ettore Bonafè: percussioni, vibrafono - Paolo Casu: percussioni - Brahima Dembelè: percussioni, balafon, kora, voce
Adamà Dembelè: percussioni, balafon, voce - Stefano “Cocco” Cantini: sassofoni - Mino Cavallo: chitarre, voce
Francesca Taranto: basso elettrico, voce - Anna Granata: voce - Giulia Millanta: voce - Bibeta Zabre: danza, voce
Il gruppo Fuentes, attivo da oltre dieci anni, continua a proporre una musica in cui oltre alle percussioni, protagoniste assolute, si fondono i suoni di altri strumenti e al nucleo “storico” del gruppo - Ettore Bonafé, Paolo Casu e Brahima Dembelè - si uniscono ospiti di fama internazionale provenienti da diverse esperienze musicali.
In questo nuovo spettacolo la voce si fa molto presente (attraverso le canzoni di Brahima Dembelè), accompagnata dalle chitarre di Mino Cavallo, dal basso e la voce di Francesca Taranto, dal sax soprano del grande jazzista Stefano “Cocco” Cantini e da Anna Granata in veste di corista. La sezione ritmica vede la presenza di un giovane percussionista già famoso in Africa e in Europa, Adamà Dembelè, fratello minore di Brahima. Oltre alle composizioni originali, il gruppo presenta alcuni brani tradizionali della Costa d’Avorio e Burkina Faso con la partecipazione della danzatrice Bibeta Zabre. L’ultimo album Irikelè, come il loro primo disco Garam Masala, è realizzato per l’etichetta Materiali Sonori.
Prevendite: Call Center vivaticket 899.666.805 o www.vivaticket.it – Circuito Box Office Toscana www.boxol.it - Box Office Firenze, Via Alamanni 39, tel. 055.210804 - Biglietteria Stazione Leopolda dal 5 maggio ore 19-22.
Abbonamento a 3 spettacoli 30 euro. Carnet 3 spettacoli la stessa sera (escluso concerti) 25 euro; Carnet 2 spettacoli la stessa sera (escluso concerti) 20 euro. Si raccomanda la prenotazione.
Europa < > Mediterraneo < > Americhe _ Firenze 5-23 maggio 2009 _Stazione Leopolda e altri spazi
Fabbrica Europa ’09 inaugura martedì 5 maggio
La XVI edizione di Fabbrica Europa si apre con una serata che spazia dall’arte visiva alle video-installazioni, dal teatro alla danza internazionale, dalla musica multietnica alla live performance.
Tre sono le installazioni che abitano gli spazi della Leopolda, sia al suo interno che all’esterno: nell’ambito del progetto Atti Democratici - una ricerca aperta sul tema arte e democrazia sviluppata da un network di artisti, curatori e ricercatori - nelle navate della Stazione gli artisti colombiani CARLOS MOTTA e JUAN ESTEBAN SANDOVAL presentano rispettivamente La Buena Vida / The Good Life (un’investigazione sulle relazioni attive tra i processi politici, culturali e religiosi che interessano USA e America Latina) e Isola (un’indagine sulle differenze tra la cultura amazzonica e quella occidentale). KINKALERI nel piazzale esterno propone in prima assoluta l’opera video completa (2003-2009) del progetto West - che ha toccato 12 città del mondo in 5 anni - con una live performance di apertura che vede coinvolto il pubblico.
A Cango è in scena Mutando Riposa – per soli 20 spettatori a replica - di Roberto Bacci con la sua COMPAGNIA LABORATORIO DI PONTEDERA, mentre evento di punta della serata è la prima nazionale alla Leopolda de La maison du sourd della coreografa francese CATHERINE DIVERRÈS, un lavoro tra danza, musica dal vivo e video. A seguire il gruppo FUENTES con un sapiente mix di sonorità africane e jazz.
MARTEDÌ 5 MAGGIO
5/5 ore 18.30 – 20.00 e dalle ore 23.00 in poi (fino al 23/5), Stazione Leopolda – ingresso libero – INSTALLAZIONE
Atti Democratici, CARLOS MOTTA: La Buena Vida / The Good Life; JUAN ESTEBAN SANDOVAL: Isola
5/5 dalle ore 20 (fino al 23/5 dalle h 21), Stazione Leopolda (Piazzale Esterno) – ingresso libero – VIDEOINSTALLAZIONE
Opening con live performance: KINKALERI: West _ Video 2003-2009 – prima assoluta
5/5 ore 19 (fino al 10/5 h 21.30), CANGO Cantieri Goldonetta – ingresso 10 euro (prenotazione obbligatoria) – TEATRO
COMPAGNIA LABORATORIO DI PONTEDERA: Mutando Riposa
5/5 ore 21 (6/5 h 20), Stazione Leopolda – ingresso 20/15 euro – DANZA
COMPAGNIE CATHERINE DIVERRÈS: La maison du sourd – prima nazionale
5/5 ore 23, Stazione Leopolda – ingresso libero – MUSICA
FUENTES: Irikelè
5 > 23 maggio ore 18.30–20.00 e dalle ore 23.00 in poi, Stazione Leopolda - INSTALLAZIONE
Atti Democratici _ CARLOS MOTTA: La Buena Vida / The Good Life
La Buena Vida / The Good Life è un articolato progetto basato sulla registrazione video e fotografica di 360 interviste fatte in 12 città dell’America Latina: Bogotà, Colombia; Buenos Aires, Argentina; Caracas, Venezuela; Guatemala City, Guatemala; La Paz, Bolivia; Managua, Nicaragua; Mexico City, Mexico; Panama City, Panama; Santiago, Chile; San Salvador, El Salvador; São Paulo, Brazil e Tegucigalpa, Honduras, tra il 2005 e il 2008.
Tra i temi affrontati: la percezione individuale della politica estera degli Stati Uniti, democrazia, leadership e iniquità sociale. Il risultato è un ampio spettro di risposte e opinioni, che variano in relazione alle situazioni locali e alle specifiche forme di governo nei diversi paesi latinoamericani. Le interviste sono montate cercando di rendere il loro processo di realizzazione trasparente per consentire agli spettatori una riflessione sul metodo di produzione di questi “documenti” video.
Benché The Good Life utilizzi tecniche comuni al giornalismo e al documentario, esso tuttavia non pretende di mostrare la “realtà come è”, ma piuttosto di esporre un’interpretazione soggettiva e personale di “come la realtà dovrebbe essere”. Questi documenti non sono neutrali, e la mediazione e l'ideologia dell'artista, così come quella degli intervistati, sono esplicite. The Good Life è stato concepito con l’obiettivo di porre domande sugli anni di sfruttamento e dipendenza che hanno determinato il destino della maggioranza dei civili in tutto il Sud America. Questo lavoro è nato dal desiderio di generare un dialogo pubblico intergenerazionale sulle azioni degli Stati Uniti in America Latina e sul modo in cui esse sono percepite a seconda del diverso grado e del diverso livello di intervento nella regione. Motta intende investigare la percezione di concetti politici come democrazia e leadership, e in particolare la loro attuazione, considerando il ruolo critico che questi giocano nel nostro sviluppo sociale. Come sono stati costruiti questi concetti in Paesi così diversi come Honduras o Cile dove il coinvolgimento degli Stati Uniti è stato completamente differente? Si può parlare di nazioni democratiche in America Latina, una regione geografica caratterizzata dall’ineguaglianza sociale? Qual è il ruolo dei civili e/o dei movimenti sociali all’interno dei diversi sistemi politici della regione? Queste, tra molte altre questioni, sono parte di uno sforzo per sottolineare il bisogno di una sistematizzazione dell’indagine (politica, sociale e storica) e il rifiuto dell’abuso, della manipolazione e della violenza. Il sistema proposto non tenta di imporre un’altra prospettiva egemonica del mondo, ma piuttosto di amplificare voci e opinioni non ascoltate sul complesso sistema di relazioni che hanno mantenuto i Paesi dell'America Latina poveri e sottorappresentati.
Nell’installazione allestita nella Stazione Leopolda, 12 monitor sono montati su una struttura che in maniera astratta si rifà al Priene, il teatro e lo spazio pubblico dell’agorà ateniese, in cui i cittadini si incontravano per dibattere e partecipare ai momenti decisionali. Tutto intorno all’agorà sono posizionate centinaia di fotografie scattate in America Latina: dai graffiti politici, alle processioni religiose, ai monumenti pubblici, tracciando relazioni attive tra i processi politici, culturali e religiosi.
Carlos Motta (Bogotà, Colombia, 1978) è un artista che lavora soprattutto tramite la fotografia e le video installazioni, usando strategie di indagine documentaria e sociologica per analizzare eventi politici, nello sforzo di osservare i loro effetti e suggerire modi alternativi di scriverli e leggerli. Molte le mostre personali: Institute of Contemporary Art (ICA), Philadelphia, PA, USA; Lower Manhattan Cultural Council, New York, NY, USA; rum46, Aarhus, Denmark; Real Art Ways, Hartford, CT, USA; Kevin Bruk Gallery, Miami, FL, USA; Winkleman Gallery, New York, NY, USA; e Alliance Française, Bogotá, Colombia. Tra le mostre collettive: CCS Bard Hessel Museum of Art, New York, USA; Palazzo Papesse, Siena, Italia; Foam_Fotografie Museum, Amsterdam, Olanda; TEOR/éTica, San José, Costa Rica; Sara Meltzer Gallery, NY, USA; VideoBrasil, San Paolo, Brasile; Prometeo Associazione per l’Arte Contemporanea, Lucca, Italia; Artists Space, NY, USA; Museum of Modern Art, Bogota, Colombia; SF Camerawork, San Francisco, USA; e Fries Museum, Groningen, Olanda. I suoi video sono stati proiettati: International Short Film Festival Oberhausen, Oberhausen, Germania (2007); Festival des Cinémas Différents de Paris, Centre Culturel La Clef, Parigi, Francia (2006); 4ème Festival International du Cinéma Iranien en Exil, (Screening), Parigi, Francia (2006); e VideoBrasil, San Paolo, Brasile (2005).
5 > 23 maggio ore 18.30–20.00 e dalle ore 23.00 in poi, Stazione Leopolda - INSTALLAZIONE
Atti Democratici _ JUAN ESTEBAN SANDOVAL: Isola
L’installazione Isola di Juan Esteban Sandoval prende in esame la radicale differenza tra la cultura indigena e quella occidentale, analizzando da un lato alcune modalità di interazione sviluppate dalle comunità amazzoniche e, dall'altro, i meccanismi interni alle culture indigene che riescono a rafforzarne l'identità. Uno di questi sistemi, largamente utilizzato da diverse comunità indigene non solo amazzoniche, è la minga, che si riferisce a una tipologia di lavoro collettivo che ha lo scopo di ottenere un beneficio per la comunità. Nello specifico la minga (chiamata anche minka o mingaco) è un antico sistema di collaborazione, usato in America Latina fin dall'epoca precolombiana che può essere attivato per soddisfare le necessità di un’intera comunità, come la costruzione di edifici pubblici e strade o la raccolta di patate e di altri prodotti agricoli. Quello che si richiede ai partecipanti alla minga è la manodopera, che viene sempre ricompensata ma mai retribuita in denaro. Attraverso usanze di questo tipo la comunità riesce a preservare la propria identità riuscendo così a superare i confini territoriali e politici che le sono stati imposti.
L’installazione è composta da una piattaforma di legno alla quale sono fissati dei pannelli, su quattro di questi vengono proiettati alcuni video, sugli altri, invece, sono riportate immagini sulle comunità amazzoniche visitate dall’artista ma anche testi e documenti relativi al tema della ricerca. Al centro dello spazio una postazione accoglie gli spettatori, consentendo una visione d’insieme dell’opera. Sull’esterno delle pareti sono presenti immagini, disegni e testi in lingua indigena Uitoto (tradotti anche in italiano) che fanno riferimento a concetti, mitologie e al rapporto con “l’altro”. Le proiezioni comprendono: un video sulla minga in una comunità delle Ande; un video sugli indigeni Uitoto e il loro rapporto con il sistema politico colombiano; un’intervista a Romualdo Roman Sanchez Enokado attivista politico fondatore dell’organizzazione indigena CRIMA (Consejo Regional Indigena del Medio Amazonas) e membro del movimento politico ASI (Alianza Social Indigena) organizzazione che si occupa degli abusi commessi contro i popoli indigeni da parte del governo colombiano.
Juan Esteban Sandoval: indaga il rapporto tra storia, identità e comunicazione. Gli oggetti, gli interventi nello spazio pubblico e i video, sintetizzano diversi aspetti dell’ibridazione come chiave di lettura delle nostre culture. Ha collaborato con associazioni di mediazione culturale sulle tematiche della migrazione e ha lavorato con le comunità indigene di Amazzonia e Ande. Nel 2003 fonda il collettivo El puente, attivo in Europa e Colombia, per creare uno scambio tra luoghi geograficamente distanti. Dal 2003 a oggi ha realizzato vari progetti tra cui Espacios de Memoria-Moravia (in collaborazione con il Centro de Desarrollo Cultural de Moravia, Cittadellarte e Festival della Creatività di Firenze). Nel 2006 entra a far parte del progetto AequatorLab, in collaborazione con Maria Rosa Jijon, un progetto in progress focalizzato sull’idea dell’equatore come linea, confine, luogo immaginario, divisione tra nord e sud del mondo. Le ultime opere analizzano il rapporto delle culture indigene latinoamericane, in particolare amazzoniche, con i modelli di sviluppo occidentali. Ha curato, con Filippo Fabbrica, le 3 edizioni di Methods-research project on art-society relations, la mostra Geografies of Change a Cittadellarte e workshop di progettazione interdisciplinare e partecipata a Gorizia e Venezia. Dal ‘94 espone a livello internazionale, dal 2002 è responsabile dell’Ufficio Arte di Cittadellarte/Fondazione Pistoletto. Tra le ultime mostre: Archivo Sur, Art Between Identity and the Mask, FUTURA centre for contemporary Art Praga (2008); AequatorLab Espacio Arte Actual, FLACSO, Quito, Ecuador (2008); En Blanco, Casa Tres Patios, Medellin, Colombia (2008); Aequator project, MLAC, Museo Laboratorio de arte contemporáneo, Università La Sapienza, Roma, (2008); SIART, Bienal internacional de arte, La Paz, Bolivia (2007); Scrivere la trasformazione. Desiderio/migrazione? Circolo dei Lettori, Torino (2007); Love Difference Mediterannean Sea Michelangelo Pistoletto, curata da Lorand Hegyi, Saint-Étiene Métropole, Musée d'Art Moderne, Saint-Étiene, Francia (2006); L’isola interiore, l’arte della sopravivenza, Exposición internacional de arte, Biennale di Venezia (2005); Praghe Biennale 2, Biennale di Praga (2005); Negociating us here and now, Artist House y Leeds city art gallery, Leeds, UK (2005); SHAKE – Staatsaffare, O.K. Centrum, Linz, Austria (2004); SHAKE, Villa Arson, Nizza (2004).
dal 5 al 23 maggio dalle ore 21, Stazione Leopolda - VIDEOINSTALLAZIONE - prima assoluta
KINKALERI: WEST _ VIDEO 2003-2009
(Paris)(Roma)(Amsterdam)(Wien)(Athina)(Berlin)(Bruxelles)(London)(Beijing)(Praha)(Tokyo)(NewYork)
Progetto, realizzazione: Kinkaleri - Coproduzione: Osservatorio per le Arti Contemporanee / Ente Cassa di Risparmio di Firenze
In collaborazione con: Centro per l’arte contemporanea L. Pecci, Prato / Xing, Bologna / Fabbrica Europa
Coproduttori delle tappe del progetto:
WEST(NewYork): OAC Osservatorio per le Arti Contemporanee Ente CRF, Istituto Italiano di Cultura NewYork, Xing
WEST(Tokyo): Ente Teatrale Italiano, Associazione Danza Urbana, 4th skin arts project, Istituto Italiano Cultura-Tokyo, Xing
WEST(Praha): Ente Teatrale Italiano, 4+4 Days in Motion 07 festival, Xing
WEST(Beijing): Istituto Italiano di Cultura-Pechino, Provincia di Prato-Assessorato alla Cultura, Xing
WEST(London): RED ReggioEmiliaDanza, Xing
WEST(Bruxelles): Kaaitheater Bruxelles, Xing
WEST(Berlin): Hebbel-am-Ufer Berlin, Xing
WEST(Athina): VideoDance -Thessaloniki International Film Festival, TTV Riccione, Xing
WEST(Wien): TanzQuartierWien, Xing
WEST(Amsterdam): Centro per l'arte contemporanea L. Pecci, Xing
WEST(Roma): Festival Enzimi, Xing
WEST(Paris): Batofar cherche l’Italie, Xing
Ringraziamenti a coloro che nelle varie città ci hanno aiutato nella complessa organizzazione delle riprese; a coloro che hanno scelto di partecipare offrendosi alle cadute e senza i quali WEST non sarebbe potuto esistere. Un ringraziamento speciale a Neri Torrigiani per il supporto continuo al progetto.
Kinkaleri presenta in prima assoluta l’opera video WEST completa, composta dalle clip girate in 12 città e realizzate nell’arco di 5 anni, editate singolarmente e proiettate in esterno alla Stazione Leopolda: Parigi, Roma, Amsterdam, Vienna, Atene, Bruxelles, Berlino, Praga, Londra, Pechino, Tokyo e New York.
WEST è un lavoro sviluppato dal 2003 al 2009 per accumulo di tappe geografiche; in questo periodo abbiamo attraversato, con telecamera e cavalletto in spalla, quelle città che in questo momento storico rappresentano per noi un’idea di occidente culturale. In queste città, nelle vie, nelle piazze, nelle stradine del centro o in quelle più anonime delle periferie, abbiamo proposto a occasionali passanti, fermati nel loro scorrere quotidiano, una performance semplice e allo stesso tempo molto intima: provare a cadere per terra come morti dopo aver guardato fissi la telecamera posta davanti a loro, ottenendo con il corpo accasciato, di sprofondare nella visione, nei piccoli avvenimenti di un quotidiano scorrere del tempo all’interno del quadro visivo. Una perfomance ripetuta nella sua dinamica in varie location, scelte sia per il loro valore iconografico riconosciuto, come monumenti o spazi fortemente caratterizzati per il loro valore simbolico e identificativo della città, oppure in luoghi anonimi e difficilmente riconoscibili come alcune strade e periferie o, ancora, catene di negozi presenti ovunque che rendono i paesaggi urbani, pur nelle loro sfumature, omologabili, ripetitivi, rassicuranti. Una molteplicità di piani percettivi diversi si sono aperti davanti a un gesto semplice come quello proposto. Piani che si possono individuare sia dalla performance in quanto tale, per quel che riguarda l’individuo che compie un gesto simile nella probabile rappresentazione di sé a terra e senza vita; sia dalla visione di un corpo lasciato caduto, inquadrato in un contesto urbano con le sue aperture a un’osservazione documentaristica della città contemporanea occidentale.
Per l’inaugurazione, il 5 maggio a partire dalle ore 20, una sezione live organizzerà e riprenderà ulteriori “morti” poi diffuse in video; il pubblico presente sarà coinvolto e avrà la possibilità di esporsi davanti a una videocamera per concedersi alla caduta.
Sarà realizzata una pubblicazione: il catalogo si propone come documentazione e analisi del progetto, composta da due testi curati da Silvia Lucchesi e Andrea Lissoni, e da una parte iconografica, composta da still di video, curata da Kinkaleri.
5 maggio ore 19 - dal 6 al 10 maggio ore 21.30, CANGO Cantieri Goldonetta - TEATRO
COMPAGNIA LABORATORIO DI PONTEDERA: Mutando Riposa
Regia: Roberto Bacci - Con: Savino Paparella e Tazio Torrini - Drammaturgia: Stefano Geraci - Musiche originali: Ares Tavolazzi
Produzione: Fondazione Pontedera Teatro 2009
In un continuo mutare, riposiamo in irrequieta attesa
Mutando riposa, che prende il titolo da un frammento di Eraclito, è uno di quegli spettacoli che nascono quasi “loro malgrado”, che possono lievitare nella direzione di una loro organicità, di un loro senso, oppure restare dei frammenti staccati senza riuscire a diventare un’opera compiuta. Lo stimolo iniziale è nato da una indagine sull’origine della coscienza nell’essere umano. Libri, viaggi e incontri con esperti ci hanno offerto suggestioni vivificanti per produrre materiali scenici. Cominciato il lavoro in sala, lentamente le domande iniziali hanno preso la forma di azioni teatrali. Così si è andato configurando un contesto narrativo che, mentre prendeva forma attraverso la relazione tra i due protagonisti, offriva l’idea dello spazio e della possibile relazione con gli spettatori. Ci siamo resi conto che non stava nascendo un’opera come le altre. Tutto il lavoro aveva bisogno di essere prodotto e presentato attraverso una relazione intima e raccolta con chi vi avrebbe assistito. Da qui la necessità di avere solo venti persone intorno a noi, distribuite sui quattro lati di uno spazio quadrato, chiuso in alto da un cielo stellato. Uno spazio che ci facesse sentire in un giardino.
Ora avevamo un contesto in cui le azioni potevano “reagire” raccontando una possibile storia. Mentre la struttura delle azioni fisiche si andava completando, abbiamo chiesto agli attori di improvvisare un dialogo a partire dalla loro relazione fisica. Successivamente lo abbiamo intrecciato e modificato attraverso testi in grado di arricchire la trama delle azioni di altri possibili temi e significati, senza tuttavia lasciare che le parole deviassero dall’oggettività della relazione fisica dei personaggi. La costruzione definitiva dello spazio, dei costumi e degli oggetti, la scelta delle musiche e delle luci da utilizzare sono emerse dal “dialogo” con un corpo già solido e coerente.
Se rivedo, oggi, tutto questo lavoro mi rendo conto che il tema da cui eravamo partiti è scivolato via via sullo sfondo, senza tuttavia scomparire, mentre altri affioravano alla superficie, attratti dal farsi del lavoro stesso. Due uomini (due fratelli?) si trovano in un giardino distrutto da una tempesta. L’uno, vissuto sempre nella grande casa adiacente vi entra per la prima volta; l’altro, che ne ha accudito e sorvegliato la natura e la storia come un giardiniere, guida l’altro a visitarlo. Gli alberi, come antenati rinsecchiti dal tempo, sono i testimoni di questa visita che ha i colori ed i sapori di una fiaba rusticana. La domanda che ci accompagna come protagonisti e come spettatori nel viaggio in questo giardino delle origini, è quella che ci facciamo attraversando quello, non sempre fiorito, della nostra vita. L’incontro con la morte ci fa supporre l’esistenza di un altro luogo in cui poter continuare. Ma dove? E, perché? Mutando, attimo dopo attimo, nel corso di questa esistenza, riposiamo in una irrequieta attesa di un “oltre” a noi sconosciuto. (Roberto Bacci)
5 maggio ore 21 - 6 maggio ore 20, Stazione Leopolda – DANZA - prima nazionale
CCNRB / COMPAGNIE CATHERINE DIVERRÈS : La maison du sourd
Nell’ambito di La Francia si muove
Coreografia: Catherine Diverrès
Collaborazione artistica / scenografia: Laurent Peduzzi
Danzatori: Fabrice Dasse, Julien Fouché, Emilio Urbina, Thierry Micouin, Mónica García, Pilar Andrés Contreras
Musicisti: Seijiro Murayama, percussioni; Jean-Luc Guionnet, computer; Mattin, computer e voce
Artisti invitati: Mónica Valenciano, coreografa; Chus Domínguez, video maker
Luci: Marie-Christine Soma; Eric Corlay, assistente -
Costumi: Cidalia da Costa; Claude Gorophal, assistente - Film del fuoco: Thierry Micouin
Produzione: Centre Chorégraphique National de Rennes et de Bretagne
Coproduzione: Le Théâtre National de Bretagne – Rennes; Ville de Lorient – Grand Théâtre; Laboral Escena – Asturias; L’Association d’Octobre – Compagnie Catherine Diverrès
Con il sostegno di: INAEM – Ministère de la Culture d’Espagne; DeMon – Ambassade de France à Madrid; Cultures France – Ministère des Affaires Etrangères et la Ville de Rennes
Si ringrazia: Istituto Francese di Madrid e Istituto Francese di Firenze
Durata: 1h20’
“Ogni creazione è accumulazione e sottrazione. Il filo ossessionale che mi occupa costantemente è quello della trasmissione, della memoria in tutte le sue apparenze, ma senza nostalgia, senza narrazione, senza immagini e senza citazioni. […]. Contro l’appiattimento delle estetiche far sorgere il singolare, il particolare in un dialogo comune che non cancella le identità: il progetto infatti si articola partendo da interpreti francesi e spagnoli, e da tre musicisti di cui uno francese, uno giapponese e uno spagnolo. […] In questo senso desidero aprire agli artisti invitati uno spazio di scambio, quello del palcoscenico. A ciascuno di loro il prendersi in carico, il rispondere con il proprio gesto particolare, con la propria scrittura a uno spazio-tempo aperto e al contempo definito (come un piano sequenza cinematografico). Lasciare nella mia stessa scrittura come un varco, un’apertura ad altre scritture partendo da domande precise”.
Catherine Diverrès
Il titolo della nuova creazione della coreografa francese Catherine Diverrès fa riferimento alla Quinta del Sordo, la casa nei dintorni di Madrid dove Goya dipinse la celebre serie delle “pitture nere”, una sequenza di scene allucinanti che sembrano dipinte sotto l’effetto della follia. Catherine Diverrès ne riprende alcune allusioni che fanno scivolare il reale tra le pieghe del fantasmagorico, interrogandosi sui confini fisici, geografici, mentali e sui limiti tra passato e presente, tra sogno e realtà. Nel testo coreografico la Spagna non è concepita come uno spazio di finzione, ma diventa “un pretesto, un pre-testo, un’architettura dei sensi, un motore immaginario del presente”. Da qui prende spunto il movimento dei danzatori, basato sull’improvvisazione ma circoscritto dai temi che pongono domande sull’identità e sulla comunità. Un ulteriore piano filosofico è creato dai testi di Rodrigo Garzía e Maria Zambrano che costituiscono il materiale drammaturgico, sotterraneo, della pièce. Il dialogo che si instaura tra diversi linguaggi artistici (danza, musica dal vivo, parola e video) ci porta sulla soglia instabile in cui ogni immagine si misura con il proprio essere, che sia evanescente, su un tulle, registrata o in diretta. Non un succedaneo del mondo, ma la sua realtà in tutte le sue dimensioni. “La poesia è un acceleratore della coscienza” scrive Roberto Juarroz, poeta argentino caro a Diverrès che ne La maison du sourd dispiega una danza tutta in tensione, sfiorata ora da un soffio, ora da una forza incomparabile e segnata da turbamenti e fratture da cui scaturiscono momenti di toccante fluidità e grazia. Dalla Maison du sourd Diverrès sembra spiare l’alba…
Catherine Diverrès si forma al Mudra di Béjart. Si impone a metà anni ’80 grazie ai suoi duetti con Bernardo Montet, conosciuto nel '79 nella compagnia di Dominique Bagouet. Nel 1982 in Giappone segue l’insegnamento di Kazuo Ohno. Tornata in Europa, fonda la compagnia Studio DM. Nel ‘94 diventa direttrice, con Montet, del Centre Chorégraphique National de Rennes et de Bretagne, di cui è direttrice unica dal '98. La sua scrittura coreografica è aspra e lontana da ogni seduzione, ma anche metafisica, politica e ricca di suggestioni tratte da letteratura e filosofia. Tra i suoi lavori principali: San (2001), Échos (2003), Alla prima (2005), Blowin’ (2007).
5 maggio ore 23, Stazione Leopolda - MUSICA
FUENTES: Irikelè
Ettore Bonafè: percussioni, vibrafono - Paolo Casu: percussioni - Brahima Dembelè: percussioni, balafon, kora, voce
Adamà Dembelè: percussioni, balafon, voce - Stefano “Cocco” Cantini: sassofoni - Mino Cavallo: chitarre, voce
Francesca Taranto: basso elettrico, voce - Anna Granata: voce - Giulia Millanta: voce - Bibeta Zabre: danza, voce
Il gruppo Fuentes, attivo da oltre dieci anni, continua a proporre una musica in cui oltre alle percussioni, protagoniste assolute, si fondono i suoni di altri strumenti e al nucleo “storico” del gruppo - Ettore Bonafé, Paolo Casu e Brahima Dembelè - si uniscono ospiti di fama internazionale provenienti da diverse esperienze musicali.
In questo nuovo spettacolo la voce si fa molto presente (attraverso le canzoni di Brahima Dembelè), accompagnata dalle chitarre di Mino Cavallo, dal basso e la voce di Francesca Taranto, dal sax soprano del grande jazzista Stefano “Cocco” Cantini e da Anna Granata in veste di corista. La sezione ritmica vede la presenza di un giovane percussionista già famoso in Africa e in Europa, Adamà Dembelè, fratello minore di Brahima. Oltre alle composizioni originali, il gruppo presenta alcuni brani tradizionali della Costa d’Avorio e Burkina Faso con la partecipazione della danzatrice Bibeta Zabre. L’ultimo album Irikelè, come il loro primo disco Garam Masala, è realizzato per l’etichetta Materiali Sonori.
Prevendite: Call Center vivaticket 899.666.805 o www.vivaticket.it – Circuito Box Office Toscana www.boxol.it - Box Office Firenze, Via Alamanni 39, tel. 055.210804 - Biglietteria Stazione Leopolda dal 5 maggio ore 19-22.
Abbonamento a 3 spettacoli 30 euro. Carnet 3 spettacoli la stessa sera (escluso concerti) 25 euro; Carnet 2 spettacoli la stessa sera (escluso concerti) 20 euro. Si raccomanda la prenotazione.
05
maggio 2009
Atti Democratici – Carlos Motta – La Buena Vida / The Good Life
Dal 05 al 23 maggio 2009
arte contemporanea
Location
STAZIONE LEOPOLDA
Firenze, Viale Fratelli Rosselli, 5, (Firenze)
Firenze, Viale Fratelli Rosselli, 5, (Firenze)
Orario di apertura
ore 18.30–20.00 e dalle ore 23.00 in poi
Vernissage
5 Maggio 2009, ore 18.30 – 20.00
Sito web
www.fabbricaeuropa.net
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