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Aurélien Froment – Forme della natura forme della conoscenza forme della bellezza
Nella sua ricerca artistica Aurélien Froment utilizza molteplici media, dall’installazione alla fotografia, dalla scultura al video per mettere in scena un universo che interroga il potere semantico delle immagini e il modo in cui esse si formano nel corso del tempo e nello spazio.
Comunicato stampa
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Giovedì 20 gennaio presso il Centre Culturel Francais di Milano inaugura la prima mostra personale in Italia di Aurélien Froment (1976, Angers, vive e lavora a Dublino), dal titolo Forme della natura, forme della conoscenza, forme della bellezza, a cura di Andrea Viliani, direttore della Fondazione Galleria Civica - Centro di Ricerca sulla Contemporaneità di Trento. L’esposizione, in corso fino al 16 marzo 2011, costituisce il quarto appuntamento del progetto Una certa idea della Francia, ideato e promosso dal direttore del Centre Olivier Descotes, che nell’arco di due anni coinvolge artisti francesi invitati da sei curatori italiani.
Nella sua ricerca artistica Aurélien Froment utilizza molteplici media, dall’installazione alla fotografia, dalla scultura al video per mettere in scena un universo che interroga il potere semantico delle immagini e il modo in cui esse si formano nel corso del tempo e nello spazio. Costruite attorno al principio della narrazione, le opere di Froment, ispirate dalla storia culturale e dalla memoria collettiva, dialogano tra di loro ponendo il visitatore in uno spazio-tempo aperto nel quale elementi di fiction e documentari si fondono.
La mostra allestita nella galleria del Centre culturel français comprende due recenti video installazioni – Pulmo Marina (2010) e The Fourdrinier Machine Interlude (2010) – e due opere create appositamente per l’occasione, l’installazione If I were a Bell e Un paysage de dominos, carta da parati che riveste una parete dello spazio espositivo.
”Simile a quei giochi che da bambini ci permettevano di capire come ‘funziona’ il mondo, di esplorarlo e di comprendere le sue leggi, la mostra di Aurélien Froment si presenta come un progressivo esercizio di comprensione”, spiega Andrea Viliani. Il visitatore è invitato a seguire un articolato percorso espositivo, fra bi- e tridimensionalità, in cui la consistenza stessa dello spazio si assottiglia, sul filo teso che unisce, e al contempo separa, la parola dall'immagine. Ogni opera in mostra è connessa alle altre, quasi come una loro introduzione, ma contemporaneamente rimanda a visioni alternative, puramente mentali. “Ogni immagine è, evoca o coincide allo stesso tempo con la parola che la presenta, la commenta, la illustra”, dice ancora Viliani. La narrazione, descrittiva, permette allo spettatore di considerare la mostra da diverse prospettive (storica, tecnica, sociale, mitica, pratica), inducendolo a confrontarsi con la propria conoscenza del mondo e della sue forme.
If I Were a Bell è un’installazione ambientale composta da sette campanelle in ceramica, appese al soffitto e realizzate ad Arcosanti, la città-prototipo progettata nel deserto dell’Arizona dall’architetto italiano Paolo Soleri. Sia le campanelle che la città utopica si basano sugli stessi principi di crescita naturale, che pongono il processo educativo e l’autosostenibilità quali elementi primari. La tecnica tradizionalmente utilizzata per produrre le campane è stata trasferita da Soleri su larga scala nella dimensione architettonica e urbanistica. Le piccole campane riassumono, in questo modo, la filosofia e la sostenibilità economica di un’idea, traslandole su piani e forme solo apparentemente diversi dall’originale, ma in realtà ad esso strettamente connessi.
La video installazione Pulmo Marina è costituita da un singolo piano sequenza che segue le evoluzioni di una medusa, vista attraverso il vetro di un acquario. La voce di un attore professionista accompagna queste evoluzioni, fornendoci il massimo di informazioni possibili su ciò che stiamo vedendo: chimiche, fisiologiche, geografiche, storiche e persino ottico-architettoniche. È da questo scrupolo di precisione che emana l’ambiguità, l’inafferrabilità, il fascino dell’esperienza che compie il visitatore. Quante informazioni può contenere un’immagine? Quanti scenari dischiude la descrizione di un oggetto che non siano deducibili dalla sua rappresentazione? Che differenza (o relazione) c’è fra vedere, capire, immaginare?
Un paysage de dominos si ricollega a un recente progetto di Froment, The Second Gift (2010), video installazione formata da tre interviste realizzate nel 2010 dall’artista, durante una conferenza dedicata al pedagogo tedesco Fredrich Wilhelm Froebel (1782 – 1852). Nel XIX secolo Froebel codificò dodici gifts, oggetti che, attraverso l’azione attiva di un bambino, innescano un progressivo processo di apprendimento del mondo mediante le sue forme. La carta da parati Un paysage de dominos traduce il soggetto della video installazione in un pattern decorativo, in cui la ritmica narrazione iconografica sintetizza in un'unica sequenza di immagini il soggetto del film e l'evoluzione degli oggetti pedagogici (gifts, o doni) ideati da Froebel.
La mostra si chiude con il video The Fourdrinier Machine Interlude. Sempre in un unico piano sequenza, l'occhio della cinepresa indugia sui meccanismi della versione in miniatura di una macchina per la produzione industriale della carta, conservata al museo della carta di Basilea. Anche in questo caso il commento sonoro inquadra l’immagine in una fitta rete di riferimenti storici, tecnici, economici, sociali. L’eccesso di informazione ha l’effetto paradossale di rendere magnificamente ambiguo e potenziale il comune oggetto di partenza.
La mostra è accompagnata da un catalogo, edito da Kaleidoscope, con testi di Maurizia Natali e Andrea Viliani e apparati fotografici a colori. Al termine dell’intero ciclo espositivo sarà pubblicato un catalogo generale con un video di Anton Giulio Onofri.
Iniziato a gennaio 2010 con la mostra di Raphaël Zarka, curata da Marcello Smarrelli, il ciclo Una certa idea della Francia è proseguito a maggio con la personale di Guillaume Leblon, curata da Alessandro Rabottini, e a settembre con la collettiva Scavi, curata da Simone Menegoi. Il titolo della rassegna vuole indicare quale sia l’idea che i nostri critici si sono fatti dell’arte contemporanea in Francia, con particolare attenzione alle ultime due generazioni di artisti francesi. Un’occasione per approfondire il dialogo ininterrotto e la reciproca conoscenza fra i due Paesi. Se gli artisti vengono scelti dai curatori, i curatori sono invece individuati dal direttore perché attivi nella promozione dell'arte emergente internazionale.
Dal 1999 Aurélien Froment inizia un’intensa attività espositiva in numerosi spazi pubblici e privati, sia in Francia che in molte altre parti del mondo. Fra le mostre personali più recenti ricordiamo: Aurélien Froment: Fickteater, Bonniers Konsthall, Stoccolma (2009); Froebel Suite, Gasworks, Londra (2009); The Fourth Wall, Centro Cultural Montehermoso, Vitoria-Gasteiz (2009); Aurélien Froment, Théâtre de Poche, Stuk Kunstcentrum, Leuven (2008); Acknowledgement, Motive Gallery, Amsterdam (2008).
Tra le collettive: 8th Gwangju Biennale, 10,000 Lives, Gwangju (2010); 2 1/2 Dimensional, Film Featuring Architecture, deSingel, Anversa (2010); FAX, Para/Site Art Space, Hong Kong, SAR (2010); FAX, Torrance Art Museum, Torrance, CA (2010); Video Art: Replay, Part 2. Everyday Imaginar, ICA - Institute of Contemporary Art, University of Pennsylvania, Filadelfia, PA (2010); Performa 09, Performa, New York, NY (2009); Group Exhibition, Galerie Chez Valentin, Parigi (2009); The Space of Words, MUDAM – Musée d’Art Moderne Grand-Duc Jean, Lussemburgo (2009); Word Event, Gruppenausstellung, Kunsthalle Basel, Basilea (2008).
Nella sua ricerca artistica Aurélien Froment utilizza molteplici media, dall’installazione alla fotografia, dalla scultura al video per mettere in scena un universo che interroga il potere semantico delle immagini e il modo in cui esse si formano nel corso del tempo e nello spazio. Costruite attorno al principio della narrazione, le opere di Froment, ispirate dalla storia culturale e dalla memoria collettiva, dialogano tra di loro ponendo il visitatore in uno spazio-tempo aperto nel quale elementi di fiction e documentari si fondono.
La mostra allestita nella galleria del Centre culturel français comprende due recenti video installazioni – Pulmo Marina (2010) e The Fourdrinier Machine Interlude (2010) – e due opere create appositamente per l’occasione, l’installazione If I were a Bell e Un paysage de dominos, carta da parati che riveste una parete dello spazio espositivo.
”Simile a quei giochi che da bambini ci permettevano di capire come ‘funziona’ il mondo, di esplorarlo e di comprendere le sue leggi, la mostra di Aurélien Froment si presenta come un progressivo esercizio di comprensione”, spiega Andrea Viliani. Il visitatore è invitato a seguire un articolato percorso espositivo, fra bi- e tridimensionalità, in cui la consistenza stessa dello spazio si assottiglia, sul filo teso che unisce, e al contempo separa, la parola dall'immagine. Ogni opera in mostra è connessa alle altre, quasi come una loro introduzione, ma contemporaneamente rimanda a visioni alternative, puramente mentali. “Ogni immagine è, evoca o coincide allo stesso tempo con la parola che la presenta, la commenta, la illustra”, dice ancora Viliani. La narrazione, descrittiva, permette allo spettatore di considerare la mostra da diverse prospettive (storica, tecnica, sociale, mitica, pratica), inducendolo a confrontarsi con la propria conoscenza del mondo e della sue forme.
If I Were a Bell è un’installazione ambientale composta da sette campanelle in ceramica, appese al soffitto e realizzate ad Arcosanti, la città-prototipo progettata nel deserto dell’Arizona dall’architetto italiano Paolo Soleri. Sia le campanelle che la città utopica si basano sugli stessi principi di crescita naturale, che pongono il processo educativo e l’autosostenibilità quali elementi primari. La tecnica tradizionalmente utilizzata per produrre le campane è stata trasferita da Soleri su larga scala nella dimensione architettonica e urbanistica. Le piccole campane riassumono, in questo modo, la filosofia e la sostenibilità economica di un’idea, traslandole su piani e forme solo apparentemente diversi dall’originale, ma in realtà ad esso strettamente connessi.
La video installazione Pulmo Marina è costituita da un singolo piano sequenza che segue le evoluzioni di una medusa, vista attraverso il vetro di un acquario. La voce di un attore professionista accompagna queste evoluzioni, fornendoci il massimo di informazioni possibili su ciò che stiamo vedendo: chimiche, fisiologiche, geografiche, storiche e persino ottico-architettoniche. È da questo scrupolo di precisione che emana l’ambiguità, l’inafferrabilità, il fascino dell’esperienza che compie il visitatore. Quante informazioni può contenere un’immagine? Quanti scenari dischiude la descrizione di un oggetto che non siano deducibili dalla sua rappresentazione? Che differenza (o relazione) c’è fra vedere, capire, immaginare?
Un paysage de dominos si ricollega a un recente progetto di Froment, The Second Gift (2010), video installazione formata da tre interviste realizzate nel 2010 dall’artista, durante una conferenza dedicata al pedagogo tedesco Fredrich Wilhelm Froebel (1782 – 1852). Nel XIX secolo Froebel codificò dodici gifts, oggetti che, attraverso l’azione attiva di un bambino, innescano un progressivo processo di apprendimento del mondo mediante le sue forme. La carta da parati Un paysage de dominos traduce il soggetto della video installazione in un pattern decorativo, in cui la ritmica narrazione iconografica sintetizza in un'unica sequenza di immagini il soggetto del film e l'evoluzione degli oggetti pedagogici (gifts, o doni) ideati da Froebel.
La mostra si chiude con il video The Fourdrinier Machine Interlude. Sempre in un unico piano sequenza, l'occhio della cinepresa indugia sui meccanismi della versione in miniatura di una macchina per la produzione industriale della carta, conservata al museo della carta di Basilea. Anche in questo caso il commento sonoro inquadra l’immagine in una fitta rete di riferimenti storici, tecnici, economici, sociali. L’eccesso di informazione ha l’effetto paradossale di rendere magnificamente ambiguo e potenziale il comune oggetto di partenza.
La mostra è accompagnata da un catalogo, edito da Kaleidoscope, con testi di Maurizia Natali e Andrea Viliani e apparati fotografici a colori. Al termine dell’intero ciclo espositivo sarà pubblicato un catalogo generale con un video di Anton Giulio Onofri.
Iniziato a gennaio 2010 con la mostra di Raphaël Zarka, curata da Marcello Smarrelli, il ciclo Una certa idea della Francia è proseguito a maggio con la personale di Guillaume Leblon, curata da Alessandro Rabottini, e a settembre con la collettiva Scavi, curata da Simone Menegoi. Il titolo della rassegna vuole indicare quale sia l’idea che i nostri critici si sono fatti dell’arte contemporanea in Francia, con particolare attenzione alle ultime due generazioni di artisti francesi. Un’occasione per approfondire il dialogo ininterrotto e la reciproca conoscenza fra i due Paesi. Se gli artisti vengono scelti dai curatori, i curatori sono invece individuati dal direttore perché attivi nella promozione dell'arte emergente internazionale.
Dal 1999 Aurélien Froment inizia un’intensa attività espositiva in numerosi spazi pubblici e privati, sia in Francia che in molte altre parti del mondo. Fra le mostre personali più recenti ricordiamo: Aurélien Froment: Fickteater, Bonniers Konsthall, Stoccolma (2009); Froebel Suite, Gasworks, Londra (2009); The Fourth Wall, Centro Cultural Montehermoso, Vitoria-Gasteiz (2009); Aurélien Froment, Théâtre de Poche, Stuk Kunstcentrum, Leuven (2008); Acknowledgement, Motive Gallery, Amsterdam (2008).
Tra le collettive: 8th Gwangju Biennale, 10,000 Lives, Gwangju (2010); 2 1/2 Dimensional, Film Featuring Architecture, deSingel, Anversa (2010); FAX, Para/Site Art Space, Hong Kong, SAR (2010); FAX, Torrance Art Museum, Torrance, CA (2010); Video Art: Replay, Part 2. Everyday Imaginar, ICA - Institute of Contemporary Art, University of Pennsylvania, Filadelfia, PA (2010); Performa 09, Performa, New York, NY (2009); Group Exhibition, Galerie Chez Valentin, Parigi (2009); The Space of Words, MUDAM – Musée d’Art Moderne Grand-Duc Jean, Lussemburgo (2009); Word Event, Gruppenausstellung, Kunsthalle Basel, Basilea (2008).
20
gennaio 2011
Aurélien Froment – Forme della natura forme della conoscenza forme della bellezza
Dal 20 gennaio al 16 marzo 2011
arte contemporanea
Location
CENTRE CULTUREL FRANÇAIS
Milano, Corso Magenta, 63, (Milano)
Milano, Corso Magenta, 63, (Milano)
Orario di apertura
da martedì a venerdì 15-19 (sabato, domenica, lunedì e festivi chiuso)
Vernissage
20 Gennaio 2011, ore 18.30
Autore
Curatore