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Ausonio Tanda
La mostra ridisegna il percorso dell’artista attingendo a un importante fondo di opere inedite e a numerose collezioni pubbliche e private
Comunicato stampa
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Al pittore Ausonio Tanda (Sorso 1926-Roma 1988), uno dei maggiori artisti sardi del secondo dopoguerra, il Comune di Sassari dedica una grande retrospettiva al Palazzo della Frumentaria a vent’anni dalla scomparsa. La mostra, che segue di pochi mesi quella organizzata al Complesso monumentale di San Michele a Roma, ridisegna il percorso del-
l’artista attingendo a un importante fondo di opere inedite e a numerose collezioni pubbliche e private.
Viene privilegiata la fase più feconda e felice della sua ricerca, dai primi anni Cinquanta alla metà dei Sessanta. Attraverso le 90 opere esposte emerge il suo volto più autentico: quello di un artista drammaticamente diviso tra esigenza di modernità e attaccamento al passato, avanguardia e tradizione, centro e periferia; un artista inquieto, impegnato e sperimentale.
All’interno del percorso della mostra trova spazio la proiezione del documentario biografico realizzato nel 1961, con la regia di Massimo Mida e che si avvale del prestigioso commento dello scrittore Giuseppe Dessì e dello stesso Mida.
Dai lavori iniziali, influenzati dal tonalismo romano e da artisti isolani come Pietro Antonio Manca e Giuseppe Biasi, Tanda passa verso il 1955 a una pittura drammatica, dal piglio energico e sintetico, che – come nota Giuliana Altea – «fonde tensione esistenziale e aspirazioni sociali, partecipa della dimensione etica della pittura neorealista italiana, e al
tempo stesso risente dei fermenti e dell’inquietudine che caratterizzano il clima informale». Temi ricorrenti sono gli angoli di stazione deserti, i vagoni ferroviari, le scene di conceria, e soprattutto il mare e la fatica dei pescatori, assunti a emblemi della lotta per la vita, dei rischi e conflitti elementari dell’esistenza umana. «Quello di Tanda – sottolinea ancora Altea – è un universo esclusivamente ed enfaticamente virile: mari immensi e cupi contro cieli foschi, piccoli pe-
scatori soli tra i flutti, o tesi nello sforzo di spingere in acqua pesantissime barche; gruppi di tonnarotti che dividono il pesce; tonni inerti sul fondo degli scafi».
La ricerca di Tanda culmina verso il 1960 con alcune serie di opere di forte impatto: i Lupi, in cui i corpi deformati delle bestie caricano l’immagine di selvaggia energia; gli Americani, che, non senza suggestioni pop, registrano le impressioni raccolte nel corso di un soggiorno di
alcuni mesi in Canada e negli USA. L’artista cerca adesso ispirazione nella cronaca giornalistica, nei drammi grandi e piccoli della società contemporanea: dalle rivolte per l’indipendenza del Congo al crollo di un palazzo dovuto alla speculazione edilizia. Ad evitare tentazioni retoriche o sentimentali, lo stile si fa ancora più essenziale, con una tavolozza dalle gamme bluastre o color fango; il colore
emulsionato e applicato o asportato con dei giornali che lasciano la loro impronta
sul supporto conferisce ai dipinti un aspetto invecchiato e corroso.
Dal 1962 comincia per Tanda una intensa fase sperimentale, in cui, con un linguaggio che mescola il ricordo dell’eredità informale ad elementi delle contemporanee ricerche pop, l’artista esprime ansia e incertezza per i futuri sviluppi della scienza e le sue ripercussioni sul destino dell’umanità. Nascono così i Torsi straziati e mutilati evocati da impronte di colore, i Ciborg, bizzarre figure di mutanti fatti di transistor e matasse di fili elettrici, le Estrazioni plastiche, rilievi scavati in negativo nel polistirolo bianco, in cui la realtà trasformata dalla scienza e dalla
tecnologia appare come una traccia fossile all’indomani del disastro globale.
Le ultime ricerche, apprezzate da critici come Corrado Maltese e Marcello Venturoli, erano però destinate ad avere scarso successo commerciale. L’artista avrebbe quindi continuato ad affiancarvi senza troppa convinzione la pittura figurativa, destinandola al mercato sardo in cui continuava a trovare numerosi acquirenti. È so-
prattutto a questa produzione, che perpetua i vecchi temi delle tonnare e dei pescatori, che il suo nome sarebbe rimasto a lungo legato.
l’artista attingendo a un importante fondo di opere inedite e a numerose collezioni pubbliche e private.
Viene privilegiata la fase più feconda e felice della sua ricerca, dai primi anni Cinquanta alla metà dei Sessanta. Attraverso le 90 opere esposte emerge il suo volto più autentico: quello di un artista drammaticamente diviso tra esigenza di modernità e attaccamento al passato, avanguardia e tradizione, centro e periferia; un artista inquieto, impegnato e sperimentale.
All’interno del percorso della mostra trova spazio la proiezione del documentario biografico realizzato nel 1961, con la regia di Massimo Mida e che si avvale del prestigioso commento dello scrittore Giuseppe Dessì e dello stesso Mida.
Dai lavori iniziali, influenzati dal tonalismo romano e da artisti isolani come Pietro Antonio Manca e Giuseppe Biasi, Tanda passa verso il 1955 a una pittura drammatica, dal piglio energico e sintetico, che – come nota Giuliana Altea – «fonde tensione esistenziale e aspirazioni sociali, partecipa della dimensione etica della pittura neorealista italiana, e al
tempo stesso risente dei fermenti e dell’inquietudine che caratterizzano il clima informale». Temi ricorrenti sono gli angoli di stazione deserti, i vagoni ferroviari, le scene di conceria, e soprattutto il mare e la fatica dei pescatori, assunti a emblemi della lotta per la vita, dei rischi e conflitti elementari dell’esistenza umana. «Quello di Tanda – sottolinea ancora Altea – è un universo esclusivamente ed enfaticamente virile: mari immensi e cupi contro cieli foschi, piccoli pe-
scatori soli tra i flutti, o tesi nello sforzo di spingere in acqua pesantissime barche; gruppi di tonnarotti che dividono il pesce; tonni inerti sul fondo degli scafi».
La ricerca di Tanda culmina verso il 1960 con alcune serie di opere di forte impatto: i Lupi, in cui i corpi deformati delle bestie caricano l’immagine di selvaggia energia; gli Americani, che, non senza suggestioni pop, registrano le impressioni raccolte nel corso di un soggiorno di
alcuni mesi in Canada e negli USA. L’artista cerca adesso ispirazione nella cronaca giornalistica, nei drammi grandi e piccoli della società contemporanea: dalle rivolte per l’indipendenza del Congo al crollo di un palazzo dovuto alla speculazione edilizia. Ad evitare tentazioni retoriche o sentimentali, lo stile si fa ancora più essenziale, con una tavolozza dalle gamme bluastre o color fango; il colore
emulsionato e applicato o asportato con dei giornali che lasciano la loro impronta
sul supporto conferisce ai dipinti un aspetto invecchiato e corroso.
Dal 1962 comincia per Tanda una intensa fase sperimentale, in cui, con un linguaggio che mescola il ricordo dell’eredità informale ad elementi delle contemporanee ricerche pop, l’artista esprime ansia e incertezza per i futuri sviluppi della scienza e le sue ripercussioni sul destino dell’umanità. Nascono così i Torsi straziati e mutilati evocati da impronte di colore, i Ciborg, bizzarre figure di mutanti fatti di transistor e matasse di fili elettrici, le Estrazioni plastiche, rilievi scavati in negativo nel polistirolo bianco, in cui la realtà trasformata dalla scienza e dalla
tecnologia appare come una traccia fossile all’indomani del disastro globale.
Le ultime ricerche, apprezzate da critici come Corrado Maltese e Marcello Venturoli, erano però destinate ad avere scarso successo commerciale. L’artista avrebbe quindi continuato ad affiancarvi senza troppa convinzione la pittura figurativa, destinandola al mercato sardo in cui continuava a trovare numerosi acquirenti. È so-
prattutto a questa produzione, che perpetua i vecchi temi delle tonnare e dei pescatori, che il suo nome sarebbe rimasto a lungo legato.
19
dicembre 2008
Ausonio Tanda
Dal 19 dicembre 2008 al 28 febbraio 2009
arte contemporanea
Location
PALAZZO DELLA FRUMENTARIA
Sassari, Via Delle Muraglie, 1, (Sassari)
Sassari, Via Delle Muraglie, 1, (Sassari)
Autore
Curatore