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Baldo Diodato – Walking On Canvas
“Walking on Canvas” è un invito all’esperienza personale e collettiva di entrare nell’opera d’arte, realizzare una performance attraverso il “camminare sulla tela” su cui viene prodotto un “frottage” con il passaggio del pubblico, “scultura vivente” secondo le parole di Diodato.
Comunicato stampa
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In questa mostra Baldo Diodato ricopre con la tela lo spazio della Galleria Mario Iannelli come nel lavoro che ha presentato un’unica volta nel 1976 nella Alessandra Gallery di New York che consisteva nel rivestimento del pavimento dell’intera galleria con un doppio livello di tela sovrapposto a carta copiativa a cui nell’occasione sono aggiunti pigmenti in polvere nello strato superiore.
“Walking on Canvas” è un invito all’esperienza personale e collettiva di entrare nell’opera d’arte, realizzare una performance attraverso il “camminare sulla tela” su cui viene prodotto un “frottage” con il passaggio del pubblico che è parte necessaria dell’opera, “scultura vivente” secondo le parole di Diodato, le cui prime performances di questo genere nascono all’esterno e risalgono al 1974 nella JFK Square di Philadelphia (1974 Sculture viventi, Philadelphia).
Durante la mostra alcuni frammenti dell’installazione saranno esposti sulle pareti.
In più Diodato mappa lo spazio esterno della galleria - per poi esporre verticalmente anch’esso all’interno - calcando con diversi materiali, quali il rame, l’alluminio e tela, il lastricato a ciottoli della parte privata esterna, lavoro che rimanda ai calchi dei sanpietrini, autentica icona della sua ricerca più recente, in cui ha realizzato il “calco della Storia” (Achille Bonito Oliva; 2002 Marcaurelio, 2010 “Squares of Rome”, 2016 “You Are Here” 13 Piazze di Roma).
Le performances di Diodato sono prelievi di frammenti spaziali in lassi temporali, veri e propri “calchi del tempo” (1979 Quattro passi sulla tela, “One hour footing”, Rotonda Diaz, Napoli; 2015 “Tempo Reale”, Museo Bilotti, Roma).
La piattaforma esterna della galleria composta di mattonelle quadrate gli offre un perfetto laboratorio di produzione pensando al quadrato e al modulo quali cifre costanti delle sue opere concettuali, minimali e performative sin dai “Due Cubi” presentati alla Modern Art Agency di Napoli nel 1967.
I suoi cubi potenzialmente scomponibili sono differenti sia da quelli di Fabro (In-cubo 1966) che da quelli degli artisti minimalisti americani come Judd, Morris, LeWitt, Andre per la possibilità di essere agiti e non solo attraversati o abitati (Mariantonietta Picone Petrusa “Baldo Diodato: Italia-USA andata e ritorno”).
La ricerca di Baldo Diodato, fondata su una pratica di origine duchampiana e surrealista che fa del prelievo il dispositivo concettuale dell’opera d’arte, si distingue nel panorama italiano ed internazionale per aver attraversato le avanguardie del secondo Novecento ed essere stata precorritrice nella sperimentazione di nuovi linguaggi, attitudini e materiali.
La sua attività si è svolta prevalentemente in tre città: Napoli (fino al 1967, studia all’Accademia con Greco e Perez, che continua per un breve periodo alla Albertina di Torino; partecipa al Gruppo Operativo Sud e al Gruppo P. 66), New York (dal 1967 al 1991) e Roma (dal 1991).
Di Roma è un Genius Loci. Non solo per aver calcato le sue piazze, i suoi luoghi storici, ma per aver impresso il suo lavoro nel paesaggio. Basta guardare Roma in un giorno di pioggia che la pavimentazione a sanpietrini bagnata ci riporta alle sue lamiere e alle sue resine, potenzialmente un’installazione senza fine, che in quel momento riconosciamo di una grandezza pari alle sculture barocche e le architetture classiche e nella loro specificità di scultura “bidimensionale e pellicolare” (Achille Bonito Oliva).
Parallelamente, le sue opere e installazioni site-specific non solo prelevano frammenti del tempo e della storia ma raccontano ugualmente le storie dei luoghi e degli ambienti dove sono state realizzate o dove si trovano.
Il rapporto con il sud e con la luce ritorna con i lavori in permanenza presso Tunisi (“Sedici colonne colorate”, Fondazione Orestiadi), Gibellina (“Cielo stellato su Gibellina”, Museo delle Trame Mediterranee) e Napoli (Metropolitana, Stazione Cilea) in cui usa le fibre ottiche.
Le sue opere sono in numerose collezioni pubbliche e private fra le quali il Philadelphia Museum of Art, Museo del Novecento (Castel Sant’Elmo), Certosa di Padula (SA), la Fondazione Morra di Napoli, MAACK (CB), Residence Barberini, Roma. Nel 2016 ha esposto una retrospettiva alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma a cura di Achille Bonito Oliva.
Un’edizione con le immagini di documentazione accompagnate dai testi sulla mostra di Lorenzo Madaro e di Achille Bonito Oliva sull’opera di Baldo Diodato sarà presentata nel corso della mostra.
“Walking on Canvas” è un invito all’esperienza personale e collettiva di entrare nell’opera d’arte, realizzare una performance attraverso il “camminare sulla tela” su cui viene prodotto un “frottage” con il passaggio del pubblico che è parte necessaria dell’opera, “scultura vivente” secondo le parole di Diodato, le cui prime performances di questo genere nascono all’esterno e risalgono al 1974 nella JFK Square di Philadelphia (1974 Sculture viventi, Philadelphia).
Durante la mostra alcuni frammenti dell’installazione saranno esposti sulle pareti.
In più Diodato mappa lo spazio esterno della galleria - per poi esporre verticalmente anch’esso all’interno - calcando con diversi materiali, quali il rame, l’alluminio e tela, il lastricato a ciottoli della parte privata esterna, lavoro che rimanda ai calchi dei sanpietrini, autentica icona della sua ricerca più recente, in cui ha realizzato il “calco della Storia” (Achille Bonito Oliva; 2002 Marcaurelio, 2010 “Squares of Rome”, 2016 “You Are Here” 13 Piazze di Roma).
Le performances di Diodato sono prelievi di frammenti spaziali in lassi temporali, veri e propri “calchi del tempo” (1979 Quattro passi sulla tela, “One hour footing”, Rotonda Diaz, Napoli; 2015 “Tempo Reale”, Museo Bilotti, Roma).
La piattaforma esterna della galleria composta di mattonelle quadrate gli offre un perfetto laboratorio di produzione pensando al quadrato e al modulo quali cifre costanti delle sue opere concettuali, minimali e performative sin dai “Due Cubi” presentati alla Modern Art Agency di Napoli nel 1967.
I suoi cubi potenzialmente scomponibili sono differenti sia da quelli di Fabro (In-cubo 1966) che da quelli degli artisti minimalisti americani come Judd, Morris, LeWitt, Andre per la possibilità di essere agiti e non solo attraversati o abitati (Mariantonietta Picone Petrusa “Baldo Diodato: Italia-USA andata e ritorno”).
La ricerca di Baldo Diodato, fondata su una pratica di origine duchampiana e surrealista che fa del prelievo il dispositivo concettuale dell’opera d’arte, si distingue nel panorama italiano ed internazionale per aver attraversato le avanguardie del secondo Novecento ed essere stata precorritrice nella sperimentazione di nuovi linguaggi, attitudini e materiali.
La sua attività si è svolta prevalentemente in tre città: Napoli (fino al 1967, studia all’Accademia con Greco e Perez, che continua per un breve periodo alla Albertina di Torino; partecipa al Gruppo Operativo Sud e al Gruppo P. 66), New York (dal 1967 al 1991) e Roma (dal 1991).
Di Roma è un Genius Loci. Non solo per aver calcato le sue piazze, i suoi luoghi storici, ma per aver impresso il suo lavoro nel paesaggio. Basta guardare Roma in un giorno di pioggia che la pavimentazione a sanpietrini bagnata ci riporta alle sue lamiere e alle sue resine, potenzialmente un’installazione senza fine, che in quel momento riconosciamo di una grandezza pari alle sculture barocche e le architetture classiche e nella loro specificità di scultura “bidimensionale e pellicolare” (Achille Bonito Oliva).
Parallelamente, le sue opere e installazioni site-specific non solo prelevano frammenti del tempo e della storia ma raccontano ugualmente le storie dei luoghi e degli ambienti dove sono state realizzate o dove si trovano.
Il rapporto con il sud e con la luce ritorna con i lavori in permanenza presso Tunisi (“Sedici colonne colorate”, Fondazione Orestiadi), Gibellina (“Cielo stellato su Gibellina”, Museo delle Trame Mediterranee) e Napoli (Metropolitana, Stazione Cilea) in cui usa le fibre ottiche.
Le sue opere sono in numerose collezioni pubbliche e private fra le quali il Philadelphia Museum of Art, Museo del Novecento (Castel Sant’Elmo), Certosa di Padula (SA), la Fondazione Morra di Napoli, MAACK (CB), Residence Barberini, Roma. Nel 2016 ha esposto una retrospettiva alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma a cura di Achille Bonito Oliva.
Un’edizione con le immagini di documentazione accompagnate dai testi sulla mostra di Lorenzo Madaro e di Achille Bonito Oliva sull’opera di Baldo Diodato sarà presentata nel corso della mostra.
21
gennaio 2021
Baldo Diodato – Walking On Canvas
Dal 21 gennaio al 12 marzo 2021
arte contemporanea
Location
GALLERIA MARIO IANNELLI
Roma, Via Flaminia, 380, (Roma)
Roma, Via Flaminia, 380, (Roma)
Orario di apertura
dal mercoledì al venerdì dalle 16.00 alle 19.00
Vernissage
21 Gennaio 2021, 16.00 - 20.00
Sito web
Autore