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Barbara Bo – Double Me
L’uso dei tempi lunghi, la sovrapposizione dei fotogrammi e la desaturazione permettono a Barbara Bo di imprimere un racconto con la luce, laddove la macchina fotografica diventa unico testimone di un flusso di sensazioni e percezioni
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Mostra fotografica: DOUBLE ME
Fotografa: Barbara Bo
Milano, 22 febbraio 2015 – h 18:30
Circuiti Dinamici
Via Giovanola 19/c e 21/c
Milano
Il doppio viaggio dell’anima di Barbara Bo
Lettura critica di Sonia Patrizia Catena
Colori cipria, chiari e luminosi “raffreddano” l’inquadratura fotografica, tonalità sabbia
e nuance polverose avvolgono i soggetti. Il bianco lucente desatura l’immagine, il
colore si trasforma in una tonalità di grigio che immerge i soggetti in un pulviscolo quasi
evanescente. Unico punto di colore deciso, energico, è dato da quell’elemento isolato
delle scarpe rosse o marroni che colpisce la nostra attenzione.
L’uso dei tempi lunghi, la sovrapposizione dei fotogrammi e la desaturazione permettono a
Barbara Bo di imprimere un racconto con la luce, laddove la macchina fotografica diventa
unico testimone di un flusso di sensazioni e percezioni.
Assistiamo a un eclissi rappresentazionale dell’io, in cui si delinea una coppia, un doppio
anonimo, laddove i volti restano celati, lo sguardo è fuori campo, l’attenzione è altrove
dove noi non possiamo accedere.
Il corpo sembra sul punto di abbandonare la scena, ma non ci riesce, è “ingabbiato” dalla
composizione geometrica e regolare dell’inquadratura fotografica. Si muove nello spazio
scenico all’interno di confini e limiti prestabiliti, non esce quasi mai, se non per il volto che,
in alcuni casi, scompare. È un corpo che emoziona, sospeso nel suo orizzonte destinale in
cui tutto tace, ogni cosa si ferma, ogni movimento è bloccato, fotografato.
L’obiettivo fotografico, unico “volto” che ci guarda, unico “occhio” che ci punta e ci
colpisce, non lo sguardo dell’artista, ma il suo doppio, la sua anima. Il corpo assurge a
superficie di scrittura poetica, territorio dell’immaginario, spazio della visione fuori dal sé, in
cui l’identità è un vuoto che non può essere colmato.
Il corpo e l’anima, l’io e il mezzo fotografico, elementi che si sfaldano, che si sradicano uno
dall’altro vivendo due vite separate, differenti.
Nelle fotografie Double me i corpi evanescenti si incontrano, gli strati emotivi di pelle si
sovrappongono. In Naked Soul gli ambienti hanno una temporalità sospesa, raccontano
di una vita vissuta. Scarpe dismesse giacciono per terra come abbandonate, solitarie,
autoritratto di un corpo che vive nudo solo nell’anima, in cui l’obiettivo neutro, oggettivo
e lucido del medium fotografico ne cattura l’essenza sdoppiandola. In Pure Soul capita
di scorgere il volto, il viso appare, come un’epifania fugace. Nella serie Odile le scarpe
ritornano, il cammino diventa elemento di transizione, di viaggio personale e intimo. Odile
e Odette sembrano ricongiungersi, si fondono. Il corpo non è più diafano ma appare
definito nella sua unità, diventa protagonista di un frame cinematografico, raccontato
grazie alla tecnica del reportage, che congela l’attimo e lo coglie. In Self portrait non è
l’artista il soggetto dell’autoritratto, ma è il dispositivo fotografico il protagonista.
Barbara Bo e la macchina fotografica formano un unico corpo, la fotografia è la sua vita,
la sua anima, è se stessa, il suo autoritratto per transizione. Ormai l’osmosi e la fusione è
avvenuta, ogni elemento si collega, non vi è più un doppio, il corpo dell’artista e il medium
digitale hanno la stessa identità.
Fotografa: Barbara Bo
Milano, 22 febbraio 2015 – h 18:30
Circuiti Dinamici
Via Giovanola 19/c e 21/c
Milano
Il doppio viaggio dell’anima di Barbara Bo
Lettura critica di Sonia Patrizia Catena
Colori cipria, chiari e luminosi “raffreddano” l’inquadratura fotografica, tonalità sabbia
e nuance polverose avvolgono i soggetti. Il bianco lucente desatura l’immagine, il
colore si trasforma in una tonalità di grigio che immerge i soggetti in un pulviscolo quasi
evanescente. Unico punto di colore deciso, energico, è dato da quell’elemento isolato
delle scarpe rosse o marroni che colpisce la nostra attenzione.
L’uso dei tempi lunghi, la sovrapposizione dei fotogrammi e la desaturazione permettono a
Barbara Bo di imprimere un racconto con la luce, laddove la macchina fotografica diventa
unico testimone di un flusso di sensazioni e percezioni.
Assistiamo a un eclissi rappresentazionale dell’io, in cui si delinea una coppia, un doppio
anonimo, laddove i volti restano celati, lo sguardo è fuori campo, l’attenzione è altrove
dove noi non possiamo accedere.
Il corpo sembra sul punto di abbandonare la scena, ma non ci riesce, è “ingabbiato” dalla
composizione geometrica e regolare dell’inquadratura fotografica. Si muove nello spazio
scenico all’interno di confini e limiti prestabiliti, non esce quasi mai, se non per il volto che,
in alcuni casi, scompare. È un corpo che emoziona, sospeso nel suo orizzonte destinale in
cui tutto tace, ogni cosa si ferma, ogni movimento è bloccato, fotografato.
L’obiettivo fotografico, unico “volto” che ci guarda, unico “occhio” che ci punta e ci
colpisce, non lo sguardo dell’artista, ma il suo doppio, la sua anima. Il corpo assurge a
superficie di scrittura poetica, territorio dell’immaginario, spazio della visione fuori dal sé, in
cui l’identità è un vuoto che non può essere colmato.
Il corpo e l’anima, l’io e il mezzo fotografico, elementi che si sfaldano, che si sradicano uno
dall’altro vivendo due vite separate, differenti.
Nelle fotografie Double me i corpi evanescenti si incontrano, gli strati emotivi di pelle si
sovrappongono. In Naked Soul gli ambienti hanno una temporalità sospesa, raccontano
di una vita vissuta. Scarpe dismesse giacciono per terra come abbandonate, solitarie,
autoritratto di un corpo che vive nudo solo nell’anima, in cui l’obiettivo neutro, oggettivo
e lucido del medium fotografico ne cattura l’essenza sdoppiandola. In Pure Soul capita
di scorgere il volto, il viso appare, come un’epifania fugace. Nella serie Odile le scarpe
ritornano, il cammino diventa elemento di transizione, di viaggio personale e intimo. Odile
e Odette sembrano ricongiungersi, si fondono. Il corpo non è più diafano ma appare
definito nella sua unità, diventa protagonista di un frame cinematografico, raccontato
grazie alla tecnica del reportage, che congela l’attimo e lo coglie. In Self portrait non è
l’artista il soggetto dell’autoritratto, ma è il dispositivo fotografico il protagonista.
Barbara Bo e la macchina fotografica formano un unico corpo, la fotografia è la sua vita,
la sua anima, è se stessa, il suo autoritratto per transizione. Ormai l’osmosi e la fusione è
avvenuta, ogni elemento si collega, non vi è più un doppio, il corpo dell’artista e il medium
digitale hanno la stessa identità.
22
febbraio 2015
Barbara Bo – Double Me
Dal 22 febbraio al 07 marzo 2015
fotografia
Location
CIRCUITI DINAMICI
Milano, Via Antonio Giovanola, 21/c, (Milano)
Milano, Via Antonio Giovanola, 21/c, (Milano)
Vernissage
22 Febbraio 2015, h 18.30
Autore