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Basilico | Cariello | Graham
In occasione delle mostre sarà presentato il libro ‘Dan Graham – Gabriele Basilico Unidentified Modern City. Globalized Brescia’ edito da JRP Ringier, con un testo di Maurizio Bortolotti e il libro ‘Letizia Cariello Don-Don’ edito da Euroteam, con un testo di Andrea Viliani e Silvano Fausti.
Comunicato stampa
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DAN GRAHAM & GABRIELE BASILICO
Unidentified Modern City. Globalized Brescia
A cura di Maurizio Bortolotti
Inaugurazione sabato 2 aprile, fino al 21 maggio 2011
Qualche anno fa è stato pubblicato un libro, Walker Evans & Dan Graham, piuttosto inatteso. Un ponte gettato attraverso i decenni dell'arte americana, con due artisti affatto diversi ma con qualche tratto in comune.
Ne ho parlato con Dan, caro artista e vecchio amico, che ha descritto il libro come un’avventura editoriale indipendente dalla sua volontà: i due non si sono mai conosciuti.
Eppure un’influenza del vecchio maestro sul giovane concettuale c'è stata, eccome. Ho trovato recentemente una foto di Dan Graham del 1967 molto vicina ai modi di Evans.
L'idea è piaciuta, l’ho sviluppata con Maurizio Bortolotti e insieme abbiamo pensato di proporre a Dan di fare non solo una nuova pubblicazione, ma immagini nuove con un fotografo vivente con cui dialogare. Ritrarre la mia città, Brescia, e offrire questo parallelo a Gabriele Basilico è stato un tutt'uno.
Basilico è il fotografo italiano per eccellenza delle città, delle architetture, dei corpi di fabbrica. Dan ne conosceva il lavoro, ma non la persona. I loro incontri a Brescia sono stati produttivi e con un reciproco scambio di punti di vista. Ognuno dei due ha scattato le immagini con i propri mezzi e modalità. Basilico con banco ottico durante i giorni di festa, a Ferragosto: poche persone in giro, città vuota come al solito, grandi edifici, periferie, grandi visioni, grattacieli, supermercati.
Dan Graham invece ha lavorato come un turista americano del Bronx: macchinetta automatica, scatti incerti, vetrine, interni dei McDonald’s.
Ho chiesto a Dan da dove venisse questa sua visione e mi ha confermato:
“Il punto centrale delle mie fotografie della periferia suburbana del dopoguerra a Brescia è stato senza dubbio influenzato dalla mia esperienza d’infanzia trascorsa nella periferia di New York. Il paesaggio della mia infanzia erano i centri commerciali, i primi McDonald’s, una bassa densità di zone di produzione e piccoli capannoni che ospitavano uffici. Questi erano tutti collocati nella nuova espansione dei sobborghi periferici, ancora percorsi da poche autostrade. Ho fotografato le case delle famiglie della classe lavoratrice, del New Jersey e di Brescia, che si sono mosse verso la piccola borghesia (classe medio-bassa), rappresentata nelle facciate delle strade in falso stile 'neo classicista', con connotazioni di falso lusso nei dettagli decorativi”.
Un confronto dispari, in fondo, un professionista della fotografia contro un dilettante.
Un occhio europeo ed uno americano.
Un abitante di centri storici famosi ed un ragazzo di strada dei sobborghi U.S.A.
Due visioni opposte che trovano curiosamente in Italia e a Brescia una ricomposizione, non nella storia della città antica, ma nelle sue emergenze più recenti, di edilizia periferica, di sobborghi middle class, di non luoghi.
Immagini, spesso dettagli, che fermano il quotidiano e non la storia.
LETIZIA CARIELLO
Don-Don
Inaugurazione sabato 2 aprile, fino al 21 maggio 2011
Alla sua prima personale in galleria, Letizia Cariello presenta un percorso di tre tappe che si apre con il Travel Stick, bastone da viaggio, con il quale l’artista sembra simbolicamente accompagnare i visitatori all’interno del suo lavoro, ispirandosi alle installazioni portatili che i pellegrini portavano con sé lungo la Via Francigena o il cammino di Compostela. Ai lati compare un polittico che annuncia immediatamente personalità composte e non ricomponibili secondo gli schemi consueti: nel mondo interno le cose sono parole che si tingono di memoria e la memoria è sonno, non sogno.
Gli oggetti sono allineati come le parole in una frase tridimensionale di cui la parte profonda intuisce la presenza attraverso il filtro dell’occhio che guarda e riconosce: sasso, ma non solo. Piuma, ma non solo. Anta di organo, ma pittura, e così via.
Due piccole fotografie, Letto bianco e Letto rosso, accompagnano alla stanza centrale dove si smonta materialmente la scena del sonno ingaggiando il corpo dello spettatore in una serie di reazioni per conoscenza.
Un letto è: spalliere, materasso, copriletto, tempo silenzioso. Troviamo spalliere volate al muro ed appese a splendenti coltelli di acciaio, un materasso a terra da cui crescono capelli di corda rossa, un corpo disegnato su un copriletto-arazzo appoggiato verticalmente, mentre un orologio senza numeri canta i giorni della settimana attraverso le voci di 63 bambine del mondo.
Si approda infine ad un’isola di massi, su quali si sono appoggiate piume, penne, foglie, cucchiaini, corde, indumenti. Tutt’intorno oggetti vari e fotografie che vogliono rappresentare sé e il sé. Dicono cosa fanno ma chiamano ad un altro orizzonte.
Le creazioni dell’artista “nascono normalmente da una distrazione occasionale oppure da uno stupirsi per oggetti comuni che suscitano il desiderio di giocarci insieme e trasformarli. Con piacere Letizia prende in mano le cose, le smonta e rimonta, le mette vicine e cambia di posto i pezzi, le incolla o cuce, le lega o appende: il tutto in una frazione di secondo, prima nello sguardo e poi nelle mani. Un po' come succede con pensieri, immaginazioni e sogni.” (Silvano Fausti, Sul lavoro di Letizia Cariello, Milano, 2010).
Don…don…e mi dicono, Dormi!
Mi cantano, Dormi! Sussurrano,
Dormi! Bisbigliano, Dormi!
là voci di tenebra azzurra…
Mi sembrano canti di culla,
che fanno ch'io torni com'era…
sentivo mia madre… poi nulla…
sul far della sera.
(Giovanni Pascoli, La mia sera)
Nata a Copparo (Ferrara) nel 1965 dopo la prima personale ad Heidelberg nel 1996 ed in via Farini nel 2000, Letizia Cariello ha avuto personali al Museo Pecci di Prato, al Palazzo delle Papesse a Siena, alla Fondazione Olivetti a Roma, allo Studio Casoli (Milano e Roma). Ha partecipato alla Biennale di Architettura a Venezia (2008), alla Biennale di Istanbul ( 2010) e a numerose mostre collettive presso il Kurverein (Ludvigsburg), UKS (Oslo), Palazzo della Farnesina (Roma), MART (Trento e Rovereto). Sue installazioni permanenti si trovano alla Certosa di San Lorenzo (Padula SA), alla Rocca di Montestaffoli (San Gimignano) e numerose sono le opere in collezioni pubbliche e private, in Italia ed all’estero, fra cui National Museum of The Woman in The Arts (Washington), collezione Farnesina (Roma), Mint Museum (Charlotte NC), Museion Ar/geKunst (Bolzano).
Unidentified Modern City. Globalized Brescia
A cura di Maurizio Bortolotti
Inaugurazione sabato 2 aprile, fino al 21 maggio 2011
Qualche anno fa è stato pubblicato un libro, Walker Evans & Dan Graham, piuttosto inatteso. Un ponte gettato attraverso i decenni dell'arte americana, con due artisti affatto diversi ma con qualche tratto in comune.
Ne ho parlato con Dan, caro artista e vecchio amico, che ha descritto il libro come un’avventura editoriale indipendente dalla sua volontà: i due non si sono mai conosciuti.
Eppure un’influenza del vecchio maestro sul giovane concettuale c'è stata, eccome. Ho trovato recentemente una foto di Dan Graham del 1967 molto vicina ai modi di Evans.
L'idea è piaciuta, l’ho sviluppata con Maurizio Bortolotti e insieme abbiamo pensato di proporre a Dan di fare non solo una nuova pubblicazione, ma immagini nuove con un fotografo vivente con cui dialogare. Ritrarre la mia città, Brescia, e offrire questo parallelo a Gabriele Basilico è stato un tutt'uno.
Basilico è il fotografo italiano per eccellenza delle città, delle architetture, dei corpi di fabbrica. Dan ne conosceva il lavoro, ma non la persona. I loro incontri a Brescia sono stati produttivi e con un reciproco scambio di punti di vista. Ognuno dei due ha scattato le immagini con i propri mezzi e modalità. Basilico con banco ottico durante i giorni di festa, a Ferragosto: poche persone in giro, città vuota come al solito, grandi edifici, periferie, grandi visioni, grattacieli, supermercati.
Dan Graham invece ha lavorato come un turista americano del Bronx: macchinetta automatica, scatti incerti, vetrine, interni dei McDonald’s.
Ho chiesto a Dan da dove venisse questa sua visione e mi ha confermato:
“Il punto centrale delle mie fotografie della periferia suburbana del dopoguerra a Brescia è stato senza dubbio influenzato dalla mia esperienza d’infanzia trascorsa nella periferia di New York. Il paesaggio della mia infanzia erano i centri commerciali, i primi McDonald’s, una bassa densità di zone di produzione e piccoli capannoni che ospitavano uffici. Questi erano tutti collocati nella nuova espansione dei sobborghi periferici, ancora percorsi da poche autostrade. Ho fotografato le case delle famiglie della classe lavoratrice, del New Jersey e di Brescia, che si sono mosse verso la piccola borghesia (classe medio-bassa), rappresentata nelle facciate delle strade in falso stile 'neo classicista', con connotazioni di falso lusso nei dettagli decorativi”.
Un confronto dispari, in fondo, un professionista della fotografia contro un dilettante.
Un occhio europeo ed uno americano.
Un abitante di centri storici famosi ed un ragazzo di strada dei sobborghi U.S.A.
Due visioni opposte che trovano curiosamente in Italia e a Brescia una ricomposizione, non nella storia della città antica, ma nelle sue emergenze più recenti, di edilizia periferica, di sobborghi middle class, di non luoghi.
Immagini, spesso dettagli, che fermano il quotidiano e non la storia.
LETIZIA CARIELLO
Don-Don
Inaugurazione sabato 2 aprile, fino al 21 maggio 2011
Alla sua prima personale in galleria, Letizia Cariello presenta un percorso di tre tappe che si apre con il Travel Stick, bastone da viaggio, con il quale l’artista sembra simbolicamente accompagnare i visitatori all’interno del suo lavoro, ispirandosi alle installazioni portatili che i pellegrini portavano con sé lungo la Via Francigena o il cammino di Compostela. Ai lati compare un polittico che annuncia immediatamente personalità composte e non ricomponibili secondo gli schemi consueti: nel mondo interno le cose sono parole che si tingono di memoria e la memoria è sonno, non sogno.
Gli oggetti sono allineati come le parole in una frase tridimensionale di cui la parte profonda intuisce la presenza attraverso il filtro dell’occhio che guarda e riconosce: sasso, ma non solo. Piuma, ma non solo. Anta di organo, ma pittura, e così via.
Due piccole fotografie, Letto bianco e Letto rosso, accompagnano alla stanza centrale dove si smonta materialmente la scena del sonno ingaggiando il corpo dello spettatore in una serie di reazioni per conoscenza.
Un letto è: spalliere, materasso, copriletto, tempo silenzioso. Troviamo spalliere volate al muro ed appese a splendenti coltelli di acciaio, un materasso a terra da cui crescono capelli di corda rossa, un corpo disegnato su un copriletto-arazzo appoggiato verticalmente, mentre un orologio senza numeri canta i giorni della settimana attraverso le voci di 63 bambine del mondo.
Si approda infine ad un’isola di massi, su quali si sono appoggiate piume, penne, foglie, cucchiaini, corde, indumenti. Tutt’intorno oggetti vari e fotografie che vogliono rappresentare sé e il sé. Dicono cosa fanno ma chiamano ad un altro orizzonte.
Le creazioni dell’artista “nascono normalmente da una distrazione occasionale oppure da uno stupirsi per oggetti comuni che suscitano il desiderio di giocarci insieme e trasformarli. Con piacere Letizia prende in mano le cose, le smonta e rimonta, le mette vicine e cambia di posto i pezzi, le incolla o cuce, le lega o appende: il tutto in una frazione di secondo, prima nello sguardo e poi nelle mani. Un po' come succede con pensieri, immaginazioni e sogni.” (Silvano Fausti, Sul lavoro di Letizia Cariello, Milano, 2010).
Don…don…e mi dicono, Dormi!
Mi cantano, Dormi! Sussurrano,
Dormi! Bisbigliano, Dormi!
là voci di tenebra azzurra…
Mi sembrano canti di culla,
che fanno ch'io torni com'era…
sentivo mia madre… poi nulla…
sul far della sera.
(Giovanni Pascoli, La mia sera)
Nata a Copparo (Ferrara) nel 1965 dopo la prima personale ad Heidelberg nel 1996 ed in via Farini nel 2000, Letizia Cariello ha avuto personali al Museo Pecci di Prato, al Palazzo delle Papesse a Siena, alla Fondazione Olivetti a Roma, allo Studio Casoli (Milano e Roma). Ha partecipato alla Biennale di Architettura a Venezia (2008), alla Biennale di Istanbul ( 2010) e a numerose mostre collettive presso il Kurverein (Ludvigsburg), UKS (Oslo), Palazzo della Farnesina (Roma), MART (Trento e Rovereto). Sue installazioni permanenti si trovano alla Certosa di San Lorenzo (Padula SA), alla Rocca di Montestaffoli (San Gimignano) e numerose sono le opere in collezioni pubbliche e private, in Italia ed all’estero, fra cui National Museum of The Woman in The Arts (Washington), collezione Farnesina (Roma), Mint Museum (Charlotte NC), Museion Ar/geKunst (Bolzano).
02
aprile 2011
Basilico | Cariello | Graham
Dal 02 aprile al 21 maggio 2011
fotografia
presentazione
presentazione
Location
GALLERIA MASSIMO MININI
Brescia, Via Luigi Apollonio, 68, (Brescia)
Brescia, Via Luigi Apollonio, 68, (Brescia)
Orario di apertura
da lunedì a venerdì 10-19.30; sabato 15.30-19.30.
Vernissage
2 Aprile 2011, ore 18
Autore
Curatore