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Bastoni che passione. Dalla collezione di Luciano Cattaneo
I bastoni da passeggio raccolti da Luciano Cattaneo hanno offerto la possibilità di svelare un aspetto curioso della moda tra Ottocento e Novecento. In passato simbolo di potere, sostegno, strumento di difesa o complemento del vestiario, per alcuni decenni il bastone è stato inoltre un accessorio assolutamente imprescindibile, declinato in innumerevoli forme e materiali – legno, avorio, metallo, cuoio, ecc. – per adattarsi a ogni momento della vita sociale e da scegliere con cura, perché specchio della personalità di chi lo esibiva.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
LA MOSTRA – Negli ultimi anni la Pinacoteca Züst sta portando avanti un lavoro di studio sulle collezioni
presenti sul territorio che ha permesso di contestualizzare meglio quella di Rancate e di fare emergere la
ricchezza del panorama artistico ticinese. Si ricordano a questo proposito le rassegne dedicate alla raccolta di
Riccardo Molo (2009), di Luigi Bellasi (2013) e alle ceramiche d’autore (2014).
Questa mostra si inserisce quindi perfettamente in questo filone, che ha visto spesso proporre
tipologie varie di opere e non solo dipinti.
I bastoni da passeggio raccolti da Luciano Cattaneo hanno offerto la possibilità di svelare un aspetto curioso
della moda tra Ottocento e Novecento. Per alcuni decenni il bastone è stato infatti un accessorio
assolutamente imprescindibile, declinato in innumerevoli forme e materiali – legno, avorio, metallo, cuoio,
ecc. – per adattarsi a ogni momento della vita sociale e da scegliere con cura, perché specchio della personalità
di chi lo esibiva.
IL COLLEZIONISTA – L’avvocato Luciano Cattaneo, patrizio di Bironico, è un personaggio eclettico, con
molteplici hobby e interessi. La passione per i bastoni da passeggio nasce per caso in occasione di una vacanza
a Londra, visitando il celebre mercatino di Portobello, e lo porta a raccoglierne nel corso di alcuni decenni
diverse centinaia. Grande sportivo – scala il Kilimanjaro –, scrive saltuariamente su alcune testate, ma il suo
interesse per le cose genuine e tradizionali lo orienta soprattutto verso i quadri dell’Ottocento ticinese, gli
utensili contadini, gli oggetti a forma di gufo e rapace, animali che ama e protegge.
2 / 3
I BASTONI: BREVE STORIA– La mostra si apre con un cratere apulo del IV secolo a.C., che testimonia la
costante presenza del bastone nella storia dell’umanità e la sua ricorrenza, in epoca classica, quale
attributo delle divinità: sul lato principale sono raffigurati un satiro che regge il tirso, un bastone sacro legato al
dio Dioniso (Bacco per i romani) di corniola con pigna nel finale, e una menade, mentre sull’altro lato due
personaggi in conversazione si appoggiano a dei bastoni.
“Già dalla remota antichità il bastone era simbolo di potere, sia politico che religioso. Si pensi a imperatori,
papi, capi tribù, che lo esibivano quale segno di distinzione. A partire dal Settecento, e segnatamente
nell’Ottocento e nei primi decenni del Novecento, il bastone ebbe poi una larghissima diffusione presso tutti i
ceti sociali e la produzione si fece eterogenea e quanto mai fantasiosa. Al di là della loro primordiale funzione di
sostegno e di rudimentale difesa, presero infatti corpo quelli impreziositi da lavorazioni accuratissime e da
materiali di pregio, in aggiunta a quelli cosiddetti professionali, o animati e a sistema, ossia muniti degli
accessori più impensabili e stravaganti, e quindi trasformabili in attrezzi vari o perfino in armi da sparo o da
taglio. Vastissima fu poi la produzione di bastoni quali accessori di eleganza, sia maschile che femminile, da
esibire in società. Come ogni cosa, anche la moda del bastone ebbe poi una fine. Il declino iniziò dopo la
seconda guerra mondiale” (Luciano Cattaneo).
Il fascino di questo elemento è tanto forte che lo scrittore Giuseppe Scaraffia gli ha dedicato un intero capitolo
nel suo recente libro Il demone della frivolezza: qui si allinea una carrellata di celebri utilizzatori di bastoni da
passeggio – scrittori, artisti, filosofi, pensatori – e si ricorda che i dandy – e Oscar Wilde ne è un celebre
esempio – lo brandivano ancora, considerandolo un erede, più elegante, della spada per tanti secoli sfoggiata
dai gentiluomini. Uno degli ultimi a rendere omaggio al bastone da passeggio è Salvador Dalì, che da giovane
ne esibiva uno impreziosito da un pomo di cristallo.
Le signore amavano spesso sostituirlo con un grazioso ombrellino, come si può vedere in mostra in alcune
fotografie e nel frizzante ritratto che Giovanni Boldini dedica a un’elegante esponente dell’alta società.
TIPOLOGIE – I bastoni potevano essere realizzati con i più disparati materiali, in forme e
tipologie che permettevano alla fantasia degli artisti-artigiani di spaziare senza limiti. Nel XIX e XX
secolo sono soprattutto Francia e Inghilterra a inondare il mercato di questi prodotti: pare che solo in Francia se
ne realizzassero cinque milioni all’anno.
Il fusto era solitamente in legno: dall’ebano, al palissandro, al bambù, ai più nostrani alberi da frutto, al
corniolo, tasso o nocciolo. Per la parte superiore, l’impugnatura, si usavano anche vetro, metallo, o avorio (sia
di elefante che di ippopotamo, tricheco, balena).
Tra i pezzi sicuramente più curiosi e interessanti selezionati per la mostra vi sono i cosiddetti “bastoni a
sistema”. Essi contengono accessori che i vari proprietari potevano così portare sempre con sé: da quello del
notaio con penna, calamaio e tampone, a quello del pittore con pennelli e acquerelli, a quello da picnic con
cavatappi, coltello e forchetta, a quelli da difesa, che permettevano di sfoderare all’occorrenza stiletti o
addirittura armi da fuoco. Molto ricercati dai collezionisti sono anche i bastoni con richiami erotici, che
venivano utilizzati dai gentiluomini per recarsi agli appuntamenti galanti: uno di quelli esposti è munito di due
lenti microscopiche che, scrutate in controluce, mostrano fotografie di giovani donne nude colte in
atteggiamenti provocanti. I bastoni con raffigurata una civetta erano ad esempio utilizzati sulle banchine dei
porti da prostitute e omosessuali quale contrassegno distintivo per farsi riconoscere dai marinai che sbarcavano.
DIPINTI, FOTOGRAFIE, ABITI E RIVISTE: LO SPIRITO DI UN’EPOCA – La rassegna intende
contestualizzare i bastoni selezionati sia dal punto di vista storico che della moda: ad essi sono infatti
accostate fotografie (molte del celebre fotografo Roberto Donetta: si veda la biografia allegata), riviste
illustrate, dipinti, abiti coevi – tre conservati al Museo della Valle Blenio e appartenuti a due celebri
signore dell’Ottocento, Caterina Pagani, moglie del proprietario della fabbrica di cioccolato Cima Norma e a
Giulia Gianella, consorte dell’ingegnere Ferdinando, costruttore della ferrovia Biasca-Acquarossa – in un dialogo
serrato che permette di immergersi nello spirito dell’epoca.
Al piano terra un dandy dipinto da un autore anonimo dialoga strettamente con l’abito maschile esposto,
mentre al primo piano troviamo lo scultore Vincenzo Vela ritratto intorno all’età di quarant’anni con un bel
bastone dall’impugnatura in bronzo con testa di cinghiale. Filippo Ciani, fratello di Giacomo, filantropo e
sostenitore della causa risorgimentale, viene ritratto con un semplice bastone in legno che sottolinea il contegno
sobrio e severo dell’effigiato, da Bernardino Pasta (1828-1875): il bravo pittore di Mendrisio è stato riscoperto e sempre più studiato negli ultimi tempi anche grazie alla sua valorizzazione portata avanti dalla
Pinacoteca Züst. Ricordiamo infatti che molte sue opere si celano sotto la firma degli Induno, apposta da
antiquari che cercavano così di collocarli con una quotazione migliore.
Adolfo Feragutti Visconti (1850-1924) ci presenta in Ritratto in montagna una donna munita di un
Alpenstock. Il quadro è stato realizzato in atelier a partire da una fotografia scattata dall’autore. Questa e una
replica di dimensioni inferiori dimostrano che il nostro dipinto è stato tagliato su tutti i lati.
Giovanni Boldini (1842-1931) declina invece il bastone in versione femminile: la sua elegante e flessuosa
signora regge infatti un delicato ombrellino color panna. Boldini fa fortuna a Parigi proprio grazie a questo
genere di opere, che ritraggono signore dell’alta società con brio e civetteria. La poltrona bergère dipinta era
presente nel suo studio e utilizzata spesso per far accomodare i clienti.
presenti sul territorio che ha permesso di contestualizzare meglio quella di Rancate e di fare emergere la
ricchezza del panorama artistico ticinese. Si ricordano a questo proposito le rassegne dedicate alla raccolta di
Riccardo Molo (2009), di Luigi Bellasi (2013) e alle ceramiche d’autore (2014).
Questa mostra si inserisce quindi perfettamente in questo filone, che ha visto spesso proporre
tipologie varie di opere e non solo dipinti.
I bastoni da passeggio raccolti da Luciano Cattaneo hanno offerto la possibilità di svelare un aspetto curioso
della moda tra Ottocento e Novecento. Per alcuni decenni il bastone è stato infatti un accessorio
assolutamente imprescindibile, declinato in innumerevoli forme e materiali – legno, avorio, metallo, cuoio,
ecc. – per adattarsi a ogni momento della vita sociale e da scegliere con cura, perché specchio della personalità
di chi lo esibiva.
IL COLLEZIONISTA – L’avvocato Luciano Cattaneo, patrizio di Bironico, è un personaggio eclettico, con
molteplici hobby e interessi. La passione per i bastoni da passeggio nasce per caso in occasione di una vacanza
a Londra, visitando il celebre mercatino di Portobello, e lo porta a raccoglierne nel corso di alcuni decenni
diverse centinaia. Grande sportivo – scala il Kilimanjaro –, scrive saltuariamente su alcune testate, ma il suo
interesse per le cose genuine e tradizionali lo orienta soprattutto verso i quadri dell’Ottocento ticinese, gli
utensili contadini, gli oggetti a forma di gufo e rapace, animali che ama e protegge.
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I BASTONI: BREVE STORIA– La mostra si apre con un cratere apulo del IV secolo a.C., che testimonia la
costante presenza del bastone nella storia dell’umanità e la sua ricorrenza, in epoca classica, quale
attributo delle divinità: sul lato principale sono raffigurati un satiro che regge il tirso, un bastone sacro legato al
dio Dioniso (Bacco per i romani) di corniola con pigna nel finale, e una menade, mentre sull’altro lato due
personaggi in conversazione si appoggiano a dei bastoni.
“Già dalla remota antichità il bastone era simbolo di potere, sia politico che religioso. Si pensi a imperatori,
papi, capi tribù, che lo esibivano quale segno di distinzione. A partire dal Settecento, e segnatamente
nell’Ottocento e nei primi decenni del Novecento, il bastone ebbe poi una larghissima diffusione presso tutti i
ceti sociali e la produzione si fece eterogenea e quanto mai fantasiosa. Al di là della loro primordiale funzione di
sostegno e di rudimentale difesa, presero infatti corpo quelli impreziositi da lavorazioni accuratissime e da
materiali di pregio, in aggiunta a quelli cosiddetti professionali, o animati e a sistema, ossia muniti degli
accessori più impensabili e stravaganti, e quindi trasformabili in attrezzi vari o perfino in armi da sparo o da
taglio. Vastissima fu poi la produzione di bastoni quali accessori di eleganza, sia maschile che femminile, da
esibire in società. Come ogni cosa, anche la moda del bastone ebbe poi una fine. Il declino iniziò dopo la
seconda guerra mondiale” (Luciano Cattaneo).
Il fascino di questo elemento è tanto forte che lo scrittore Giuseppe Scaraffia gli ha dedicato un intero capitolo
nel suo recente libro Il demone della frivolezza: qui si allinea una carrellata di celebri utilizzatori di bastoni da
passeggio – scrittori, artisti, filosofi, pensatori – e si ricorda che i dandy – e Oscar Wilde ne è un celebre
esempio – lo brandivano ancora, considerandolo un erede, più elegante, della spada per tanti secoli sfoggiata
dai gentiluomini. Uno degli ultimi a rendere omaggio al bastone da passeggio è Salvador Dalì, che da giovane
ne esibiva uno impreziosito da un pomo di cristallo.
Le signore amavano spesso sostituirlo con un grazioso ombrellino, come si può vedere in mostra in alcune
fotografie e nel frizzante ritratto che Giovanni Boldini dedica a un’elegante esponente dell’alta società.
TIPOLOGIE – I bastoni potevano essere realizzati con i più disparati materiali, in forme e
tipologie che permettevano alla fantasia degli artisti-artigiani di spaziare senza limiti. Nel XIX e XX
secolo sono soprattutto Francia e Inghilterra a inondare il mercato di questi prodotti: pare che solo in Francia se
ne realizzassero cinque milioni all’anno.
Il fusto era solitamente in legno: dall’ebano, al palissandro, al bambù, ai più nostrani alberi da frutto, al
corniolo, tasso o nocciolo. Per la parte superiore, l’impugnatura, si usavano anche vetro, metallo, o avorio (sia
di elefante che di ippopotamo, tricheco, balena).
Tra i pezzi sicuramente più curiosi e interessanti selezionati per la mostra vi sono i cosiddetti “bastoni a
sistema”. Essi contengono accessori che i vari proprietari potevano così portare sempre con sé: da quello del
notaio con penna, calamaio e tampone, a quello del pittore con pennelli e acquerelli, a quello da picnic con
cavatappi, coltello e forchetta, a quelli da difesa, che permettevano di sfoderare all’occorrenza stiletti o
addirittura armi da fuoco. Molto ricercati dai collezionisti sono anche i bastoni con richiami erotici, che
venivano utilizzati dai gentiluomini per recarsi agli appuntamenti galanti: uno di quelli esposti è munito di due
lenti microscopiche che, scrutate in controluce, mostrano fotografie di giovani donne nude colte in
atteggiamenti provocanti. I bastoni con raffigurata una civetta erano ad esempio utilizzati sulle banchine dei
porti da prostitute e omosessuali quale contrassegno distintivo per farsi riconoscere dai marinai che sbarcavano.
DIPINTI, FOTOGRAFIE, ABITI E RIVISTE: LO SPIRITO DI UN’EPOCA – La rassegna intende
contestualizzare i bastoni selezionati sia dal punto di vista storico che della moda: ad essi sono infatti
accostate fotografie (molte del celebre fotografo Roberto Donetta: si veda la biografia allegata), riviste
illustrate, dipinti, abiti coevi – tre conservati al Museo della Valle Blenio e appartenuti a due celebri
signore dell’Ottocento, Caterina Pagani, moglie del proprietario della fabbrica di cioccolato Cima Norma e a
Giulia Gianella, consorte dell’ingegnere Ferdinando, costruttore della ferrovia Biasca-Acquarossa – in un dialogo
serrato che permette di immergersi nello spirito dell’epoca.
Al piano terra un dandy dipinto da un autore anonimo dialoga strettamente con l’abito maschile esposto,
mentre al primo piano troviamo lo scultore Vincenzo Vela ritratto intorno all’età di quarant’anni con un bel
bastone dall’impugnatura in bronzo con testa di cinghiale. Filippo Ciani, fratello di Giacomo, filantropo e
sostenitore della causa risorgimentale, viene ritratto con un semplice bastone in legno che sottolinea il contegno
sobrio e severo dell’effigiato, da Bernardino Pasta (1828-1875): il bravo pittore di Mendrisio è stato riscoperto e sempre più studiato negli ultimi tempi anche grazie alla sua valorizzazione portata avanti dalla
Pinacoteca Züst. Ricordiamo infatti che molte sue opere si celano sotto la firma degli Induno, apposta da
antiquari che cercavano così di collocarli con una quotazione migliore.
Adolfo Feragutti Visconti (1850-1924) ci presenta in Ritratto in montagna una donna munita di un
Alpenstock. Il quadro è stato realizzato in atelier a partire da una fotografia scattata dall’autore. Questa e una
replica di dimensioni inferiori dimostrano che il nostro dipinto è stato tagliato su tutti i lati.
Giovanni Boldini (1842-1931) declina invece il bastone in versione femminile: la sua elegante e flessuosa
signora regge infatti un delicato ombrellino color panna. Boldini fa fortuna a Parigi proprio grazie a questo
genere di opere, che ritraggono signore dell’alta società con brio e civetteria. La poltrona bergère dipinta era
presente nel suo studio e utilizzata spesso per far accomodare i clienti.
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aprile 2016
Bastoni che passione. Dalla collezione di Luciano Cattaneo
Dal 29 aprile al 04 settembre 2016
Location
PINACOTECA CANTONALE GIOVANNI ZUST
Rancate, Via Pinacoteca Züst, (Mendrisio)
Rancate, Via Pinacoteca Züst, (Mendrisio)
Biglietti
Intero: CHF/€ 10.-
Ridotto (pensionati, studenti, gruppi): CHF/€ 8.-
Visite guidate su prenotazione, anche fuori orario.
Orario di apertura
Maggio e giugno:
da martedì a domenica 9-12 / 14-17.
Luglio e agosto:
da martedì a domenica 14-18.
Chiuso: il lunedì. Aperto: tutti i festivi
Vernissage
29 Aprile 2016, ore 11 su invito
Curatore