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Beatrice Meoni – Tessere per unire
“Tessere per unire” è un invito rivolto ai giovani ad osservare con occhio più attento il mondo che ci circonda, molto più ricco del passato di spunti di riflessione e di approfondimento, per ritrovare i segni ed i colori presenti nell’essere umano fin dai primordi dell’umanità.
Comunicato stampa
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COMUNICATO STAMPA
“Tessere per unire” è un invito rivolto ai giovani ad osservare con occhio più attento il mondo che ci circonda, molto più ricco del passato di spunti di riflessione e di approfondimento, per ritrovare i segni ed i colori presenti nell’essere umano fin dai primordi dell’umanità.
Trama ed ordito, alla base della tessitura, sono da sempre testimonianza di civiltà e strumento di comunicazione; nei vari strati sociali delle comunità il tessuto è ancora oggi talmente evocativo di valori simbolici tanto da sostituirsi alla comunicazione verbale, un solido ponte tra passato e futuro.
Con questa rassegna si conclude il percorso iniziato con Ex Libris di Luciano Ghersi e proseguito con “Tessere arte” in cui, col contributo dell’Accademia di Brera, hanno interagito linguaggi e stili differenti. Cultura ed appartenenza etnica sono oggi sempre meno identità e sempre più dinamica relazionale. L’arte, in questo senso, può certamente essere lo strumento più immediato di scambio per i processi di integrazione delle diverse comunità. Argomento questo nel mondo contemporaneo di particolare attualità. Oggi si parla tanto di “globalizzazione” ma la cultura è sempre stata un fenomeno globale. Per esemplificare, la tecnica “mudsilk”, che consiste nel tingere la seta col fango di un fiume nel sudovest della Cina, era già conosciuta e praticata durante la dinastia Ming (1340) analogamente ai più recenti bogolanfini, cosiddetti tessuti “disegnati dal fango”, del Mali. Nella mostra è presente uno splendido esemplare rappresentativo di questa complessa ed elaborata procedura.
Fanno parte della rassegna le Molas , artigianato tessile legato all’abbigliamento tradizionale degli indios Kuna che abitano le isole di San Blas (Panama).
Con la sovrapposizione di strati di tessuto, ritagliati e finemente cuciti, si creano complicati e coloratissimi disegni di forte impatto visivo. I disegni tradizionali sono astratti, certamente derivati dalla decorazione geometrica anticamente utilizzata per dipingere il corpo. Stretto il rapporto con la natura, quale fonte di ispirazione: animali, piante, fiori.
Sono inoltre presenti pregevoli manufatti tessili, antichi e più recenti, dell’Africa Occidentale e Centrale, raramente esposti al pubblico in spazi non istituzionali. In particolare tessuti Ewe, Yoruba della Nigeria, Costa d’Avorio, Ghana, Mali. Di notevole valore artistico i tessuti in rafia Kuba (velluti del Kasai), con ricami a rilievo di etnia Shoowa (Congo).
Il filo rosso che lega la rassegna è costituito da una installazione di Beatrice Meoni. Partendo dalle stanze di garza, costruite precedentemente, Beatrice Meoni è arrivata alla sintesi di “Unità provvisoria”, stimolata dalla lettura di una recensione sulla mostra “Objets blessés: la réparation en Afrique al Musée du Quai Brainly a Parigi interamente dedicato all’arte e alla civilizzazione delle culture “non occidentali”.
“In Africa il deterioramento di un oggetto, nella fattispecie un oggetto rituale, quali ne siano le cause, non è considerato soltanto come un fatto materiale, ma rappresenta e svela un cattivo funzionamento della società. L’obiettivo non è di restituire all’oggetto il suo aspetto iniziale ma, in modo più sottile, di ridargli forma. Ricucire non è restaurare ma suggerisce un’arte che serve a curare e trattenere l’utilità di oggetti feriti dall’uso o dalla semplice distrazione.”
Da qui l’unità intesa come spazio generico, non più la stanza o la camera, ma un contenitore, in questo caso di una vecchia Singer, anch’essa di garza e del suo filo. Una macchina da cucire che trasforma, come spesso accade in certi paesi del mondo, la strada in uno spazio dove si cuciono abiti, nello stesso modo in cui da noi trasforma le case in clandestini luoghi di lavoro.
Un’unità provvisoria costruita con pezzi di un materiale fragile usato per medicare ferite, la garza, cuciti insieme con una simbolica filza, non più una cucitura nascosta tra le pieghe del tessuto o una cucitura regolare a segnare le pareti, ma punti volutamente visibili che non nascondono la ferita, ma in qualche modo la mostrano tenendo insieme provvisorietà esistenziali che appartengono al mondo dell’immigrazione ma anche a quello del lavoro femminile.
La collaborazione del gruppo ligure dell’associazione culturale nazionale Coordinamento Tessitori di Firenze permetterà la realizzazione dei laboratori di tessitura, su telaio africano, previsti per le scuole primarie del territorio.
“Tessere per unire” è un invito rivolto ai giovani ad osservare con occhio più attento il mondo che ci circonda, molto più ricco del passato di spunti di riflessione e di approfondimento, per ritrovare i segni ed i colori presenti nell’essere umano fin dai primordi dell’umanità.
Trama ed ordito, alla base della tessitura, sono da sempre testimonianza di civiltà e strumento di comunicazione; nei vari strati sociali delle comunità il tessuto è ancora oggi talmente evocativo di valori simbolici tanto da sostituirsi alla comunicazione verbale, un solido ponte tra passato e futuro.
Con questa rassegna si conclude il percorso iniziato con Ex Libris di Luciano Ghersi e proseguito con “Tessere arte” in cui, col contributo dell’Accademia di Brera, hanno interagito linguaggi e stili differenti. Cultura ed appartenenza etnica sono oggi sempre meno identità e sempre più dinamica relazionale. L’arte, in questo senso, può certamente essere lo strumento più immediato di scambio per i processi di integrazione delle diverse comunità. Argomento questo nel mondo contemporaneo di particolare attualità. Oggi si parla tanto di “globalizzazione” ma la cultura è sempre stata un fenomeno globale. Per esemplificare, la tecnica “mudsilk”, che consiste nel tingere la seta col fango di un fiume nel sudovest della Cina, era già conosciuta e praticata durante la dinastia Ming (1340) analogamente ai più recenti bogolanfini, cosiddetti tessuti “disegnati dal fango”, del Mali. Nella mostra è presente uno splendido esemplare rappresentativo di questa complessa ed elaborata procedura.
Fanno parte della rassegna le Molas , artigianato tessile legato all’abbigliamento tradizionale degli indios Kuna che abitano le isole di San Blas (Panama).
Con la sovrapposizione di strati di tessuto, ritagliati e finemente cuciti, si creano complicati e coloratissimi disegni di forte impatto visivo. I disegni tradizionali sono astratti, certamente derivati dalla decorazione geometrica anticamente utilizzata per dipingere il corpo. Stretto il rapporto con la natura, quale fonte di ispirazione: animali, piante, fiori.
Sono inoltre presenti pregevoli manufatti tessili, antichi e più recenti, dell’Africa Occidentale e Centrale, raramente esposti al pubblico in spazi non istituzionali. In particolare tessuti Ewe, Yoruba della Nigeria, Costa d’Avorio, Ghana, Mali. Di notevole valore artistico i tessuti in rafia Kuba (velluti del Kasai), con ricami a rilievo di etnia Shoowa (Congo).
Il filo rosso che lega la rassegna è costituito da una installazione di Beatrice Meoni. Partendo dalle stanze di garza, costruite precedentemente, Beatrice Meoni è arrivata alla sintesi di “Unità provvisoria”, stimolata dalla lettura di una recensione sulla mostra “Objets blessés: la réparation en Afrique al Musée du Quai Brainly a Parigi interamente dedicato all’arte e alla civilizzazione delle culture “non occidentali”.
“In Africa il deterioramento di un oggetto, nella fattispecie un oggetto rituale, quali ne siano le cause, non è considerato soltanto come un fatto materiale, ma rappresenta e svela un cattivo funzionamento della società. L’obiettivo non è di restituire all’oggetto il suo aspetto iniziale ma, in modo più sottile, di ridargli forma. Ricucire non è restaurare ma suggerisce un’arte che serve a curare e trattenere l’utilità di oggetti feriti dall’uso o dalla semplice distrazione.”
Da qui l’unità intesa come spazio generico, non più la stanza o la camera, ma un contenitore, in questo caso di una vecchia Singer, anch’essa di garza e del suo filo. Una macchina da cucire che trasforma, come spesso accade in certi paesi del mondo, la strada in uno spazio dove si cuciono abiti, nello stesso modo in cui da noi trasforma le case in clandestini luoghi di lavoro.
Un’unità provvisoria costruita con pezzi di un materiale fragile usato per medicare ferite, la garza, cuciti insieme con una simbolica filza, non più una cucitura nascosta tra le pieghe del tessuto o una cucitura regolare a segnare le pareti, ma punti volutamente visibili che non nascondono la ferita, ma in qualche modo la mostrano tenendo insieme provvisorietà esistenziali che appartengono al mondo dell’immigrazione ma anche a quello del lavoro femminile.
La collaborazione del gruppo ligure dell’associazione culturale nazionale Coordinamento Tessitori di Firenze permetterà la realizzazione dei laboratori di tessitura, su telaio africano, previsti per le scuole primarie del territorio.
23
maggio 2008
Beatrice Meoni – Tessere per unire
Dal 23 maggio al 20 giugno 2008
arte etnica
Location
GALLERIA AGHEIRO
Lavagna, Corso Buenos Ayres, 60, (Genova)
Lavagna, Corso Buenos Ayres, 60, (Genova)
Orario di apertura
Dal mercoledì al sabato 16,00-19,30
altri orari su appuntamento
Vernissage
23 Maggio 2008, 17,30
Autore
Curatore