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Beauty Codes (order/disorder/chaos)
La mostra Beauty Codes (order/disorder/chaos) nasce dal lavoro congiunto di tre spazi internazionali, CURA., Fondazione Giuliani e #kunsthallelissabon e si sviluppa nell’arco di sei mesi in tre tappe successive.
Comunicato stampa
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All’origine del pensiero moderno si configura la contrapposizione tra ordine e disordine, “impulsi e tendenze antitetici dalla cui modulabile combinazione scaturisce in ogni tempo l’opera d’arte”. Partendo dallo schematico binomio elaborato da Friedrich Nietzsche ne La Nascita della tragedia, la mostra Beauty Codes (order/disorder/chaos) nasce dal lavoro congiunto di tre spazi internazionali, CURA., Fondazione Giuliani e #kunsthallelissabon e si sviluppa nell’arco di sei mesi in tre tappe successive.
Liberamente concepito secondo i codici narrativi della tragedia greca, Beauty Codes si apre con una voce singola e si evolve in un graduale processo di stratificazione e accumulazione che sconvolge l'ordine originario frammentandolo in molteplici punti di vista, confini distrutti e ruoli sconvolti. Alla fine, al caos segue una fase di sottrazione caratterizzata da una nuova configurazione degli oggetti e tracce rimaste delle azioni precedenti. L’intero ciclo espositivo si origina nell’ordine e nell’armonia, scorre attraverso il disordine e il caos e giunge alla creazione di una nuova condizione di quiete.
Il progetto è iniziato presso CURA.BASEMENT con l’installazione Why Should Our Bodies End At The Skin? (2012) di Lili Reynaud-Dewar, un lavoro che funziona come collegamento dei tre atti della piéce messa in scena su tre distinti stage e che sarà presentata in forma diversa presso la Fondazione Giuliani. Come nella tradizione classica, la voce narrante è chiamata ad annunciare l’azione scenica prima del suo vero e proprio inizio, a spiegare gli avvenimenti e le conseguenti azioni che causano il capovolgimento dei ruoli, la moltiplicazione di forme e prospettive, il disordine e infine il ristabilirsi (in modo mai ordinato) dell’assetto precedente.
Il lavoro di Reynaud-Dewar, incentrato sul rapporto tra corpo, linguaggio, letteratura e identità, è parte della mise en scéne della mostra, il deus ex machina di antica memoria, la voce narrante che accompagna il complesso svolgersi dell’intera performance.
L’opera / (- (2013) di Daniel Steegmann Mangrané annuncia l’iniziare dell’Atto I alla Fondazione Giuliani. Varcando la soglia dello spazio espositivo lo spettatore passa attraverso quattro tende di alluminio, come se percorresse il proscenio di un palco. Questa delimitazione relazionale di spazio e movimento confonde la distinzione tra palcoscenico e pubblico, tra attore e spettatore, e anticipa ciò che sta per accadere.
Dopo aver percorso il proscenio, lo spettatore si ritrova al centro della scena, osservatore e partecipante, in una giustapposizione di differenti pratiche artistiche e configurazioni. I lavori di Haris Epaminonda scandiscono lo spazio espositivo come note di una composizione spaziale e concentrano la scena dell’azione mentre demoliscono le tradizionali modalità del display di una mostra. Lo spazio dell’azione è osservato dai busti in bronzo di Bullen, Dandy e Strumpet (tutto il 2013), i personaggi di The Humans di Alexandre Singh, una commedia in tre atti basata sul tema dell’introduzione del caos in un cosmo che altrimenti sarebbe ordinato e modellata sulle opere di Aristofane.
Al posto di realizzare una singola logica narrativa, l’Atto I costruisce una giustapposizione disordinata delle opere in cui differenti tipologie di narrazione si legano e s’intersecano liberamente per generare una sovrapposizione di trame. Qualunque traiettoria lineare è ulteriormente smantellata da una stratificazione di interventi, un contemporaneo attuarsi di perfomance che riconsiderano il ruolo degli attori e degli spettatori. I lavori di Amalia Pica, Pedro Barateiro, e Jacopo Miliani riconfigurano lo spazio con sculture in atto. Con Plans for the Construction of Paradise (2010-2013), Barateiro rompe la divisione tra autore e spettatore attraverso l’interazione con il pubblico e l’attivazione del tradizionale ruolo passivo dello spettatore. Un’allusione ai giochi, ai rituali e ai rompicapo, le miriadi di possibili configurazioni astratte di un’opera dialogano indirettamente con il lavoro A∩B∩C (line) (2013) di Amalia Pica. Sia installazione che performance, l’opera è attivata dalla continua riconfigurazione delle diverse forme in Perspex, metafora dei differenti significati, funzioni e interpretazioni della comunicazione individuale e collettiva. Nei lavori di Jacopo Miliani, la cui ricerca si pone principalmente come investigazione sulla teatralità, le sculture diventano corpi in movimento. Attraverso azioni minime, gesti raffinati e materiali semplici, gli spazi della Fondazione diventano il luogo dove il caos prende forma e lascia le sue tracce.
Nel video di Pablo Bronstein, Young man spills cremated remains onto the floor I (2012), presentato per la prima volta al pubblico, una mise-en-scène fortemente stilizzata raffigura un personaggio maschile la cui teatralità lo sospende tra la rappresentazione di una classica scultura greca e un cortigiano barocco. Infine, il film iconico di Fischli / Weiss, Der Lauf der Dinge (1987), trasforma oggetti quotidiani in agenti di movimento. Un percorso di azioni e conseguenze, momenti precari di equilibrio e stabilità, trasmutazione e collasso, la connessione tra causa ed effetto induce lo spettatore a interrogativi metafisici sul mondo, sul modo in cui le ‘cose’ vanno avanti.
Prologo
CURA. Roma
dal 28 aprile al 31 maggio, 2015
con Lili Reynaud-Dewar
Atto I
Fondazione Giuliani, Roma
dal 22 maggio al 17 luglio 2015
con Lili Reynaud-Dewar, Pedro Barateiro, Pablo Bronstein, Haris Epaminonda, Fischli/Weiss, Jacopo Miliani, Amalia Pica, Alexandre Singh, Daniel Steegmann Mangrané
Atto II
#kunsthallelissabon, Lisbona
inaugurazione lunedì 27 luglio
dal 28 luglio al 23 ottobre 2015
con Lili Reynaud-Dewar, Haris Epaminonda, Luca Francesconi, Jacopo Miliani, André Romão, Daniel Steegmann Mangrané
Liberamente concepito secondo i codici narrativi della tragedia greca, Beauty Codes si apre con una voce singola e si evolve in un graduale processo di stratificazione e accumulazione che sconvolge l'ordine originario frammentandolo in molteplici punti di vista, confini distrutti e ruoli sconvolti. Alla fine, al caos segue una fase di sottrazione caratterizzata da una nuova configurazione degli oggetti e tracce rimaste delle azioni precedenti. L’intero ciclo espositivo si origina nell’ordine e nell’armonia, scorre attraverso il disordine e il caos e giunge alla creazione di una nuova condizione di quiete.
Il progetto è iniziato presso CURA.BASEMENT con l’installazione Why Should Our Bodies End At The Skin? (2012) di Lili Reynaud-Dewar, un lavoro che funziona come collegamento dei tre atti della piéce messa in scena su tre distinti stage e che sarà presentata in forma diversa presso la Fondazione Giuliani. Come nella tradizione classica, la voce narrante è chiamata ad annunciare l’azione scenica prima del suo vero e proprio inizio, a spiegare gli avvenimenti e le conseguenti azioni che causano il capovolgimento dei ruoli, la moltiplicazione di forme e prospettive, il disordine e infine il ristabilirsi (in modo mai ordinato) dell’assetto precedente.
Il lavoro di Reynaud-Dewar, incentrato sul rapporto tra corpo, linguaggio, letteratura e identità, è parte della mise en scéne della mostra, il deus ex machina di antica memoria, la voce narrante che accompagna il complesso svolgersi dell’intera performance.
L’opera / (- (2013) di Daniel Steegmann Mangrané annuncia l’iniziare dell’Atto I alla Fondazione Giuliani. Varcando la soglia dello spazio espositivo lo spettatore passa attraverso quattro tende di alluminio, come se percorresse il proscenio di un palco. Questa delimitazione relazionale di spazio e movimento confonde la distinzione tra palcoscenico e pubblico, tra attore e spettatore, e anticipa ciò che sta per accadere.
Dopo aver percorso il proscenio, lo spettatore si ritrova al centro della scena, osservatore e partecipante, in una giustapposizione di differenti pratiche artistiche e configurazioni. I lavori di Haris Epaminonda scandiscono lo spazio espositivo come note di una composizione spaziale e concentrano la scena dell’azione mentre demoliscono le tradizionali modalità del display di una mostra. Lo spazio dell’azione è osservato dai busti in bronzo di Bullen, Dandy e Strumpet (tutto il 2013), i personaggi di The Humans di Alexandre Singh, una commedia in tre atti basata sul tema dell’introduzione del caos in un cosmo che altrimenti sarebbe ordinato e modellata sulle opere di Aristofane.
Al posto di realizzare una singola logica narrativa, l’Atto I costruisce una giustapposizione disordinata delle opere in cui differenti tipologie di narrazione si legano e s’intersecano liberamente per generare una sovrapposizione di trame. Qualunque traiettoria lineare è ulteriormente smantellata da una stratificazione di interventi, un contemporaneo attuarsi di perfomance che riconsiderano il ruolo degli attori e degli spettatori. I lavori di Amalia Pica, Pedro Barateiro, e Jacopo Miliani riconfigurano lo spazio con sculture in atto. Con Plans for the Construction of Paradise (2010-2013), Barateiro rompe la divisione tra autore e spettatore attraverso l’interazione con il pubblico e l’attivazione del tradizionale ruolo passivo dello spettatore. Un’allusione ai giochi, ai rituali e ai rompicapo, le miriadi di possibili configurazioni astratte di un’opera dialogano indirettamente con il lavoro A∩B∩C (line) (2013) di Amalia Pica. Sia installazione che performance, l’opera è attivata dalla continua riconfigurazione delle diverse forme in Perspex, metafora dei differenti significati, funzioni e interpretazioni della comunicazione individuale e collettiva. Nei lavori di Jacopo Miliani, la cui ricerca si pone principalmente come investigazione sulla teatralità, le sculture diventano corpi in movimento. Attraverso azioni minime, gesti raffinati e materiali semplici, gli spazi della Fondazione diventano il luogo dove il caos prende forma e lascia le sue tracce.
Nel video di Pablo Bronstein, Young man spills cremated remains onto the floor I (2012), presentato per la prima volta al pubblico, una mise-en-scène fortemente stilizzata raffigura un personaggio maschile la cui teatralità lo sospende tra la rappresentazione di una classica scultura greca e un cortigiano barocco. Infine, il film iconico di Fischli / Weiss, Der Lauf der Dinge (1987), trasforma oggetti quotidiani in agenti di movimento. Un percorso di azioni e conseguenze, momenti precari di equilibrio e stabilità, trasmutazione e collasso, la connessione tra causa ed effetto induce lo spettatore a interrogativi metafisici sul mondo, sul modo in cui le ‘cose’ vanno avanti.
Prologo
CURA. Roma
dal 28 aprile al 31 maggio, 2015
con Lili Reynaud-Dewar
Atto I
Fondazione Giuliani, Roma
dal 22 maggio al 17 luglio 2015
con Lili Reynaud-Dewar, Pedro Barateiro, Pablo Bronstein, Haris Epaminonda, Fischli/Weiss, Jacopo Miliani, Amalia Pica, Alexandre Singh, Daniel Steegmann Mangrané
Atto II
#kunsthallelissabon, Lisbona
inaugurazione lunedì 27 luglio
dal 28 luglio al 23 ottobre 2015
con Lili Reynaud-Dewar, Haris Epaminonda, Luca Francesconi, Jacopo Miliani, André Romão, Daniel Steegmann Mangrané
21
maggio 2015
Beauty Codes (order/disorder/chaos)
Dal 21 maggio al 17 luglio 2015
arte contemporanea
Location
FONDAZIONE GIULIANI PER L’ARTE CONTEMPORANEA
Roma, Via Gustavo Bianchi, 1, (Roma)
Roma, Via Gustavo Bianchi, 1, (Roma)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 15-19.30
Vernissage
21 Maggio 2015, ore 18.00
Autore