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Before we vanish
La rassegna fa parte del progettoc Substainable Thinking, in collaborazione con Fondazione Ferragamo e Museo Salvatore Ferragamo e vuole mostrare il lavoro di dieci artisti internazionali e il loro rapporto con il mondo vegetale e animale
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Terzo appuntamento con la rassegna video
ideata da Beatrice Bulgari per In Between Art Film, a cura di Paola
Ugolini, per la Sala Cinema del Museo Novecento. Before we vanish,
questo il titolo della rassegna in programma dal 12 aprile al 4 luglio
2019, fa parte del progetto Substainable Thinking, in collaborazione
con Fondazione Ferragamo e Museo Salvatore Ferragamo e vuole
mostrare, il lavoro di dieci artisti internazionali (Masbedo, Janis Rafa,
Oliver Ressler, Salvatore Arancio, Shadi Harouni, Sigalit Landau, Elena
Mazzi e Sara Tirelli, José Guerrero con Antonio Blanco, Rä di Martino) e
il loro rapporto con il mondo vegetale e animale.
La natura, intesa sia come forza generatrice, spiritualmente connessa
con la vita umana sia come simulacro di un presente angosciante, è il
filo conduttore del progetto. Con le loro opere questi artisti ci invitano
a riflettere sulla nostra esistenza. Il mondo in cui viviamo è in grave
pericolo, l’ecosistema è seriamente minacciato da uno sfruttamento
sistematico e non etico delle sue risorse. Il problema è globale ed è un
problema politico più che tecnico o scientifico e gli artisti, come
moderne Cassandre, ci stanno mettendo in guardia.
L'opera di Janis Rafa (Atene, 1984) indaga la condizione di mortalità,
lutto e melanconia in relazione al mondo naturale. Le sue narrazioni
sono spesso situate ai margini della realtà urbana, in luoghi inospitali e
sinistri. La natura criptica ma universale di questi mondi
cinematografici incomincia sempre con un certa dose di realismo
piuttosto spiazzante perché ha molto poco in comune con la sua
usuale rappresentazione. Quella di Janis Rafa è una realtà
sdrucciolevole che ci porta in una dimensione sospesa fra sogno e
sensualità terrena in cui i morti e i vivi, gli esseri umani e i non umani
coesistono con una certa inaspettata armonia. Nel video Winter Came
Early (2015) l'impatto violento di una macchina scrolla vigorosamente
un mandorlo per dieci secondi, provocando la caduta prematura delle
foglie. L'azione è catturata da una fotocamera ad alta velocità a
2000fps. L'opera è una lucida metafora dell'intervento brutale
dell'uomo sulla natura e allo stesso tempo della caducità della vita.
Oliver Ressler (Knittelfeld, 1970) nel video Leave it in the ground
(2013) ci mostra come il cambiamento climatico non sia più un
fenomeno da immaginare come oscura minaccia futura ma come
tragico evento già in fieri. Le sue nefaste conseguenze sono la
progressiva desertificazione delle aree coltivabili, la maggiore siccità, le
precipitazioni meno frequenti ma più violente e dannose, gli inferiori
rendimenti delle colture, un insieme di fattori che stanno inasprendo i
conflitti sociali e di cui molte popolazioni stanno già soffrendo. Il
cambiamento climatico ha aumentato la povertà e la violenza, le
migrazioni di massa, le crisi sociali e le guerre civili che sono diventate
guerre fra poveri. Purtroppo i poteri forti, nonostante i chiari
avvertimenti dei molti disastri ambientali avvenuti negli ultimi anni,
non hanno ancora messo in atto una seria strategia per ridurre l’uso di
carburanti fossili che sono la causa principale del riscaldamento
globale. È come se una sorta di fondamentalismo procombustibile
fossile stia dominando il nostro pianeta che, se non saprà fermarsi in
tempo, ne verrà travolto. Leave it in the ground descrive la crisi
climatica non come un problema tecnico o scientifico ma
principalmente come un problema politico.
L’artista israeliana Sigalit Landau (Gerusalemme, 1969) nelle sue opere
mette in scena delle narrazioni che documentano, presuppongono o
prefigurano un’azione. Quello che l’artista vuole realizzare, con un
approccio multimediale, è un mondo poetico capace di creare “nuove
realtà emotive” che possano avere una presa diretta sulla vita con le
sue profonde e spesso dolorose contraddizioni. La desolata bellezza
delle acque del Mar Morto, un lago salato che bagna Israele,
Cisgiordania e Giordania le cui rive si trovano 400 metri sotto il livello
del mare, è da quindici anni il suo posto del cuore, perché “…credo che
questo sia il luogo dove verità e spiritualità diventano realtà quasi
tangibili..”. Nel video Salt Lake (2011) un paio di scarponi da lavoro
ricoperti di sale del Mar Morto cristallizzato dal gelo sprofondano
lentamente sulla superficie ghiacciata di un lago dell’Europa Centrale,
un’immagine di desolata solitudine, struggente e potente nella sua
tragica semplicità che ci mostra tutta la sofferenza e il dolore dello
sradicamento, del peso della memoria e della Storia. È probabilmente
questo uno degli aspetti più interessanti dell’arte israeliana
contemporanea, il saper mescolare tradizione e innovazione nella
realizzazione di lavori impregnati di una memoria storica collettiva che
invita alla riflessione, pur non scadendo mai nella banale ovvietà del
citazionismo.
Il fascino estetico legato ai passati sistemi di classificazione scientifica
usato dagli studiosi di zoologia e botanica è il tema centrale del video
di Salvatore Arancio (Catania, 1974) Birds (2012) che l’artista ha girato
in super 8 all’interno del Museo di Zoologia di Bologna. L’opera ci
mostra la straordinaria collezione ornitologica di esemplari italiani
riunita dai collezionisti Zaifagnin e Bertocchi nella prima metà del ‘900.
Il disorientamento visivo caro a questo artista è qui utilizzato per
enfatizzare la sinistra e misteriosa natura di ogni singola inquadratura
e gli animali impagliati raccontano un mondo che è stato cristallizzato
nell’assolutezza immobile della morte. Il disboscamento a fini
commerciali sta privando molte specie animali del loro habitat
naturale mettendoli a rischio di estinzione e queste immagini di volatili
immobili potrebbero essere una triste prefigurazione di un futuro privo
di uccelli nel cielo.
Elena Mazzi (Reggio Emilia, 1984) nel suo lavoro indaga il rapporto tra
l’uomo e l’ambiente che lo circonda, nel quale vive e con il quale si
confronta ogni giorno. Una ricerca artistica quasi di tipo antropologico
per analizzare un’identità che è allo stesso tempo sia personale che
collettiva. Importante è per questa artista il rapporto con uno specifico
territorio di cui deve avere esperienza diretta e non mediata o distorta
dai mezzi di comunicazione. Sara Tirelli (Gorizia, 1979) è un'artista e
filmmaker il cui lavoro si colloca lungo il confine tra arte e cinema.
Nella sua ricercal'esperienza cinematografica è intesa come processo
sensoriale e cognitivo ed i suoi lavori indagano il rapporto tra
percezione, media e cultura. In A Fragmented world (2016), Mazzi e
Tirelli, propongono una visualizzazione della teoria delle fratture del
fisico Bruno Giorgini. L’interazione fra arte e scienza produce sempre
interessanti risultati come si evince guardando questo complesso e
visivamente affascinante lavoro, che utilizza il paradigma della
dinamica delle fratture riguardante la morfogenesi e la morfo-
dinamica del paesaggio vulcanico dell’Etna. La stratificazione del
vulcano siciliano cambia infatti continuamente la sua conformazione a
causa delle numerose eruzioni. Le inquadrature iniziali ci mostrano la
potenza della natura; sono delle immagini sovrapposte di alcune zone
dell’Etna realizzate in momenti diversi. Alcune sono state prodotte in
anni passati a scopo puramente scientifico per valutare le variazioni
morfologiche della struttura vulcanica, mentre altre sono state
realizzate dalle autrici del video. Questa modalità di sovrapposizione
delle immagini illustra il ciclo di trasformazione che ha subito questo
territorio brullo e discontinuo. Nel video ad un tratto entra
inaspettatamente in scena un podista che corre sul terreno vulcanico.
Questa presenza umana – incongrua e spiazzante – e la velocità con cui
il podista si sposta sul terreno accidentato, danno una consistenza
diversa al paesaggio rendendolo assai più concreto, e a noi
contemporaneo.
José Guerrero (Granada, 1979) e Antonio Blanco (Jerez de la Frontera,
1979) sono due artisti spagnoli, rispettivamente artista visivo e
compositore, che si sono conosciuti mentre erano residenti presso la
Real Academia de España di Roma, a cavallo tra il 2015 e il 2016 e che,
in seguito alla residenza, hanno deciso di realizzare questo progetto
video a quattro mani. José, che lavora principalmente con la fotografia,
ha realizzato nella capitale questo suo primo video con il commento
sonoro di Antonio, compositore musicale, che si è appassionato
all’idea che Roma, l’Urbs Aeterna, potesse lasciare una traccia nella
narrazione della sua musica. Il video è un viaggio non convenzionale
attraverso Roma, i luoghi da cartolina sono stati evitati per evitare il
peso di stereotipi estetici troppo ingombranti preferendo mostrare
della capitale dei luoghi e degli elementi secondari, meno noti, ma non
per questo meno affascinanti, come l’antico acquedotto Aurelio e
l’acqua del Tevere che diventa la protagonista del video. Roma 3
Variazioni (2016) è una trilogia che presenta un dialogo perfetto fra
immagini e musica e ci mostra una Roma diversa, lontana dalla sua
convulsa realtà urbana, una Roma quasi bucolica attraverso un
percorso che diventa metafora della vita.
L’artista iraniana Shadi Harouni (Hamedan, 1985) ha girato il video The
Lightest of stones in una cava di pietre del Kurdistan dove un gruppo di
uomini, confinati in quel luogo inospitale a causa delle loro idee
politiche, discutono di ISIS, di antiche leggende popolate da draghi ed
eroi mitologici, di arte e delle sexy-dive americane come Jenifer Lopez.
L’artista, girata sempre di schiena, scava con le mani nude la terra per
estrarre delle pietre, mentre gli uomini continuano a chiacchierare fra
di loro fra il serio e il faceto interrogandosi anche sul senso dell’azione
fisica faticosa e illogica che la ragazza sta compiendo.
Rä di Martino (Roma, 1975) nel video Poor Poor Jerry (2018) utilizza il
linguaggio dell’animazione attingendo a quell’immaginario collettivo e
facilmente condivisibile che si è formato negli anni attraverso il
cinema, la televisione e la musica. L’artista mette in scena una vera e
propria “desolazione animata” sovvertendo l’abituale leggerezza del
linguaggio pop, svelandone quindi la vacuità, per accompagnarci
nell’inaspettato processo introspettivo di un personaggio dei cartoon.
Jerry, il famoso protagonista dei cartoni animati americani Tom &
Jerry, appare stanco, invecchiato e solo, si aggira triste e pensieroso in
un paesaggio inospitale, desertico e disabitato, forse una
prefigurazione di un desolato scenario naturale postatomico. La traccia
sonora che fa da sottofondo al suo peregrinare stanco è composta da
spezzoni di dialoghi e frammenti di canzoni amorose e romantiche
tratti da alcuni film famosi e facilmente riconoscibili dal grande
pubblico. Il video mette in crisi il nostro bagaglio di ricordi ed emozioni
legati all’entertainment sia perché ci mostra una figura che siamo soliti
associare a delle emozioni positive in un momento di profonda crisi
personale, sia perché ci mette davanti la desolazione del paesaggio
ben lontano dalla piacevolezza di quello tipico dei cartoon.
MASBEDO (Nicolò Massazza, Milano 1973, Iacopo Bedogni, Sarzana
1970) nel video Le Voeu (2014) inquadrano una mano femminile di
pietra che giace nel fondo di un vaso trasparente pieno d’acqua.
Circondata dai tentacoli violetti delle meduse che le nuotano intorno
sembra in supplice attesa di un aiuto. Un'altra mano, maschile, la
raggiunge e la tiene stretta con forza nonostante le meduse urticanti
che gli bruciano la pelle. Forse solo la forza dell’amore ci potrà salvare?
L’amore inteso come atto di ribellione contro il destino, contro un
finale già scritto, l’amore come coraggio, come capacità di accogliere il
prossimo, anche chi è diverso, l’amore come capacità di sacrificare una
parte di noi stessi per la salvezza dell’altro.
La rassegna rientra nel progetto Substainable Thinking, in
collaborazione con Fondazione Ferragamo e Museo Salvatore
Ferragamo. Il progetto è reso possibile grazie al sostegno di Intesa
Sanpaolo.
ideata da Beatrice Bulgari per In Between Art Film, a cura di Paola
Ugolini, per la Sala Cinema del Museo Novecento. Before we vanish,
questo il titolo della rassegna in programma dal 12 aprile al 4 luglio
2019, fa parte del progetto Substainable Thinking, in collaborazione
con Fondazione Ferragamo e Museo Salvatore Ferragamo e vuole
mostrare, il lavoro di dieci artisti internazionali (Masbedo, Janis Rafa,
Oliver Ressler, Salvatore Arancio, Shadi Harouni, Sigalit Landau, Elena
Mazzi e Sara Tirelli, José Guerrero con Antonio Blanco, Rä di Martino) e
il loro rapporto con il mondo vegetale e animale.
La natura, intesa sia come forza generatrice, spiritualmente connessa
con la vita umana sia come simulacro di un presente angosciante, è il
filo conduttore del progetto. Con le loro opere questi artisti ci invitano
a riflettere sulla nostra esistenza. Il mondo in cui viviamo è in grave
pericolo, l’ecosistema è seriamente minacciato da uno sfruttamento
sistematico e non etico delle sue risorse. Il problema è globale ed è un
problema politico più che tecnico o scientifico e gli artisti, come
moderne Cassandre, ci stanno mettendo in guardia.
L'opera di Janis Rafa (Atene, 1984) indaga la condizione di mortalità,
lutto e melanconia in relazione al mondo naturale. Le sue narrazioni
sono spesso situate ai margini della realtà urbana, in luoghi inospitali e
sinistri. La natura criptica ma universale di questi mondi
cinematografici incomincia sempre con un certa dose di realismo
piuttosto spiazzante perché ha molto poco in comune con la sua
usuale rappresentazione. Quella di Janis Rafa è una realtà
sdrucciolevole che ci porta in una dimensione sospesa fra sogno e
sensualità terrena in cui i morti e i vivi, gli esseri umani e i non umani
coesistono con una certa inaspettata armonia. Nel video Winter Came
Early (2015) l'impatto violento di una macchina scrolla vigorosamente
un mandorlo per dieci secondi, provocando la caduta prematura delle
foglie. L'azione è catturata da una fotocamera ad alta velocità a
2000fps. L'opera è una lucida metafora dell'intervento brutale
dell'uomo sulla natura e allo stesso tempo della caducità della vita.
Oliver Ressler (Knittelfeld, 1970) nel video Leave it in the ground
(2013) ci mostra come il cambiamento climatico non sia più un
fenomeno da immaginare come oscura minaccia futura ma come
tragico evento già in fieri. Le sue nefaste conseguenze sono la
progressiva desertificazione delle aree coltivabili, la maggiore siccità, le
precipitazioni meno frequenti ma più violente e dannose, gli inferiori
rendimenti delle colture, un insieme di fattori che stanno inasprendo i
conflitti sociali e di cui molte popolazioni stanno già soffrendo. Il
cambiamento climatico ha aumentato la povertà e la violenza, le
migrazioni di massa, le crisi sociali e le guerre civili che sono diventate
guerre fra poveri. Purtroppo i poteri forti, nonostante i chiari
avvertimenti dei molti disastri ambientali avvenuti negli ultimi anni,
non hanno ancora messo in atto una seria strategia per ridurre l’uso di
carburanti fossili che sono la causa principale del riscaldamento
globale. È come se una sorta di fondamentalismo procombustibile
fossile stia dominando il nostro pianeta che, se non saprà fermarsi in
tempo, ne verrà travolto. Leave it in the ground descrive la crisi
climatica non come un problema tecnico o scientifico ma
principalmente come un problema politico.
L’artista israeliana Sigalit Landau (Gerusalemme, 1969) nelle sue opere
mette in scena delle narrazioni che documentano, presuppongono o
prefigurano un’azione. Quello che l’artista vuole realizzare, con un
approccio multimediale, è un mondo poetico capace di creare “nuove
realtà emotive” che possano avere una presa diretta sulla vita con le
sue profonde e spesso dolorose contraddizioni. La desolata bellezza
delle acque del Mar Morto, un lago salato che bagna Israele,
Cisgiordania e Giordania le cui rive si trovano 400 metri sotto il livello
del mare, è da quindici anni il suo posto del cuore, perché “…credo che
questo sia il luogo dove verità e spiritualità diventano realtà quasi
tangibili..”. Nel video Salt Lake (2011) un paio di scarponi da lavoro
ricoperti di sale del Mar Morto cristallizzato dal gelo sprofondano
lentamente sulla superficie ghiacciata di un lago dell’Europa Centrale,
un’immagine di desolata solitudine, struggente e potente nella sua
tragica semplicità che ci mostra tutta la sofferenza e il dolore dello
sradicamento, del peso della memoria e della Storia. È probabilmente
questo uno degli aspetti più interessanti dell’arte israeliana
contemporanea, il saper mescolare tradizione e innovazione nella
realizzazione di lavori impregnati di una memoria storica collettiva che
invita alla riflessione, pur non scadendo mai nella banale ovvietà del
citazionismo.
Il fascino estetico legato ai passati sistemi di classificazione scientifica
usato dagli studiosi di zoologia e botanica è il tema centrale del video
di Salvatore Arancio (Catania, 1974) Birds (2012) che l’artista ha girato
in super 8 all’interno del Museo di Zoologia di Bologna. L’opera ci
mostra la straordinaria collezione ornitologica di esemplari italiani
riunita dai collezionisti Zaifagnin e Bertocchi nella prima metà del ‘900.
Il disorientamento visivo caro a questo artista è qui utilizzato per
enfatizzare la sinistra e misteriosa natura di ogni singola inquadratura
e gli animali impagliati raccontano un mondo che è stato cristallizzato
nell’assolutezza immobile della morte. Il disboscamento a fini
commerciali sta privando molte specie animali del loro habitat
naturale mettendoli a rischio di estinzione e queste immagini di volatili
immobili potrebbero essere una triste prefigurazione di un futuro privo
di uccelli nel cielo.
Elena Mazzi (Reggio Emilia, 1984) nel suo lavoro indaga il rapporto tra
l’uomo e l’ambiente che lo circonda, nel quale vive e con il quale si
confronta ogni giorno. Una ricerca artistica quasi di tipo antropologico
per analizzare un’identità che è allo stesso tempo sia personale che
collettiva. Importante è per questa artista il rapporto con uno specifico
territorio di cui deve avere esperienza diretta e non mediata o distorta
dai mezzi di comunicazione. Sara Tirelli (Gorizia, 1979) è un'artista e
filmmaker il cui lavoro si colloca lungo il confine tra arte e cinema.
Nella sua ricercal'esperienza cinematografica è intesa come processo
sensoriale e cognitivo ed i suoi lavori indagano il rapporto tra
percezione, media e cultura. In A Fragmented world (2016), Mazzi e
Tirelli, propongono una visualizzazione della teoria delle fratture del
fisico Bruno Giorgini. L’interazione fra arte e scienza produce sempre
interessanti risultati come si evince guardando questo complesso e
visivamente affascinante lavoro, che utilizza il paradigma della
dinamica delle fratture riguardante la morfogenesi e la morfo-
dinamica del paesaggio vulcanico dell’Etna. La stratificazione del
vulcano siciliano cambia infatti continuamente la sua conformazione a
causa delle numerose eruzioni. Le inquadrature iniziali ci mostrano la
potenza della natura; sono delle immagini sovrapposte di alcune zone
dell’Etna realizzate in momenti diversi. Alcune sono state prodotte in
anni passati a scopo puramente scientifico per valutare le variazioni
morfologiche della struttura vulcanica, mentre altre sono state
realizzate dalle autrici del video. Questa modalità di sovrapposizione
delle immagini illustra il ciclo di trasformazione che ha subito questo
territorio brullo e discontinuo. Nel video ad un tratto entra
inaspettatamente in scena un podista che corre sul terreno vulcanico.
Questa presenza umana – incongrua e spiazzante – e la velocità con cui
il podista si sposta sul terreno accidentato, danno una consistenza
diversa al paesaggio rendendolo assai più concreto, e a noi
contemporaneo.
José Guerrero (Granada, 1979) e Antonio Blanco (Jerez de la Frontera,
1979) sono due artisti spagnoli, rispettivamente artista visivo e
compositore, che si sono conosciuti mentre erano residenti presso la
Real Academia de España di Roma, a cavallo tra il 2015 e il 2016 e che,
in seguito alla residenza, hanno deciso di realizzare questo progetto
video a quattro mani. José, che lavora principalmente con la fotografia,
ha realizzato nella capitale questo suo primo video con il commento
sonoro di Antonio, compositore musicale, che si è appassionato
all’idea che Roma, l’Urbs Aeterna, potesse lasciare una traccia nella
narrazione della sua musica. Il video è un viaggio non convenzionale
attraverso Roma, i luoghi da cartolina sono stati evitati per evitare il
peso di stereotipi estetici troppo ingombranti preferendo mostrare
della capitale dei luoghi e degli elementi secondari, meno noti, ma non
per questo meno affascinanti, come l’antico acquedotto Aurelio e
l’acqua del Tevere che diventa la protagonista del video. Roma 3
Variazioni (2016) è una trilogia che presenta un dialogo perfetto fra
immagini e musica e ci mostra una Roma diversa, lontana dalla sua
convulsa realtà urbana, una Roma quasi bucolica attraverso un
percorso che diventa metafora della vita.
L’artista iraniana Shadi Harouni (Hamedan, 1985) ha girato il video The
Lightest of stones in una cava di pietre del Kurdistan dove un gruppo di
uomini, confinati in quel luogo inospitale a causa delle loro idee
politiche, discutono di ISIS, di antiche leggende popolate da draghi ed
eroi mitologici, di arte e delle sexy-dive americane come Jenifer Lopez.
L’artista, girata sempre di schiena, scava con le mani nude la terra per
estrarre delle pietre, mentre gli uomini continuano a chiacchierare fra
di loro fra il serio e il faceto interrogandosi anche sul senso dell’azione
fisica faticosa e illogica che la ragazza sta compiendo.
Rä di Martino (Roma, 1975) nel video Poor Poor Jerry (2018) utilizza il
linguaggio dell’animazione attingendo a quell’immaginario collettivo e
facilmente condivisibile che si è formato negli anni attraverso il
cinema, la televisione e la musica. L’artista mette in scena una vera e
propria “desolazione animata” sovvertendo l’abituale leggerezza del
linguaggio pop, svelandone quindi la vacuità, per accompagnarci
nell’inaspettato processo introspettivo di un personaggio dei cartoon.
Jerry, il famoso protagonista dei cartoni animati americani Tom &
Jerry, appare stanco, invecchiato e solo, si aggira triste e pensieroso in
un paesaggio inospitale, desertico e disabitato, forse una
prefigurazione di un desolato scenario naturale postatomico. La traccia
sonora che fa da sottofondo al suo peregrinare stanco è composta da
spezzoni di dialoghi e frammenti di canzoni amorose e romantiche
tratti da alcuni film famosi e facilmente riconoscibili dal grande
pubblico. Il video mette in crisi il nostro bagaglio di ricordi ed emozioni
legati all’entertainment sia perché ci mostra una figura che siamo soliti
associare a delle emozioni positive in un momento di profonda crisi
personale, sia perché ci mette davanti la desolazione del paesaggio
ben lontano dalla piacevolezza di quello tipico dei cartoon.
MASBEDO (Nicolò Massazza, Milano 1973, Iacopo Bedogni, Sarzana
1970) nel video Le Voeu (2014) inquadrano una mano femminile di
pietra che giace nel fondo di un vaso trasparente pieno d’acqua.
Circondata dai tentacoli violetti delle meduse che le nuotano intorno
sembra in supplice attesa di un aiuto. Un'altra mano, maschile, la
raggiunge e la tiene stretta con forza nonostante le meduse urticanti
che gli bruciano la pelle. Forse solo la forza dell’amore ci potrà salvare?
L’amore inteso come atto di ribellione contro il destino, contro un
finale già scritto, l’amore come coraggio, come capacità di accogliere il
prossimo, anche chi è diverso, l’amore come capacità di sacrificare una
parte di noi stessi per la salvezza dell’altro.
La rassegna rientra nel progetto Substainable Thinking, in
collaborazione con Fondazione Ferragamo e Museo Salvatore
Ferragamo. Il progetto è reso possibile grazie al sostegno di Intesa
Sanpaolo.
12
aprile 2019
Before we vanish
Dal 12 aprile al 04 luglio 2019
arte contemporanea
Location
MUSEO NOVECENTO
Firenze, Piazza Di Santa Maria Novella, 10, (Firenze)
Firenze, Piazza Di Santa Maria Novella, 10, (Firenze)
Autore
Curatore