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Benedetto Di Francesco – Affari di famiglia
Benedetto Di Francesco armeggia con la cultura antropologica dei suoi territori d’origine. Ecco la Sicilia dei riti pagani, della ceramica di Caltagirone, degli affreschi barocchi, dei mosaici cosmogonici, del colore che sembra implodere come un succo di solarità metafisica. …
Comunicato stampa
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Benedetto Di Francesco armeggia con la cultura antropologica dei suoi territori d’origine. Ecco la Sicilia dei riti pagani, della ceramica di Caltagirone, degli affreschi barocchi, dei mosaici cosmogonici, del colore che sembra implodere come un succo di solarità metafisica. Ecco la Sicilia dei rituali culinari, dei dolci che somigliano a sculture policrome, del cielo blu che illumina gli intonaci e le cattedrali, dell’archeologia con le silhouette di una Grecia antica e i profumi di agrumi turgidi. Ecco la Sicilia delle vedove in nero, delle famiglie numerose, dell’ospitalità avvolgente, della Bellezza tumultuosa e selvaggia. Ecco gli echi radianti di quella Sicilia, ricuciti in nuove forme, nello sguardo metabolico di Benedetto Di Francesco.
Pittura e scultura si uniscono nel dialogo polimorfo che attraversa le radici d’appartenenza: è uno spazio narrativo che racconta fiabe visive tra famiglia e superstizione, culture pagane e fede cristiana, detti popolari e intuizioni surreali. Un meccanismo che si divincola dai generi canonici ma anche da certi limiti retorici, prendendo molto dalla propria Terra ma con una modalità che ricombina e reinventa ogni possibile riferimento, che sia letterario, religioso o di estrazione popolare.
Le opere sono porte che si aprono verso mondi verticali, salite o discese nei privati inferni o nei lontani paradisi della coscienza. Il gioco lo conducono mamme e figli, al centro di uno sguardo modernamente tribale, puro succo italiano di realismo popolare e onestà sociologica. Sono loro i poli dialettici di una conversazione a più voci e molte visioni, un intreccio pagano in cui compaiono spiriti incendiari, diavoli, fauni… nulla è solo come sembra, le apparenze ingannano ma dicono molto di un artista che intuisce il controsenso e il cortocircuito, che modula le culture popolari in maniera attuale e sapiente, che parte da un trittico ad olio su tela del 2004 per giungere alla declinazione polimaterica di questa mostra.
Di Francesco mantiene vivo il senso teatrale della sua figurazione. Enfatizza angoli, deforma senza sformare, aumenta il volume scenico per creare un teatro domestico, ironico, letterario. Scorre una lontana vertigine barocca, un sangue caldo che digerisce l’apparato antropologico nel dizionario fluido del presente.
Salvami Mamma si legge nel titolo di un’opera… una frase che apre e chiude idealmente la mostra, un perfetto archetipo che ci rende spettatori dinamici del teatro figurativo di Benedetto Di Francesco.
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Benedetto Di Francesco tinkers with the anthropological culture of his land of origin. We see the Sicily of pagan rituals, of the ceramics of Caltagirone, of the Baroque frescoes, of the cosmogonic mosaics, of the colour that seems to implode like a juice of metaphysical brightness. Here is the Sicily of culinary rituals, of desserts that resemble polychrome sculptures, of the blue sky that illuminates the plaster and cathedrals, of archaeology with the silhouettes of ancient Greece and the aromas of turgid citrus fruits. Here is the Sicily of widows in black, of large families, of embracing hospitality, of tumultuous and wild Beauty. Here are the radiant echoes of that Sicily, sewn into new forms, from the metabolic gaze of Benedetto Di Francesco.
Painting and sculpture come together in the polymorphic dialogue that crosses his roots of belonging: it is a narrative space that tells visual fairy tales somewhere between family and superstition, pagan cultures and Christian faith, popular sayings and surreal intuitions. A mechanism that diverges from canonical genres but also from certain rhetorical limits, taking much from his own Earth but in a way that recombines and reinvents every possible reference, be it literary, religious or popular.
His works are doors that open out onto vertical worlds, ascents or descents into private hells or into the distant paradises of consciousness. The game is led by mothers and children, at the centre of a modern tribal look, pure Italian juice of popular realism and sociological honesty. They are the dialectical poles of a conversation with multiple voices and many visions, a pagan plot in which incendiary spirits, devils, fauns appear... nothing is just as it seems, appearances are deceiving but they say a lot about an artist who senses the contradiction and the short circuit which modulates popular cultures in a manner both current and wise, starting with an oil-on-canvas triptych from 2004 to then go on to the polymateric declination of this exhibition.
Di Francesco keeps the theatrical sense of his representation alive. He emphasizes angles, deforms without transforming, increases the stage volume to create a domestic, ironic and literary theatre. There is a distant baroque vertigo flowing there, a warm blood that digests the anthropological apparatus in the fluid dictionary of the present.
Salvami Mamma (Save me mother) can be read in the title of one of the works ... a phrase that ideally opens and closes the exhibition, a perfect archetype that makes us dynamic spectators of Benedetto Di Francesco's figurative theatre.
Pittura e scultura si uniscono nel dialogo polimorfo che attraversa le radici d’appartenenza: è uno spazio narrativo che racconta fiabe visive tra famiglia e superstizione, culture pagane e fede cristiana, detti popolari e intuizioni surreali. Un meccanismo che si divincola dai generi canonici ma anche da certi limiti retorici, prendendo molto dalla propria Terra ma con una modalità che ricombina e reinventa ogni possibile riferimento, che sia letterario, religioso o di estrazione popolare.
Le opere sono porte che si aprono verso mondi verticali, salite o discese nei privati inferni o nei lontani paradisi della coscienza. Il gioco lo conducono mamme e figli, al centro di uno sguardo modernamente tribale, puro succo italiano di realismo popolare e onestà sociologica. Sono loro i poli dialettici di una conversazione a più voci e molte visioni, un intreccio pagano in cui compaiono spiriti incendiari, diavoli, fauni… nulla è solo come sembra, le apparenze ingannano ma dicono molto di un artista che intuisce il controsenso e il cortocircuito, che modula le culture popolari in maniera attuale e sapiente, che parte da un trittico ad olio su tela del 2004 per giungere alla declinazione polimaterica di questa mostra.
Di Francesco mantiene vivo il senso teatrale della sua figurazione. Enfatizza angoli, deforma senza sformare, aumenta il volume scenico per creare un teatro domestico, ironico, letterario. Scorre una lontana vertigine barocca, un sangue caldo che digerisce l’apparato antropologico nel dizionario fluido del presente.
Salvami Mamma si legge nel titolo di un’opera… una frase che apre e chiude idealmente la mostra, un perfetto archetipo che ci rende spettatori dinamici del teatro figurativo di Benedetto Di Francesco.
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Benedetto Di Francesco tinkers with the anthropological culture of his land of origin. We see the Sicily of pagan rituals, of the ceramics of Caltagirone, of the Baroque frescoes, of the cosmogonic mosaics, of the colour that seems to implode like a juice of metaphysical brightness. Here is the Sicily of culinary rituals, of desserts that resemble polychrome sculptures, of the blue sky that illuminates the plaster and cathedrals, of archaeology with the silhouettes of ancient Greece and the aromas of turgid citrus fruits. Here is the Sicily of widows in black, of large families, of embracing hospitality, of tumultuous and wild Beauty. Here are the radiant echoes of that Sicily, sewn into new forms, from the metabolic gaze of Benedetto Di Francesco.
Painting and sculpture come together in the polymorphic dialogue that crosses his roots of belonging: it is a narrative space that tells visual fairy tales somewhere between family and superstition, pagan cultures and Christian faith, popular sayings and surreal intuitions. A mechanism that diverges from canonical genres but also from certain rhetorical limits, taking much from his own Earth but in a way that recombines and reinvents every possible reference, be it literary, religious or popular.
His works are doors that open out onto vertical worlds, ascents or descents into private hells or into the distant paradises of consciousness. The game is led by mothers and children, at the centre of a modern tribal look, pure Italian juice of popular realism and sociological honesty. They are the dialectical poles of a conversation with multiple voices and many visions, a pagan plot in which incendiary spirits, devils, fauns appear... nothing is just as it seems, appearances are deceiving but they say a lot about an artist who senses the contradiction and the short circuit which modulates popular cultures in a manner both current and wise, starting with an oil-on-canvas triptych from 2004 to then go on to the polymateric declination of this exhibition.
Di Francesco keeps the theatrical sense of his representation alive. He emphasizes angles, deforms without transforming, increases the stage volume to create a domestic, ironic and literary theatre. There is a distant baroque vertigo flowing there, a warm blood that digests the anthropological apparatus in the fluid dictionary of the present.
Salvami Mamma (Save me mother) can be read in the title of one of the works ... a phrase that ideally opens and closes the exhibition, a perfect archetype that makes us dynamic spectators of Benedetto Di Francesco's figurative theatre.
15
giugno 2019
Benedetto Di Francesco – Affari di famiglia
Dal 15 giugno al 03 agosto 2019
arte contemporanea
Location
ROMBERG ARTE CONTEMPORANEA
Latina, Viale Le Corbusier, (Latina)
Latina, Viale Le Corbusier, (Latina)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 17-20
Vernissage
15 Giugno 2019, ore 18:00
Autore
Curatore