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Bertaglia / Grones / Rossi – Three
Tre giovani artisti, tre stili pittorici, tre interpretazioni della figurazione in dialogo tra di loro e con la terra in cui vivono a lavorano, il Polesine.
Comunicato stampa
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THREE. Pensata e scritta tra l’Adige e il Po, “REM – Ricerca Esperienza Memoria” è una rivista capace di proporsi come catalizzatore di idee e progetti culturali. Con THREE ha saputo riunire in un’unica occasione diversi elementi di forte interesse: l’esclusività dell’isola di Albarella, la qualità di tre ricerche artistiche tra loro diverse e complementari, un intervento curatoriale soprattutto attento alla valorizzazione delle opere esposte, il meraviglioso scenario del delta del Po. THREE è una mostra d’arte contemporanea, curata da Stefano Suozzi, che presenta le ricerche di tre giovani artisti: Elisa Bertaglia, Gabriele Grones, Elisa Rossi. Si tratta di un progetto espositivo nato grazie alla collaborazione tra la rivista, il gruppo Marcegaglia e gli stessi artisti, che hanno voluto costruire un intenso percorso dialogico tra le opere esposte e i suggestivi ambienti di Ca’ Tiepolo. Sempre attenta a promuovere progetti e attività culturali di ampio respiro nel territorio del Polesine e collegati ad esso per ispirazione e contenuti, dal 2010 REM ha pubblicato diversi articoli, interviste, scritti ed aggiornamenti sul lavoro dei tre artisti, grazie al contributo di Tobia Donà (Elisa Bertaglia, la materia dei sogni, n. 2/3, 2013; Gabriele Grones. Dal doppio all’identità, n.1, 2014) e Daniele Capra (Elisa Rossi, esercizi di intimità, n.2/3, 2010). Inoltre, attraverso la sezione “Non perdiamoli di vista” del sito remweb.it, REM ha continuato a seguire i tre artisti nei loro progetti espositivi e nello sviluppo delle loro ricerche. Pur condividendo diversi tratti biografici e artistici – i tre vivono e lavorano nel Polesine, sono laureati in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Venezia, e nell’importante curriculum espositivo vantano la partecipazione al Padiglione Accademie della 54a Biennale di Venezia – Bertaglia, Grones e Rossi hanno scelto stili pittorici diversi e indipendenti l’uno dall’altro. Il confronto critico che li lega, sostenuto dall’amicizia e dalla condivisione del “mestiere”, presenta perciò un duplice vantaggio: da un lato la possibilità di maturare grazie al dialogo continuo così evitando il rischio dell’autoreferenzialità; dall’altro lato, consigli suggerimenti e critiche reciproche non rischiano di produrre una omogeneizzazione dei tre percorsi di ricerca artistica. THREE è perciò il risultato del dialogo e del confronto tra artisti diversi, in un luogo speciale: il Polesine e Albarella.
Nell’antichità l’attraversamento di un confine spaziale (un fiume, un confine territoriale, la soglia di una città o di una casa) e temporale (le stagioni, le feste, il passaggio dall’adolescenza all’età adulta) comportava riti specifici affinché il transito avvenisse nel migliore dei modi. Il mondo contemporaneo è invece caratterizzato dall’impoverimento o dall’assenza di tali riti al punto che ogni momento di passaggio diviene un’esperienza solitaria e incerta. È sufficiente depurare ogni esperienza contemporanea dall’induzione forzata al consumo e al divertimento per comprendere che i paesaggi di Elisa Bertaglia (Rovigo 1983) sono molto più che rappresentazioni oniriche poiché il simbolico non è mai né irreale, né irrazionale. L’assenza di prospettiva e il paesaggio immerso nelle nebbie che riflette se stesso restituiscono l’incertezza spaziale che caratterizza il mondo contemporaneo. Allo stesso modo mancano riferimenti temporali. Non solo nella sospensione della narrazione, ma nella stessa indefinitezza dei personaggi: queste bambine pre-adolescenti, spesso in bilico, ma mai del tutto davvero in pericolo, indecise tra il desiderio di andare avanti e il timore dello sconosciuto, sembrano sul punto di tuffarsi. Ed è un mondo che necessita di una nuova mitologia. I riferimenti classici sono ovviamente presenti. Ciò nonostante serpi e lupi, aironi e pioppi sono una mitologia nascente, non ancora consolidata in racconti e simboli chiari, ma già in grado di sottolineare la solitudine e l’incertezza con cui attraversiamo il mondo.
Gabriele Grones (Arabba 1983) sembra aver spezzato il doppio movimento che da sempre caratterizza il ritratto per ricostruirlo secondo una nuova direzionalità. Il ritratto si è infatti storicamente costituito su una duplice relazione. Da un lato, alla rappresentazione di sé di un soggetto sono essenziali i particolari - ambiente, abiti, oggetti, espressione, ecc. - e i simboli, astratti o materiali, della sua biografia. Dall'altro lato, chi osserva il ritratto è come costretto ad arretrare per poter osservare e comprendere tale rappresentazione, grazie alla "mediazione" del pittore, nella sua pienezza e completezza. Ma Grones rompe questo circuito storicamente affermato per imporre un movimento diverso. Il soggetto viene spogliato di quasi tutte le sue "proprietà" grazie a un'inquadratura così stretta del volto che quasi non è possibile distinguere gli abiti (e se visibili assolutamente anonimi). A ciò si aggiunge l'assenza di espressioni specifiche: tutti i soggetti sono ugualmente assorti e apparentemente imperturbati dalla realtà circostante, dalla storia e dalla propria biografia. Come trascinato dallo sguardo indagatore del pittore, anche l'osservatore è indotto ad avvicinarsi sempre di più, coinvolto in un movimento opposto a quello storicamente assegnatogli. Ciò non per verificare la perfezione della rappresentazione realistica, ma per completare e procedere oltre nel movimento di cui è testimone l'inquadratura così stretta. Come se la pelle di un volto o la tela non fossero un limite invalicabile e davvero potessimo conoscere un persona dicendogli: stai fermo!
Di fronte a un quadro è davvero difficile riuscire a porsi la domanda giusta. Di primo acchito, ciò che attrae la nostra attenzione è il soggetto dei dipinti di Elisa Rossi (Venezia, 1980): ci si chiede a cosa dobbiamo il privilegio di un accesso agli spazi così intimi e privati delle donne rappresentate, da chi o cosa sembrano nascondersi negli angoli più raccolti (e stranianti) delle loro abitazioni, o che cosa vuole davvero dirci il silenzio e l’apparente immobilità dell’istante così colto. Eppure, le opere di Rossi non sono semplicemente rappresentazioni dal vero e chi osserva il quadro non è l’alter-ego di un possibile spettatore presente sulla scena. In altre parole, coinvolti dal sottile perturbamento che le opere inoculano nei nostri sensi, sembriamo dimenticare che si tratta di dipinti. Ma se davvero il tutto si nascondesse solamente nell’istante colto e nell’inquadratura, la fotografia sarebbe più che sufficiente. Invece, la verosimile impellenza del soggetto deve lasciare spazio alla questione della pittura. Diventa allora preminente la parsimonia della tavolozza, tale da rasentare il bianco e nero, che contrasta con il realismo della raffigurazione (Personae); la finzione di una scena costruita appositamente perché possa essere dipinta (Personae); un’accuratezza del particolare che abolisce il confine tra realismo (Corredo) e grafismo (Scrittura privata). E così continuiamo ad attendere che queste donne solitarie volgano finalmente lo sguardo e ci chiedano se abbiamo davvero compreso che ancora una volta stiamo “soltanto” guardando una tela dipinta.
Nell’antichità l’attraversamento di un confine spaziale (un fiume, un confine territoriale, la soglia di una città o di una casa) e temporale (le stagioni, le feste, il passaggio dall’adolescenza all’età adulta) comportava riti specifici affinché il transito avvenisse nel migliore dei modi. Il mondo contemporaneo è invece caratterizzato dall’impoverimento o dall’assenza di tali riti al punto che ogni momento di passaggio diviene un’esperienza solitaria e incerta. È sufficiente depurare ogni esperienza contemporanea dall’induzione forzata al consumo e al divertimento per comprendere che i paesaggi di Elisa Bertaglia (Rovigo 1983) sono molto più che rappresentazioni oniriche poiché il simbolico non è mai né irreale, né irrazionale. L’assenza di prospettiva e il paesaggio immerso nelle nebbie che riflette se stesso restituiscono l’incertezza spaziale che caratterizza il mondo contemporaneo. Allo stesso modo mancano riferimenti temporali. Non solo nella sospensione della narrazione, ma nella stessa indefinitezza dei personaggi: queste bambine pre-adolescenti, spesso in bilico, ma mai del tutto davvero in pericolo, indecise tra il desiderio di andare avanti e il timore dello sconosciuto, sembrano sul punto di tuffarsi. Ed è un mondo che necessita di una nuova mitologia. I riferimenti classici sono ovviamente presenti. Ciò nonostante serpi e lupi, aironi e pioppi sono una mitologia nascente, non ancora consolidata in racconti e simboli chiari, ma già in grado di sottolineare la solitudine e l’incertezza con cui attraversiamo il mondo.
Gabriele Grones (Arabba 1983) sembra aver spezzato il doppio movimento che da sempre caratterizza il ritratto per ricostruirlo secondo una nuova direzionalità. Il ritratto si è infatti storicamente costituito su una duplice relazione. Da un lato, alla rappresentazione di sé di un soggetto sono essenziali i particolari - ambiente, abiti, oggetti, espressione, ecc. - e i simboli, astratti o materiali, della sua biografia. Dall'altro lato, chi osserva il ritratto è come costretto ad arretrare per poter osservare e comprendere tale rappresentazione, grazie alla "mediazione" del pittore, nella sua pienezza e completezza. Ma Grones rompe questo circuito storicamente affermato per imporre un movimento diverso. Il soggetto viene spogliato di quasi tutte le sue "proprietà" grazie a un'inquadratura così stretta del volto che quasi non è possibile distinguere gli abiti (e se visibili assolutamente anonimi). A ciò si aggiunge l'assenza di espressioni specifiche: tutti i soggetti sono ugualmente assorti e apparentemente imperturbati dalla realtà circostante, dalla storia e dalla propria biografia. Come trascinato dallo sguardo indagatore del pittore, anche l'osservatore è indotto ad avvicinarsi sempre di più, coinvolto in un movimento opposto a quello storicamente assegnatogli. Ciò non per verificare la perfezione della rappresentazione realistica, ma per completare e procedere oltre nel movimento di cui è testimone l'inquadratura così stretta. Come se la pelle di un volto o la tela non fossero un limite invalicabile e davvero potessimo conoscere un persona dicendogli: stai fermo!
Di fronte a un quadro è davvero difficile riuscire a porsi la domanda giusta. Di primo acchito, ciò che attrae la nostra attenzione è il soggetto dei dipinti di Elisa Rossi (Venezia, 1980): ci si chiede a cosa dobbiamo il privilegio di un accesso agli spazi così intimi e privati delle donne rappresentate, da chi o cosa sembrano nascondersi negli angoli più raccolti (e stranianti) delle loro abitazioni, o che cosa vuole davvero dirci il silenzio e l’apparente immobilità dell’istante così colto. Eppure, le opere di Rossi non sono semplicemente rappresentazioni dal vero e chi osserva il quadro non è l’alter-ego di un possibile spettatore presente sulla scena. In altre parole, coinvolti dal sottile perturbamento che le opere inoculano nei nostri sensi, sembriamo dimenticare che si tratta di dipinti. Ma se davvero il tutto si nascondesse solamente nell’istante colto e nell’inquadratura, la fotografia sarebbe più che sufficiente. Invece, la verosimile impellenza del soggetto deve lasciare spazio alla questione della pittura. Diventa allora preminente la parsimonia della tavolozza, tale da rasentare il bianco e nero, che contrasta con il realismo della raffigurazione (Personae); la finzione di una scena costruita appositamente perché possa essere dipinta (Personae); un’accuratezza del particolare che abolisce il confine tra realismo (Corredo) e grafismo (Scrittura privata). E così continuiamo ad attendere che queste donne solitarie volgano finalmente lo sguardo e ci chiedano se abbiamo davvero compreso che ancora una volta stiamo “soltanto” guardando una tela dipinta.
05
agosto 2014
Bertaglia / Grones / Rossi – Three
Dal 05 al 17 agosto 2014
arte contemporanea
Location
CA’ TIEPOLO
Rosolina, (Rovigo)
Rosolina, (Rovigo)
Biglietti
Ingresso libero riservato agli ospiti dell'isola di Albarella
Orario di apertura
Tutti i giorni, ore 18.00-23.30
Vernissage
5 Agosto 2014, ore 19.30
Autore
Curatore