Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Bertrand Lavier
Circa quaranta opere, di diverse dimensioni, che documenteranno l’intero percorso creativo dell’artista francese, dai primi lavori datati 1978 all’installazione nei giardini appositamente pensata per la facciata interna di Villa Medici, dove tra l’altro figurerà anche la Fontaine opera dell’artista, a suo tempo realizzata in occasione della grande collettiva La ville, le jardin, la mémoire.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
La mostra a Villa Medici
Da mercoledì 28 gennaio a domenica 8 marzo 2009, l’Accademia di Francia a Roma, diretta da Frédéric Mitterrand, dedica una mostra a Bertrand Lavier, a cura di Giorgio Verzotti, con circa quaranta opere, di diverse dimensioni, che documenteranno l’intero percorso creativo dell’artista francese, dai primi lavori datati 1978 all’installazione nei giardini appositamente pensata per la facciata interna di Villa Medici, dove tra l’altro figurerà anche la Fontaine opera dell’artista, a suo tempo realizzata in occasione della grande collettiva La ville, le jardin, la mémoire.
Bertrand Lavier è riconosciuto, a livello internazionale, come uno degli artisti francesi più significativi degli ultimi decenni, e la sua opera ha lasciato molte tracce anche in Italia, dove ha esposto in numerosi musei pubblici e gallerie private.
Il suo lavoro si può definire di matrice concettuale, dove però l’intento analitico è spostato dal linguaggio dell’arte in sé, verso il confronto fra quest’ultimo e il mondo della comunicazione sociale e degli oggetti comuni. Più precisamente, Lavier mette in rilievo i meccanismi di attribuzione di valore invalsi nel mondo dell’arte e li confronta con quelli con cui siamo abituati a valutare, usare e consumare gli oggetti tipici della nostra contemporaneità, da quelli più banali a quelli più preziosi. Bertrand Lavier indaga sul confine, a volte molto sottile, che separa questi due universi oggettuali, e pone in primo piano il feticismo che direziona i nostri comportamenti all’interno di essi. Senza dubbio, l’artista si rifà al grande precedente di Marcel Duchamp e dei suoi ready-made, oggetti qualsiasi esposti in quanto tali nei luoghi istituzionali dell’arte. Come per Duchamp, il punto di partenza di Lavier è un approccio di tipo linguistico, e meta-linguistico.
La selezione delle opere per questa mostra, tutte scelte in base alle specificità degli spazi espositivi di Villa Medici, documenta le diverse strategie intraprese dall’artista per affrontare queste tematiche.
Lo scollamento, fra parole e cose, fra oggetti e concetti, è presente già nei primi lavori della fine degli anni Settanta: come nominare un colore? Come distinguerlo dalle innumerevoli sfumature di tono? Come far coincidere il concetto di “rosso” con una realtà precisa? È questo il cimento in cui si impegnano i dittici monocromi di cui vediamo in mostra diversi esemplari.
Gli oggetti ricoperti di densa pittura acrilica che hanno reso Lavier subito famoso per la loro radicalità, e che in mostra sono rappresentati da Steinway (1985, pianoforte dipinto ad acrilico), hanno aperto subito il confronto fra il sistema della pittura e il mondo “reale”, inscenando una “transvalutazione” dell’atto pittorico, inteso come linguaggio aulico, trasformato qui nell’atto meccanico e passivamente orientato di ricoprire interamente un oggetto con pittura che dell’oggetto imita anche il colore.
Una simile indagine, meno espressiva e forse più enigmatica a prima vista, direziona anche la serie degli oggetti sovrapposti l’uno sull’altro, dove l’uno fa da piedistallo all’altro - per esempio elementi d’arredo sopra a frigoriferi, come nel caso dell’opera esposta nell’atrio di Villa Medici - in cui viene ripreso il dibattito tipicamente modernista intorno al modo di esporre e valorizzare la scultura astratta. Fra due oggetti comuni, quale sarà l’opera e quale il dispositivo di esibizione/valorizzazione? A una simile domanda rispondono anche gli oggetti collocati su un vero piedistallo fatto realizzare da artigiani specializzati nella presentazione, per i musei etnografici, di reperti di cultura “primitiva”. In questo caso il confronto, sempre sul filo dell’ironia, diviene “transculturale” e ci offre la visione di oggetti consumati, al limite del rottame, “salvati” dall’atto di esporli e provvisti di eleganti supporti metallici.
Ma Bertrand Lavier adotta anche i segni del reale, così come li trova nell’esperienza quotidiana. Per lui, le vetrate dei negozi ricoperte da grandi pennellate bianche - azione che si compie quando la vetrina è in allestimento - rimandano alla pittura gestuale, e hanno la dignità dei colpi di pennello. Le fotografa e le espone come brani di pittura “trovata”, come sono “trovati” i suoi oggetti.
E a questa scelta di segni “bassi” risponde anche la citazione dal repertorio “alto” dell’arte contemporanea, come quando con luci al neon colorate Lavier rifà le opere astratto-analitiche del primo Frank Stella. Del resto, in una serie ben nota tratta da un fumetto di Walt Disney, l’artista ha tratto pitture e sculture “astratte”, rifacendo in realtà quelle che figurano nelle sale dell’immaginario museo visitato da Topolino e Minnie.
Culture alte e culture basse convivono quindi nell’opera di Bertrand Lavier. Per noi che siamo calati nell’universo mediatico, opere d’arte come le sue possono servire da bussole, strumenti per orientarci nel bombardamento di immagini e segni a cui siamo sottoposti, e per cogliere in esso i diversi livelli di qualità, soprattutto per renderci consapevoli dei criteri con cui selezioniamo, più o meno consapevolmente, i messaggi intercettati.
La mostra di Bertrand Lavier sarà accompagnata da un catalogo edito da Presses du réel, con un’introduzione di Frédéric Mitterrand e i testi di Bernard Blistène, di Marylène Malbert e di Giorgio Verzotti.
Da mercoledì 28 gennaio a domenica 8 marzo 2009, l’Accademia di Francia a Roma, diretta da Frédéric Mitterrand, dedica una mostra a Bertrand Lavier, a cura di Giorgio Verzotti, con circa quaranta opere, di diverse dimensioni, che documenteranno l’intero percorso creativo dell’artista francese, dai primi lavori datati 1978 all’installazione nei giardini appositamente pensata per la facciata interna di Villa Medici, dove tra l’altro figurerà anche la Fontaine opera dell’artista, a suo tempo realizzata in occasione della grande collettiva La ville, le jardin, la mémoire.
Bertrand Lavier è riconosciuto, a livello internazionale, come uno degli artisti francesi più significativi degli ultimi decenni, e la sua opera ha lasciato molte tracce anche in Italia, dove ha esposto in numerosi musei pubblici e gallerie private.
Il suo lavoro si può definire di matrice concettuale, dove però l’intento analitico è spostato dal linguaggio dell’arte in sé, verso il confronto fra quest’ultimo e il mondo della comunicazione sociale e degli oggetti comuni. Più precisamente, Lavier mette in rilievo i meccanismi di attribuzione di valore invalsi nel mondo dell’arte e li confronta con quelli con cui siamo abituati a valutare, usare e consumare gli oggetti tipici della nostra contemporaneità, da quelli più banali a quelli più preziosi. Bertrand Lavier indaga sul confine, a volte molto sottile, che separa questi due universi oggettuali, e pone in primo piano il feticismo che direziona i nostri comportamenti all’interno di essi. Senza dubbio, l’artista si rifà al grande precedente di Marcel Duchamp e dei suoi ready-made, oggetti qualsiasi esposti in quanto tali nei luoghi istituzionali dell’arte. Come per Duchamp, il punto di partenza di Lavier è un approccio di tipo linguistico, e meta-linguistico.
La selezione delle opere per questa mostra, tutte scelte in base alle specificità degli spazi espositivi di Villa Medici, documenta le diverse strategie intraprese dall’artista per affrontare queste tematiche.
Lo scollamento, fra parole e cose, fra oggetti e concetti, è presente già nei primi lavori della fine degli anni Settanta: come nominare un colore? Come distinguerlo dalle innumerevoli sfumature di tono? Come far coincidere il concetto di “rosso” con una realtà precisa? È questo il cimento in cui si impegnano i dittici monocromi di cui vediamo in mostra diversi esemplari.
Gli oggetti ricoperti di densa pittura acrilica che hanno reso Lavier subito famoso per la loro radicalità, e che in mostra sono rappresentati da Steinway (1985, pianoforte dipinto ad acrilico), hanno aperto subito il confronto fra il sistema della pittura e il mondo “reale”, inscenando una “transvalutazione” dell’atto pittorico, inteso come linguaggio aulico, trasformato qui nell’atto meccanico e passivamente orientato di ricoprire interamente un oggetto con pittura che dell’oggetto imita anche il colore.
Una simile indagine, meno espressiva e forse più enigmatica a prima vista, direziona anche la serie degli oggetti sovrapposti l’uno sull’altro, dove l’uno fa da piedistallo all’altro - per esempio elementi d’arredo sopra a frigoriferi, come nel caso dell’opera esposta nell’atrio di Villa Medici - in cui viene ripreso il dibattito tipicamente modernista intorno al modo di esporre e valorizzare la scultura astratta. Fra due oggetti comuni, quale sarà l’opera e quale il dispositivo di esibizione/valorizzazione? A una simile domanda rispondono anche gli oggetti collocati su un vero piedistallo fatto realizzare da artigiani specializzati nella presentazione, per i musei etnografici, di reperti di cultura “primitiva”. In questo caso il confronto, sempre sul filo dell’ironia, diviene “transculturale” e ci offre la visione di oggetti consumati, al limite del rottame, “salvati” dall’atto di esporli e provvisti di eleganti supporti metallici.
Ma Bertrand Lavier adotta anche i segni del reale, così come li trova nell’esperienza quotidiana. Per lui, le vetrate dei negozi ricoperte da grandi pennellate bianche - azione che si compie quando la vetrina è in allestimento - rimandano alla pittura gestuale, e hanno la dignità dei colpi di pennello. Le fotografa e le espone come brani di pittura “trovata”, come sono “trovati” i suoi oggetti.
E a questa scelta di segni “bassi” risponde anche la citazione dal repertorio “alto” dell’arte contemporanea, come quando con luci al neon colorate Lavier rifà le opere astratto-analitiche del primo Frank Stella. Del resto, in una serie ben nota tratta da un fumetto di Walt Disney, l’artista ha tratto pitture e sculture “astratte”, rifacendo in realtà quelle che figurano nelle sale dell’immaginario museo visitato da Topolino e Minnie.
Culture alte e culture basse convivono quindi nell’opera di Bertrand Lavier. Per noi che siamo calati nell’universo mediatico, opere d’arte come le sue possono servire da bussole, strumenti per orientarci nel bombardamento di immagini e segni a cui siamo sottoposti, e per cogliere in esso i diversi livelli di qualità, soprattutto per renderci consapevoli dei criteri con cui selezioniamo, più o meno consapevolmente, i messaggi intercettati.
La mostra di Bertrand Lavier sarà accompagnata da un catalogo edito da Presses du réel, con un’introduzione di Frédéric Mitterrand e i testi di Bernard Blistène, di Marylène Malbert e di Giorgio Verzotti.
27
gennaio 2009
Bertrand Lavier
Dal 27 gennaio all'otto marzo 2009
arte contemporanea
Location
VILLA MEDICI – ACCADEMIA DI FRANCIA
Roma, Viale Della Trinità Dei Monti, 1, (Roma)
Roma, Viale Della Trinità Dei Monti, 1, (Roma)
Biglietti
8 euro (intero) – 5 euro (ridotto). Biglietto cumulativo con la mostra Theo by Richard Avedon nell’Atelier del Bosco di Villa Medici.
Orario di apertura
11.00 – 19.00 (orario continuato), chiuso il lunedì
Vernissage
27 Gennaio 2009, ore 18,30
Autore
Curatore