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Betto Lotti
La sua pittura è lieve, “senza peso”, sensibile, dai colori sfumati e sobri, che rendono al meglio i meravigliosi paesaggi toscani di antica memoria, ma anche le marine della sua infanzia, paesaggi poetici e dell’anima in cui egli ricerca l’anima profonda, la spiritualità delle cose.
Comunicato stampa
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Betto Lotti (Taggia-Imperia 1894- Como 1977)
Ligure di nascita, ma toscano di adozione, la sua prima mostra ha luogo ha Firenze nel 1913 insieme al pittore ed amico Ottone Rosai.
Negli stessi anni poco più in là, si stà svolgendo la mostra dei futuristi organizzati da Lacerba.
Papini e Soffici accompagnati da Marinetti, Boccioni, Carrà e Trovato visitano la mostra del Lotti e Rosai apprezzandone notevolmente le qualità e le novità stilistiche-pittoriche innovative.
Betto Lotti presentò quattordici dipinti che comprese bene il Campana quando li descrisse su “Il Nuovo Giornale” riconoscendo nelle nuove opere una nuova concezione stilistica coniando il termine “sensibilismo”, per descrivere la nuova maniera del Lotti e del Rosai.
Betto Lotti in questi anni partecipa intensamente alla vita culturale della città dedicandosi all’acquaforte, alla grafica e alla pittura ad olio. Sono anni di intensa attività di ricerca pittorica che conserverà per sempre nel suo cuore e nella sua arte. Predilige soggetti romantico-decadenti: taverne, avventure d’alcova, estasi erotiche, scorribande di amici.
La sua amicizia con Rosai termina quando lui si appassiona al Futurismo, un’adesione alla quale Lotti non partecipa, rivolgendo la sua attenzione ai più noti intellettuali fiorentini: Papini e Soffici.
Dopo la fine della guerra ritorna a Firenze reinserendosi nel Cenacolo intellettuale delle “Giubbe Rosse”, dove aiutato da Papini e Soffici inizia un’attività frenetica: insegna, progetta e realizza scenografie, organizza personali, collabora con recensioni di mostre al più importante quotidiano fiorentino “la Nazione”.
Vale anche per lui il diffuso richiamo all’ordine post-guerra che si oppone alle audacie avanguardistiche europee. Aderisce alla strada del Novecentismo, movimento promosso e coordinato da Margherita Sarfatti, in cui è il purismo dell’arte italiana del Quattrocento a prendere il sopravvento sull’altra direzione, quella mitografica arcaico-moderna di Sironi, Oppi, Funi, Carrà.
Sono anni di meditazione sulla concezione della natura, delle sue forme, della sua materia e sulla spiritualità delle cose.
Una rinnovazione poetica che ha come modelli Masaccio, Paolo Uccello, Piero della Francesca.
Questo è l’insegnamento che Betto Lotti porta con sé nel momento in cui con la famiglia si trasferisce a Como. Qui s’iscrive subito al gruppo di artisti che praticano l’astrattismo, da Rho, a Radice, a Galli, a Salardi, anche se non si convertirà mai ai principi del razionalismo e geometrismo.
Le Parole del Soffici gli fanno da eco:”Le astrazioni non si dipingono…”ed è certo che gli anni del soggiorno fiorentino hanno segnato profondamente la sua persona e la sua visione dell’opera diventando uno dei motivi fondamentali delle sue creazioni.
La sua pittura è lieve, “senza peso”, sensibile, dai colori sfumati e sobri, che rendono al meglio i meravigliosi paesaggi toscani di antica memoria, ma anche le marine della sua infanzia, paesaggi poetici e dell’anima in cui egli ricerca l’anima profonda, la spiritualità delle cose.
E come Lotti stesso diceva: “ Il paesaggio particolarmente quello toscano, da me vissuto per oltre vent’anni: fatto di spiritualità e gentilezza, ricco di infiniti volti bisognosi di indagine amorose, che ho tentato di cogliere nei mutevoli attimi di eternità, costituisce il nucleo della mia opera”.
Per comprendere a fondo la pittura di Lotti occorre rifarsi all’efferscente movimento culturale degli artisti toscani dell’ultima generazione. Una spontaneità che nell’ultima fase del suo lavoro si traduce spesso in colori più freddi e vitrei in un’architettura più aspra e spigolosa, quasi un “telaio astratto”.
Barbara Vincenzi
Ligure di nascita, ma toscano di adozione, la sua prima mostra ha luogo ha Firenze nel 1913 insieme al pittore ed amico Ottone Rosai.
Negli stessi anni poco più in là, si stà svolgendo la mostra dei futuristi organizzati da Lacerba.
Papini e Soffici accompagnati da Marinetti, Boccioni, Carrà e Trovato visitano la mostra del Lotti e Rosai apprezzandone notevolmente le qualità e le novità stilistiche-pittoriche innovative.
Betto Lotti presentò quattordici dipinti che comprese bene il Campana quando li descrisse su “Il Nuovo Giornale” riconoscendo nelle nuove opere una nuova concezione stilistica coniando il termine “sensibilismo”, per descrivere la nuova maniera del Lotti e del Rosai.
Betto Lotti in questi anni partecipa intensamente alla vita culturale della città dedicandosi all’acquaforte, alla grafica e alla pittura ad olio. Sono anni di intensa attività di ricerca pittorica che conserverà per sempre nel suo cuore e nella sua arte. Predilige soggetti romantico-decadenti: taverne, avventure d’alcova, estasi erotiche, scorribande di amici.
La sua amicizia con Rosai termina quando lui si appassiona al Futurismo, un’adesione alla quale Lotti non partecipa, rivolgendo la sua attenzione ai più noti intellettuali fiorentini: Papini e Soffici.
Dopo la fine della guerra ritorna a Firenze reinserendosi nel Cenacolo intellettuale delle “Giubbe Rosse”, dove aiutato da Papini e Soffici inizia un’attività frenetica: insegna, progetta e realizza scenografie, organizza personali, collabora con recensioni di mostre al più importante quotidiano fiorentino “la Nazione”.
Vale anche per lui il diffuso richiamo all’ordine post-guerra che si oppone alle audacie avanguardistiche europee. Aderisce alla strada del Novecentismo, movimento promosso e coordinato da Margherita Sarfatti, in cui è il purismo dell’arte italiana del Quattrocento a prendere il sopravvento sull’altra direzione, quella mitografica arcaico-moderna di Sironi, Oppi, Funi, Carrà.
Sono anni di meditazione sulla concezione della natura, delle sue forme, della sua materia e sulla spiritualità delle cose.
Una rinnovazione poetica che ha come modelli Masaccio, Paolo Uccello, Piero della Francesca.
Questo è l’insegnamento che Betto Lotti porta con sé nel momento in cui con la famiglia si trasferisce a Como. Qui s’iscrive subito al gruppo di artisti che praticano l’astrattismo, da Rho, a Radice, a Galli, a Salardi, anche se non si convertirà mai ai principi del razionalismo e geometrismo.
Le Parole del Soffici gli fanno da eco:”Le astrazioni non si dipingono…”ed è certo che gli anni del soggiorno fiorentino hanno segnato profondamente la sua persona e la sua visione dell’opera diventando uno dei motivi fondamentali delle sue creazioni.
La sua pittura è lieve, “senza peso”, sensibile, dai colori sfumati e sobri, che rendono al meglio i meravigliosi paesaggi toscani di antica memoria, ma anche le marine della sua infanzia, paesaggi poetici e dell’anima in cui egli ricerca l’anima profonda, la spiritualità delle cose.
E come Lotti stesso diceva: “ Il paesaggio particolarmente quello toscano, da me vissuto per oltre vent’anni: fatto di spiritualità e gentilezza, ricco di infiniti volti bisognosi di indagine amorose, che ho tentato di cogliere nei mutevoli attimi di eternità, costituisce il nucleo della mia opera”.
Per comprendere a fondo la pittura di Lotti occorre rifarsi all’efferscente movimento culturale degli artisti toscani dell’ultima generazione. Una spontaneità che nell’ultima fase del suo lavoro si traduce spesso in colori più freddi e vitrei in un’architettura più aspra e spigolosa, quasi un “telaio astratto”.
Barbara Vincenzi
06
dicembre 2007
Betto Lotti
Dal 06 al 22 dicembre 2007
arte contemporanea
Location
GALLERIA SEKANINA ARTE CONTEMPORANEA
Ferrara, Via Giuseppe Garibaldi, 47, (Ferrara)
Ferrara, Via Giuseppe Garibaldi, 47, (Ferrara)
Vernissage
6 Dicembre 2007, ore 18
Sito web
www.ferraraproart.com
Autore
Curatore