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Biagio Pancino – I segni e lo spazio. Opere 1953-1960
Opere realizzate fra i primi anni ’50 e i primi anni ’60 del secolo trascorso, in grado di incarnare a perfezione lo spirito del proprio tempo. Piccoli dipinti, eseguiti con svariate tecniche miste, pervasi non a caso di quelle profonde istanze di rinnovamento che animarono l’arte europea all’indomani dell’ultimo conflitto mondiale
Comunicato stampa
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I SEGNI E LO SPAZIO
OPERE 1953-1960
MOSTRA PERSONALE DI BIAGIO PANCINO
INAUGURAZIONE GIOVEDI’ 4 APRILE
ORE 19
GALLERIA XXS aperto al contemporaneo
Via XX Settembre 13 Palermo
Opere realizzate fra i primi anni ’50 e i primi anni ’60 del secolo trascorso,
in grado di incarnare a perfezione lo spirito del proprio tempo. Piccoli
dipinti, eseguiti con svariate tecniche miste, pervasi non a caso di
quelle profonde istanze di rinnovamento che animarono l’arte europea
all’indomani dell’ultimo conflitto mondiale.
Improntate ad una esibita e programmatica volontà di superamento
del linguaggio figurativo, connotate da un inesausto anelito alla ricerca
ed alla sperimentazione tecnico-linguistiche, palesemente foriere
d’una sentita pulsione all’accantonamento del localismo estetico in
funzione d’una espressività di sapore più internazionale, queste sedici
pitture di Biagio Pancino – che verranno esposte alla Galleria XXS
aperto al contemporaneo di via XX Settembre 13 a partire dal 4 aprile
– costituiscono pertanto una imperdibile testimonianza della temperie
artistico-culturale delineatasi in Europa subito dopo la tragedia della
seconda guerra mondiale, e specificamente di quel radicale e diffuso
desiderio di fattiva renovatio (artistica e socio-politica) di cui molti
intellettuali si fecero allora portatori.
Non è dunque un caso, che tali opere siano state dipinte nella Parigi del
secondo dopo-guerra, ove l’artista veneto (di San Stino di Livenza, in cui è
nato nel 1931), alla pari di tanti altri giovani europei della sua
generazione, si trasferì agli inizi degli anni ’50, desideroso di immergersi
in prima persona nel flusso tumultuoso di quelle idee innovative (in
ambito filosofico, cinematografico, visuale e letterario) di cui – in quel
momento – la capitale francese era attivissima fucina e centro
irradiatore. La diretta conoscenza di alcuni dei grandi maestri delle
avanguardie del primo ‘900 – da Fernand Léger a Sonia Delaunay e Gino
Severini – nonché la frequentazione di intellettuali e altri giovani artisti
italiani – come Joppolo e Tancredi, anch’essi presenti a Parigi in quel
momento e destinati ad assurgere a un ruolo di primo piano nello
scenario artistico di quegli anni – segnano profondamente l’ideare e agire
pittorici di Biagio Pancino, inducendolo ad abbandonare definitivamente
la figurazione (sono ancora dei primi anni ’50 alcune raffinate chine
dedicate al lavoro operaio, raffiguranti scene di bonifica ambientate nelle
paludi nei pressi di San Stino), in funzione d’un approccio sempre più
astrattista alla pittura, nel quale risuonano vibranti e dinamici echi
futuristi ma anche palesi consonanze con gli orientamenti del lessico
informale. Da Donna seduta (tratteggiato a china e lapis nell’agosto del
1953), in cui le ultime propaggini figurative vanno scomponendosi in una
sequenza di evidenti unità geometriche, a Dinamismo (dipinto a tempera
sempre nel ’53), ove l’ormai ubiquitaria scansione geometrica della
superficie presenta dinamiche cadenze ancora tipicamente futuriste,
proseguendo poi con Novembre (eseguito a gessetti policromi nello
stesso anno), nel quale si assiste ad un rarefarsi ed ammorbidirsi di segno
e di colore, fino alla coppia Ghirigori e Serial ghirigori (altre due tempere
risalenti al 1958), contraddistinta da un andamento assolutamente
sinuoso delle stesure, e in ultimo giungendo alla serie Salambò (ulteriori
tre tempere prodotte nel ’60), pervasa da un incedere acceso e caotico di
vorticose pennellate di colori puri, è dunque tutto un incalzante
susseguirsi di soluzioni tecniche e moduli espressivi dai connotati difformi
e polimorfi, e tuttavia capaci di rendere con estrema precisione il
processo evolutivo dell’insistita ricerca condotta dall’artista veneto
nell’arco di un decennio.
Una rilevante testimonianza – come già detto – di significativo valore
storico ed artistico, grazie alla quale poter mappare e definire non
solo le tappe di un percorso strettamente personale, ma anche – e
soprattutto – poter ricostruire le atmosfere e le tensioni di un fase di
snodo assolutamente cruciale nelle convulse vicende visuali del secolo
appena trascorso.
La mostra, curata da Salvo Ferlito ed Aldo Gerbino, e sponsorizzata dalle
cantine Urso di Petrosino, sarà visibile dal 4 al 18 aprile, dal martedì al
sabato, con orario 17-20. L’artista sarà presente all’inaugurazione.
OPERE 1953-1960
MOSTRA PERSONALE DI BIAGIO PANCINO
INAUGURAZIONE GIOVEDI’ 4 APRILE
ORE 19
GALLERIA XXS aperto al contemporaneo
Via XX Settembre 13 Palermo
Opere realizzate fra i primi anni ’50 e i primi anni ’60 del secolo trascorso,
in grado di incarnare a perfezione lo spirito del proprio tempo. Piccoli
dipinti, eseguiti con svariate tecniche miste, pervasi non a caso di
quelle profonde istanze di rinnovamento che animarono l’arte europea
all’indomani dell’ultimo conflitto mondiale.
Improntate ad una esibita e programmatica volontà di superamento
del linguaggio figurativo, connotate da un inesausto anelito alla ricerca
ed alla sperimentazione tecnico-linguistiche, palesemente foriere
d’una sentita pulsione all’accantonamento del localismo estetico in
funzione d’una espressività di sapore più internazionale, queste sedici
pitture di Biagio Pancino – che verranno esposte alla Galleria XXS
aperto al contemporaneo di via XX Settembre 13 a partire dal 4 aprile
– costituiscono pertanto una imperdibile testimonianza della temperie
artistico-culturale delineatasi in Europa subito dopo la tragedia della
seconda guerra mondiale, e specificamente di quel radicale e diffuso
desiderio di fattiva renovatio (artistica e socio-politica) di cui molti
intellettuali si fecero allora portatori.
Non è dunque un caso, che tali opere siano state dipinte nella Parigi del
secondo dopo-guerra, ove l’artista veneto (di San Stino di Livenza, in cui è
nato nel 1931), alla pari di tanti altri giovani europei della sua
generazione, si trasferì agli inizi degli anni ’50, desideroso di immergersi
in prima persona nel flusso tumultuoso di quelle idee innovative (in
ambito filosofico, cinematografico, visuale e letterario) di cui – in quel
momento – la capitale francese era attivissima fucina e centro
irradiatore. La diretta conoscenza di alcuni dei grandi maestri delle
avanguardie del primo ‘900 – da Fernand Léger a Sonia Delaunay e Gino
Severini – nonché la frequentazione di intellettuali e altri giovani artisti
italiani – come Joppolo e Tancredi, anch’essi presenti a Parigi in quel
momento e destinati ad assurgere a un ruolo di primo piano nello
scenario artistico di quegli anni – segnano profondamente l’ideare e agire
pittorici di Biagio Pancino, inducendolo ad abbandonare definitivamente
la figurazione (sono ancora dei primi anni ’50 alcune raffinate chine
dedicate al lavoro operaio, raffiguranti scene di bonifica ambientate nelle
paludi nei pressi di San Stino), in funzione d’un approccio sempre più
astrattista alla pittura, nel quale risuonano vibranti e dinamici echi
futuristi ma anche palesi consonanze con gli orientamenti del lessico
informale. Da Donna seduta (tratteggiato a china e lapis nell’agosto del
1953), in cui le ultime propaggini figurative vanno scomponendosi in una
sequenza di evidenti unità geometriche, a Dinamismo (dipinto a tempera
sempre nel ’53), ove l’ormai ubiquitaria scansione geometrica della
superficie presenta dinamiche cadenze ancora tipicamente futuriste,
proseguendo poi con Novembre (eseguito a gessetti policromi nello
stesso anno), nel quale si assiste ad un rarefarsi ed ammorbidirsi di segno
e di colore, fino alla coppia Ghirigori e Serial ghirigori (altre due tempere
risalenti al 1958), contraddistinta da un andamento assolutamente
sinuoso delle stesure, e in ultimo giungendo alla serie Salambò (ulteriori
tre tempere prodotte nel ’60), pervasa da un incedere acceso e caotico di
vorticose pennellate di colori puri, è dunque tutto un incalzante
susseguirsi di soluzioni tecniche e moduli espressivi dai connotati difformi
e polimorfi, e tuttavia capaci di rendere con estrema precisione il
processo evolutivo dell’insistita ricerca condotta dall’artista veneto
nell’arco di un decennio.
Una rilevante testimonianza – come già detto – di significativo valore
storico ed artistico, grazie alla quale poter mappare e definire non
solo le tappe di un percorso strettamente personale, ma anche – e
soprattutto – poter ricostruire le atmosfere e le tensioni di un fase di
snodo assolutamente cruciale nelle convulse vicende visuali del secolo
appena trascorso.
La mostra, curata da Salvo Ferlito ed Aldo Gerbino, e sponsorizzata dalle
cantine Urso di Petrosino, sarà visibile dal 4 al 18 aprile, dal martedì al
sabato, con orario 17-20. L’artista sarà presente all’inaugurazione.
04
aprile 2013
Biagio Pancino – I segni e lo spazio. Opere 1953-1960
Dal 04 al 18 aprile 2013
arte contemporanea
Location
XXSAPERTOALCONTEMPORANEO
Palermo, Via Venti Settembre, 13, (Palermo)
Palermo, Via Venti Settembre, 13, (Palermo)
Orario di apertura
dal martedì al sabato 17-20
Vernissage
4 Aprile 2013, h 19
Autore
Curatore