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Bideceinge
Nel contesto della tematica sulla decrescita affrontata dal convegno La strategia della lumaca, la mostra collettiva d’arte ha un suo ruolo autonomo capace di ulteriori elaborazioni. L’Arte, che da sempre ha tra le sue valenze anche quella di essere specchio della contemporaneità, anticipatrice dei percorsi delle idee e dei cambiamenti, si pone come un incubatore creativo.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Convegno:
Titolo: La strategia della lumaca - Per una società della misura: idee e pratiche di un altro sapere ed un altro saper fare
Periodo: venerdì 26 febbraio 2009 ore 9.30 - 19.00
Sede: Palazzo Valentini
Indirizzo: Via IV Novembre 119 A
Città: Roma
Mattina 9.30 -13.30 Sala Di Liegro
Presiede Adriano Labbucci
Saluti dell’Assessore alle Politiche culturali Cecilia D’Elia
Luigi Straffi - presidente Associazione Neworld
Presentazione del convegno e della mostra tematica Serge Latouche - Professore emerito Università XI Paris-sud Crisi e decrescita
Riccardo Troisi - presidente del Consorzio Città dell’Altra Economia. Esperienze solidali per una nuova economia di giustizia
Piero Bevilacqua - Ordinario di Storia contemporanea Università La Sapienza di Roma Il benessere collettivo che può salvare l’ambiente e cambiare la politica
Silvano Falocco - A.D. Soc.Ecosistemi. Le Istituzioni e gli attori per una economia leggera
Denise Lancia - presidente Associazione Palocco per Kyoto
Palocco, un borgo sostenibile.
ore 13,30 pausa buffet biologico
Pomeriggio 15.00 - 19.00 Sala del Consiglio
Saluti del presidente del Consiglio della Provincia di Roma Pina Maturano
Enrico Fontana - Consigliere Regione Lazio
La politica della convenienza: valori, linguaggi, strumenti di un cambiamento desiderabile
Maurizio Pallante - fondatore del movimento per la decrescita felice
Il programma politico della decrescita
Erika Lombardi - MAG Roma cooperativa
La finanza autogestita: le MAG
Giada Saint Amour Di Chanaz - Associazione La Casa del cibo Agricoltura, cibo e città: Come agire per restituire ai cittadini una catena alimentare ecologica?
Paolo Piacentini – presidente Ente Parco Monti Lucretili
Esperienze di decrescita in un Parco naturale regionale
Serge Latouche - intervento conclusivo e dibattito
Un convegno sulla “decrescita” per una società più vivibile
La scelta di promuovere un convegno sulla “decrescita” ed una mostra ad esso collegata muove dall’idea di fare opera di sensibilizzazione verso i cittadini tutti e verso gli amministratori pubblici dei Comuni della Provincia di Roma nell’intenzione di sollecitarli ad avviare dibattiti e sperimentazioni localmente su un’altro modo di pensare la società. Sul tema della decrescita c’è oggi un grande interesse come dimostrano negli ultimi mesi il fiorire di incontri, la pubblicazione di numerosi libri ed articoli sui quotidiani e sulle riviste, ed anche sul web. Va ricordato che la teoria della decrescita, ha ispirato esperienze pratiche in diversi paesi tra i quali anche il nostro, esperienze interessanti ed utili per la formazione di una nuova cultura della sobrietà e di un cambiamento degli stili di vita.
Attraverso gli apporti teorici e pratici del convegno e le elaborazioni creative della mostra (che include varie discipline artistiche), si vuole veicolare un messaggio che espliciti i limiti della società dello sviluppo nonché la contraddizione del concetto culturale ed economico a suo sostegno definito sviluppo sostenibile che ne dovrebbe rendere praticabile l’attuazione.
L’una ha posto come valore predominante e parametro del progresso umano la crescita economica, lo sviluppo tecnologico, il produttivismo ad oltranza ed il consumo, l’altro tenta di attenuare gli effetti della devastazione dell’ambiente, del degrado sociale e culturale e della qualità della vita, proponendo uno ‘sviluppo controllato’, meno distruttivo ma in realtà sempre assoggettato ad una logica di crescita abnorme ed esponenziale. La teoria dello sviluppo sostenibile pone come inevitabile l’espansione delle attività, anzi tramite essa, sostiene, si potranno risolvere i problemi connessi all’ambiente e all’aumento della popolazione mondiale; nessun’altra alternativa di modello organizzativo che tenga conto della “finitezza quantitativa” delle risorse e dei limiti di saturazione del pianeta è stata sin’ora esplorata fino in fondo.
Insomma a ben vedere, il risultato dell’ultimo secolo di esasperazione produttiva (e finanziaria, ne abbiamo i risultati evidenti sotto gli occhi) ha reso il mondo un posto meno salubre e vivibile, con parecchi problemi dovuti ad uno sfruttamento incontrollato delle risorse, paradossalmente in fase di impoverimento per una distribuzione iniqua della ricchezza e sofferente per le crescenti disuguaglianze sociali.
Per approfondimenti sull’argomento visitare i links del ns sito:
http://www.neworldproject.it/links.php?lng=it
www.decrescitafelice.it,
www.decrescita.it
http://www.toblacher-gespraeche.it/
Come sarà articolato l’incontro?
Il convegno presentarà le elaborazioni teoriche e il microcosmo delle sperimentazioni che si sono prodotte in questi ultimi anni riconducibili alla teoria della decrescita che di per sé come sostiene il Prof. Latouche nel suo “Breve trattato sulla decrescita serena” è semplicemente ‘una bandiera dietro la quale si raggruppano quelli che hanno fatto una critica radicale dello sviluppo e vogliono delineare i contorni di un progetto alternativo per una politica del doposviluppo. Il suo obiettivo è una società nella quale si vivrà meglio lavorando e consumando di meno. Si tratta di una proposta necessaria per ridare spazio all’inventiva e alla creatività dell’immaginario bloccato dal totalitarismo economicista, sviluppista e progressista’. Di fatto dunque, rientrano nel concetto di decrescita esperienze già in essere in molti campi che hanno come denominatore comune la ricerca della sobrietà e l’adozione di nuovi stili di vita compatibili con l’ambiente e l’equità sociale. Per portare un valido contributo teorico al convegno abbiamo invitato alcuni tra i più eminenti esperti della materia: Serge Latouche, Professore emerito dell’Università XI Paris-sud, teorico di riferimento del pensiero della decrescita; il Prof. Piero Bevilacqua, ordinario di Storia contemporanea all’Università La Sapienza di Roma, esperto di storia dell’ambiente e delle culture rurali; Maurizio Pallante, ispiratore del movimento italiano per la decrescita felice, saggista, già esperto di energia e di tecnologie ambientali. Le esperienze pratiche che si intrecceranno alle esposizioni teoriche riguardano realtà (associazioni ed Enti pubblici) che hanno già realizzato o che hanno in corso d’opera progetti che testimoniano interessanti tentativi di cambio di rotta. La “Cooperativa MAG Roma”, microcredito per una finanza autogestita e solidale; “La città dell’altra economia”, spazio di aggregazione di esperienze varie, dal commercio equosolidale alla ristorazione bio, al riuso e riciclo; “Palocco per Kyoto”, associazione di residenti che hanno dato vita ad un progetto di cambiamento di stile di vita per un borgo sostenibile (tetti per solare fotovoltaico e termico, gruppo d’acquisto solidale, riduzione dei consumi); Equorete: network di organizzazioni e soggetti per una ecologia sociale; Ente Parco regionale dei Monti Lucretili con esperienze su campi della decrescita; ed infine L'associazione “casa del cibo” che opera nel campo della ricucitura dei rapporti tra agricoltura, città e cibo.
La mostra
Nel contesto della tematica sulla decrescita affrontata dal convegno, la mostra collettiva d’arte ha un suo ruolo autonomo capace di ulteriori elaborazioni. L’Arte, che da sempre ha tra le sue valenze anche quella di essere specchio della contemporaneità, anticipatrice dei percorsi delle idee e dei cambiamenti, si pone come un incubatore creativo. L’esplorazione degli stili di vita della società dei consumi con le sue false prospettive di benessere e felicità può produrre altrettante risposte critiche o invenzioni portatrici di riflessioni negli individui e nella società. Il Cambiamento sottointeso nella frase di Gandhi che ci ha ispirato “siate il cambiamento che vorreste vedere nel mondo”, sottolinea però l’importanza del ruolo attivo da assumere, l’essere già da subito con il proprio agire, un attore di quella auspicabile società evoluta portatrice di benessere per tutti.
Gli artisti si pongono degli interrogativi: - vale veramente la pena di continuare a bere le illusioni propinate dalla pubblicità, costruite abilmente per indurre i consumi e soprattutto per aumentare i profitti a danno delle persone e dell’ambiente? - Possono dare autentica e duratura felicità i beni sempre più numerosi di cui siamo convinti di avere bisogno? - Possiamo fare a meno di attribuire a tutto un valore economico? - E i rapporti umani, l’empatia verso il prossimo, possono essere un autentico nutrimento capace di realizzare una società collaborativa e solidale? - Vale la pena di sperimentare nuovi stili di vita ed un nuovo umanesimo dopo l’era della rumorosa opulenza? – Cosa abbiamo da perdere a buttare via quella zavorra mentale che impedisce il nostro sviluppo interiore ed una visione altruistica della società?
Bideceinge
Bideceinge è la traslitterazione, un po’ maccheronica, dell’anglosassone “be the change”, cioè “sii il cambiamento”. È una frase che vuole essere esortativa più che imperativa, è un invito a porsi nell’ottica del cambiamento, ad essere ed incarnare in prima persona il cambiamento; ed in un certo senso è una formula di sfida, è uno stimolo a trovare le idee e gli atteggiamenti per il cambiamento.
Per questo è una frase che rende bene il senso della manifestazione a cui si è voluto dar vita, un evento espositivo che è emanazione e riflesso del convegno di studi sul pensiero della decrescita e degli scenari possibili per il futuro dell’uomo. Il messaggio di questo accostamento di mostra e convengo è che se c’è una possibilità di superare la crisi degli attuali modelli di società e sviluppo, questa è riposta nella capacità di pensare il nuovo, nella scelta consapevole e assennata dei singoli e della collettività. Essere il cambiamento vuol dire che solo nella forza creativa ed inventiva, nel valore delle qualità umane e dei principi ideali, nella qualità delle scelte anche individuali, ci sono le reali risorse per ideare un mondo equo, in armonia con la natura ed allo stesso tempo ricco di benessere e realizzazioni.
Poi, l’apparente astruseria della dicitura “bideceinge” vuole esprimere la realtà di quanto ancora questo messaggio sia riservato alla comprensione o all’attenzione di pochi, mentre la sua essenza è semplice, ovvia, quasi banale. Chi oggi ragiona di cambiamento ancora sembra che parli una lingua sconosciuta e sibillina, la coscienza è lenta a maturare.
Gli artisti sono stati chiamati a interpretare queste linee di riflessione, proprio le loro opere devono essere manifestazione della necessità di mutare indirizzo e della responsabilità che ognuno ha nei confronti del mondo e degli altri.
Bideceinge è il momento per dimostrare la forza innovativa e stupefacente della interpretazione estetica della vita, è occasione per rappresentare il modo in cui l’arte sente la contemporaneità e immagina il domani, è la forma che la fantasia vuol dare al cambiamento.
Nel momento in cui si è pensato di mettere in relazione una mostra d’arte con un convegno di studi e valutazione su modelli economici e sociali, ma poi anche etici ed antropologici, è ovvio che si è partiti da un presupposto alquanto definito. Si è dato cioè per scontato riconoscere all’Arte ed agli artisti un ruolo funzionale e pratico, affermare la capacità di smuovere le coscienze, intravedere ed orientare le prospettive, porre domande e fantasticare proiezioni e risposte.
Non è presupposto da poco, e non riguarda solamente il sistema artistico e le ricadute all’interno di posizioni dottrinali e di mero concetto. Intanto, significa costringere gli artisti a prendere posizione, ad assumersi la responsabilità versus alios delle proprie operazioni creative, e quindi ad essere propositivi e partecipativi al di là del semplice impatto emozionale, oltre la dimensione di un estetico ed estatico individualismo e relativismo. E poi, significa pensare che ci sia un “compito” per l’Arte, ed avere la fiducia che l’adempimento di tale compito conduca finalmente a mutamenti significativi e profondi sullo stato delle cose.
Detto in maniera ancora più brutale, significa che questa esposizione non è appendice di abbellimento ad un evento, non è un ampliamento dell’apparato pubblicitario e di marketing del convegno. Tutt’al contrario, è il nocciolo della questione, è da una parte l’esibizione della realtà che ancora ci ostiniamo ad ignorare, è lo schiaffo in faccia della consapevolezza. E dall’altra parte, ma soprattutto, è la ricerca effettiva e militante di quell’imprescindibile punto di svolta da fissare per ogni possibile cambiamento.
Quello che ci troviamo ad affrontare in questa modernità contraddittoria è infatti un futuro per i sistemi umani fortemente ipotecato, se non già dolorosamente compromesso. Iniziamo faticosamente a toglierci ogni pia illusione sulle “magnifiche sorti e progressive”, le idee gloriose su un avanzamento crescente ed illimitato di civiltà e tecnica, e facciamo i conti con i limiti ed i pericoli di ogni ulteriore spinta allo sviluppo ed all’impiego/sfruttamento di risorse.
Però tutto questo è ancora per molti aspetti e per molte coscienze ambito riservato ad un elitario dibattito teorico (quando non posizione ideologica), compresso nella logica manichea del tutto il bene di qua e tutto il male di là, con il qua ed il là a scambiarsi vicendevolmente posizioni e responsabilità. Invece, è già prepotentemente una questione pratica ed oggettiva, una questione di stile di vita ed abiti di convivenza, è questione dei compromessi possibili. Solo l’indagine umana ed umanistica, allora, è in grado di portare alla ribalta quello scarto con il reale in grado di stimolare la riflessione sulla posizione che le cose hanno all’interno della nostra vita, provare a trovare per esse una sistemazione di valore e grado, riuscire ad inventare l’equilibrio del nuovo.
L’artista non è solo capace di immaginare un universo altro partendo dagli elementi della nostra quotidianità. Egli gioca e sancisce un diverso sistema di regole e archetipi che è insieme ordinamento metafisico-ideale ed esistenza fisica di oggetti e mondi, aggredisce con la medesima veemenza ed incisività entrambi i piani di azione, quello del pensare e quello del fare. Questa dualità non sarebbe di per sé granché, se non fosse adibita ad incentrarsi sull’essere umano ed essere il distillato della sua essenza, la base per ogni ontologia umana. Quindi già per il solo fatto di esserci, ma ancor di più per la volontà di orientarla ad uno scopo, si carica di significati e contenuti, di spinte creatrici ed invenzioni, che si fanno divulgazione, fruizione, attenzione e compartecipazione. Il prodotto artistico può dunque diventare fulcro attrattore ed insieme propagatore di tematiche pressanti, immanenti ed intime all’uomo, perché è fra le poche cose in grado di afferrare le oggettività di un contesto e distillarne le verità, da quelle più scomode a quelle più vitali e “salvifiche”.
Allora a maggior ragione questa mostra, per il tema che ha deciso di affrontare e per l’occasione accanto alla quale si svolge, assume la dimensione estetica non come pura e semplice riflessione di voluttà di senso e d’intelletto fine a se stessa – ars gratia artis – e non la confonde con un arido sbocco di estetismo e decorativismo; ma la esplode a veicolare messaggi dal forte ed importante contenuto etico e sociale, e lo fa attraverso modalità ed approcci che nella ricerca del “bello” trovano la loro potenza vitale e partecipativa.
Ed a questo punto viene fuori tutto ciò che questa mostra vuole essere ed esprimere, per questo concentra e dirige alla condivisione tutte le attitudini proprie della ricerca e della pratica artistica, dal bisogno ludico e del divertissiment ironico, alla vocazione antidogmatica e dissacratoria, dal desiderio a infrangere ogni tabù e stereotipo, alla suggestione poetica e visionaria di un’idea nuova. Il compito quindi di far maturare le coscienze, di smascherare gli improbabili pannicelli caldi e le pigrizie, quello di far volare il cuore e la fantasia verso il cambiamento possibile e necessario, viene rilanciato con l’introdurre nuovi termini e innovativi scenari nella relazione fra l’uomo ed il mondo e fra l’uomo ed i suoi simili.
Viene rilanciato con un lessico vario e mutevole, con forme discipline e visioni le più diverse e versatili; perché bisogna saper parlare a tutti e non farsi mancare nulla, con l’attenzione e la cautela di dosare elementi ed emozioni per non passare inosservati, per non cadere nella retorica e nella noia dei discorsi triti e ritriti. La collocazione chiave del cambiamento, il punto di svolta, sta entro i confini del coinvolgimento, nel territorio della partecipazione e dello scambio emozionale profondo. Sta nella progettazione di spazi, contesti, occasioni e linguaggi ad alto indice di reattività. Questo è stato l’intento, questo è l’augurio e la speranza.
(francesco giulio farachi)
Titolo: La strategia della lumaca - Per una società della misura: idee e pratiche di un altro sapere ed un altro saper fare
Periodo: venerdì 26 febbraio 2009 ore 9.30 - 19.00
Sede: Palazzo Valentini
Indirizzo: Via IV Novembre 119 A
Città: Roma
Mattina 9.30 -13.30 Sala Di Liegro
Presiede Adriano Labbucci
Saluti dell’Assessore alle Politiche culturali Cecilia D’Elia
Luigi Straffi - presidente Associazione Neworld
Presentazione del convegno e della mostra tematica Serge Latouche - Professore emerito Università XI Paris-sud Crisi e decrescita
Riccardo Troisi - presidente del Consorzio Città dell’Altra Economia. Esperienze solidali per una nuova economia di giustizia
Piero Bevilacqua - Ordinario di Storia contemporanea Università La Sapienza di Roma Il benessere collettivo che può salvare l’ambiente e cambiare la politica
Silvano Falocco - A.D. Soc.Ecosistemi. Le Istituzioni e gli attori per una economia leggera
Denise Lancia - presidente Associazione Palocco per Kyoto
Palocco, un borgo sostenibile.
ore 13,30 pausa buffet biologico
Pomeriggio 15.00 - 19.00 Sala del Consiglio
Saluti del presidente del Consiglio della Provincia di Roma Pina Maturano
Enrico Fontana - Consigliere Regione Lazio
La politica della convenienza: valori, linguaggi, strumenti di un cambiamento desiderabile
Maurizio Pallante - fondatore del movimento per la decrescita felice
Il programma politico della decrescita
Erika Lombardi - MAG Roma cooperativa
La finanza autogestita: le MAG
Giada Saint Amour Di Chanaz - Associazione La Casa del cibo Agricoltura, cibo e città: Come agire per restituire ai cittadini una catena alimentare ecologica?
Paolo Piacentini – presidente Ente Parco Monti Lucretili
Esperienze di decrescita in un Parco naturale regionale
Serge Latouche - intervento conclusivo e dibattito
Un convegno sulla “decrescita” per una società più vivibile
La scelta di promuovere un convegno sulla “decrescita” ed una mostra ad esso collegata muove dall’idea di fare opera di sensibilizzazione verso i cittadini tutti e verso gli amministratori pubblici dei Comuni della Provincia di Roma nell’intenzione di sollecitarli ad avviare dibattiti e sperimentazioni localmente su un’altro modo di pensare la società. Sul tema della decrescita c’è oggi un grande interesse come dimostrano negli ultimi mesi il fiorire di incontri, la pubblicazione di numerosi libri ed articoli sui quotidiani e sulle riviste, ed anche sul web. Va ricordato che la teoria della decrescita, ha ispirato esperienze pratiche in diversi paesi tra i quali anche il nostro, esperienze interessanti ed utili per la formazione di una nuova cultura della sobrietà e di un cambiamento degli stili di vita.
Attraverso gli apporti teorici e pratici del convegno e le elaborazioni creative della mostra (che include varie discipline artistiche), si vuole veicolare un messaggio che espliciti i limiti della società dello sviluppo nonché la contraddizione del concetto culturale ed economico a suo sostegno definito sviluppo sostenibile che ne dovrebbe rendere praticabile l’attuazione.
L’una ha posto come valore predominante e parametro del progresso umano la crescita economica, lo sviluppo tecnologico, il produttivismo ad oltranza ed il consumo, l’altro tenta di attenuare gli effetti della devastazione dell’ambiente, del degrado sociale e culturale e della qualità della vita, proponendo uno ‘sviluppo controllato’, meno distruttivo ma in realtà sempre assoggettato ad una logica di crescita abnorme ed esponenziale. La teoria dello sviluppo sostenibile pone come inevitabile l’espansione delle attività, anzi tramite essa, sostiene, si potranno risolvere i problemi connessi all’ambiente e all’aumento della popolazione mondiale; nessun’altra alternativa di modello organizzativo che tenga conto della “finitezza quantitativa” delle risorse e dei limiti di saturazione del pianeta è stata sin’ora esplorata fino in fondo.
Insomma a ben vedere, il risultato dell’ultimo secolo di esasperazione produttiva (e finanziaria, ne abbiamo i risultati evidenti sotto gli occhi) ha reso il mondo un posto meno salubre e vivibile, con parecchi problemi dovuti ad uno sfruttamento incontrollato delle risorse, paradossalmente in fase di impoverimento per una distribuzione iniqua della ricchezza e sofferente per le crescenti disuguaglianze sociali.
Per approfondimenti sull’argomento visitare i links del ns sito:
http://www.neworldproject.it/links.php?lng=it
www.decrescitafelice.it,
www.decrescita.it
http://www.toblacher-gespraeche.it/
Come sarà articolato l’incontro?
Il convegno presentarà le elaborazioni teoriche e il microcosmo delle sperimentazioni che si sono prodotte in questi ultimi anni riconducibili alla teoria della decrescita che di per sé come sostiene il Prof. Latouche nel suo “Breve trattato sulla decrescita serena” è semplicemente ‘una bandiera dietro la quale si raggruppano quelli che hanno fatto una critica radicale dello sviluppo e vogliono delineare i contorni di un progetto alternativo per una politica del doposviluppo. Il suo obiettivo è una società nella quale si vivrà meglio lavorando e consumando di meno. Si tratta di una proposta necessaria per ridare spazio all’inventiva e alla creatività dell’immaginario bloccato dal totalitarismo economicista, sviluppista e progressista’. Di fatto dunque, rientrano nel concetto di decrescita esperienze già in essere in molti campi che hanno come denominatore comune la ricerca della sobrietà e l’adozione di nuovi stili di vita compatibili con l’ambiente e l’equità sociale. Per portare un valido contributo teorico al convegno abbiamo invitato alcuni tra i più eminenti esperti della materia: Serge Latouche, Professore emerito dell’Università XI Paris-sud, teorico di riferimento del pensiero della decrescita; il Prof. Piero Bevilacqua, ordinario di Storia contemporanea all’Università La Sapienza di Roma, esperto di storia dell’ambiente e delle culture rurali; Maurizio Pallante, ispiratore del movimento italiano per la decrescita felice, saggista, già esperto di energia e di tecnologie ambientali. Le esperienze pratiche che si intrecceranno alle esposizioni teoriche riguardano realtà (associazioni ed Enti pubblici) che hanno già realizzato o che hanno in corso d’opera progetti che testimoniano interessanti tentativi di cambio di rotta. La “Cooperativa MAG Roma”, microcredito per una finanza autogestita e solidale; “La città dell’altra economia”, spazio di aggregazione di esperienze varie, dal commercio equosolidale alla ristorazione bio, al riuso e riciclo; “Palocco per Kyoto”, associazione di residenti che hanno dato vita ad un progetto di cambiamento di stile di vita per un borgo sostenibile (tetti per solare fotovoltaico e termico, gruppo d’acquisto solidale, riduzione dei consumi); Equorete: network di organizzazioni e soggetti per una ecologia sociale; Ente Parco regionale dei Monti Lucretili con esperienze su campi della decrescita; ed infine L'associazione “casa del cibo” che opera nel campo della ricucitura dei rapporti tra agricoltura, città e cibo.
La mostra
Nel contesto della tematica sulla decrescita affrontata dal convegno, la mostra collettiva d’arte ha un suo ruolo autonomo capace di ulteriori elaborazioni. L’Arte, che da sempre ha tra le sue valenze anche quella di essere specchio della contemporaneità, anticipatrice dei percorsi delle idee e dei cambiamenti, si pone come un incubatore creativo. L’esplorazione degli stili di vita della società dei consumi con le sue false prospettive di benessere e felicità può produrre altrettante risposte critiche o invenzioni portatrici di riflessioni negli individui e nella società. Il Cambiamento sottointeso nella frase di Gandhi che ci ha ispirato “siate il cambiamento che vorreste vedere nel mondo”, sottolinea però l’importanza del ruolo attivo da assumere, l’essere già da subito con il proprio agire, un attore di quella auspicabile società evoluta portatrice di benessere per tutti.
Gli artisti si pongono degli interrogativi: - vale veramente la pena di continuare a bere le illusioni propinate dalla pubblicità, costruite abilmente per indurre i consumi e soprattutto per aumentare i profitti a danno delle persone e dell’ambiente? - Possono dare autentica e duratura felicità i beni sempre più numerosi di cui siamo convinti di avere bisogno? - Possiamo fare a meno di attribuire a tutto un valore economico? - E i rapporti umani, l’empatia verso il prossimo, possono essere un autentico nutrimento capace di realizzare una società collaborativa e solidale? - Vale la pena di sperimentare nuovi stili di vita ed un nuovo umanesimo dopo l’era della rumorosa opulenza? – Cosa abbiamo da perdere a buttare via quella zavorra mentale che impedisce il nostro sviluppo interiore ed una visione altruistica della società?
Bideceinge
Bideceinge è la traslitterazione, un po’ maccheronica, dell’anglosassone “be the change”, cioè “sii il cambiamento”. È una frase che vuole essere esortativa più che imperativa, è un invito a porsi nell’ottica del cambiamento, ad essere ed incarnare in prima persona il cambiamento; ed in un certo senso è una formula di sfida, è uno stimolo a trovare le idee e gli atteggiamenti per il cambiamento.
Per questo è una frase che rende bene il senso della manifestazione a cui si è voluto dar vita, un evento espositivo che è emanazione e riflesso del convegno di studi sul pensiero della decrescita e degli scenari possibili per il futuro dell’uomo. Il messaggio di questo accostamento di mostra e convengo è che se c’è una possibilità di superare la crisi degli attuali modelli di società e sviluppo, questa è riposta nella capacità di pensare il nuovo, nella scelta consapevole e assennata dei singoli e della collettività. Essere il cambiamento vuol dire che solo nella forza creativa ed inventiva, nel valore delle qualità umane e dei principi ideali, nella qualità delle scelte anche individuali, ci sono le reali risorse per ideare un mondo equo, in armonia con la natura ed allo stesso tempo ricco di benessere e realizzazioni.
Poi, l’apparente astruseria della dicitura “bideceinge” vuole esprimere la realtà di quanto ancora questo messaggio sia riservato alla comprensione o all’attenzione di pochi, mentre la sua essenza è semplice, ovvia, quasi banale. Chi oggi ragiona di cambiamento ancora sembra che parli una lingua sconosciuta e sibillina, la coscienza è lenta a maturare.
Gli artisti sono stati chiamati a interpretare queste linee di riflessione, proprio le loro opere devono essere manifestazione della necessità di mutare indirizzo e della responsabilità che ognuno ha nei confronti del mondo e degli altri.
Bideceinge è il momento per dimostrare la forza innovativa e stupefacente della interpretazione estetica della vita, è occasione per rappresentare il modo in cui l’arte sente la contemporaneità e immagina il domani, è la forma che la fantasia vuol dare al cambiamento.
Nel momento in cui si è pensato di mettere in relazione una mostra d’arte con un convegno di studi e valutazione su modelli economici e sociali, ma poi anche etici ed antropologici, è ovvio che si è partiti da un presupposto alquanto definito. Si è dato cioè per scontato riconoscere all’Arte ed agli artisti un ruolo funzionale e pratico, affermare la capacità di smuovere le coscienze, intravedere ed orientare le prospettive, porre domande e fantasticare proiezioni e risposte.
Non è presupposto da poco, e non riguarda solamente il sistema artistico e le ricadute all’interno di posizioni dottrinali e di mero concetto. Intanto, significa costringere gli artisti a prendere posizione, ad assumersi la responsabilità versus alios delle proprie operazioni creative, e quindi ad essere propositivi e partecipativi al di là del semplice impatto emozionale, oltre la dimensione di un estetico ed estatico individualismo e relativismo. E poi, significa pensare che ci sia un “compito” per l’Arte, ed avere la fiducia che l’adempimento di tale compito conduca finalmente a mutamenti significativi e profondi sullo stato delle cose.
Detto in maniera ancora più brutale, significa che questa esposizione non è appendice di abbellimento ad un evento, non è un ampliamento dell’apparato pubblicitario e di marketing del convegno. Tutt’al contrario, è il nocciolo della questione, è da una parte l’esibizione della realtà che ancora ci ostiniamo ad ignorare, è lo schiaffo in faccia della consapevolezza. E dall’altra parte, ma soprattutto, è la ricerca effettiva e militante di quell’imprescindibile punto di svolta da fissare per ogni possibile cambiamento.
Quello che ci troviamo ad affrontare in questa modernità contraddittoria è infatti un futuro per i sistemi umani fortemente ipotecato, se non già dolorosamente compromesso. Iniziamo faticosamente a toglierci ogni pia illusione sulle “magnifiche sorti e progressive”, le idee gloriose su un avanzamento crescente ed illimitato di civiltà e tecnica, e facciamo i conti con i limiti ed i pericoli di ogni ulteriore spinta allo sviluppo ed all’impiego/sfruttamento di risorse.
Però tutto questo è ancora per molti aspetti e per molte coscienze ambito riservato ad un elitario dibattito teorico (quando non posizione ideologica), compresso nella logica manichea del tutto il bene di qua e tutto il male di là, con il qua ed il là a scambiarsi vicendevolmente posizioni e responsabilità. Invece, è già prepotentemente una questione pratica ed oggettiva, una questione di stile di vita ed abiti di convivenza, è questione dei compromessi possibili. Solo l’indagine umana ed umanistica, allora, è in grado di portare alla ribalta quello scarto con il reale in grado di stimolare la riflessione sulla posizione che le cose hanno all’interno della nostra vita, provare a trovare per esse una sistemazione di valore e grado, riuscire ad inventare l’equilibrio del nuovo.
L’artista non è solo capace di immaginare un universo altro partendo dagli elementi della nostra quotidianità. Egli gioca e sancisce un diverso sistema di regole e archetipi che è insieme ordinamento metafisico-ideale ed esistenza fisica di oggetti e mondi, aggredisce con la medesima veemenza ed incisività entrambi i piani di azione, quello del pensare e quello del fare. Questa dualità non sarebbe di per sé granché, se non fosse adibita ad incentrarsi sull’essere umano ed essere il distillato della sua essenza, la base per ogni ontologia umana. Quindi già per il solo fatto di esserci, ma ancor di più per la volontà di orientarla ad uno scopo, si carica di significati e contenuti, di spinte creatrici ed invenzioni, che si fanno divulgazione, fruizione, attenzione e compartecipazione. Il prodotto artistico può dunque diventare fulcro attrattore ed insieme propagatore di tematiche pressanti, immanenti ed intime all’uomo, perché è fra le poche cose in grado di afferrare le oggettività di un contesto e distillarne le verità, da quelle più scomode a quelle più vitali e “salvifiche”.
Allora a maggior ragione questa mostra, per il tema che ha deciso di affrontare e per l’occasione accanto alla quale si svolge, assume la dimensione estetica non come pura e semplice riflessione di voluttà di senso e d’intelletto fine a se stessa – ars gratia artis – e non la confonde con un arido sbocco di estetismo e decorativismo; ma la esplode a veicolare messaggi dal forte ed importante contenuto etico e sociale, e lo fa attraverso modalità ed approcci che nella ricerca del “bello” trovano la loro potenza vitale e partecipativa.
Ed a questo punto viene fuori tutto ciò che questa mostra vuole essere ed esprimere, per questo concentra e dirige alla condivisione tutte le attitudini proprie della ricerca e della pratica artistica, dal bisogno ludico e del divertissiment ironico, alla vocazione antidogmatica e dissacratoria, dal desiderio a infrangere ogni tabù e stereotipo, alla suggestione poetica e visionaria di un’idea nuova. Il compito quindi di far maturare le coscienze, di smascherare gli improbabili pannicelli caldi e le pigrizie, quello di far volare il cuore e la fantasia verso il cambiamento possibile e necessario, viene rilanciato con l’introdurre nuovi termini e innovativi scenari nella relazione fra l’uomo ed il mondo e fra l’uomo ed i suoi simili.
Viene rilanciato con un lessico vario e mutevole, con forme discipline e visioni le più diverse e versatili; perché bisogna saper parlare a tutti e non farsi mancare nulla, con l’attenzione e la cautela di dosare elementi ed emozioni per non passare inosservati, per non cadere nella retorica e nella noia dei discorsi triti e ritriti. La collocazione chiave del cambiamento, il punto di svolta, sta entro i confini del coinvolgimento, nel territorio della partecipazione e dello scambio emozionale profondo. Sta nella progettazione di spazi, contesti, occasioni e linguaggi ad alto indice di reattività. Questo è stato l’intento, questo è l’augurio e la speranza.
(francesco giulio farachi)
24
febbraio 2009
Bideceinge
Dal 24 febbraio all'otto marzo 2009
arte contemporanea
incontro - conferenza
incontro - conferenza
Location
EX MAGAZZINI GENERALI – ISA – ISTITUTO SUPERIORE ANTINCENDI
Roma, Via Del Commercio, 13, (Roma)
Roma, Via Del Commercio, 13, (Roma)
Orario di apertura
dal lunedì al sabato ore 16.30 - 19.30
Vernissage
24 Febbraio 2009, ore 17
Sito web
www.neworldproject.it
Autore
Curatore