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Bigozzi | Ciampelli | Paci – Il Foro Stenopeico
Il Centro Culturale ArtCamera presenta la mostra fotografica “Il Foto stenopeico: scatola magica, pura essenza di luce”.
Comunicato stampa
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Le opere fotografiche di Barbara Bigozzi, Eleonora Ciampelli e Maria Vittoria Paci, sono state realizzate durante il corso di fotografia “Dall’Analogico, con camera oscura, al Digitale” organizzato dal Centro Culturale ArtCamera nel corrente anno 2009. Le allieve protagoniste della mostra, tra gli altri componenti del corso, avendo dimostrato particolare interesse ed impegno, specie per la parte riguardante lo studio applicato del Foro Stenopeico, meritano che il lodevole risultato da esse ottenuto, venga condiviso con quanti, di tale ed inconsueto e suggestivo modo di “scrivere con la luce”non sono a conoscenza, e in tal modo, curiosamente possano prenderne visione e constatare l’efficacia e e la magica dimensione che restituisce la “pura essenza della luce” inglobata in una semplice scatola nera o “camera obscura”. Ma ciò che emerge è soprattutto una specifica impronta tutta personalizzata che ogni singola artista ha intriso in ognuna delle foto realizzate, non solo nella tecnica costruttiva del Foro, ma anche nella scelta dei soggetti immortalati, dai quali traspare talvolta uno stile romantico, minimalista o ricercato, specchio delle proprie specifiche e distinte personalità.
Rita Carioti
IL FORO STENOPEICO
Il principio di formazione di una immagine proiettata su di uno schermo attraverso un piccolo foro è noto da millenni. Ne fa cenno già Aristotele ( 384-332 a.C.) nei suoi scritti. I sapienti Arabi praticavano in apertura nelle pareti di una stanza buia per compiere accurate osservazioni delle eclissi che proiettavano sulla parete opposta al foro la loro immagine. Questa forma di osservazione indiretta del fenomeno evitava loro l’abbagliamento che li avrebbe accecati se avrebbero rivolto lo sguardo verso il sole.
Riferimenti al principio di funzionamento della “camera obscura” (come veniva chiamata nel Medioevo) sono contenuti anche nelle opere di Bacone (1214-1294), di Levi ben Gerson (o Leon de Bagnois), di Dom Papnunzio, il monaco benedettino di cui sono riferiti gli esperimenti a Vitruvio pubblicati nel 1521 da Cesare Cesariano.
Ma la più chiara e dettagliata descrizione della camera oscura, contenuta nel Codice Atlantico, è stata redatta da Leonardo Da Vinci ( 1452-1519) che fornì una esatta descrizione di come debba essere praticato il foro nella parete per ottenere soddisfacenti risultati e raccomandòl’uso di carta molto sottile quale schermo in modo, collocata non troppo lontana dal foro stesso, consentisse di vedere chiaramente, da dietro, l’immagine rimpicciolita di ciò che si trovava all’esterno della stanza ed era illuminato dal sole. Spiegò anche come l’incrociarsi dei raggi nel foro determinasse la formazione di una immagine capovolta e diede la prima sorprendentemente precisa descrizione della perfetta analogia tra il principio di funzionamento della camera obscura e dell’occhio.
A partire del sedicesimo secolo, le indicazioni circa l’impiego ed il perfezionamento della camera oscura da parte degli studiosi si infittisce progressivamente. In particolare Gian Battista della Porta (1538-1615) che tra le altre cose suggerì di applicare davanti al foro, una lente concava- un obiettivo- che avrebbe permesso di ampliare le dimensioni del foro aumentando la luminosità. Questo divenne nel 1600 uno dei principali impieghi della camera oscura , le cui dimensioni furono progressivamente ridotte a quelle di una scatola di legno facile da trasportare ovunque. Nel diciassettesimo secolo si inserirono e si perfezionarono i sistemi della messa a fuoco e il sistema reflex (specchio interno posto a 45° ) che rifletteva l’immagine su un piano traslucido orizzontale. Il Veneziano Daniello Barbaro, tra le caratteristiche descritte nella sua opera “ La pratica della prospettiva”, approfondì anche il rapporto tra definizione dell’immagine e diaframmatura. La camera oscura, dunque dovette attendere l’Ottocento solo perché si mettesse a punto una certa carta sulla quale l’immagine potesse imprimersi senza l’intervento del disegnatore per poter essere promossa “macchina fotografica”; ma essa era già pronta ad assolvere tecnicamente al suo compito molto prima che ciò avvenisse.
Tratto da “Fotografia Didattica” - Ed. Ilford scuola
Rita Carioti
IL FORO STENOPEICO
Il principio di formazione di una immagine proiettata su di uno schermo attraverso un piccolo foro è noto da millenni. Ne fa cenno già Aristotele ( 384-332 a.C.) nei suoi scritti. I sapienti Arabi praticavano in apertura nelle pareti di una stanza buia per compiere accurate osservazioni delle eclissi che proiettavano sulla parete opposta al foro la loro immagine. Questa forma di osservazione indiretta del fenomeno evitava loro l’abbagliamento che li avrebbe accecati se avrebbero rivolto lo sguardo verso il sole.
Riferimenti al principio di funzionamento della “camera obscura” (come veniva chiamata nel Medioevo) sono contenuti anche nelle opere di Bacone (1214-1294), di Levi ben Gerson (o Leon de Bagnois), di Dom Papnunzio, il monaco benedettino di cui sono riferiti gli esperimenti a Vitruvio pubblicati nel 1521 da Cesare Cesariano.
Ma la più chiara e dettagliata descrizione della camera oscura, contenuta nel Codice Atlantico, è stata redatta da Leonardo Da Vinci ( 1452-1519) che fornì una esatta descrizione di come debba essere praticato il foro nella parete per ottenere soddisfacenti risultati e raccomandòl’uso di carta molto sottile quale schermo in modo, collocata non troppo lontana dal foro stesso, consentisse di vedere chiaramente, da dietro, l’immagine rimpicciolita di ciò che si trovava all’esterno della stanza ed era illuminato dal sole. Spiegò anche come l’incrociarsi dei raggi nel foro determinasse la formazione di una immagine capovolta e diede la prima sorprendentemente precisa descrizione della perfetta analogia tra il principio di funzionamento della camera obscura e dell’occhio.
A partire del sedicesimo secolo, le indicazioni circa l’impiego ed il perfezionamento della camera oscura da parte degli studiosi si infittisce progressivamente. In particolare Gian Battista della Porta (1538-1615) che tra le altre cose suggerì di applicare davanti al foro, una lente concava- un obiettivo- che avrebbe permesso di ampliare le dimensioni del foro aumentando la luminosità. Questo divenne nel 1600 uno dei principali impieghi della camera oscura , le cui dimensioni furono progressivamente ridotte a quelle di una scatola di legno facile da trasportare ovunque. Nel diciassettesimo secolo si inserirono e si perfezionarono i sistemi della messa a fuoco e il sistema reflex (specchio interno posto a 45° ) che rifletteva l’immagine su un piano traslucido orizzontale. Il Veneziano Daniello Barbaro, tra le caratteristiche descritte nella sua opera “ La pratica della prospettiva”, approfondì anche il rapporto tra definizione dell’immagine e diaframmatura. La camera oscura, dunque dovette attendere l’Ottocento solo perché si mettesse a punto una certa carta sulla quale l’immagine potesse imprimersi senza l’intervento del disegnatore per poter essere promossa “macchina fotografica”; ma essa era già pronta ad assolvere tecnicamente al suo compito molto prima che ciò avvenisse.
Tratto da “Fotografia Didattica” - Ed. Ilford scuola
14
novembre 2009
Bigozzi | Ciampelli | Paci – Il Foro Stenopeico
Dal 14 novembre 2009 al 23 gennaio 2010
fotografia
Location
COFFEE O’CLOCK
Arezzo, Corso Italia, 184, (Arezzo)
Arezzo, Corso Italia, 184, (Arezzo)
Orario di apertura
tutti i giorni ore 8-20
Vernissage
14 Novembre 2009, ore 18:00
Autore
Curatore