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Bottega, Scuola, Accademia. La pittura a Verona dal 1570 alla peste del 1630
In mostra, nell’elegante allestimento firmato da Alba Di Lieto con Ketty Bertolaso, 61 sceltissime opere, tra dipinti, disegni, strumenti musicali e documenti, parte dei quali presentati per la prima volta al pubblico. A focalizzare l’attenzione sulla scuola artistica più operosa e amata a Verona tra Cinque e Seicento, una stirpe di artisti cresciuti nell’alveo di una bottega famigliare, quella di Domenico e Felice Brusasorzi.
Comunicato stampa
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È una pittura coloratissima e comunicativa, quella che, dal 17 novembre al 5 maggio prossimo, propone Bottega, Scuola, Accademia. La pittura a Verona dal 1570 alla peste del 1630, in sala Boggian al Museo di Castelvecchio, a cura di Francesca Rossi e Sergio Marinelli.
La stagione culturale autunnale veronese si arricchisce di un nuovo importante appuntamento sottolinea lassessore alla Cultura Francesca Briani. Arte e storia si incontrano per raccontare, attraverso le opere pittoriche esposte, un momento di particolare creatività artistica del nostro territorio. Unintensità produttiva che, tra il 500 e il 600, ha portato alla realizzazione di capolavori straordinari. Unampia e ricca esposizione che sarà possibile ammirare grazie alle importanti collaborazioni avviate con le principali collezioni civiche cittadine.
In mostra, nellelegante allestimento firmato da Alba Di Lieto con Ketty Bertolaso, 61 sceltissime opere, tra dipinti, disegni, strumenti musicali e documenti, parte dei quali presentati per la prima volta al pubblico. A focalizzare lattenzione sulla scuola artistica più operosa e amata a Verona tra Cinque e Seicento, una stirpe di artisti cresciuti nellalveo di una bottega famigliare, quella di Domenico e Felice Brusasorzi.
Bottega che, allincrocio stilistico tra tardo Manierismo, pittura della Realtà e Classicismo, si trasformò in una sorta di accademia corporativa capace di dare impulso a unintensa stagione di commissioni artistiche che lasciarono unimpronta indelebile in chiese e palazzi pubblici e privati del territorio.
In un contesto che vedeva attive a Verona varie figure di rilievo, come Bernardino India e Paolo Farinati, e la prossimità al prolifico ambiente delle botteghe veneziane di Tintoretto, Tiziano, Veronese e Palma il Giovane, si distingue in città alla metà del '500 la bottega dei Brusasorzi. La loro fu una delle botteghe più operose, sia per quanto riguarda la produzione di opere pittoriche sia per la presenza al suo interno di numerosi apprendisti e discepoli, tra i quali - vengono con attenzione illustrati in mostra - Sante Creara, Alessandro Turchi, Pasquale Ottino e Marcantonio Bassetti.
I disegni e dipinti esposti nelle tre aree tematiche del percorso espositivo evidenziano come il periodo giovanile di questi artisti sia improntato al lessico del maestro, per reindirizzarsi in seguito grazie all'influsso di altri autori.
Questo fondamentale momento della produzione artistica veronese fu bruscamente interrotto dalla peste del 1630, che portò alla morte di molti pittori e che mutò in maniera radicale la sensibilità di coloro che sopravvissero, aprendo la strada a una stagione dell'arte.
Nella rilettura di unItalia multicentrica scrive Francesca Rossi, Direttore dei Musei Civici veronesi e curatrice della mostra con Sergio Marinelli alle prese con lascesa e laffermazione del Caravaggismo, del Naturalismo e della poetica degli affetti divulgata sotto il vessillo della Controriforma Cattolica dalla pittura rubensiana, lindagine sul contesto veronese contribuisce ad avvalorare lidea di una tradizione artistica locale che riuscì a mantenere salda la propria identità e autonomia e a tramandarla senza cedere alle tendenze figurative dominanti che condizionavano in quel momento lintera Europa.
E questo senza cadere in una miopia autoreferenziale, tuttaltro.
I Brusasorzi e i loro allievi si mantennero perfettamente informati su quanto accadeva nei principali centri artistici italiani e dellEuropa del Nord, privilegiando comunque unautonomia di stile, alimentando una precisa vitalità espressiva che divenne il marchio di fabbrica non solo di Domenico e di suo figlio, verso i quali Vasari espresse il suo elogio, ma anche della schiera di artisti che monopolizzarono larte a Verona per oltre mezzo secolo, rivendo importanti commissioni anche da altre capitali italiane.
Felice, in modo particolare, prosegue la curatrice si mise alla testa del processo di affermazione di uno stile autonomo che in città incontrò un successo immediato e tale da far rallentare progressivamente, [...], gli arrivi di opere e maestranze da fuori per oltre mezzo secolo, sino alla tragica calamità che segnò la fine di un mondo e il rapido oblio di unintera generazione di pittori.
Le opere esposte provengono dalle collezioni civiche e da importanti prestiti concessi dallAccademia Filarmonica di Verona, dalla Fondazione Cariverona, dal Banco BPM, da collezionisti privati a testimonianza dell'importante e consolidata rete di collaborazione territoriale volta alla valorizzazione del patrimonio.
Questa mostra prosegue la linea espositiva di approfondimento frutto di studi e ricerche che il Museo di Castelvecchio ha intrapreso nel corso degli anni e che di volta in volta propone autori e specifici periodi della storia dellarte veronese, volgendo sempre lo sguardo anche a un contesto più ampio.
Studi e ricerche che hanno portato alla recentissima pubblicazione del secondo volume del Catalogo generale dei dipinti e delle miniature delle collezioni civiche veronesi, monumentale opera curata da Paola Marini. Ettore Napione e Gianni Peretti.
LAccademia Filarmonica accoglierà in Sala Maffeiana la cerimonia di inaugurazione della mostra che sarà preceduta dallesecuzione di alcuni brani di musica barocca per flauto, violino e violoncello. A conclusione della presentazione seguirà la visita alla mostra in Sala Boggian al Museo di Castelvecchio con accompagnamento musicale.
La stagione culturale autunnale veronese si arricchisce di un nuovo importante appuntamento sottolinea lassessore alla Cultura Francesca Briani. Arte e storia si incontrano per raccontare, attraverso le opere pittoriche esposte, un momento di particolare creatività artistica del nostro territorio. Unintensità produttiva che, tra il 500 e il 600, ha portato alla realizzazione di capolavori straordinari. Unampia e ricca esposizione che sarà possibile ammirare grazie alle importanti collaborazioni avviate con le principali collezioni civiche cittadine.
In mostra, nellelegante allestimento firmato da Alba Di Lieto con Ketty Bertolaso, 61 sceltissime opere, tra dipinti, disegni, strumenti musicali e documenti, parte dei quali presentati per la prima volta al pubblico. A focalizzare lattenzione sulla scuola artistica più operosa e amata a Verona tra Cinque e Seicento, una stirpe di artisti cresciuti nellalveo di una bottega famigliare, quella di Domenico e Felice Brusasorzi.
Bottega che, allincrocio stilistico tra tardo Manierismo, pittura della Realtà e Classicismo, si trasformò in una sorta di accademia corporativa capace di dare impulso a unintensa stagione di commissioni artistiche che lasciarono unimpronta indelebile in chiese e palazzi pubblici e privati del territorio.
In un contesto che vedeva attive a Verona varie figure di rilievo, come Bernardino India e Paolo Farinati, e la prossimità al prolifico ambiente delle botteghe veneziane di Tintoretto, Tiziano, Veronese e Palma il Giovane, si distingue in città alla metà del '500 la bottega dei Brusasorzi. La loro fu una delle botteghe più operose, sia per quanto riguarda la produzione di opere pittoriche sia per la presenza al suo interno di numerosi apprendisti e discepoli, tra i quali - vengono con attenzione illustrati in mostra - Sante Creara, Alessandro Turchi, Pasquale Ottino e Marcantonio Bassetti.
I disegni e dipinti esposti nelle tre aree tematiche del percorso espositivo evidenziano come il periodo giovanile di questi artisti sia improntato al lessico del maestro, per reindirizzarsi in seguito grazie all'influsso di altri autori.
Questo fondamentale momento della produzione artistica veronese fu bruscamente interrotto dalla peste del 1630, che portò alla morte di molti pittori e che mutò in maniera radicale la sensibilità di coloro che sopravvissero, aprendo la strada a una stagione dell'arte.
Nella rilettura di unItalia multicentrica scrive Francesca Rossi, Direttore dei Musei Civici veronesi e curatrice della mostra con Sergio Marinelli alle prese con lascesa e laffermazione del Caravaggismo, del Naturalismo e della poetica degli affetti divulgata sotto il vessillo della Controriforma Cattolica dalla pittura rubensiana, lindagine sul contesto veronese contribuisce ad avvalorare lidea di una tradizione artistica locale che riuscì a mantenere salda la propria identità e autonomia e a tramandarla senza cedere alle tendenze figurative dominanti che condizionavano in quel momento lintera Europa.
E questo senza cadere in una miopia autoreferenziale, tuttaltro.
I Brusasorzi e i loro allievi si mantennero perfettamente informati su quanto accadeva nei principali centri artistici italiani e dellEuropa del Nord, privilegiando comunque unautonomia di stile, alimentando una precisa vitalità espressiva che divenne il marchio di fabbrica non solo di Domenico e di suo figlio, verso i quali Vasari espresse il suo elogio, ma anche della schiera di artisti che monopolizzarono larte a Verona per oltre mezzo secolo, rivendo importanti commissioni anche da altre capitali italiane.
Felice, in modo particolare, prosegue la curatrice si mise alla testa del processo di affermazione di uno stile autonomo che in città incontrò un successo immediato e tale da far rallentare progressivamente, [...], gli arrivi di opere e maestranze da fuori per oltre mezzo secolo, sino alla tragica calamità che segnò la fine di un mondo e il rapido oblio di unintera generazione di pittori.
Le opere esposte provengono dalle collezioni civiche e da importanti prestiti concessi dallAccademia Filarmonica di Verona, dalla Fondazione Cariverona, dal Banco BPM, da collezionisti privati a testimonianza dell'importante e consolidata rete di collaborazione territoriale volta alla valorizzazione del patrimonio.
Questa mostra prosegue la linea espositiva di approfondimento frutto di studi e ricerche che il Museo di Castelvecchio ha intrapreso nel corso degli anni e che di volta in volta propone autori e specifici periodi della storia dellarte veronese, volgendo sempre lo sguardo anche a un contesto più ampio.
Studi e ricerche che hanno portato alla recentissima pubblicazione del secondo volume del Catalogo generale dei dipinti e delle miniature delle collezioni civiche veronesi, monumentale opera curata da Paola Marini. Ettore Napione e Gianni Peretti.
LAccademia Filarmonica accoglierà in Sala Maffeiana la cerimonia di inaugurazione della mostra che sarà preceduta dallesecuzione di alcuni brani di musica barocca per flauto, violino e violoncello. A conclusione della presentazione seguirà la visita alla mostra in Sala Boggian al Museo di Castelvecchio con accompagnamento musicale.
16
novembre 2018
Bottega, Scuola, Accademia. La pittura a Verona dal 1570 alla peste del 1630
Dal 16 novembre 2018 al 05 maggio 2019
arte antica
Location
MUSEO DI CASTELVECCHIO
Verona, Corso Castelvecchio, 2, (Verona)
Verona, Corso Castelvecchio, 2, (Verona)
Biglietti
il biglietto di ingresso al Museo consente anche la visita della mostra
Orario di apertura
da martedì a domenica 8.3019.30; lunedì 13.3019.30; chiusura biglietteria ore 18.45
Vernissage
16 Novembre 2018, su invito
Ufficio stampa
STUDIO ESSECI
Curatore