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Bottom-up. Circostanze dell’immagine mediale
collettiva
Comunicato stampa
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Gli ultimi sviluppi della tecnologia ci hanno consegnato computer che possono realizzare dodicimila miliardi di operazioni in un secondo, minisommergibili che rilasciano farmaci nel corpo, luce da spalmare come una pellicola, memorie che sfruttano singole molecole. Le nanotecnologie si riallacciano all’intuizione di Feynman del 1959, There is plenty of room at the bottom, con essa nel cuore della materia si apriva un universo grande come una capocchia di spillo, in cui inserire tutti i saperi enciclopedici. Nel nostro quotidiano i microdispositivi sono già largamente distribuiti e la prossima sfida è quella di produrre nano-particelle in quantità industriali: batterie più efficienti, chip per analisi istantanee, monitor impiantabili nell’organismo, nano-terapie antitumori, computer basati su nano-tubi con inimmaginabile capacità di memoria.
Nel settore della “nanotecnologia”, mentre il procedimento chiamato “top-down” (dall'alto in basso, o dal grande al piccolo) provvede alla miniaturizzazione di dispositivi già esistenti, quello del “bottom-up” pensa alla costruzione atomo per atomo, ovvero intervenendo direttamente sulla struttura della materia. Il processo di “top-down” ha influito strutturalmente su informazione, media, cultura, comunicazione e arte. In particolare, l’arte e l’immagine sono quelle che, nella loro totale metamorfosi, hanno mostrato la maggiore implementazione dell’effetto “top-down”, perché pur non volendo collegare in maniera meccanica i risultati della tecnica più aggiornata con quelli dell’immagine artistica più elaborata, lo stimolo incessante alla definizione dell’immagine ha trasformato la risoluzione grafica di essa in un confronto continuo con il rendering digitale. In sostanza la produzione industriale, ed in particolare il consumo popolare dell’immagine su palmari, telefonini ed I-pod, ha avviato una competizione con il mondo dell’arte. Gli artisti, quasi come se partecipassero ad una corsa ad ostacoli, si sono trovati a portare l’immagine ad un incessante perfezionamento e a sfidare metaforicamente la tecnologia, tentando di sconfiggere l’Hi-tech con il Low. La trasfigurazione dei nuovi traguardi scientifici e tecnologici, fin dai primordi, è stata presa in considerazione, in maggior misura, dall’arte mediale. Tramite i new-media, essa è quella che ha mostrato più familiarità con la cyber-invasività del nanos, spostandosi verso un post-realismo mediale.
Con i più attuali sviluppi del “bottom-up”, anche l’arte può evolvere verso una parcellizzazione infinitesimale dell’immagine e soprattutto perdersi tra la fitta rete di dati generali e particolari, tra condizioni massimali di realtà e condizioni minimali di produzione, raggiungendo una condizione di subrealismo mediale. Se le nanotecnologie tendono alla miniaturizzazione, in arte però l’effetto bottom-up non ci deve riportare all’iperrealismo, ma ad un’immagine nanometrica, che inevitabilmente perfeziona i dettagli di tutte le figure, le copie, le sembianze. Riportandoci ad una progressione tecnica, qui il grande e il piccolo si confondono in uno spazio dell’immagine che è oltre l’alta definizione. Uno spazio che si alimenta grazie al gioco concettuale del figurato, ovvero non una semplice riproduzione figurativa della realtà con il mezzo tecnico, ma un luogo dell’immaginario che comprende i segni del quotidiano e i mondi più invisibili della materia.
bottom-up… è, dunque, un’esposizione che prende un libero spunto dal fenomeno delle nuove tecnologie in rapporto all’immagine. Naturalmente, il confronto si avvale di un termine di paragone metaforico e prova ad interrogarsi: “come sarà l’immagine domani?”. La risposta è data da una soluzione molto semplice: l’immagine si propone sempre di più come “cosa fra le cose”, più sapientemente tecnica di qualsiasi altro tradizionale artigianato, più realistica di qualsiasi altro realismo, ma anche più astratta di qualsiasi altra astrazione e più concettuale di qualsiasi altra concettualità. E “tecnicamente”? Più assetata di “definizione” di qualsiasi altra immagine fotografica, più pittorica di qualsiasi altra pittura, più videografica di qualsiasi frontiera dell’immagine allo schermo, più cinematografica di un qualsiasi fotogramma che si confronta con i new media, più elettronica di qualsiasi installazione multimediale. Qui il più non è una categoria estetica, che indica un superlativo assoluto, ma semmai – visto che si parla di immagine nanometrica - proprio ora esso è il “più come meno”. O forse “il meno come più”?
Nel settore della “nanotecnologia”, mentre il procedimento chiamato “top-down” (dall'alto in basso, o dal grande al piccolo) provvede alla miniaturizzazione di dispositivi già esistenti, quello del “bottom-up” pensa alla costruzione atomo per atomo, ovvero intervenendo direttamente sulla struttura della materia. Il processo di “top-down” ha influito strutturalmente su informazione, media, cultura, comunicazione e arte. In particolare, l’arte e l’immagine sono quelle che, nella loro totale metamorfosi, hanno mostrato la maggiore implementazione dell’effetto “top-down”, perché pur non volendo collegare in maniera meccanica i risultati della tecnica più aggiornata con quelli dell’immagine artistica più elaborata, lo stimolo incessante alla definizione dell’immagine ha trasformato la risoluzione grafica di essa in un confronto continuo con il rendering digitale. In sostanza la produzione industriale, ed in particolare il consumo popolare dell’immagine su palmari, telefonini ed I-pod, ha avviato una competizione con il mondo dell’arte. Gli artisti, quasi come se partecipassero ad una corsa ad ostacoli, si sono trovati a portare l’immagine ad un incessante perfezionamento e a sfidare metaforicamente la tecnologia, tentando di sconfiggere l’Hi-tech con il Low. La trasfigurazione dei nuovi traguardi scientifici e tecnologici, fin dai primordi, è stata presa in considerazione, in maggior misura, dall’arte mediale. Tramite i new-media, essa è quella che ha mostrato più familiarità con la cyber-invasività del nanos, spostandosi verso un post-realismo mediale.
Con i più attuali sviluppi del “bottom-up”, anche l’arte può evolvere verso una parcellizzazione infinitesimale dell’immagine e soprattutto perdersi tra la fitta rete di dati generali e particolari, tra condizioni massimali di realtà e condizioni minimali di produzione, raggiungendo una condizione di subrealismo mediale. Se le nanotecnologie tendono alla miniaturizzazione, in arte però l’effetto bottom-up non ci deve riportare all’iperrealismo, ma ad un’immagine nanometrica, che inevitabilmente perfeziona i dettagli di tutte le figure, le copie, le sembianze. Riportandoci ad una progressione tecnica, qui il grande e il piccolo si confondono in uno spazio dell’immagine che è oltre l’alta definizione. Uno spazio che si alimenta grazie al gioco concettuale del figurato, ovvero non una semplice riproduzione figurativa della realtà con il mezzo tecnico, ma un luogo dell’immaginario che comprende i segni del quotidiano e i mondi più invisibili della materia.
bottom-up… è, dunque, un’esposizione che prende un libero spunto dal fenomeno delle nuove tecnologie in rapporto all’immagine. Naturalmente, il confronto si avvale di un termine di paragone metaforico e prova ad interrogarsi: “come sarà l’immagine domani?”. La risposta è data da una soluzione molto semplice: l’immagine si propone sempre di più come “cosa fra le cose”, più sapientemente tecnica di qualsiasi altro tradizionale artigianato, più realistica di qualsiasi altro realismo, ma anche più astratta di qualsiasi altra astrazione e più concettuale di qualsiasi altra concettualità. E “tecnicamente”? Più assetata di “definizione” di qualsiasi altra immagine fotografica, più pittorica di qualsiasi altra pittura, più videografica di qualsiasi frontiera dell’immagine allo schermo, più cinematografica di un qualsiasi fotogramma che si confronta con i new media, più elettronica di qualsiasi installazione multimediale. Qui il più non è una categoria estetica, che indica un superlativo assoluto, ma semmai – visto che si parla di immagine nanometrica - proprio ora esso è il “più come meno”. O forse “il meno come più”?
12
ottobre 2006
Bottom-up. Circostanze dell’immagine mediale
Dal 12 ottobre al 14 novembre 2006
arte contemporanea
Location
STUDIOSEI ARTE CONTEMPORANEA
Milano, Viale Regina Giovanna, 6, (Milano)
Milano, Viale Regina Giovanna, 6, (Milano)
Orario di apertura
dal martedì al sabato 10-19
Vernissage
12 Ottobre 2006, ore 18.30
Autore
Curatore