Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Brahim Achir – ParoleTaciute
la mostra presenta 30 opere pittoriche eseguite dall’artista algerino nel corso dell’ultimo triennio.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Nella sede prestigiosa del Museo Civico “Umberto Mastroianni” di Marino, si inaugura il 2 luglio 2010 la mostra dal titolo ”ParoleTaciute” del pittore Brahim Achir a cura di Gino Rossi e Rosanna Rago
Il progetto promosso dal Comune di Marino, con il Patrocinio dell’ Assessorato alla Cultura e dell’Ambasciata Algerina in collaborazione con l’ Associazione Culturale Mediterraneo, presenta 30 opere pittoriche eseguite dall'artista algerino nel corso dell’ultimo triennio. Il ciclo iconografico privilegia dipinti con figure femminili, omaggio a tre reperti (I al III sec d.C) a tema custoditi nel museo, trova perfetta collocazione nelle navate dell’antica Chiesa risalente al 1102, rara testimonianza di architettura gotica nell’area dei Colli Albani, dal 2000 sede del Museo Civico della città di Marino, dedicato allo scultore Umberto Mastroianni, che raccoglie l'eredità del vecchio Museo (Antiquarium) inaugurato nel 1904 dove erano conservate numerose e preziose testimonianze archeologiche e documentarie del passato cittadino. Al suo interno sono conservati infatti numerosissimi reperti, provenienti sia da quanto scampato al bombardamento di Palazzo Colonna (sede originaria del Museo), sia da recenti scavi e ritrovamenti effettuati nel corso degli ultimi anni. Il progetto installativo si basa sull’interazione tra i reperti archeologici e l’opera di Achir, in un contesto architettonico/storico di particolare suggestione.
Achir Brahim è artista algerino, o meglio maghrebino. Artista che ci offre una vasta gamma di citazioni, parlando una lingua internazionale che spazia dalla pittura di Piero Della Francesca, colta nella rotonda volumetria dei volti femminili, sino a quella di Balthus. Egli ha vissuto l’esperienza dell’appartenenza, della sottolineatura della sua identità culturale per poi riuscire a disappartenere e proiettarsi verso la cultura internazionale, senza venir mai meno ai fondamenti della sua origine. Achir ha ben appreso la lezione dei grandi maestri della pittura maghrebina, a partire da quel Khadda che tanto fece perché i giovani artisti del Maghreb si riappropriassero della loro “preistoria”, depositata nei tempi della memoria, per poi proiettarsi sul palcoscenico della quotidiana esistenza internazionale. I personaggi che vivono le sue tele popolano antiche città carovaniere,falansteri dimenticati, preda della sabbia Sahariana dopo l’abbandono determinato da nuovi percorsi economici. Donne e uomini raffigurati hanno sguardi persi verso orizzonti infiniti; la loro fissità rimanda ad una matrice aliena, quasi a volere confermare quelle teorie per le quali la nostra terra, in tempi passati, è stata oggetto di visita da parte di popoli provenienti da spazi lontani. Gli stessi spazi urbani che Achir propone sono strutturati in modo da richiamare alcune scenografie cinematografiche, dove fantascienza, storia antica ed attualità tecnologica si incrociano. Achir annulla così, in pittura, con lo stesso metodo cinematografico, il diacronico scorrere del tempo. Le sue città mare, “città di scavi” sono sospese come lo sguardo fermo dei suoi personaggi: tutto è avvolto in fermo immagine senza tempo che filtra storia, tecnologia e nostalgia. Ocra e blu sono dominanti nella pittura di questo artista. Segnano in modo naturale, genetico, l’ocra del deserto ed il manto blu degli Amazigh, che nell’antica lingua nord africana Tifinagh significa “uomo libero” e cancella, come dice Fatema Mernissi, la parola berbero così carica di xenofobia. Il colore è dato sempre con forte matericità, per strati lenti e sovrapposti, formando grumi che contribuiscono a plasticizzare il “rappresentato”. Le figure di donne dal collo lungo, così frequenti nelle iconografie di Achir, sembrano richiamare insistentemente il ritratto di Lucrezia Panciatichi del Bronzino. In posizione fortemente verticale contrastano l’orizzontalità dei piani di fondo. Ogni immagine è inquadrata in “composizioni rigorose e statiche, linearmente semplificate e cromaticamente equilibrate di sublime malinconica fredezza”, che tanto ricordano la lezione di Felice Casorati nel ritratto di Silvana Cenni del 1922. Testo critico di Maria Laura Perilli.
Il progetto promosso dal Comune di Marino, con il Patrocinio dell’ Assessorato alla Cultura e dell’Ambasciata Algerina in collaborazione con l’ Associazione Culturale Mediterraneo, presenta 30 opere pittoriche eseguite dall'artista algerino nel corso dell’ultimo triennio. Il ciclo iconografico privilegia dipinti con figure femminili, omaggio a tre reperti (I al III sec d.C) a tema custoditi nel museo, trova perfetta collocazione nelle navate dell’antica Chiesa risalente al 1102, rara testimonianza di architettura gotica nell’area dei Colli Albani, dal 2000 sede del Museo Civico della città di Marino, dedicato allo scultore Umberto Mastroianni, che raccoglie l'eredità del vecchio Museo (Antiquarium) inaugurato nel 1904 dove erano conservate numerose e preziose testimonianze archeologiche e documentarie del passato cittadino. Al suo interno sono conservati infatti numerosissimi reperti, provenienti sia da quanto scampato al bombardamento di Palazzo Colonna (sede originaria del Museo), sia da recenti scavi e ritrovamenti effettuati nel corso degli ultimi anni. Il progetto installativo si basa sull’interazione tra i reperti archeologici e l’opera di Achir, in un contesto architettonico/storico di particolare suggestione.
Achir Brahim è artista algerino, o meglio maghrebino. Artista che ci offre una vasta gamma di citazioni, parlando una lingua internazionale che spazia dalla pittura di Piero Della Francesca, colta nella rotonda volumetria dei volti femminili, sino a quella di Balthus. Egli ha vissuto l’esperienza dell’appartenenza, della sottolineatura della sua identità culturale per poi riuscire a disappartenere e proiettarsi verso la cultura internazionale, senza venir mai meno ai fondamenti della sua origine. Achir ha ben appreso la lezione dei grandi maestri della pittura maghrebina, a partire da quel Khadda che tanto fece perché i giovani artisti del Maghreb si riappropriassero della loro “preistoria”, depositata nei tempi della memoria, per poi proiettarsi sul palcoscenico della quotidiana esistenza internazionale. I personaggi che vivono le sue tele popolano antiche città carovaniere,falansteri dimenticati, preda della sabbia Sahariana dopo l’abbandono determinato da nuovi percorsi economici. Donne e uomini raffigurati hanno sguardi persi verso orizzonti infiniti; la loro fissità rimanda ad una matrice aliena, quasi a volere confermare quelle teorie per le quali la nostra terra, in tempi passati, è stata oggetto di visita da parte di popoli provenienti da spazi lontani. Gli stessi spazi urbani che Achir propone sono strutturati in modo da richiamare alcune scenografie cinematografiche, dove fantascienza, storia antica ed attualità tecnologica si incrociano. Achir annulla così, in pittura, con lo stesso metodo cinematografico, il diacronico scorrere del tempo. Le sue città mare, “città di scavi” sono sospese come lo sguardo fermo dei suoi personaggi: tutto è avvolto in fermo immagine senza tempo che filtra storia, tecnologia e nostalgia. Ocra e blu sono dominanti nella pittura di questo artista. Segnano in modo naturale, genetico, l’ocra del deserto ed il manto blu degli Amazigh, che nell’antica lingua nord africana Tifinagh significa “uomo libero” e cancella, come dice Fatema Mernissi, la parola berbero così carica di xenofobia. Il colore è dato sempre con forte matericità, per strati lenti e sovrapposti, formando grumi che contribuiscono a plasticizzare il “rappresentato”. Le figure di donne dal collo lungo, così frequenti nelle iconografie di Achir, sembrano richiamare insistentemente il ritratto di Lucrezia Panciatichi del Bronzino. In posizione fortemente verticale contrastano l’orizzontalità dei piani di fondo. Ogni immagine è inquadrata in “composizioni rigorose e statiche, linearmente semplificate e cromaticamente equilibrate di sublime malinconica fredezza”, che tanto ricordano la lezione di Felice Casorati nel ritratto di Silvana Cenni del 1922. Testo critico di Maria Laura Perilli.
02
luglio 2010
Brahim Achir – ParoleTaciute
Dal 02 al 19 luglio 2010
arte contemporanea
Location
MUSEO CIVICO UMBERTO MASTROIANNI
Marino, Piazza Matteotti, 13, (Roma)
Marino, Piazza Matteotti, 13, (Roma)
Orario di apertura
Mart. Dom. dalle 16.30 alle 19:00 – chiuso il lunedì
Vernissage
2 Luglio 2010, ore 18
Autore
Curatore