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Brombin | Del Aor | Ranghieri – Corpi Fluidi
Tre artiste molto diverse la cui storia e l’evoluzione del lavoro sono l’esito di pensieri, episodi, ricerche e manualità che si esprimono per strade autonome e singolari.
Comunicato stampa
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Sabato 28 marzo, alle ore 18.00, Il Fondaco inaugura Corpi Fluidi, la collettiva che riunisce le opere di Orietta Brombin, Lara Del Aor e Stefania Ranghieri; tre artiste molto diverse la cui storia e l'evoluzione del lavoro sono l'esito di pensieri, episodi, ricerche e manualità che si esprimono per strade autonome e singolari.
Orietta Brombin prosegue nella sua messa a punto di un codice intimo, che attinge al ricordo personale (i disegni meccanici del padre, elaborati ed esplosi fino a configurare delle mappe cosmiche) e all'azione quotidiana delle mani femminili nel fare e rifare (il cibo, i tessuti, le forme): le sue opere mirano a essere sempre più essenziali, ma è sorprendente come al contempo si facciano sempre più narrative, scorrendo come un racconto, animandosi come una musica.
Lara Del Aor parte da una visione matematica delle cose, improntata sull'equilibrio delle regole e delle forme, e vi aggiunge un sistema di segni, che rappresentano i suoi interrogativi e la sua ricerca di un senso da dare alle cose: il tutto si calibra in composizioni armoniose, che evocano le esperienze e la confidenza dell'artista con le discipline orientali.
Stefania Ranghieri ha cominciato ricavando spiragli all'interno di volumetrie geometriche e monolitiche, creando delle fessure all'interno dell'opera che invitano a riflettere sul mistero delle origini. Il passaggio al plexiglas, e quindi all'uso di riflessi e trasparenze, ha ora accentuato la sua personale sensibilità per il colore, la luce e le ombre.
Eppure queste artiste si pongono una accanto all'altra con una certa naturalezza e i loro lavori, con linguaggi e geografie differenti, tengono fede a un principio di sintesi. Con la stessa consapevole tenacia ci trasportano in una sfera di pensieri, di immagini e di stati d'animo senza venir meno alla ricerca estetica, frutto di sperimentazioni, studio e appropriazione della materia, sia essa carta o plastica, oro o bitume.
Nel loro insieme le opere si collocano così nel'ambiente come corpi fluidi. La loro componente fisica, corporea, in ognuna si misura infatti con lo spazio, gli conferisce un'impronta, un'atmosfera, un significato.
Ranghieri, soprattutto nelle sculture a parete, imposta la presenza dell'opera come fosse un'architettura, una delimitazione di volume che consente di generare quella "soglia" di attraversamento che costituisce l'esperienza dell'osservatore. Le superfici in plexiglas fanno sì che il rapporto tra opera e ambiente sia più simbiotico, grazie allo scambio di luce tra pigmenti, superfici riflettenti e quanto esiste intorno.
L'importanza del colore, ricercato nella tonalità e nella purezza, è un elemento in comune con Lara Del Aor, che opta per scelte nette e definite, a livello cromatico e formale. Le sue superfici hanno confini geometrici e perfetti ma il loro è un effetto di espansione, di diffusione e propagazione, in un raffinato artificio luministico che suggerisce un'elevazione quasi spirituale, ascetica.
Con Orietta Brombin si approda a una liberazione dal colore, o meglio alla sua purezza più estrema; anche nelle sue opere regna una regola geometrica, assunto di base dei suoi paesaggi domestici ma anche ritrovato ordine nel suo personale viaggio interiore. La memoria dell'infanzia, presente e concreta (come i materiali che la raccontano), dopo essere stata smontata e pazientemente riscritta, ha rivelato che rimangono alcuni eterni interrogativi, che riguardano il nostro universo di vita e i nostri punti di riferimento. Orietta cerca allora di ritornare alla forma più limpida delle cose, e si accorge che in alcuni luoghi, dentro e fuori di noi, microcosmo e macrocosmo non sono forse molto diversi, o, per usare le parole di Savinien de Cyrano, che "la Luna è un mondo come questo, al quale il nostro serve da Luna".
Orietta Brombin prosegue nella sua messa a punto di un codice intimo, che attinge al ricordo personale (i disegni meccanici del padre, elaborati ed esplosi fino a configurare delle mappe cosmiche) e all'azione quotidiana delle mani femminili nel fare e rifare (il cibo, i tessuti, le forme): le sue opere mirano a essere sempre più essenziali, ma è sorprendente come al contempo si facciano sempre più narrative, scorrendo come un racconto, animandosi come una musica.
Lara Del Aor parte da una visione matematica delle cose, improntata sull'equilibrio delle regole e delle forme, e vi aggiunge un sistema di segni, che rappresentano i suoi interrogativi e la sua ricerca di un senso da dare alle cose: il tutto si calibra in composizioni armoniose, che evocano le esperienze e la confidenza dell'artista con le discipline orientali.
Stefania Ranghieri ha cominciato ricavando spiragli all'interno di volumetrie geometriche e monolitiche, creando delle fessure all'interno dell'opera che invitano a riflettere sul mistero delle origini. Il passaggio al plexiglas, e quindi all'uso di riflessi e trasparenze, ha ora accentuato la sua personale sensibilità per il colore, la luce e le ombre.
Eppure queste artiste si pongono una accanto all'altra con una certa naturalezza e i loro lavori, con linguaggi e geografie differenti, tengono fede a un principio di sintesi. Con la stessa consapevole tenacia ci trasportano in una sfera di pensieri, di immagini e di stati d'animo senza venir meno alla ricerca estetica, frutto di sperimentazioni, studio e appropriazione della materia, sia essa carta o plastica, oro o bitume.
Nel loro insieme le opere si collocano così nel'ambiente come corpi fluidi. La loro componente fisica, corporea, in ognuna si misura infatti con lo spazio, gli conferisce un'impronta, un'atmosfera, un significato.
Ranghieri, soprattutto nelle sculture a parete, imposta la presenza dell'opera come fosse un'architettura, una delimitazione di volume che consente di generare quella "soglia" di attraversamento che costituisce l'esperienza dell'osservatore. Le superfici in plexiglas fanno sì che il rapporto tra opera e ambiente sia più simbiotico, grazie allo scambio di luce tra pigmenti, superfici riflettenti e quanto esiste intorno.
L'importanza del colore, ricercato nella tonalità e nella purezza, è un elemento in comune con Lara Del Aor, che opta per scelte nette e definite, a livello cromatico e formale. Le sue superfici hanno confini geometrici e perfetti ma il loro è un effetto di espansione, di diffusione e propagazione, in un raffinato artificio luministico che suggerisce un'elevazione quasi spirituale, ascetica.
Con Orietta Brombin si approda a una liberazione dal colore, o meglio alla sua purezza più estrema; anche nelle sue opere regna una regola geometrica, assunto di base dei suoi paesaggi domestici ma anche ritrovato ordine nel suo personale viaggio interiore. La memoria dell'infanzia, presente e concreta (come i materiali che la raccontano), dopo essere stata smontata e pazientemente riscritta, ha rivelato che rimangono alcuni eterni interrogativi, che riguardano il nostro universo di vita e i nostri punti di riferimento. Orietta cerca allora di ritornare alla forma più limpida delle cose, e si accorge che in alcuni luoghi, dentro e fuori di noi, microcosmo e macrocosmo non sono forse molto diversi, o, per usare le parole di Savinien de Cyrano, che "la Luna è un mondo come questo, al quale il nostro serve da Luna".
28
marzo 2009
Brombin | Del Aor | Ranghieri – Corpi Fluidi
Dal 28 marzo al 25 aprile 2009
arte contemporanea
Location
ASSOCIAZIONE CULTURALE IL FONDACO
Bra, Via Cuneo, 18, (Cuneo)
Bra, Via Cuneo, 18, (Cuneo)
Vernissage
28 Marzo 2009, ore 18
Autore
Curatore