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Bruno Munari
Dal 22 novembre 2014 al 25 gennaio 2015 mostra personale “Bruno Munari” presso la Galleria Conceptual (Via Contrada Tre Passi, 1 Bergamo)con una selezione di dipinti,sculture e carte che percorre il lavoro di Munari dal 1950 al 1996.
Comunicato stampa
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Bruno Munari. L’arte come progetto.
Sull’arte di Munari, in Italia, sono state scritte molte pagine. Sia per la complessità dell’autore, che ha realizzato opere molto differenti tra loro, sia per necessità disciplinari, il suo pensiero e il corpo delle sue opere è stato semplificato al punto da far svanire quella attraente ricchezza poetica e teorica che invece, a nostro avviso, è il suo punto di forza.
Verso la fine degli anni ’80, per un paio di decenni, fu attuata un’operazione critico-storica sulla riconoscibilità dell’opera di Munari, un tentativo simile a quello della creazione di valore attorno ad un brand.
Un’operazione legittima ma sbrigativa. D’altro canto, nel mercato dell’arte, Lucio Fontana è noto per i tagli, Alberto Burri per i sacchi, Giorgio Morandi per le bottiglie e via discorrendo, ed allora perché non associare il nome di Munari ai Negativi-positivi?
Tuttavia questo tentativo di riduzione, giustificato dalla necessità di non essere sovrastati da una varietà disorientante di opere, non coglie quell’unità di pensiero e di tematiche che, invece, è trasversale a molti lavori e, in questo senso, davvero “unificante”. Insomma Munari andrebbe letto seguendo il filo delle sue ricerche sperimentali, superando le divisioni di correnti artistiche (futurismo, astrattismo, arte concreta, arte programmata) o di cicli di opere.
Inoltre la mancanza di profondità con la quale è stato trattato dal punto di vista curatoriale lo ha penalizzato ritardando la sua valorizzazione storica. Ma, nell’arte visiva del novecento, in cosa egli è stato importante o storicamente rilevante? Proviamo ad elencare alcuni buoni motivi per i quali egli è ancora oggi un artista interessante per modi, metodi e visioni.
• Il superamento della pittura
Munari crea opere con l’uso di materiali poveri, spesso fragilissimi. La sua arte vive di segni astratti, dinamici, quasi fluidi, tracciati nello spazio. La sua pittura, ricavata da oggetti mobili - Macchine Inutili (dal 1930), Concavo-Convesso (1947) - o da ambienti di luce – Proiezioni dirette, multifocali e polarizzate (1952-54) -, è diffusa nell’ambiente circostante invece che essere dipinta, è mutevole ed in continua trasformazione. Il movimento degli elementi e delle ombre, l’utilizzo delle correnti d’aria o delle forze elastiche, gli inganni percettivi o la scomposizione della luce, sono tutte soluzioni che legano l’arte di Munari a certe ricerche realizzate qualche decennio dopo con le installazioni luminose di origine cinetica.
• L’arte è sperimentazione
In Munari non vi è mai una adesione acritica a un movimento. Rifiuta costantemente di celebrarsi attorno ad un’ etichetta che lo collochi in modo indelebile all’interno di un preciso contesto. Non è mai astrattista dogmatico. E’ futurista, concretista e cinetico ma è sfuggente ad ogni forzata classificazione. Alla dicotomia tipica del novecento tra arte di avanguardia ed arte di tradizione più classica, contrappone una distinzione tra arte di sperimentazione – di materiali, di processi, di metodologie, di idee, praticata in quell’area di confine e di contaminazione con la tecnica, la programmazione, la scienza - ed un’arte che non possiede, al contrario, alcun elemento progettuale. Un convincimento che si è nutrito di un confronto proficuo – da fonti autorevoli definito “leonardesco” - con l’osservazione della natura, le sue regole, le sue evoluzioni (si pensi alle libere aggregazioni delle Strutture continue, ai frattali delle Curve di Peano, al dialogo tra geometria e natura nelle Strutture in tensione).
L’arte è un processo conoscitivo
In molti casi la sua creatività è volta a conoscere e collaudare i materiali più inusuali, specialmente quelli che rappresentano una novità tecnologica. L’attenzione è rivolta alla conoscenza delle proprietà che li rendono interessanti da un punto di vista estetico e dunque utili nella comunicazione visiva. Il procedimento non è guidato da alcuna esigenza compositiva ex ante che invece entra in gioco solo al termine del processo di classificazione e di comprensione. In questo senso la sua arte non è mai solo ed esclusivamente l’espressione o la concretizzazione di un pensiero estetico, ma è al contempo un paradigma esplorativo, di materiali, di idee, di forze fisiche, di immagini poetiche e di tutti quegli elementi che contribuiscono alla creazione di un’opera.
• L’arte come progetto
Munari comprende e teorizza la necessità di applicare i metodi ed i processi della produzione seriale alla creazione di opere con finalità estetiche. La sua è un’arte che parte dal progetto, si prefigge lo scopo di ampliare la base d’ascolto del proprio pubblico, specialmente attraverso il coinvolgimento, l’interazione, la manipolazione, il divertimento, la meraviglia, l’inganno visivo (si pensi alla serie dei Negativi-positivi). Sposa i metodi del lavoro in team e del coinvolgimento di professionalità specializzate; realizza delle opere, che pur essendo arte nel senso più classico del termine, vengono costruite, anticipando molte delle metodologie dell’artista contemporaneo, all’interno di factory. Sia che si voglia produrre una enorme quantità di opere serigrafando immagini pop sulla tela, sia che si voglia esporre con titolo “duchampiano” uno squalo tigre in una teca di qualche metro di lunghezza, riempita di formalina, è necessario agire secondo i criteri della produzione industriale, abbandonando quegli stereotipi che ritraggono l’artista isolato alle prese con pennelli e colori nel proprio studio. All’artista contemporaneo è richiesto il profilo di manager delle proprie idee, capace di seguire in ogni dettaglio la realizzazione concreta dei propri progetti.
• L’arte è democratica by design
Munari ha dimostrato di possedere una mentalità ed una cultura aperta ad interventi in ogni ambito industriale, dalla pubblicità alla creazione di loghi o di strategie di comunicazione, dagli oggetti alle strutture espositive, dai mobili ai libri e in molti altri settori. Tali esperienze professionali si sono poi dimostrate utili nella realizzazione di molti lavori che ingenuamente e per molto tempo sono stati confusi con l’industrial design o il design di ricerca. Sono nate in questo modo molte opere a basso costo di produzione la cui finalità è rivolta ad un pubblico vasto e indifferenziato per cultura e classe di appartenenza, in un tentativo, mai ideologico, di democratizzazione dell’arte.
• Un’arte per tutti
Munari ha compreso, con un certo anticipo rispetto ai tempi ancora immaturi in cui ha operato, che il sistema dell’arte in una società evoluta sarebbe presto incorso nell’allargamento del proprio pubblico di riferimento. Un pubblico in costante espansione, una espansione determinata non solo dalla diffusione generale di benessere e di reddito, ma anche dallo sviluppo di quei ceti creativi che rappresentano oggi il nocciolo più vivo di una variegata società post-moderna. Egli non ha mai smesso di credere nella funzione pedagogica e vitale di un’arte che penetra nel mondo culturale e nella vita quotidiana di ognuno, attraverso le forme più seriali dell’oggetto, la cui funzione estetica è quella di stimolare una riflessione sull’utilità dell’inutile (l’arte) in contrasto con l’inutilità di tanti beni materiali, spesso ritenuti indispensabili.
• L’arte del paradosso
Munari ha sempre praticato il paradosso come stratagemma (anche nella nomenclatura: le scritture diventano illeggibili, i negativi sono anche positivi, le macchine inutili, le sculture da viaggio trasportabili, le xerografie disegni originali) per allenare la creatività a trovare soluzioni sempre differenti, nel tentativo di superare le nostre fissità funzionali ed aprire strade inedite al nostro modo di vedere o di approcciare le cose e il mondo, cercando, per dirlo con le sue parole, “di vedere l’arcobaleno di profilo”.
• Un artista politecnico
Infine egli ha svolto in più occasioni il ruolo di curatore, spesso in sostituzione ad una critica storica assente o inefficace, incapace di “raccontare” le nuove istanze e le nuove ricerche. L’episodio più famoso è quello legato alla mostra “Arte Programmata” sponsorizzata dalla Olivetti nel 1962. Ma vi sono molte altre occasioni in cui l’autore allarga il perimetro del proprio agire all’organizzazione di eventi collettivi, alla promozione di mostre, alla teoria critica. Munari è stato figura di riferimento di rilevanza internazionale. Egli ha svolto, prima all’interno delle file del Movimento Arte Concreta e poi all’interno del panorama internazionale dell’arte cinetica, la funzione di promoter culturale in modo completo. Una funzione svolta intensamente nel periodo che va dal secondo dopoguerra fino alla fine degli anni sessanta. Molte sono le partecipazioni redazionali e i contributi pubblicati sulle riviste del periodo, alle quali fa seguito la sua presenza, spesso sottotraccia, ma sempre indispensabile ed autorevole, nella organizzazione di mostre ed eventi. In conclusione si può osservare che la funzione dell’artista non si esaurisce, per Munari, nella ricerca e nella esposizione dei propri lavori, ma trova una dimensione di utilità sociale che sfocia nella pratica curatoriale, nella pubblicistica, nella scrittura di manuali e libri, nella produzione industriale, nella grafica editoriale, nella editoria per bambini, nella pubblicità, nella didattica specialistica, nei laboratori per i più piccoli e in molti altri ambiti ancora.
A cosa serve oggi l’arte di Munari?
L’arte ha senso, secondo la lezione di Munari, se questa serve a stimolare la fantasia e la creatività, se aiuta gli individui a formarsi e a realizzarsi secondo la propria natura, se spiega se stessa e se svela i suoi processi, affinché possa essere replicata e compresa all’interno di un processo di apprendimento che si realizza nel momento stesso del fare, seguendo le regole del gioco.
Crediamo si possa interpretare il pensiero dell’autore abbreviandolo in un’asserzione secondo la quale l’arte è uno strumento per raggiungere obiettivi che vanno al di là dei confini stessi dell’opera d’arte, che dunque non può elevarsi a scopo finale di ogni agire artistico.
Appunto: l’arte è il mezzo, non il fine.
Luca Zaffarano laureato in informatica, collezionista di arte italiana, è autore di un progetto documentale dedicato all’arte di Bruno Munari consultabile all’indirizzo http://www.munart.org. Nel 2012 ha ideato ed è stato co-curatore della mostra personale “Bruno Munari. My Futurist Past” alla Estorick Collection of Modern Italian Art di Londra.
Sull’arte di Munari, in Italia, sono state scritte molte pagine. Sia per la complessità dell’autore, che ha realizzato opere molto differenti tra loro, sia per necessità disciplinari, il suo pensiero e il corpo delle sue opere è stato semplificato al punto da far svanire quella attraente ricchezza poetica e teorica che invece, a nostro avviso, è il suo punto di forza.
Verso la fine degli anni ’80, per un paio di decenni, fu attuata un’operazione critico-storica sulla riconoscibilità dell’opera di Munari, un tentativo simile a quello della creazione di valore attorno ad un brand.
Un’operazione legittima ma sbrigativa. D’altro canto, nel mercato dell’arte, Lucio Fontana è noto per i tagli, Alberto Burri per i sacchi, Giorgio Morandi per le bottiglie e via discorrendo, ed allora perché non associare il nome di Munari ai Negativi-positivi?
Tuttavia questo tentativo di riduzione, giustificato dalla necessità di non essere sovrastati da una varietà disorientante di opere, non coglie quell’unità di pensiero e di tematiche che, invece, è trasversale a molti lavori e, in questo senso, davvero “unificante”. Insomma Munari andrebbe letto seguendo il filo delle sue ricerche sperimentali, superando le divisioni di correnti artistiche (futurismo, astrattismo, arte concreta, arte programmata) o di cicli di opere.
Inoltre la mancanza di profondità con la quale è stato trattato dal punto di vista curatoriale lo ha penalizzato ritardando la sua valorizzazione storica. Ma, nell’arte visiva del novecento, in cosa egli è stato importante o storicamente rilevante? Proviamo ad elencare alcuni buoni motivi per i quali egli è ancora oggi un artista interessante per modi, metodi e visioni.
• Il superamento della pittura
Munari crea opere con l’uso di materiali poveri, spesso fragilissimi. La sua arte vive di segni astratti, dinamici, quasi fluidi, tracciati nello spazio. La sua pittura, ricavata da oggetti mobili - Macchine Inutili (dal 1930), Concavo-Convesso (1947) - o da ambienti di luce – Proiezioni dirette, multifocali e polarizzate (1952-54) -, è diffusa nell’ambiente circostante invece che essere dipinta, è mutevole ed in continua trasformazione. Il movimento degli elementi e delle ombre, l’utilizzo delle correnti d’aria o delle forze elastiche, gli inganni percettivi o la scomposizione della luce, sono tutte soluzioni che legano l’arte di Munari a certe ricerche realizzate qualche decennio dopo con le installazioni luminose di origine cinetica.
• L’arte è sperimentazione
In Munari non vi è mai una adesione acritica a un movimento. Rifiuta costantemente di celebrarsi attorno ad un’ etichetta che lo collochi in modo indelebile all’interno di un preciso contesto. Non è mai astrattista dogmatico. E’ futurista, concretista e cinetico ma è sfuggente ad ogni forzata classificazione. Alla dicotomia tipica del novecento tra arte di avanguardia ed arte di tradizione più classica, contrappone una distinzione tra arte di sperimentazione – di materiali, di processi, di metodologie, di idee, praticata in quell’area di confine e di contaminazione con la tecnica, la programmazione, la scienza - ed un’arte che non possiede, al contrario, alcun elemento progettuale. Un convincimento che si è nutrito di un confronto proficuo – da fonti autorevoli definito “leonardesco” - con l’osservazione della natura, le sue regole, le sue evoluzioni (si pensi alle libere aggregazioni delle Strutture continue, ai frattali delle Curve di Peano, al dialogo tra geometria e natura nelle Strutture in tensione).
L’arte è un processo conoscitivo
In molti casi la sua creatività è volta a conoscere e collaudare i materiali più inusuali, specialmente quelli che rappresentano una novità tecnologica. L’attenzione è rivolta alla conoscenza delle proprietà che li rendono interessanti da un punto di vista estetico e dunque utili nella comunicazione visiva. Il procedimento non è guidato da alcuna esigenza compositiva ex ante che invece entra in gioco solo al termine del processo di classificazione e di comprensione. In questo senso la sua arte non è mai solo ed esclusivamente l’espressione o la concretizzazione di un pensiero estetico, ma è al contempo un paradigma esplorativo, di materiali, di idee, di forze fisiche, di immagini poetiche e di tutti quegli elementi che contribuiscono alla creazione di un’opera.
• L’arte come progetto
Munari comprende e teorizza la necessità di applicare i metodi ed i processi della produzione seriale alla creazione di opere con finalità estetiche. La sua è un’arte che parte dal progetto, si prefigge lo scopo di ampliare la base d’ascolto del proprio pubblico, specialmente attraverso il coinvolgimento, l’interazione, la manipolazione, il divertimento, la meraviglia, l’inganno visivo (si pensi alla serie dei Negativi-positivi). Sposa i metodi del lavoro in team e del coinvolgimento di professionalità specializzate; realizza delle opere, che pur essendo arte nel senso più classico del termine, vengono costruite, anticipando molte delle metodologie dell’artista contemporaneo, all’interno di factory. Sia che si voglia produrre una enorme quantità di opere serigrafando immagini pop sulla tela, sia che si voglia esporre con titolo “duchampiano” uno squalo tigre in una teca di qualche metro di lunghezza, riempita di formalina, è necessario agire secondo i criteri della produzione industriale, abbandonando quegli stereotipi che ritraggono l’artista isolato alle prese con pennelli e colori nel proprio studio. All’artista contemporaneo è richiesto il profilo di manager delle proprie idee, capace di seguire in ogni dettaglio la realizzazione concreta dei propri progetti.
• L’arte è democratica by design
Munari ha dimostrato di possedere una mentalità ed una cultura aperta ad interventi in ogni ambito industriale, dalla pubblicità alla creazione di loghi o di strategie di comunicazione, dagli oggetti alle strutture espositive, dai mobili ai libri e in molti altri settori. Tali esperienze professionali si sono poi dimostrate utili nella realizzazione di molti lavori che ingenuamente e per molto tempo sono stati confusi con l’industrial design o il design di ricerca. Sono nate in questo modo molte opere a basso costo di produzione la cui finalità è rivolta ad un pubblico vasto e indifferenziato per cultura e classe di appartenenza, in un tentativo, mai ideologico, di democratizzazione dell’arte.
• Un’arte per tutti
Munari ha compreso, con un certo anticipo rispetto ai tempi ancora immaturi in cui ha operato, che il sistema dell’arte in una società evoluta sarebbe presto incorso nell’allargamento del proprio pubblico di riferimento. Un pubblico in costante espansione, una espansione determinata non solo dalla diffusione generale di benessere e di reddito, ma anche dallo sviluppo di quei ceti creativi che rappresentano oggi il nocciolo più vivo di una variegata società post-moderna. Egli non ha mai smesso di credere nella funzione pedagogica e vitale di un’arte che penetra nel mondo culturale e nella vita quotidiana di ognuno, attraverso le forme più seriali dell’oggetto, la cui funzione estetica è quella di stimolare una riflessione sull’utilità dell’inutile (l’arte) in contrasto con l’inutilità di tanti beni materiali, spesso ritenuti indispensabili.
• L’arte del paradosso
Munari ha sempre praticato il paradosso come stratagemma (anche nella nomenclatura: le scritture diventano illeggibili, i negativi sono anche positivi, le macchine inutili, le sculture da viaggio trasportabili, le xerografie disegni originali) per allenare la creatività a trovare soluzioni sempre differenti, nel tentativo di superare le nostre fissità funzionali ed aprire strade inedite al nostro modo di vedere o di approcciare le cose e il mondo, cercando, per dirlo con le sue parole, “di vedere l’arcobaleno di profilo”.
• Un artista politecnico
Infine egli ha svolto in più occasioni il ruolo di curatore, spesso in sostituzione ad una critica storica assente o inefficace, incapace di “raccontare” le nuove istanze e le nuove ricerche. L’episodio più famoso è quello legato alla mostra “Arte Programmata” sponsorizzata dalla Olivetti nel 1962. Ma vi sono molte altre occasioni in cui l’autore allarga il perimetro del proprio agire all’organizzazione di eventi collettivi, alla promozione di mostre, alla teoria critica. Munari è stato figura di riferimento di rilevanza internazionale. Egli ha svolto, prima all’interno delle file del Movimento Arte Concreta e poi all’interno del panorama internazionale dell’arte cinetica, la funzione di promoter culturale in modo completo. Una funzione svolta intensamente nel periodo che va dal secondo dopoguerra fino alla fine degli anni sessanta. Molte sono le partecipazioni redazionali e i contributi pubblicati sulle riviste del periodo, alle quali fa seguito la sua presenza, spesso sottotraccia, ma sempre indispensabile ed autorevole, nella organizzazione di mostre ed eventi. In conclusione si può osservare che la funzione dell’artista non si esaurisce, per Munari, nella ricerca e nella esposizione dei propri lavori, ma trova una dimensione di utilità sociale che sfocia nella pratica curatoriale, nella pubblicistica, nella scrittura di manuali e libri, nella produzione industriale, nella grafica editoriale, nella editoria per bambini, nella pubblicità, nella didattica specialistica, nei laboratori per i più piccoli e in molti altri ambiti ancora.
A cosa serve oggi l’arte di Munari?
L’arte ha senso, secondo la lezione di Munari, se questa serve a stimolare la fantasia e la creatività, se aiuta gli individui a formarsi e a realizzarsi secondo la propria natura, se spiega se stessa e se svela i suoi processi, affinché possa essere replicata e compresa all’interno di un processo di apprendimento che si realizza nel momento stesso del fare, seguendo le regole del gioco.
Crediamo si possa interpretare il pensiero dell’autore abbreviandolo in un’asserzione secondo la quale l’arte è uno strumento per raggiungere obiettivi che vanno al di là dei confini stessi dell’opera d’arte, che dunque non può elevarsi a scopo finale di ogni agire artistico.
Appunto: l’arte è il mezzo, non il fine.
Luca Zaffarano laureato in informatica, collezionista di arte italiana, è autore di un progetto documentale dedicato all’arte di Bruno Munari consultabile all’indirizzo http://www.munart.org. Nel 2012 ha ideato ed è stato co-curatore della mostra personale “Bruno Munari. My Futurist Past” alla Estorick Collection of Modern Italian Art di Londra.
22
novembre 2014
Bruno Munari
Dal 22 novembre 2014 al 25 gennaio 2015
arte contemporanea
Location
CONCEPTUAL GALLERY
Bergamo, Via Borfuro, 8, (Bergamo)
Bergamo, Via Borfuro, 8, (Bergamo)
Orario di apertura
da martedi a sabato ore 14-18
Vernissage
22 Novembre 2014, 18.00
Autore