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Bucolica
40 opere di pittura-pittura e box-light di Cleonice Gioia; un video in dvd di 10′ e 50” di Enrico Manera
Comunicato stampa
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"BUCOLICA" è una dimostrazione di come una giovane artista, Cleonice Gioia, affronti una tematica all'apparenza banale ma che in realtà ha interessato artisti di tutti i tempi.
Prendiamo ad esempio un genio come Van Gogh, ci riferiamo in questo caso al primo Vincent, quello degli aratri e dei campi di arati, dei buoi e delle visioni campestri, ma anche al suo ultimo capolavoro "campo di grano con corvi", testamento, presagio, anteprima di una morte annunciata.
E' chiaro che qui Cleonice Gioia, non fa riferimento a nessuno, ma si serve di fondali e scenografie naturali e come in un film ritrae se stessa vestita da vaccara (cowgirl) alla stregua di tante ragazze del Wyoming della sua età, compiendo con questa scelta una doppia operazione: prima quella dell'autoritratto, poi la ripresa ironica sull'uso degli strumenti comuni a tutti i pittori da cavalletto o "en plein air".
E' questo il momento in cui lei comincia a selezionare oggetti, figure indiane, cowboy, carri, cavalli, bimbi etc., trasformandoli in elementi utili a riempire inquadrature da film, per poi usarle come supporto di una passione pittorica. Per Gioia le centinaia di foto che scatta o che fa scattare, sono solo un pretesto per mischiare le carte come si conviene ad un' artista che non pretende di trasmettere nessun verbo, ma solo emozioni.
Per far ciò usa il supporto fotografico, lo manipola come se si trovasse in presenza di una tela bianca, ricostruendo ombre e luci con gli strumenti classici della pittura. Gioia dichiara esplicitamente l'uso della foto, ma dimostra anche di appassionarsi al virtuosismo della "pittura-pittura". E' evidente che tutta l'operazione è frutto di un'infinità di imput, recepiti durante la frequenza continua di uno studio ordinato e spigoloso, disordinato e difficile come quello di Enrico Manera, sperimentatore di idee e sogni tramandatigli dai suoi predecessori.
Lo stesso Manera partecipa al "viaggio", un pò come Virgilio nell'inferno di Dante, divertendosi a girare un video attraverso i tre "gironi" e compiendo con ciò un ulteriore atto di suggello all'impianto creativo.
Enrico Manera sa che per pareggiare i conti, nell'uso e nel compendio degli strumenti, l'elemento cinematografico in questo ambito assume un importanza strategica; pertanto se ne avvale con lo stesso spirito dinamico di sempre, inserendo la Gioia di fronte alla lente dell'obbiettivo quale protagonista di un interminabile sequenza di un'improbabile storia: "quella di una viaggiatrice che passa senza stop da paesaggi campestri a Skyline di metropoli immaginarie".
Il risultato finale oltre che nuovo, dimostra di essere sorprendentemente affascinante, come del resto ci si deve aspettare da chi fa dell'arte non un semplice "divertissement" decorativo o accademico, ma una ragione di vita, di ricerca, di scoperta , di gioco, di mirabilia.
Prendiamo ad esempio un genio come Van Gogh, ci riferiamo in questo caso al primo Vincent, quello degli aratri e dei campi di arati, dei buoi e delle visioni campestri, ma anche al suo ultimo capolavoro "campo di grano con corvi", testamento, presagio, anteprima di una morte annunciata.
E' chiaro che qui Cleonice Gioia, non fa riferimento a nessuno, ma si serve di fondali e scenografie naturali e come in un film ritrae se stessa vestita da vaccara (cowgirl) alla stregua di tante ragazze del Wyoming della sua età, compiendo con questa scelta una doppia operazione: prima quella dell'autoritratto, poi la ripresa ironica sull'uso degli strumenti comuni a tutti i pittori da cavalletto o "en plein air".
E' questo il momento in cui lei comincia a selezionare oggetti, figure indiane, cowboy, carri, cavalli, bimbi etc., trasformandoli in elementi utili a riempire inquadrature da film, per poi usarle come supporto di una passione pittorica. Per Gioia le centinaia di foto che scatta o che fa scattare, sono solo un pretesto per mischiare le carte come si conviene ad un' artista che non pretende di trasmettere nessun verbo, ma solo emozioni.
Per far ciò usa il supporto fotografico, lo manipola come se si trovasse in presenza di una tela bianca, ricostruendo ombre e luci con gli strumenti classici della pittura. Gioia dichiara esplicitamente l'uso della foto, ma dimostra anche di appassionarsi al virtuosismo della "pittura-pittura". E' evidente che tutta l'operazione è frutto di un'infinità di imput, recepiti durante la frequenza continua di uno studio ordinato e spigoloso, disordinato e difficile come quello di Enrico Manera, sperimentatore di idee e sogni tramandatigli dai suoi predecessori.
Lo stesso Manera partecipa al "viaggio", un pò come Virgilio nell'inferno di Dante, divertendosi a girare un video attraverso i tre "gironi" e compiendo con ciò un ulteriore atto di suggello all'impianto creativo.
Enrico Manera sa che per pareggiare i conti, nell'uso e nel compendio degli strumenti, l'elemento cinematografico in questo ambito assume un importanza strategica; pertanto se ne avvale con lo stesso spirito dinamico di sempre, inserendo la Gioia di fronte alla lente dell'obbiettivo quale protagonista di un interminabile sequenza di un'improbabile storia: "quella di una viaggiatrice che passa senza stop da paesaggi campestri a Skyline di metropoli immaginarie".
Il risultato finale oltre che nuovo, dimostra di essere sorprendentemente affascinante, come del resto ci si deve aspettare da chi fa dell'arte non un semplice "divertissement" decorativo o accademico, ma una ragione di vita, di ricerca, di scoperta , di gioco, di mirabilia.
26
novembre 2006
Bucolica
Dal 26 novembre al 23 dicembre 2006
arte contemporanea
Location
PALAZZO DEL MUTILATO – SALA DEI MOSAICI
Ravenna, Via IX Febbraio, 1, (Ravenna)
Ravenna, Via IX Febbraio, 1, (Ravenna)
Vernissage
26 Novembre 2006, ore 18,30
Autore
Curatore