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Bunker
Seconda tappa per il progetto artistico BUNKER che, dopo il successo della prima uscita pubblica a Dalmine (Bg) con le “Bombe all’uncinetto”, prosegue in città, con un nuovo e originale appuntamento espositivo alla scoperta di “giardini”, reali e ideali, di guerra e di memoria
Comunicato stampa
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Dove storia pubblica e microstorie private si incontrano: una “coproduzione” d’arte contemporanea in cui artisti, fotografi, registi, testimoni e gente comune ritessono le trame dell’immaginario storico e contemporaneo legato al tema del BUNKER
Bunker è un originale progetto artistico nato dal desiderio di alcuni artisti di confrontarsi con un tema di grande attualità: il bunker come dimensione di incontro tra storia pubblica e microstorie private.
Attraverso forme e linguaggi dell'arte contemporanea - come installazioni, video e fotografie - il progetto, ideato dall’artista Laura Morelli e organizzato dal Laboratorio 80, si propone di offrire al pubblico una visione sfaccettata dell'immaginario legato al bunker come luogo storico e metaforico - dall'uso originario, al successivo abbandono fino al recupero sotto forma di silenzioso contenitore storico - ma anche di svelare e suggerire nuovi significati e suggestioni che questo spazio evoca nella contemporaneità.
Dopo il successo della prima uscita pubblica a Dalmine nel luglio scorso, culminata nella mostra dedicata alle “Bombe all’uncinetto” e al “video Mani”, Bunker si trasferisce in città con un singolare appuntamento espositivo in collaborazione con l’Orto Botanico di Bergamo “Lorenzo Rota”.
Dal 10 al 17 settembre nella Sala Viscontea di Bergamo Alta sono presentati in perfetta sinergia il Video Memoria / 4, una delle produzioni video del progetto Bunker, e la mostra Piante e Guerra organizzata dall’Orto Botanico.
Il VIDEO MEMORIA / 4, realizzato dall’artista Laura Morelli e dal regista Alberto Valtellina, si propone di individuare la catena della memoria che parte dal testimone oculare e arriva all'ultima generazione, seguendo il modificarsi dei racconti legati al bombardamento di Dalmine del 6 luglio 1944 e ai rifugi antiaerei, il maggior lutto collettivo della bergamasca nel XX secolo.
La società contemporanea si osserva e si conserva, impegnandosi in una ricerca continua e a volte ossessiva di occasioni per ricordare il passato e per celebrarlo; troppo spesso però la memoria trova come unica valvola di sfogo la commemorazione e si svuota di significato. Il progetto Bunker esce da questa logica e dà voce alla “singolarità” delle memorie, abbandonando le strada battuta della storia pubblica e seguendo il filo dei ricordi che percorre i racconti intimi e privati trasmessi nell’ambito di un nucleo familiare.
I quattro monitor che compongono la videoinstallazione mostrano in contemporanea i membri di uno stesso gruppo familiare: uno alla volta raccontano, inquadrati nello spazio familiare della quotidianità la propria storia mentre gli altri sono in “fermo immagine”, perché la trasmissione della memoria porta in sé implicita la necessità dell’ascolto; lo schermo nero evoca l’assenza o la perdita di un anello della catena mentre lo schermo colorato di rosa o di azzurro suggerisce la presenza simbolica di un parente la cui testimonianza non è stata raccolta.
Alcuni degli intervistati hanno ricordi talmente vividi da ricostruire gli avvenimenti vissuti con un dettaglio quasi fotografico e rievocano le sensazioni delle ore passate nel rifugio antiaereo. Altri, come il vescovo di Bergamo Roberto Amadei, cercano a distanza di anni di dare una spiegazione dell’accaduto, o allargano la propria riflessione al dramma della guerra, pagato a caro prezzo dalla “povera gente”, nella consapevolezza che il racconto non è sufficiente per comprendere il dramma vissuto: bisogna “provare, sentire, vedere, esserci dentro”.
I figli, invece, sono cresciuti nel periodo della ricostruzione e non sempre sono i depositari dei racconti dei genitori, impegnati negli anni successivi il conflitto nella difficile impresa di “voltare pagina”. Ma c’è anche chi vive per ricordare, spiegando la propria necessità di conservare la memoria perché la “generazione di oggi” dimentica. I nipoti, poi, sono spesso gli uditori privilegiati delle storie dei nonni, che con l’avanzare dell’età hanno più tempo per dedicarsi al racconto, mentre i pronipoti sono ancora troppo piccoli per sapere, così le madri, raccontano loro “una storia” – la storia del bombardamento – cercando di non turbare i loro “sogni” di bambini. Chissà se il filo del ricordo arriverà alla quinta generazione?
Accanto al Video Memoria / 4, la mostra PIANTE E GUERRA, a cura dell’Orto Botanico di Bergamo “Lorenzo Rota”, indaga le conseguenze dirette che la penuria, le distruzioni e l’abbandono hanno sugli ecosistemi naturali e agricoli.
La stretta relazione di dipendenza tra l’esistenza umana e la vita degli organismi vegetali è infatti di acuta evidenza in occasione degli eventi estremi che causano la limitazione delle risorse. E la guerra è uno di questi eventi estremi.
Il tema è affrontato secondo tre punti di vista: gli orti di guerra, ovvero la rivalutazione di una pratica domestica di lontana origine che si basa sulla cura degli organismi vegetali; la fitoalimurgia ovvero l’utilizzo alimentare diretto in situazioni di emergenza dei vegetali cresciuti spontaneamente negli habitat naturali e antropici; gli effetti della guerra sugli organismi vegetali stessi, poco studiati e quasi sempre esclusi anche dai lunghi elenchi degli “effetti collaterali” tristemente noti.
Avvalendosi di documentazioni, immagini e testimonianze che avvicinano al tema, la mostra vuole porre in primo piano gli intrecci tra biografie e piante, fino a immaginare di dare voce alle piante stesse.
Quanto dovrà evolvere la specie umana perché divenga consapevole dell’assurdità insita nello spargimento di sofferenze umane e nella perseveranza delle distruzioni ambientali?
I botanici una certezza l’hanno, come ad Hiroshima, ogni volta sulle macerie ricominceranno a crescere le piante.
Bunker è un originale progetto artistico nato dal desiderio di alcuni artisti di confrontarsi con un tema di grande attualità: il bunker come dimensione di incontro tra storia pubblica e microstorie private.
Attraverso forme e linguaggi dell'arte contemporanea - come installazioni, video e fotografie - il progetto, ideato dall’artista Laura Morelli e organizzato dal Laboratorio 80, si propone di offrire al pubblico una visione sfaccettata dell'immaginario legato al bunker come luogo storico e metaforico - dall'uso originario, al successivo abbandono fino al recupero sotto forma di silenzioso contenitore storico - ma anche di svelare e suggerire nuovi significati e suggestioni che questo spazio evoca nella contemporaneità.
Dopo il successo della prima uscita pubblica a Dalmine nel luglio scorso, culminata nella mostra dedicata alle “Bombe all’uncinetto” e al “video Mani”, Bunker si trasferisce in città con un singolare appuntamento espositivo in collaborazione con l’Orto Botanico di Bergamo “Lorenzo Rota”.
Dal 10 al 17 settembre nella Sala Viscontea di Bergamo Alta sono presentati in perfetta sinergia il Video Memoria / 4, una delle produzioni video del progetto Bunker, e la mostra Piante e Guerra organizzata dall’Orto Botanico.
Il VIDEO MEMORIA / 4, realizzato dall’artista Laura Morelli e dal regista Alberto Valtellina, si propone di individuare la catena della memoria che parte dal testimone oculare e arriva all'ultima generazione, seguendo il modificarsi dei racconti legati al bombardamento di Dalmine del 6 luglio 1944 e ai rifugi antiaerei, il maggior lutto collettivo della bergamasca nel XX secolo.
La società contemporanea si osserva e si conserva, impegnandosi in una ricerca continua e a volte ossessiva di occasioni per ricordare il passato e per celebrarlo; troppo spesso però la memoria trova come unica valvola di sfogo la commemorazione e si svuota di significato. Il progetto Bunker esce da questa logica e dà voce alla “singolarità” delle memorie, abbandonando le strada battuta della storia pubblica e seguendo il filo dei ricordi che percorre i racconti intimi e privati trasmessi nell’ambito di un nucleo familiare.
I quattro monitor che compongono la videoinstallazione mostrano in contemporanea i membri di uno stesso gruppo familiare: uno alla volta raccontano, inquadrati nello spazio familiare della quotidianità la propria storia mentre gli altri sono in “fermo immagine”, perché la trasmissione della memoria porta in sé implicita la necessità dell’ascolto; lo schermo nero evoca l’assenza o la perdita di un anello della catena mentre lo schermo colorato di rosa o di azzurro suggerisce la presenza simbolica di un parente la cui testimonianza non è stata raccolta.
Alcuni degli intervistati hanno ricordi talmente vividi da ricostruire gli avvenimenti vissuti con un dettaglio quasi fotografico e rievocano le sensazioni delle ore passate nel rifugio antiaereo. Altri, come il vescovo di Bergamo Roberto Amadei, cercano a distanza di anni di dare una spiegazione dell’accaduto, o allargano la propria riflessione al dramma della guerra, pagato a caro prezzo dalla “povera gente”, nella consapevolezza che il racconto non è sufficiente per comprendere il dramma vissuto: bisogna “provare, sentire, vedere, esserci dentro”.
I figli, invece, sono cresciuti nel periodo della ricostruzione e non sempre sono i depositari dei racconti dei genitori, impegnati negli anni successivi il conflitto nella difficile impresa di “voltare pagina”. Ma c’è anche chi vive per ricordare, spiegando la propria necessità di conservare la memoria perché la “generazione di oggi” dimentica. I nipoti, poi, sono spesso gli uditori privilegiati delle storie dei nonni, che con l’avanzare dell’età hanno più tempo per dedicarsi al racconto, mentre i pronipoti sono ancora troppo piccoli per sapere, così le madri, raccontano loro “una storia” – la storia del bombardamento – cercando di non turbare i loro “sogni” di bambini. Chissà se il filo del ricordo arriverà alla quinta generazione?
Accanto al Video Memoria / 4, la mostra PIANTE E GUERRA, a cura dell’Orto Botanico di Bergamo “Lorenzo Rota”, indaga le conseguenze dirette che la penuria, le distruzioni e l’abbandono hanno sugli ecosistemi naturali e agricoli.
La stretta relazione di dipendenza tra l’esistenza umana e la vita degli organismi vegetali è infatti di acuta evidenza in occasione degli eventi estremi che causano la limitazione delle risorse. E la guerra è uno di questi eventi estremi.
Il tema è affrontato secondo tre punti di vista: gli orti di guerra, ovvero la rivalutazione di una pratica domestica di lontana origine che si basa sulla cura degli organismi vegetali; la fitoalimurgia ovvero l’utilizzo alimentare diretto in situazioni di emergenza dei vegetali cresciuti spontaneamente negli habitat naturali e antropici; gli effetti della guerra sugli organismi vegetali stessi, poco studiati e quasi sempre esclusi anche dai lunghi elenchi degli “effetti collaterali” tristemente noti.
Avvalendosi di documentazioni, immagini e testimonianze che avvicinano al tema, la mostra vuole porre in primo piano gli intrecci tra biografie e piante, fino a immaginare di dare voce alle piante stesse.
Quanto dovrà evolvere la specie umana perché divenga consapevole dell’assurdità insita nello spargimento di sofferenze umane e nella perseveranza delle distruzioni ambientali?
I botanici una certezza l’hanno, come ad Hiroshima, ogni volta sulle macerie ricominceranno a crescere le piante.
09
settembre 2006
Bunker
Dal 09 al 17 settembre 2006
arte contemporanea
Location
SALA VISCONTEA
Bergamo, Piazza Della Cittadella, 1, (Bergamo)
Bergamo, Piazza Della Cittadella, 1, (Bergamo)
Orario di apertura
lunedì-venerdì 15-18.30; sabato 19-24; domenica 10-13 e 15-19
Vernissage
9 Settembre 2006, ore 18
Sito web
www.progettobunker.it
Ufficio stampa
COSMO
Autore
Curatore