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Calamita/à
il progetto CALAMITA/À nasce dall’urgenza di investigare il territorio in cui l’evento catastrofico ha alterato ogni equilibrio, spezzato la corretta e ordinata linea della scansione temporale e frammentato i luoghi, le storie e le vite. Il presente a volte è indifferente e disat
Comunicato stampa
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Il 1963 è un anno cruciale per una lunga serie di avvenimenti geopolitici internazionali.
A Dallas muore assassinato John Fitzgerald Kennedy, il Presidente che stava cercando di cambiare la storia degli Stati Uniti d'America e quella dell’Occidente. Martin Luther King, in occasione della marcia per il lavoro e la libertà, pronuncia il celebre discorso al Lincoln Memorial di Washington. In Vietnam, i monaci buddisti si danno fuoco per protestare contro i tragici avvenimenti di una guerra che sta diventando sempre più drammatica. Il 4 ottobre l'Uragano Flora si abbatte su Cuba e Hispaniola, uccidendo quasi 7000 persone.
In Italia, il miracolo economico e la cultura pop hanno trasformato la vita dei cittadini. Francesco Rosi riceve il Leone d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia per "Le mani sulla città". Il lungometraggio è uno straordinario atto d'accusa sulle collisioni esistenti tra diversi organi dello Stato e speculazione edilizia, in un paese afflitto da una forma di continua e progressiva "metastasi cementizia".
Nomen Omen è una locuzione latina che, tradotta letteralmente, significa "il nome è un presagio" e deriva dalla credenza dei Romani secondo cui nel nome era indicato il destino delle persone e delle cose. La montagna su cui è ancorata la diga del Vajont, tuttora integra e stabile, porta il nome di Monte Toc, ovvero monte marcio, putrido, franoso. Lo stesso nome del Vajont ha oggi acquisito un’accezione e un valore catastrofici nella coscienza collettiva.
Vajont, in origine, era la valle attraversata dall’omonimo torrente, prima che la catastrofe innescata in potenza con trent’anni di anticipo, poi manifestatasi violentemente la notte del 9 ottobre 1963, rendesse tristemente noto questo luogo.
“Il Grande Vajont” ha invece nel suo nome il manifesto programmatico dell’ambizioso progetto che avrebbe dovuto sfruttare le riserve di acqua delle Dolomiti per servirsi dell'energia gravitazionale sotto forma di potenza idrica e rifornire così di elettricità Venezia e il Triveneto. Nel 1940 la SADE, Società Adriatica di Elettricità, diventata poi Enel, avanza una richiesta di autorizzazione per la costruzione di una grande diga, all’epoca la più alta del mondo, che è poi diventata lo scenario e il monumento della gestione del potere e della vergogna della politica. La diga ha retto perfettamente alla violenza del crollo della montagna nell'invaso del Vajont. Dove l'onda distruttiva è passata, nulla è rimasto integro.
I morti accertati sono 1917.
Dal 1963 a oggi, sono passati molti anni, si sono svolti numerosi processi e sono state avviate ricostruzioni urbanistiche controverse, ma la ferita è dolente. Nella nostra opinione è determinante continuare a parlarne ancora nel 2016, in un momento storico in cui lo sfruttamento energetico del territorio e la sua salvaguardia non sempre sono attuati con gli stessi strumenti. Le analogie con il presente sono molto evidenti e si ripetono anche negli eterni conflitti di interessi, nella corruzione degli apparati di controllo, nella privatizzazione dei profitti e nella socializzazione delle perdite. Il nefasto caso del Vajont appare a tutti gli effetti come una delle vicende cardine del '900 italiano, un buco nero di senso e di significato in cui è ancora facile cadere. Un simbolo dell’Italia contemporanea.
Fotografia / Photography: Andrea Alessio, Gianpaolo Arena, Sergio Camplone, Marina Caneve, Alfonso Chianese, Céline Clanet, Scott Connarroe, François Deladerriere, Marco Lachi, Michela Palermo, Max Rommel & Marissa Morelli, Gabriele Rossi, Petra Stavast, Jan Stradtman, Maaike Vergouwe Daan Zuijderwijk, Cyrille Weiner & Giaime Meloni Urbanistica / Urbanism: Latitude Platform
A Dallas muore assassinato John Fitzgerald Kennedy, il Presidente che stava cercando di cambiare la storia degli Stati Uniti d'America e quella dell’Occidente. Martin Luther King, in occasione della marcia per il lavoro e la libertà, pronuncia il celebre discorso al Lincoln Memorial di Washington. In Vietnam, i monaci buddisti si danno fuoco per protestare contro i tragici avvenimenti di una guerra che sta diventando sempre più drammatica. Il 4 ottobre l'Uragano Flora si abbatte su Cuba e Hispaniola, uccidendo quasi 7000 persone.
In Italia, il miracolo economico e la cultura pop hanno trasformato la vita dei cittadini. Francesco Rosi riceve il Leone d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia per "Le mani sulla città". Il lungometraggio è uno straordinario atto d'accusa sulle collisioni esistenti tra diversi organi dello Stato e speculazione edilizia, in un paese afflitto da una forma di continua e progressiva "metastasi cementizia".
Nomen Omen è una locuzione latina che, tradotta letteralmente, significa "il nome è un presagio" e deriva dalla credenza dei Romani secondo cui nel nome era indicato il destino delle persone e delle cose. La montagna su cui è ancorata la diga del Vajont, tuttora integra e stabile, porta il nome di Monte Toc, ovvero monte marcio, putrido, franoso. Lo stesso nome del Vajont ha oggi acquisito un’accezione e un valore catastrofici nella coscienza collettiva.
Vajont, in origine, era la valle attraversata dall’omonimo torrente, prima che la catastrofe innescata in potenza con trent’anni di anticipo, poi manifestatasi violentemente la notte del 9 ottobre 1963, rendesse tristemente noto questo luogo.
“Il Grande Vajont” ha invece nel suo nome il manifesto programmatico dell’ambizioso progetto che avrebbe dovuto sfruttare le riserve di acqua delle Dolomiti per servirsi dell'energia gravitazionale sotto forma di potenza idrica e rifornire così di elettricità Venezia e il Triveneto. Nel 1940 la SADE, Società Adriatica di Elettricità, diventata poi Enel, avanza una richiesta di autorizzazione per la costruzione di una grande diga, all’epoca la più alta del mondo, che è poi diventata lo scenario e il monumento della gestione del potere e della vergogna della politica. La diga ha retto perfettamente alla violenza del crollo della montagna nell'invaso del Vajont. Dove l'onda distruttiva è passata, nulla è rimasto integro.
I morti accertati sono 1917.
Dal 1963 a oggi, sono passati molti anni, si sono svolti numerosi processi e sono state avviate ricostruzioni urbanistiche controverse, ma la ferita è dolente. Nella nostra opinione è determinante continuare a parlarne ancora nel 2016, in un momento storico in cui lo sfruttamento energetico del territorio e la sua salvaguardia non sempre sono attuati con gli stessi strumenti. Le analogie con il presente sono molto evidenti e si ripetono anche negli eterni conflitti di interessi, nella corruzione degli apparati di controllo, nella privatizzazione dei profitti e nella socializzazione delle perdite. Il nefasto caso del Vajont appare a tutti gli effetti come una delle vicende cardine del '900 italiano, un buco nero di senso e di significato in cui è ancora facile cadere. Un simbolo dell’Italia contemporanea.
Fotografia / Photography: Andrea Alessio, Gianpaolo Arena, Sergio Camplone, Marina Caneve, Alfonso Chianese, Céline Clanet, Scott Connarroe, François Deladerriere, Marco Lachi, Michela Palermo, Max Rommel & Marissa Morelli, Gabriele Rossi, Petra Stavast, Jan Stradtman, Maaike Vergouwe Daan Zuijderwijk, Cyrille Weiner & Giaime Meloni Urbanistica / Urbanism: Latitude Platform
29
ottobre 2016
Calamita/à
Dal 29 ottobre al 02 dicembre 2016
fotografia
Location
MATERIA GALLERY
Roma, Via Tiburtina, (Roma)
Roma, Via Tiburtina, (Roma)
Orario di apertura
ore 18-22
Vernissage
29 Ottobre 2016, ore 18.00
Autore
Curatore