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Calvino in Kasa
Una mostra su Italo Calvino nel centenario della nascita che ne racconta la vita e il ruolo fondamentale nell’editoria italiana. Oltre 300 libri, tra prime edizioni, curatele, prefazioni, fino a un Calvino meno noto, autore di canzoni, di testi d’opera, voce narrante di documentari sulla Resistenza.
Comunicato stampa
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"Quando ho iniziato le prime ricerche per questa mostra su Calvino - racconta il curatore - mi sono messo le mani nei capelli: da dove cominciare? Ovvio, dalle sue prime edizioni, che qui alla Kasa abbiamo in massa, da tempi non sospetti, accompagnate anche da testi di una certa qual rarità. D’accordo, ma una volta messi insieme tutti i libri non si riusciva a dire nulla di particolarmente originale. E la sensazione era accentuata da uno sguardo alla bibliografia critica: un mare magnum di interventi di ogni tipo e genere, dove pareva impossibile fare un minimo d’ordine. Sembrava, insomma, che l’idea fosse da scartare: bella e impossibile, per non organizzare una mostra trita e ritrita.
Mai dire mai. Studiando e ristudiando, quasi per caso mi sono imbattuto nella figura del padre di Italo, Mario Calvino. Poco incline all’autobiografia, lo scrittore ne ha sempre parlato poco, e quelle volte più per sottolineare le differenze, non le eventuali derivazioni: “Capite come le strade divergevano, quella di mio padre e la mia… parlarci era difficile …mio padre dice cose sulla mignolatura degli olivi. Io non ascolto. Guardo il mare e penso che tra un’ora sarò alla spiaggia”. Anche più sporadici i riferimenti alla madre, Eva Mameli Calvino, pure donna fuori dall’ordinario: una delle prime laureate sarde in botanica, e prima docente italiana della materia. Eppure, a ben guardare, le derivazioni sembrano esserci. Mario ed Eva Calvino sono stati due agronomi e botanici importanti, e hanno affidato alla parola scritta molte delle loro riflessioni sul tema. Oltre ad alcune pubblicazioni specialistiche, hanno dato vita insieme - lui direttore, lei segretaria di redazione - a un mensile, «Il giardino fiorito», uscito dal 1931 al 1947, con una breve pausa durante il momento peggiore della guerra. In quegli anni Calvino è un adolescente: vuol dire che convive in casa con una piccola redazione, con tutti i temi editoriali del caso: certamente più di una coincidenza, per chi poi ha lavorato così tanto in editoria. Eppure, credo, il rapporto è stato pochissimo raccontato. Così mi sono procurato una collezione molto corposa della rivista, posseduta sì e no da un paio di biblioteche italiane e - immagino - da nessun privato. Credo ragionevolmente di essere il primo ad averla mai esposta, insieme ad alcuni dei libri e opuscoli scritti dai genitori Calvino. Sono certo che vederli così, prima delle opere giovanili del figlio, sarà un complemento di informazione importante per tutti. C’è infatti anche una continuità di contenuti: Calvino è stato un autore estremamente consapevole del rapporto con la natura, fin dal titolo del suo esordio, Il sentiero dei nidi di ragno, celebratissimo omaggio alla Resistenza. E poi, scendendo per li rami, Il barone rampante, e tanti episodi di Marcovaldo. Non solo: con alcune sue opere, in particolare La nuvola di smog, del 1958, Calvino è stato ecologista prima ancora che esistesse la parola. Insomma, visti in sequenza, i libri dei genitori e questi dello scrittore fanno un tutt’uno, che abbiamo intitolato, pour cause, Alle radici di Calvino, trasformando l’introduzione alla mostra in un accenno di bosco, dove stanno i vari volumi. E dove i visitatori troveranno anche alcune primizie di buona rarità: per esempio i fascicoli del «Corriere dei piccoli» dove alcuni racconti di Marcovaldo sono apparsi contemporaneamente alla prima edizione in volume; oppure le riviste con le edizioni originali della Speculazione edilizia o della Giornata d’uno scrutatore: reperti introvabili che in generale non si vedono mai. E che, se a qualche biblioteca per caso viene in mente di esporli, non si possono sfogliare, mentre noi rimaniamo fedeli alla regola che alla Kasa tutto si tocca, a piacere.
La relazione con le radici familiari non finisce qui: il debito di Calvino verso i genitori è ancor più esplicito nell’attenzione alla scienza. Un rapporto, se si vuole, un po’ edipico: più volte lo scrittore ha denunciato un complesso di inferiorità nei confronti di quella scienza praticata dai genitori. Nel 1956, lo scrittore afferma: “Sono figlio di scienziati: mio padre era un agronomo, mia madre una botanica; entrambi professori universitari. Tra i miei familiari solo gli studi scientifici erano in onore; un mio zio materno era un chimico, professore universitario, sposato a una chimica (anzi, ho avuto due zii chimici sposati a due zie chimiche); mio fratello è un geologo, professore universitario. Io sono la pecora nera, l’unico letterato di famiglia”. Il recupero di tematiche scientifiche, a partire dagli anni Sessanta, non può prescindere da quel contrasto originario. Certo, la scienza di Calvino è filtrata attraverso le ragioni della narrativa; comunque è una rarità nell’epoca delle due culture, dove i ponti tra materie umanistiche e scientifiche sono stati decisamente infrequenti. È la seconda sezione della parte dedicata ai libri di Calvino, intitolata Le infinite possibilità del narrare: con le tanti varianti sul tema, da Ti con zero a Palomar, di cui sono presenti anche alcuni dei testi usciti originariamente sul «Corriere della Sera». Mentre un’altra sezione è dedicata al mondo della fiaba, che Calvino ha frequentato tutta la vita, dall’antologia della Fiabe italiane del 1955, dalla cui prefazione è tratto il titolo Ho vissuto in mezzo a boschi e palazzi incantati, fino alle numerose prefazioni e interventi critici, esposti sempre nelle edizioni originali. Ça va sans dire, a seguire ci sono anche tutte le altre prime edizioni di Calvino, giù giù fino al testamento delle Lezioni americane. Quasi tutte in edizioni Einaudi, anche se non mancano flirt con altri editori, come una delle versioni delle Cosmicomiche, uscita per il Club degli editori o quella del Castello dei destini incrociati, pubblicata in primis per Franco Maria Ricci nel volume Tarocchi. Un libro bellissimo, in tiratura limitata, con le immagini incollate a mano, che introduce alla sezione degli illustrati: un genere che l’autore ha frequentato poco, ma presenta comunque punte spettacolari, come due fascicoli della mitica rivista parigina «Derrière le miroir» dedicati a Saul Steinberg e Valerio Adami. Pochissimo esposta anche la versione di un racconto illustrata da Dino Battaglia nel 1974 per «Alterlinus», così come i due usciti negli stessi anni sull’edizione italiana di «Playboy».
Ma Calvino, si sa, vuol dire anche editor. In una delle sue citazioni ripetute più frequentemente, ha detto che “Il massimo del tempo della mia vita l'ho dedicato ai libri degli altri, non ai miei”. In questa veste, Calvino ha scritto centinaia di contributi, molto spesso anonimi: schede editoriali, pre- e postfazioni, risvolti, quarte di copertina: un’infinità di testi che coprono l’intera sua vita adulta. Questa attività è stata variamente studiata, in alcuni casi antologizzata; ma a pochi è mai venuto in mente di mostrare fisicamente i libri su cui si è soffermata l’attenzione dello scrittore. Esercizio che, anche se lo volessero, sarebbe peraltro precluso alla maggior parte delle biblioteche, che a suo tempo buttavano le sovracoperte dei libri per personalizzarli con le rilegature: sicché nelle loro raccolte moltissimi di quegli scritti sono persi à jamais. La Kasa dei Libri ignora felicemente cosa siano le rilegature non d’editore: conseguentemente può esporre le versioni originali, in un tripudio di testi a volte felicissimi, in cui si celebra sempre il trionfo della buona letteratura. Un percorso che permette anche di vedere il progresso fisico dei libri, dall’aspetto umile della «Piccola Biblioteca Scientifico-Letteraria» degli anni Cinquanta fino alla modernità dei «Nuovi Coralli», di 30 anni più tardi, dove - sotto lo sguardo di Calvino - esordiscono Andrea De Carlo e Daniele Del Giudice. E poi, naturalmente, i «Centopagine»: la collana che Calvino fonda nel 1971 e prosegue fino alla scomparsa, nel 1985: 77 titoli che, messi in fila fisicamente, mostrano perfettamente il rapporto dell’autore con i classici. In totale, la sezione su I libri degli altri mostra circa 250 testi, completi anche di alcuni inediti, come la prefazione a un poemetto sulla Resistenza del 1949 scritto da un certo Pin, che era poi il nome del protagonista del Sentiero dei nidi di ragno. Un po’ più di una coincidenza, direi. Eppure, salvo errore, lo smilzo libretto è sfuggito a tutte le ricognizioni bibliografiche su Calvino.
Abbiamo cercato di mantenere la stessa ricerca di originalità anche per la terza parte della mostra, Sul palco e sul set, che riguarda i rapporti di Calvino con il mondo della scena e dello spettacolo.
Qui abbiamo incontrato qualche difficoltà in più. Molto scettico sugli sconfinamenti degli scrittori in questi campi, Calvino aveva espresso i suoi dubbi già in un’intervista ad Alberto Arbasino del 1963: “Voialtri trovate il tempo per fare tutto: la pubblicistica, il cinema, il teatro… mah. Tutte belle cose. Divertenti. Forse anche facili. Ma a me sembra che se le facessi io sarei un dilettante”. Coerentemente, ha limitato le sue incursioni a pochi episodi infrequenti e difficili da documentare. Quasi introvabili, per esempio, le tracce della sua collaborazione con Luciano Berio, che ha dato luogo a due azioni musicali importanti degli anni Ottanta, La vera storia e Un re in ascolto: qualche libretto, qualche locandina, nulla più. Più curiose alcune canzoni di taglio popolare che scrive negli anni Cinquanta, in particolare Oltre il ponte e Dove vola l’avvoltoio, che ancora oggi capita di ascoltare, ma per gran parte del pubblico suoneranno inedite. Così come non troppo noti saranno i riferimenti al cinema, che Calvino ha frequentato assai poco, con risultati discontinui: dimenticabili alcuni episodi di film a più mani dei primi anni Sessanta, un po’ meglio la versione animata del Cavaliere inesistente di Pino Zac (1970) e quella televisiva del Marcovaldo dello stesso periodo; curioso il fatto che uno dei maggiori successi del dopoguerra, I soliti ignoti, sia ispirato, senza dirlo, a uno dei primi racconti di Calvino, Furto in pasticceria. A questo si aggiunge qualche documentario sulla guerra partigiana, come Giorni di furore (1965), a cui lo scrittore ha prestato la voce. Complessivamente, soprattutto se si confronta con il costante rapporto con la scena di molti contemporanei, da Pasolini a Moravia, Bassani o Testori, un ben misero bottino, che però abbiamo comunque voluto documentare al meglio, non fosse altro che per confermare che il mondo di Calvino è da ritrovare soprattutto nei libri: lì è la sua vita, lì la spinta davvero incisiva nella nostra cultura del secondo Novecento."
Mai dire mai. Studiando e ristudiando, quasi per caso mi sono imbattuto nella figura del padre di Italo, Mario Calvino. Poco incline all’autobiografia, lo scrittore ne ha sempre parlato poco, e quelle volte più per sottolineare le differenze, non le eventuali derivazioni: “Capite come le strade divergevano, quella di mio padre e la mia… parlarci era difficile …mio padre dice cose sulla mignolatura degli olivi. Io non ascolto. Guardo il mare e penso che tra un’ora sarò alla spiaggia”. Anche più sporadici i riferimenti alla madre, Eva Mameli Calvino, pure donna fuori dall’ordinario: una delle prime laureate sarde in botanica, e prima docente italiana della materia. Eppure, a ben guardare, le derivazioni sembrano esserci. Mario ed Eva Calvino sono stati due agronomi e botanici importanti, e hanno affidato alla parola scritta molte delle loro riflessioni sul tema. Oltre ad alcune pubblicazioni specialistiche, hanno dato vita insieme - lui direttore, lei segretaria di redazione - a un mensile, «Il giardino fiorito», uscito dal 1931 al 1947, con una breve pausa durante il momento peggiore della guerra. In quegli anni Calvino è un adolescente: vuol dire che convive in casa con una piccola redazione, con tutti i temi editoriali del caso: certamente più di una coincidenza, per chi poi ha lavorato così tanto in editoria. Eppure, credo, il rapporto è stato pochissimo raccontato. Così mi sono procurato una collezione molto corposa della rivista, posseduta sì e no da un paio di biblioteche italiane e - immagino - da nessun privato. Credo ragionevolmente di essere il primo ad averla mai esposta, insieme ad alcuni dei libri e opuscoli scritti dai genitori Calvino. Sono certo che vederli così, prima delle opere giovanili del figlio, sarà un complemento di informazione importante per tutti. C’è infatti anche una continuità di contenuti: Calvino è stato un autore estremamente consapevole del rapporto con la natura, fin dal titolo del suo esordio, Il sentiero dei nidi di ragno, celebratissimo omaggio alla Resistenza. E poi, scendendo per li rami, Il barone rampante, e tanti episodi di Marcovaldo. Non solo: con alcune sue opere, in particolare La nuvola di smog, del 1958, Calvino è stato ecologista prima ancora che esistesse la parola. Insomma, visti in sequenza, i libri dei genitori e questi dello scrittore fanno un tutt’uno, che abbiamo intitolato, pour cause, Alle radici di Calvino, trasformando l’introduzione alla mostra in un accenno di bosco, dove stanno i vari volumi. E dove i visitatori troveranno anche alcune primizie di buona rarità: per esempio i fascicoli del «Corriere dei piccoli» dove alcuni racconti di Marcovaldo sono apparsi contemporaneamente alla prima edizione in volume; oppure le riviste con le edizioni originali della Speculazione edilizia o della Giornata d’uno scrutatore: reperti introvabili che in generale non si vedono mai. E che, se a qualche biblioteca per caso viene in mente di esporli, non si possono sfogliare, mentre noi rimaniamo fedeli alla regola che alla Kasa tutto si tocca, a piacere.
La relazione con le radici familiari non finisce qui: il debito di Calvino verso i genitori è ancor più esplicito nell’attenzione alla scienza. Un rapporto, se si vuole, un po’ edipico: più volte lo scrittore ha denunciato un complesso di inferiorità nei confronti di quella scienza praticata dai genitori. Nel 1956, lo scrittore afferma: “Sono figlio di scienziati: mio padre era un agronomo, mia madre una botanica; entrambi professori universitari. Tra i miei familiari solo gli studi scientifici erano in onore; un mio zio materno era un chimico, professore universitario, sposato a una chimica (anzi, ho avuto due zii chimici sposati a due zie chimiche); mio fratello è un geologo, professore universitario. Io sono la pecora nera, l’unico letterato di famiglia”. Il recupero di tematiche scientifiche, a partire dagli anni Sessanta, non può prescindere da quel contrasto originario. Certo, la scienza di Calvino è filtrata attraverso le ragioni della narrativa; comunque è una rarità nell’epoca delle due culture, dove i ponti tra materie umanistiche e scientifiche sono stati decisamente infrequenti. È la seconda sezione della parte dedicata ai libri di Calvino, intitolata Le infinite possibilità del narrare: con le tanti varianti sul tema, da Ti con zero a Palomar, di cui sono presenti anche alcuni dei testi usciti originariamente sul «Corriere della Sera». Mentre un’altra sezione è dedicata al mondo della fiaba, che Calvino ha frequentato tutta la vita, dall’antologia della Fiabe italiane del 1955, dalla cui prefazione è tratto il titolo Ho vissuto in mezzo a boschi e palazzi incantati, fino alle numerose prefazioni e interventi critici, esposti sempre nelle edizioni originali. Ça va sans dire, a seguire ci sono anche tutte le altre prime edizioni di Calvino, giù giù fino al testamento delle Lezioni americane. Quasi tutte in edizioni Einaudi, anche se non mancano flirt con altri editori, come una delle versioni delle Cosmicomiche, uscita per il Club degli editori o quella del Castello dei destini incrociati, pubblicata in primis per Franco Maria Ricci nel volume Tarocchi. Un libro bellissimo, in tiratura limitata, con le immagini incollate a mano, che introduce alla sezione degli illustrati: un genere che l’autore ha frequentato poco, ma presenta comunque punte spettacolari, come due fascicoli della mitica rivista parigina «Derrière le miroir» dedicati a Saul Steinberg e Valerio Adami. Pochissimo esposta anche la versione di un racconto illustrata da Dino Battaglia nel 1974 per «Alterlinus», così come i due usciti negli stessi anni sull’edizione italiana di «Playboy».
Ma Calvino, si sa, vuol dire anche editor. In una delle sue citazioni ripetute più frequentemente, ha detto che “Il massimo del tempo della mia vita l'ho dedicato ai libri degli altri, non ai miei”. In questa veste, Calvino ha scritto centinaia di contributi, molto spesso anonimi: schede editoriali, pre- e postfazioni, risvolti, quarte di copertina: un’infinità di testi che coprono l’intera sua vita adulta. Questa attività è stata variamente studiata, in alcuni casi antologizzata; ma a pochi è mai venuto in mente di mostrare fisicamente i libri su cui si è soffermata l’attenzione dello scrittore. Esercizio che, anche se lo volessero, sarebbe peraltro precluso alla maggior parte delle biblioteche, che a suo tempo buttavano le sovracoperte dei libri per personalizzarli con le rilegature: sicché nelle loro raccolte moltissimi di quegli scritti sono persi à jamais. La Kasa dei Libri ignora felicemente cosa siano le rilegature non d’editore: conseguentemente può esporre le versioni originali, in un tripudio di testi a volte felicissimi, in cui si celebra sempre il trionfo della buona letteratura. Un percorso che permette anche di vedere il progresso fisico dei libri, dall’aspetto umile della «Piccola Biblioteca Scientifico-Letteraria» degli anni Cinquanta fino alla modernità dei «Nuovi Coralli», di 30 anni più tardi, dove - sotto lo sguardo di Calvino - esordiscono Andrea De Carlo e Daniele Del Giudice. E poi, naturalmente, i «Centopagine»: la collana che Calvino fonda nel 1971 e prosegue fino alla scomparsa, nel 1985: 77 titoli che, messi in fila fisicamente, mostrano perfettamente il rapporto dell’autore con i classici. In totale, la sezione su I libri degli altri mostra circa 250 testi, completi anche di alcuni inediti, come la prefazione a un poemetto sulla Resistenza del 1949 scritto da un certo Pin, che era poi il nome del protagonista del Sentiero dei nidi di ragno. Un po’ più di una coincidenza, direi. Eppure, salvo errore, lo smilzo libretto è sfuggito a tutte le ricognizioni bibliografiche su Calvino.
Abbiamo cercato di mantenere la stessa ricerca di originalità anche per la terza parte della mostra, Sul palco e sul set, che riguarda i rapporti di Calvino con il mondo della scena e dello spettacolo.
Qui abbiamo incontrato qualche difficoltà in più. Molto scettico sugli sconfinamenti degli scrittori in questi campi, Calvino aveva espresso i suoi dubbi già in un’intervista ad Alberto Arbasino del 1963: “Voialtri trovate il tempo per fare tutto: la pubblicistica, il cinema, il teatro… mah. Tutte belle cose. Divertenti. Forse anche facili. Ma a me sembra che se le facessi io sarei un dilettante”. Coerentemente, ha limitato le sue incursioni a pochi episodi infrequenti e difficili da documentare. Quasi introvabili, per esempio, le tracce della sua collaborazione con Luciano Berio, che ha dato luogo a due azioni musicali importanti degli anni Ottanta, La vera storia e Un re in ascolto: qualche libretto, qualche locandina, nulla più. Più curiose alcune canzoni di taglio popolare che scrive negli anni Cinquanta, in particolare Oltre il ponte e Dove vola l’avvoltoio, che ancora oggi capita di ascoltare, ma per gran parte del pubblico suoneranno inedite. Così come non troppo noti saranno i riferimenti al cinema, che Calvino ha frequentato assai poco, con risultati discontinui: dimenticabili alcuni episodi di film a più mani dei primi anni Sessanta, un po’ meglio la versione animata del Cavaliere inesistente di Pino Zac (1970) e quella televisiva del Marcovaldo dello stesso periodo; curioso il fatto che uno dei maggiori successi del dopoguerra, I soliti ignoti, sia ispirato, senza dirlo, a uno dei primi racconti di Calvino, Furto in pasticceria. A questo si aggiunge qualche documentario sulla guerra partigiana, come Giorni di furore (1965), a cui lo scrittore ha prestato la voce. Complessivamente, soprattutto se si confronta con il costante rapporto con la scena di molti contemporanei, da Pasolini a Moravia, Bassani o Testori, un ben misero bottino, che però abbiamo comunque voluto documentare al meglio, non fosse altro che per confermare che il mondo di Calvino è da ritrovare soprattutto nei libri: lì è la sua vita, lì la spinta davvero incisiva nella nostra cultura del secondo Novecento."
17
gennaio 2023
Calvino in Kasa
Dal 17 gennaio al 06 aprile 2023
libri ed editoria
Location
KASA DEI LIBRI
Milano, Largo Aldo De Benedetti, 4, (Milano)
Milano, Largo Aldo De Benedetti, 4, (Milano)
Orario di apertura
Dal lunedì alla domenica ore 15-19
Vernissage
17 Gennaio 2023, 18.00
Sito web
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