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Cannaò – Passioni
Un’antologica del lavoro di Cannaò dai primi anni Ottanta a oggi. Oltre 120 opere tra olì, sculture e incisioni a rappresentazione dei cicli Il Tempo, Minotauromachia, Aquile guerriere, Natura e no, Ritratti, I viaggi di Odisseo, I miei Prigioni, fino alla recentissima La via del dolore
Comunicato stampa
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Estratto presentazione in volume dell’antologica “Passioni”
Perché l’arte, nell’esperienza di Cannaò, ha valore in ragione del legame che intreccia con la vita perché
l’arte o è vita o non è. Su questo filo, come un funambolo si muove l’artista Cannaò nel percorso avviato nei
primi anni Ottanta, articolato per cicli e raccontato in questo volume con un percorso a ritroso dall’ultima
produzione artistica a quella dei primi anni di attività.
Si comincia a ripercorrere la sua opera con “La via del dolore” (2008-2015), gli olî e i linoleum realizzati
sulla Passione, sulla via Crucis di Cristo, di un povero Cristo però, di un uomo prima che di un dio, il cui
corpo viene attraversato dal dolore, dalla sofferenza straziante e dilaniante. Senza sconti.
È poi la volte de “I miei Prigioni” (2013-2015) un ciclo in cui i Prigioni di Michelangelo si liberano della loro
schiavitù per slanciarsi verso la libertà, si liberano del peso della materia, di ciò che li lega alla pesantezza
dell’essere per slanciarsi verso l’alto in un legame simbolico tra terra e cielo.
Il terzo ciclo è rappresentato da “I viaggi di Odisseo” (2007-2015) un fortunato nucleo di opere che ha
riscosso un successo di pubblico paragonabile a quello della Passione. Non a caso i due temi hanno avuto un
momento espositivo comune nella mostra “Passione e Incanto”, in cui i due uomini-simbolo affrontano un
calvario, entrambi lottano in un viaggio periglioso per guadagnarsi il ritorno alla casa d’appartenenza. Ma il
viaggio dell’uomo-eroe (per mare) e quello dell’uomo-dio (sulla terra) sono indagati attraverso due medium
diversi: per Cristo è il corpo in tutte le sue declinazioni, per Ulisse la nave, o meglio una sua porzione, la
prua, la “punta dell’inclita nave che apre il solco dell’ondeggiante sale”.
Il quarto ciclo e quello dei “Ritratti” (2004-2013) dedicati a quanti hanno attraversato la sua vita lasciando
traccia indelebile di sé. Tra questi, amici, amori, passioni, maestri e qualche poeta la cui testa mozzata in
bianco e nero fa bella mostra di sé su un piatto di portata regale. Unico vezzo: un tocco di rosso giusto
sull’angolo.
È poi la volta di “Natura e no”, un ciclo iniziato nel 2005 al quale l’artista di tanto in tanto ritorna, che
raccoglie le coloratissime tempere delle Agavi siciliane, carnose e fascinose; i Lunamare, musicali paesaggi in
cui la luna e il mare hanno si sfidano nel catturare l’attenzione dello sguardo; il trittico dei Malavoglia,
originale interpretazione dell’opera verghiana; e infine Straniamori, tele in cui amori improbabili prendono
la scena e se la tengono, come l’amore tra un albero, una nuvola e la luna o quello tra un pesce, la luna e un
aquilone. E non è detto che siano amori infelici.
Il ciclo delle “Aquile guerriere” risale agli anni Novanta ed è caratterizzato da opere sulla metamorfizzazione
di rapaci guerrieri e timide colombe.
Nel ciclo della “Minotauromachia” il toro è fuggito dalla corrida, dal gioco incomprensibile che lo costringe
a giocarsi la vita. Ma è bastato il gioco speculare di sguardi scambiati con il torero nell’arena per farli
confondere. E così il toro inizia un percorso di identificazione col nemico da cui è fuggito. Partendo dalla
Minotauromachia di Goya e di Picasso, Cannaò ne costruisce una tutta sua che passa per Lucio Dalla.
Chiude questo percorso il primo ciclo, quello de “Il Tempo”, rappresentato fondamentalmente dalle due
grandi tele: “Il tempo”, un’opera in cui è previsto l’impossibile cioè il crollo del muro di Berlino, distrutto dal
gioco di un bimbo che con la sua palla riesce a sgretolare ciò che l’ottusità dell’uomo ha armato con il
cemento; e “Forse” in cui è rappresentato l’unico mondo possibile, un mondo di donne.
Gli artisti, ha detto qualcuno, vedono anche quando non guardano.
Perché l’arte, nell’esperienza di Cannaò, ha valore in ragione del legame che intreccia con la vita perché
l’arte o è vita o non è. Su questo filo, come un funambolo si muove l’artista Cannaò nel percorso avviato nei
primi anni Ottanta, articolato per cicli e raccontato in questo volume con un percorso a ritroso dall’ultima
produzione artistica a quella dei primi anni di attività.
Si comincia a ripercorrere la sua opera con “La via del dolore” (2008-2015), gli olî e i linoleum realizzati
sulla Passione, sulla via Crucis di Cristo, di un povero Cristo però, di un uomo prima che di un dio, il cui
corpo viene attraversato dal dolore, dalla sofferenza straziante e dilaniante. Senza sconti.
È poi la volte de “I miei Prigioni” (2013-2015) un ciclo in cui i Prigioni di Michelangelo si liberano della loro
schiavitù per slanciarsi verso la libertà, si liberano del peso della materia, di ciò che li lega alla pesantezza
dell’essere per slanciarsi verso l’alto in un legame simbolico tra terra e cielo.
Il terzo ciclo è rappresentato da “I viaggi di Odisseo” (2007-2015) un fortunato nucleo di opere che ha
riscosso un successo di pubblico paragonabile a quello della Passione. Non a caso i due temi hanno avuto un
momento espositivo comune nella mostra “Passione e Incanto”, in cui i due uomini-simbolo affrontano un
calvario, entrambi lottano in un viaggio periglioso per guadagnarsi il ritorno alla casa d’appartenenza. Ma il
viaggio dell’uomo-eroe (per mare) e quello dell’uomo-dio (sulla terra) sono indagati attraverso due medium
diversi: per Cristo è il corpo in tutte le sue declinazioni, per Ulisse la nave, o meglio una sua porzione, la
prua, la “punta dell’inclita nave che apre il solco dell’ondeggiante sale”.
Il quarto ciclo e quello dei “Ritratti” (2004-2013) dedicati a quanti hanno attraversato la sua vita lasciando
traccia indelebile di sé. Tra questi, amici, amori, passioni, maestri e qualche poeta la cui testa mozzata in
bianco e nero fa bella mostra di sé su un piatto di portata regale. Unico vezzo: un tocco di rosso giusto
sull’angolo.
È poi la volta di “Natura e no”, un ciclo iniziato nel 2005 al quale l’artista di tanto in tanto ritorna, che
raccoglie le coloratissime tempere delle Agavi siciliane, carnose e fascinose; i Lunamare, musicali paesaggi in
cui la luna e il mare hanno si sfidano nel catturare l’attenzione dello sguardo; il trittico dei Malavoglia,
originale interpretazione dell’opera verghiana; e infine Straniamori, tele in cui amori improbabili prendono
la scena e se la tengono, come l’amore tra un albero, una nuvola e la luna o quello tra un pesce, la luna e un
aquilone. E non è detto che siano amori infelici.
Il ciclo delle “Aquile guerriere” risale agli anni Novanta ed è caratterizzato da opere sulla metamorfizzazione
di rapaci guerrieri e timide colombe.
Nel ciclo della “Minotauromachia” il toro è fuggito dalla corrida, dal gioco incomprensibile che lo costringe
a giocarsi la vita. Ma è bastato il gioco speculare di sguardi scambiati con il torero nell’arena per farli
confondere. E così il toro inizia un percorso di identificazione col nemico da cui è fuggito. Partendo dalla
Minotauromachia di Goya e di Picasso, Cannaò ne costruisce una tutta sua che passa per Lucio Dalla.
Chiude questo percorso il primo ciclo, quello de “Il Tempo”, rappresentato fondamentalmente dalle due
grandi tele: “Il tempo”, un’opera in cui è previsto l’impossibile cioè il crollo del muro di Berlino, distrutto dal
gioco di un bimbo che con la sua palla riesce a sgretolare ciò che l’ottusità dell’uomo ha armato con il
cemento; e “Forse” in cui è rappresentato l’unico mondo possibile, un mondo di donne.
Gli artisti, ha detto qualcuno, vedono anche quando non guardano.
05
giugno 2015
Cannaò – Passioni
Dal 05 giugno al 31 luglio 2015
arte contemporanea
disegno e grafica
disegno e grafica
Location
CASTELLO DI MONTESEGALE – MUSEO D’ARTE CONTEMPORANEA
Montesegale, Via Castello, (Pavia)
Montesegale, Via Castello, (Pavia)
Orario di apertura
da venerdì a domenica – ore 16.00-19.00
Vernissage
5 Giugno 2015, ore 19
Sito web
www.cannao.net
Autore
Curatore