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Caos&Caso
Caos&Caso è la collettiva, a cura di Luigi Cerutti, che si propone di dare forma alla polvere, dell’inadeguatezza, talvolta dell’ignoranza, che si è depositata nelle scanalature letterario-artistiche dei due macrosistemi semantici forti della nostra civiltà
Comunicato stampa
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Caos&Caso è la collettiva, a cura di Luigi Cerutti, che si propone di dare forma alla polvere, dell’inadeguatezza, talvolta dell’ignoranza, che si è depositata nelle scanalature letterario-artistiche dei due macrosistemi semantici forti della nostra civiltà. Nel bianco soffocante dei corridoi, tra i respiri ampi delle vetrate spase della MyOwnGallery di via Tortona, 27 –nel complesso del Superstudiopiù- , dall’ 11 Giugno al 27 Luglio 2008, otto giovani artisti si confronteranno su di una tematica vorticosa, incessante, che abbraccia la totalità del sostrato societario moderno. Una necessità, insomma, di trasposizione delle relazioni che intercorrono tra gli uomini, negli uomini, al di sopra degli uomini. Un momento di sovradimensionamento dello sguardo, alla scoperta di un luogo ove il Caos non sia solo entropia, ma spinta verso un elemento ordinatore e il Caso un’ampolla nella quale ritrovare le ragioni dei nostri comportamenti. Infine, un tentativo di risposta alla domanda che, da sempre, filosofia e tecniche concettuali hanno lasciato aperta: quali strani animali popolano il microcosmo dell’unione di Caos e Caso? Cosa vive al di qua del rapporto di causa-effetto e cosa al di là dell’ingovernabilità di un sistema?
Negli altri mondi di Matteo Bergamasco (Milano, 1982) si possono trovare microesistenze, onirismi, un certo primitivismo pittorico che ricerca un suo alfabeto. Nelle montagne di fumo –che sovrastano la cenere?- di Alessandro Cannistrà (Roma, 1975) si ipotizza il destino predetto e pacato di un cosmo caotico oppure di una realtà effettuale che ci trascinerà tutti nel molle declivio di un monte. Per le strade di sabbia decomposta, putrida e secca, di Liset Castillo (Camenguey, 1974) riusciamo ad intravedere una pace duratura, un tanfo leggero di morte epicizzata, una fine degna, al cospetto di crepuscoli dei colori dell’arcobaleno. Tra le pacate tracce di Tamara Ferioli (Legnano, 1982), nei suoi capelli attaccati alla tela, lungo le impalcature diafane delle sue installazioni si ritrovano le luminescenze flebili della luna, di una landa eterea. Che il caos o il caso portino lì? Oppure nell’universo sennico deciso e tempestivo delle figure in contorsione di Elena Monzo (Orzinuovi, 1981). Andrej Mussa (Modena, 1976) poi, ci catapulta in uno stagno nel quale saltellare tra aguzze pietre, l’una dopo l’altra. Così, taglienti e fastidiose, reali, cerebrali, sono le sue opere. Un video e un collage ci riportano alla causa-effetto, ad un concatenarsi a-temporale, di puro contenuto, nel quale balzeremo inerti nelle cruente intimità dell’uomo alla scoperta fragorosa del nocciolo (di noi stessi). Quindi potremo muoverci attraverso case dagli interni cerei, ricoperti da tendaggi; facce irriconoscibili come uomini in sacchi da obitorio, eppure placide, serene, che permangono. Questo sarà il terreno della fotografa Stefania Ricci (Ivrea, 1974) che ovatta e impone un silenzio quasi da commiato al suo mondo immoto. Infine potremo riconoscere nelle grinze rugose e biforcate della Mandragora che ci riporta alla doppio che ci soggiace, al sentiero che si biforca, alla natura dell’irrisolto perenne. Tutto questo è Claudia Zuriato (Venezia, 1974).
Per poter risolvere alcuni, oppure una parte di un (nostro) qualche enigma, le otto giovani menti di cui sopra ci mettono a disposizione i loro strumenti, i loro dubbi, le loro obiezioni.
Negli altri mondi di Matteo Bergamasco (Milano, 1982) si possono trovare microesistenze, onirismi, un certo primitivismo pittorico che ricerca un suo alfabeto. Nelle montagne di fumo –che sovrastano la cenere?- di Alessandro Cannistrà (Roma, 1975) si ipotizza il destino predetto e pacato di un cosmo caotico oppure di una realtà effettuale che ci trascinerà tutti nel molle declivio di un monte. Per le strade di sabbia decomposta, putrida e secca, di Liset Castillo (Camenguey, 1974) riusciamo ad intravedere una pace duratura, un tanfo leggero di morte epicizzata, una fine degna, al cospetto di crepuscoli dei colori dell’arcobaleno. Tra le pacate tracce di Tamara Ferioli (Legnano, 1982), nei suoi capelli attaccati alla tela, lungo le impalcature diafane delle sue installazioni si ritrovano le luminescenze flebili della luna, di una landa eterea. Che il caos o il caso portino lì? Oppure nell’universo sennico deciso e tempestivo delle figure in contorsione di Elena Monzo (Orzinuovi, 1981). Andrej Mussa (Modena, 1976) poi, ci catapulta in uno stagno nel quale saltellare tra aguzze pietre, l’una dopo l’altra. Così, taglienti e fastidiose, reali, cerebrali, sono le sue opere. Un video e un collage ci riportano alla causa-effetto, ad un concatenarsi a-temporale, di puro contenuto, nel quale balzeremo inerti nelle cruente intimità dell’uomo alla scoperta fragorosa del nocciolo (di noi stessi). Quindi potremo muoverci attraverso case dagli interni cerei, ricoperti da tendaggi; facce irriconoscibili come uomini in sacchi da obitorio, eppure placide, serene, che permangono. Questo sarà il terreno della fotografa Stefania Ricci (Ivrea, 1974) che ovatta e impone un silenzio quasi da commiato al suo mondo immoto. Infine potremo riconoscere nelle grinze rugose e biforcate della Mandragora che ci riporta alla doppio che ci soggiace, al sentiero che si biforca, alla natura dell’irrisolto perenne. Tutto questo è Claudia Zuriato (Venezia, 1974).
Per poter risolvere alcuni, oppure una parte di un (nostro) qualche enigma, le otto giovani menti di cui sopra ci mettono a disposizione i loro strumenti, i loro dubbi, le loro obiezioni.
11
giugno 2008
Caos&Caso
Dall'undici giugno al 27 luglio 2008
arte contemporanea
Location
MY OWN GALLERY
Milano, Via Tortona, 27, (Milano)
Milano, Via Tortona, 27, (Milano)
Vernissage
11 Giugno 2008, ore 18.30
Autore
Curatore