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Carla Bedini – No cake
Il materiale prediletto da Carla Bedini è, non a caso, la garza: fragile e sterile strumento della malattia. Artigianale e paziente è la sua applicazione in pittura, come una cura
Comunicato stampa
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Le donne di Carla Bedini mescolano i caratteri dell'adolescenza con i segni di un invecchiamento patologico e sembrano avere perso il controllo di piccole parti del loro stesso corpo. Hanno occhi sgranati come bambine elfiche, piccole bocche che non invitano ai baci e il viso scavato da segni di insonnia, senilità precoce, disappetenza e follia. Vivono in una monocroma dimensione clinica e poetica che ricalca l'assurdità e la disfunzionalità della bellezza contemporanea.
Il modello della bellezza femminile si è trasformato nei secoli: dalle rappresentazioni classiche della fertilità e del buon auspicio fino al contemporaneo smagrimento della corporeità fino all'osso, sempre più avulsa dalle forme della sessualità.
Non si tratta quindi soltanto di una de-femminilizzazione, quanto piuttosto di una de-umanizzazione, quella che i canoni estetici stanno portando alla luce da circa un decennio. Le figure della Bedini appartengono a questo mondo in cui il corpo è un peso e, in quanto tale, è da assottigliare, scavare, avvilire o almeno sminuire, per quanto possibile.
Esiste una disfunzione nelle regole che silenziose preordinano molti dei giudizi estetici contemporanei. L'androginia, tanto apprezzata dalla moda e dallo star system, è in realtà una forma aliena di bellezza che non appartiene alle nostre umane esigenze e funzioni. L'anoressia è una malattia innalzata al rango di status symbol invidiabile. Digiuni ascetici e pratiche di svuotamento del corpo (farmaci, ginnastica compulsiva) sono la conseguenza di questo malfunzionamento del giudizio.
Il materiale prediletto da Carla Bedini è, non a caso, la garza: fragile e sterile strumento della malattia. Artigianale e paziente è la sua applicazione in pittura, come una cura. La garza però non prescinde scelte di tipo formale (ordito irregolare, trasparenze, pieghe) tutte riconducibili a un fare femminile di tessitura e composizione.
Se è vero che l'anoressia può definirsi una piaga alla moda è da sottolineare come, per la prima volta, un sintomo doloroso è presentato alla stregua di un felice traguardo. Si tratta di una vera e propria sproporzione che diventa negli ultimi anni, inaspettatamente, oggetto di desiderio maschile e di imitazione femminile (desiderio corrotto e imitazione impossibile, nello specifico). Questa deformazione, elevata socialmente a un paradossale plusvalore estetico, è diventata argomento dell'arte che, più di ogni altro spettatore, analizza criticamente una forma prima di giudicarne la bellezza o meno. Le modelle di Vanessa Beecroft, esposte senza orpelli e costrette all'esibizione nuda della propria informità testimoniano di fatto che oggi l'invisibilità della sostanza è inversamente proporzionale alla sua diffusione massmediatica. Le giovani rugose donne di Margherita Manzelli, sproporzionate ed emaciate, sono un altro esempio di come l'arte stia cercando, per diverse strade, di palesare le contraddizioni interne alla promozione di questa nuova bellezza.
Le evoluzioni della rappresentazione del corpo femminile nella storia dell'arte sono andate di pari passo con una sorta di ammalarsi della pittura. Non solo l'icona della femminilità col tempo si è assottigliata, semplificandosi in una scarna geometria di spigoli e pelle, ma anche la pittura ha rarefatto la sua fisicità in nome di una magrezza cromatica e materica. Quello di Carla Bedini è in tal senso un dipingere sintomatico, che cerca di farsi trasparente, scarno.
Una dolce follia sembra permeare tutti i personaggi della Bedini, come novelle Ofelie che hanno barattato aneliti d'amore con sogni calorici. Soffici torte e pasticcini appaiono come ossessioni in molte tele dell'artista emiliana. Una ragazzina sta cucendo con ago e filo, uno a uno, dei dolcetti glassati sull'abito che porta addosso. Un'altra usa nuvole di panna per decorare la tappezzeria. Una grande torta diventa un morbido letto su cui riposare. Altri dolci sono lasciati, tutti rigorosamente intonsi, in ogni angolo della casa. Non un solo morso o sguardo goloso è riservato a questi capolavori di candida pasticceria, tutti i giochi e le fantasie sono possibili fatta esclusione per la nutrizione, tutte le tentazioni solo irresistibili eccetto la gola. Nessuna di queste figure mangia, nessuna si tiene compagnia, tutte abitano spazi anonimi fuori dal tempo. Demodé, spettinate, ma allo stesso tempo capaci di un'eleganza principesca, favolistica. Trascendono il reale, assorte nei propri pensieri.
L'impianto scenico della Bedini è quello di una metafisica ricca di indizi narrativi, ma è anche un teatrino domestico che sfiora il gotico e il noir d’annata.
Le donne di Carla Bedini, nella loro semplice quotidianità, hanno l'aspetto di fate che usano pratiche stregonesche, vivendo in eterni, personalissimi rituali magici. Sono queste rappresentazioni domestiche e familiari ma al tempo stesso sospese, attonite, quasi allucinate. Un possibile rimando con una bella stagione dell’arte italiana va al Realismo Magico, in pittori come Antonio Donqhi, Riccardo Francalancia e Cagnaccio di San Pietro che con le loro stanze immobili, sospese, nei ritratti di attrici e spose incantate a guardare fuori dal quadro, sono stati capaci di rimandare a una astrazione onirica. Il silenzio e l'immobilità permeano i quadri della Bedini, come se il suo fosse un mondo altro, statico e afono. Le giovani mute creature sembrano uscite da quel cinema noir fatto di inquietanti simbolismi e atmosfere espressioniste che va da La scala a chiocciola di Robert Siodmak (che racconta una storia di provincia di inizio secolo: un assassino sta uccidendo donne afflitte da difetti fisici, e minacciata è la protagonista, ragazza muta che lavora come dama di compagnia per la madre inferma del presunto assassino), fino a The Others di Alejandro Amenabar in cui la giovane domestica anche lei muta è la rappresentazione del segreto stesso.
La pittura di Carla Bedini è sostanzialmente fatta di suspence fiabesca, di trasparenze narrative e formali. I metodi pittorici sono l'abito su misura, la carne stessa, del suo immaginifico mondo. Il suo è un lavoro che si situa perfettamente tra il detto e non detto e il dipinto e non dipinto.
Luca Beatrice
Il modello della bellezza femminile si è trasformato nei secoli: dalle rappresentazioni classiche della fertilità e del buon auspicio fino al contemporaneo smagrimento della corporeità fino all'osso, sempre più avulsa dalle forme della sessualità.
Non si tratta quindi soltanto di una de-femminilizzazione, quanto piuttosto di una de-umanizzazione, quella che i canoni estetici stanno portando alla luce da circa un decennio. Le figure della Bedini appartengono a questo mondo in cui il corpo è un peso e, in quanto tale, è da assottigliare, scavare, avvilire o almeno sminuire, per quanto possibile.
Esiste una disfunzione nelle regole che silenziose preordinano molti dei giudizi estetici contemporanei. L'androginia, tanto apprezzata dalla moda e dallo star system, è in realtà una forma aliena di bellezza che non appartiene alle nostre umane esigenze e funzioni. L'anoressia è una malattia innalzata al rango di status symbol invidiabile. Digiuni ascetici e pratiche di svuotamento del corpo (farmaci, ginnastica compulsiva) sono la conseguenza di questo malfunzionamento del giudizio.
Il materiale prediletto da Carla Bedini è, non a caso, la garza: fragile e sterile strumento della malattia. Artigianale e paziente è la sua applicazione in pittura, come una cura. La garza però non prescinde scelte di tipo formale (ordito irregolare, trasparenze, pieghe) tutte riconducibili a un fare femminile di tessitura e composizione.
Se è vero che l'anoressia può definirsi una piaga alla moda è da sottolineare come, per la prima volta, un sintomo doloroso è presentato alla stregua di un felice traguardo. Si tratta di una vera e propria sproporzione che diventa negli ultimi anni, inaspettatamente, oggetto di desiderio maschile e di imitazione femminile (desiderio corrotto e imitazione impossibile, nello specifico). Questa deformazione, elevata socialmente a un paradossale plusvalore estetico, è diventata argomento dell'arte che, più di ogni altro spettatore, analizza criticamente una forma prima di giudicarne la bellezza o meno. Le modelle di Vanessa Beecroft, esposte senza orpelli e costrette all'esibizione nuda della propria informità testimoniano di fatto che oggi l'invisibilità della sostanza è inversamente proporzionale alla sua diffusione massmediatica. Le giovani rugose donne di Margherita Manzelli, sproporzionate ed emaciate, sono un altro esempio di come l'arte stia cercando, per diverse strade, di palesare le contraddizioni interne alla promozione di questa nuova bellezza.
Le evoluzioni della rappresentazione del corpo femminile nella storia dell'arte sono andate di pari passo con una sorta di ammalarsi della pittura. Non solo l'icona della femminilità col tempo si è assottigliata, semplificandosi in una scarna geometria di spigoli e pelle, ma anche la pittura ha rarefatto la sua fisicità in nome di una magrezza cromatica e materica. Quello di Carla Bedini è in tal senso un dipingere sintomatico, che cerca di farsi trasparente, scarno.
Una dolce follia sembra permeare tutti i personaggi della Bedini, come novelle Ofelie che hanno barattato aneliti d'amore con sogni calorici. Soffici torte e pasticcini appaiono come ossessioni in molte tele dell'artista emiliana. Una ragazzina sta cucendo con ago e filo, uno a uno, dei dolcetti glassati sull'abito che porta addosso. Un'altra usa nuvole di panna per decorare la tappezzeria. Una grande torta diventa un morbido letto su cui riposare. Altri dolci sono lasciati, tutti rigorosamente intonsi, in ogni angolo della casa. Non un solo morso o sguardo goloso è riservato a questi capolavori di candida pasticceria, tutti i giochi e le fantasie sono possibili fatta esclusione per la nutrizione, tutte le tentazioni solo irresistibili eccetto la gola. Nessuna di queste figure mangia, nessuna si tiene compagnia, tutte abitano spazi anonimi fuori dal tempo. Demodé, spettinate, ma allo stesso tempo capaci di un'eleganza principesca, favolistica. Trascendono il reale, assorte nei propri pensieri.
L'impianto scenico della Bedini è quello di una metafisica ricca di indizi narrativi, ma è anche un teatrino domestico che sfiora il gotico e il noir d’annata.
Le donne di Carla Bedini, nella loro semplice quotidianità, hanno l'aspetto di fate che usano pratiche stregonesche, vivendo in eterni, personalissimi rituali magici. Sono queste rappresentazioni domestiche e familiari ma al tempo stesso sospese, attonite, quasi allucinate. Un possibile rimando con una bella stagione dell’arte italiana va al Realismo Magico, in pittori come Antonio Donqhi, Riccardo Francalancia e Cagnaccio di San Pietro che con le loro stanze immobili, sospese, nei ritratti di attrici e spose incantate a guardare fuori dal quadro, sono stati capaci di rimandare a una astrazione onirica. Il silenzio e l'immobilità permeano i quadri della Bedini, come se il suo fosse un mondo altro, statico e afono. Le giovani mute creature sembrano uscite da quel cinema noir fatto di inquietanti simbolismi e atmosfere espressioniste che va da La scala a chiocciola di Robert Siodmak (che racconta una storia di provincia di inizio secolo: un assassino sta uccidendo donne afflitte da difetti fisici, e minacciata è la protagonista, ragazza muta che lavora come dama di compagnia per la madre inferma del presunto assassino), fino a The Others di Alejandro Amenabar in cui la giovane domestica anche lei muta è la rappresentazione del segreto stesso.
La pittura di Carla Bedini è sostanzialmente fatta di suspence fiabesca, di trasparenze narrative e formali. I metodi pittorici sono l'abito su misura, la carne stessa, del suo immaginifico mondo. Il suo è un lavoro che si situa perfettamente tra il detto e non detto e il dipinto e non dipinto.
Luca Beatrice
19
marzo 2005
Carla Bedini – No cake
Dal 19 marzo al 17 aprile 2005
arte contemporanea
Location
CHIOSTRI DI SAN DOMENICO
Reggio Nell'emilia, Via Dante Alighieri, 11, (Reggio Nell'emilia)
Reggio Nell'emilia, Via Dante Alighieri, 11, (Reggio Nell'emilia)
Orario di apertura
da martedì a domenica 10-13 e 16-19
Vernissage
19 Marzo 2005, ore 17
Autore
Curatore