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Carles Congost – La mala pintura
La galleria Artericambi presenta la seconda personale di Carles Congost (Olot, Spain, 1970) presso i propri spazi. In mostra il nuovo video “La mala pintura” e una serie di fotografie che completano il progetto.
Comunicato stampa
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La Mala Pintura
Gusto per l’eclettico e il sovraccarico, predilezione per la fantasy grottesca ibridata di splatter, passione per il rimescolamento di tutte le mitologie passate e presenti: ma sempre attingendo a piene mani all’archivio culturale, se non addirittura direttamente al mondo della Storia dell’Arte.
E’ un po’ la cifra stilistica dell’artista spagnolo Carles Congost (nato nel 1970 a Gerona in Catalogna) e considerato uno dei videoartisti più ironici e visionari oggi in circolazione. Lo stesso video che ha realizzato per questa esposizione (dal titolo La Mala Pintura), presenta una storia che non procede certo in modo lineare, ma che si perde di continuo in traiettorie erratiche, indecifrabili, dove il mondo diventa davvero un mistero e un prodigio. Le vicende si rincorrono senza interruzione tra spazio e tempo: dalla terra agli inferi, da un losco curatore a tre geni del “Siglo de Oro”, come Murillo, Velázquez, Zurbarán. Tre fantasmi che vengono dal passato, ma non per inquietare con le loro immagini lo sguardo del presente, quanto per farsi ottusi sostenitori di tutto ciò che è conservazione e tradizione. Non solo: ma anche per tramare contro i nuovi linguaggi, soprattutto quelli che hanno a che vedere con la tecnologia, con le sue immagini trasparenti e leggere, con il suo concentrato di visibile e invisibile.
E’ chiaro che tutti gli ordini di realtà qui si confondono, come nel giallo di Bryan Singer, The usual suspects, dove l’intera storia si rivela, alla fine, come la proiezione di una menzogna del protagonista e il bene e il male si scambiano i ruoli. Anche ne La Mala Pintura è il giovane che sta usando MySpace a catturare e a cancellare sul suo display il presunto assassino. Come dire: iperfinzione, ovvero: ciò che si vede non è mai esistito, nemmeno sul piano della finzione. Del resto, lo stesso artista, parla di un forsennato ricorso alla “teatralità”. “Ogni sequenza - scrive - ha una diversa soluzione formale, in rapporto a ciò che volevo raccontare. Ho costruito delle scenografie false, ho impiegato dei fondi digitali, ma ho ripreso anche dei luoghi veri”. Il suo è tutto un effetto di vertigine, di raddoppiamento, di metamorfosi.
Egli impiega indifferentemente fotografia, video, disegno, musica, rifacendosi ad un sottile gioco di citazioni, di ammiccamenti, di strizzate d’occhio che vanno dalla Pop Art, ai B-movie, ai videoclip, alla pubblicità. Senza però che tutto questo materiale mediatico diventi qualcosa di familiare, una sorta di dichiarazione di coappartenenza o di parentela, ma per compiere invece su di esso una sorta di ribaltamento, di sovvertimento dei codici comunicativi. Tanto che sempre Congost è costretto a confessare: “So quello che non è (il video), ma come posso spiegare quello che realmente è?”. Forse è qualcosa che è stato creato proprio per liberare la percezione dall’automatismo dell’uso, come il ricorso all’artificio forse è “per far sì che la percezione vi si soffermi e raggiunga il più alto grado possibile di intensità e durata” (V. Sklovskij). In fondo ne La Mala Pintura non c’è nessuna intenzione di ingannare, casomai c’è l’intenzione opposta, ossia quella di mostrare in maniera sfacciata quell’artificio che sembra letteralmente fuoriuscire da ogni parte. Come spiegare altrimenti i trucchi posticci o esagerati dei protagonisti? O quel sangue gettato a spruzzi sul volto dell’allieva dell’Accademia, che quasi ride. O quel “Dolce Vita”, cantato mentre scendono i titoli di coda, e che riprende il successo di Ryan Paris, definito uno dei più “grandi falsi d’autore”?
In mostra saranno esposte pure alcune foto tratte dal video o scattate durante le riprese o anche foto colte nel backstage. “L’idea è quella di offrire un’estensione del video”, di dilatarne la capricciosa e insieme ilare ferocia, ma soprattutto quella di far vedere ciò che normalmente sfugge alla vista (come i dispositivi mediatici all’interno del video): ossia ciò che si sottrae a causa del passaggio troppo veloce dei fotogrammi o ciò che rimane alle spalle, nascosto, simile ad uno scarto. Una visione che smaschera (o libera?) ciò che, ancora una volta, resta intrappolato dentro (o dietro) la storia.
Gusto per l’eclettico e il sovraccarico, predilezione per la fantasy grottesca ibridata di splatter, passione per il rimescolamento di tutte le mitologie passate e presenti: ma sempre attingendo a piene mani all’archivio culturale, se non addirittura direttamente al mondo della Storia dell’Arte.
E’ un po’ la cifra stilistica dell’artista spagnolo Carles Congost (nato nel 1970 a Gerona in Catalogna) e considerato uno dei videoartisti più ironici e visionari oggi in circolazione. Lo stesso video che ha realizzato per questa esposizione (dal titolo La Mala Pintura), presenta una storia che non procede certo in modo lineare, ma che si perde di continuo in traiettorie erratiche, indecifrabili, dove il mondo diventa davvero un mistero e un prodigio. Le vicende si rincorrono senza interruzione tra spazio e tempo: dalla terra agli inferi, da un losco curatore a tre geni del “Siglo de Oro”, come Murillo, Velázquez, Zurbarán. Tre fantasmi che vengono dal passato, ma non per inquietare con le loro immagini lo sguardo del presente, quanto per farsi ottusi sostenitori di tutto ciò che è conservazione e tradizione. Non solo: ma anche per tramare contro i nuovi linguaggi, soprattutto quelli che hanno a che vedere con la tecnologia, con le sue immagini trasparenti e leggere, con il suo concentrato di visibile e invisibile.
E’ chiaro che tutti gli ordini di realtà qui si confondono, come nel giallo di Bryan Singer, The usual suspects, dove l’intera storia si rivela, alla fine, come la proiezione di una menzogna del protagonista e il bene e il male si scambiano i ruoli. Anche ne La Mala Pintura è il giovane che sta usando MySpace a catturare e a cancellare sul suo display il presunto assassino. Come dire: iperfinzione, ovvero: ciò che si vede non è mai esistito, nemmeno sul piano della finzione. Del resto, lo stesso artista, parla di un forsennato ricorso alla “teatralità”. “Ogni sequenza - scrive - ha una diversa soluzione formale, in rapporto a ciò che volevo raccontare. Ho costruito delle scenografie false, ho impiegato dei fondi digitali, ma ho ripreso anche dei luoghi veri”. Il suo è tutto un effetto di vertigine, di raddoppiamento, di metamorfosi.
Egli impiega indifferentemente fotografia, video, disegno, musica, rifacendosi ad un sottile gioco di citazioni, di ammiccamenti, di strizzate d’occhio che vanno dalla Pop Art, ai B-movie, ai videoclip, alla pubblicità. Senza però che tutto questo materiale mediatico diventi qualcosa di familiare, una sorta di dichiarazione di coappartenenza o di parentela, ma per compiere invece su di esso una sorta di ribaltamento, di sovvertimento dei codici comunicativi. Tanto che sempre Congost è costretto a confessare: “So quello che non è (il video), ma come posso spiegare quello che realmente è?”. Forse è qualcosa che è stato creato proprio per liberare la percezione dall’automatismo dell’uso, come il ricorso all’artificio forse è “per far sì che la percezione vi si soffermi e raggiunga il più alto grado possibile di intensità e durata” (V. Sklovskij). In fondo ne La Mala Pintura non c’è nessuna intenzione di ingannare, casomai c’è l’intenzione opposta, ossia quella di mostrare in maniera sfacciata quell’artificio che sembra letteralmente fuoriuscire da ogni parte. Come spiegare altrimenti i trucchi posticci o esagerati dei protagonisti? O quel sangue gettato a spruzzi sul volto dell’allieva dell’Accademia, che quasi ride. O quel “Dolce Vita”, cantato mentre scendono i titoli di coda, e che riprende il successo di Ryan Paris, definito uno dei più “grandi falsi d’autore”?
In mostra saranno esposte pure alcune foto tratte dal video o scattate durante le riprese o anche foto colte nel backstage. “L’idea è quella di offrire un’estensione del video”, di dilatarne la capricciosa e insieme ilare ferocia, ma soprattutto quella di far vedere ciò che normalmente sfugge alla vista (come i dispositivi mediatici all’interno del video): ossia ciò che si sottrae a causa del passaggio troppo veloce dei fotogrammi o ciò che rimane alle spalle, nascosto, simile ad uno scarto. Una visione che smaschera (o libera?) ciò che, ancora una volta, resta intrappolato dentro (o dietro) la storia.
21
giugno 2008
Carles Congost – La mala pintura
Dal 21 giugno al 04 settembre 2008
arte contemporanea
Location
ARTERICAMBI
Verona, Via Leida, 6/A, (Verona)
Verona, Via Leida, 6/A, (Verona)
Orario di apertura
da martedì a giovedì 10-18.30
venerdì 15 - 18:30
sabato e festivi su appuntamento
Vernissage
21 Giugno 2008, ore 18:30
Autore