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Carlo Battaglia – Early Paintings (1968 – 1973)
La mostra di Carlo Battaglia presenta una selezione di opere realizzate tra il 1968 e il 1973, molte delle quali appartengono alla collezione Grossetti. L’emozione è ricordare l’amicizia e la stima che hanno legato in quegli anni l’artista e i coniugi Grossetti.
Comunicato stampa
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Carlo Battaglia. Early Paintings
Marco Meneguzzo
Quando, attorno al 1968, Carlo Battaglia realizza le sue prime grandi opere mature (quelle
che costituiscono l’oggetto di questa mostra), ha già trascorso a New York lunghi mesi, frequentando
i più grandi artisti americani della cosiddetta Color Field Painting, primo fra tutti
Mark Rothko, di cui diventa amico, e poi Ad Reinhardt e Robert Motherwell.
Pochi mesi prima della sua andata a New York, nel 1966, aveva allestito la sua prima mostra
personale proprio nella galleria di Carlo Grossetti, il padre di Bruno, esponendo opere già
astratte, ma ancora con molti ricordi tonali se non proprio naturalistici. L’esperienza americana
lo aveva certo cambiato, ma non nel senso di un’ammirazione – che pure c’era – verso
quei maestri, col rischio di sfociare in una specie di epigonismo, quanto piuttosto per l’individuazione
chiara del proprio oggetto d’analisi e degli strumenti da usare per mettere in atto
la ricerca.
L’oggetto è lo spazio, lo strumento la pittura.
Da quel momento, dal 1967 circa, Battaglia non si allontanerà più da queste convinzioni,
semplici come la conoscenza di semplici gesti che impegna per tutta la vita un maestro
orientale, fino alla perfezione che, si sa, non si raggiunge mai … di più, Battaglia aveva capito
come in un’illuminazione improvvisa (si vedano i suoi quadri della prima metà del decennio,
e li si confronti con questi, che pure appartengono agli “early paintings”) che lo spazio di cui
si occupa il pittore non è (per lui) e non deve essere (per lui) un’entità astratta, ma qualcosa
che ti appartiene, come la montagna Sainte-Victoire che dovrebbe appartenere – non solo
moralmente, ma anche agli uffici del catasto – a Cézanne, a furia di dipingerla. E qual era lo
“spazio più spazio” di Carlo Battaglia, il più suo, il più consustanziato alla sua persona? Era
– ed è – il mare de La Maddalena, dove era nato e dove si ritirerà alla fine, in un’estrema dichiarazione
d’amore, se ce ne fosse ancora bisogno.
Ogni pittore ha dunque il suo spazio, lo sceglie e ne viene scelto, e con questa assoluta convinzione
Battaglia si è garantito l’autonomia espressiva per tutto l’arco della sua attività, visto
che in epoche recenti – esclusi dunque i professionisti delle “marine” – nessuno ha dipinto
il mare con tanta assiduità, escludendo ogni altro soggetto. Certo, si può dire che questi
“early paintings” mostrano un mare molto idealizzato, se poi di mare si tratta, lontanissimo da
ogni tradizionale rappresentazione, ma come spesso accade, quando si è giovani – e allora
Battaglia, artisticamente, lo era molto – si ha un certo pudore nel dichiarare il proprio amore,
e si preferisce mostrarsi più distaccati, più “analitici”, più platonici. E questi lavori assomigliano
molto, nel soggetto, alla quintessenza ricercata del mare – l’idea platonica del mare, appunto…
- , e contemporaneamente, nello strumento – la pittura che l’artista usa già magistralmente
– alla minuziosa e insistita pratica analitica che di li a pochissimo lo consacrerà proprio
come uno dei capisaldi della cosiddetta “pittura analitica”.
Quando verrà invitato con una sala personale alla Biennale di Venezia del 1970, Battaglia è
il già il pittore maturo, che potrà permettersi di ripetere centinaia di volte lo stesso soggetto,
sapendo che non basta una vita ad esaurirne le possibilità.
Marco Meneguzzo
Quando, attorno al 1968, Carlo Battaglia realizza le sue prime grandi opere mature (quelle
che costituiscono l’oggetto di questa mostra), ha già trascorso a New York lunghi mesi, frequentando
i più grandi artisti americani della cosiddetta Color Field Painting, primo fra tutti
Mark Rothko, di cui diventa amico, e poi Ad Reinhardt e Robert Motherwell.
Pochi mesi prima della sua andata a New York, nel 1966, aveva allestito la sua prima mostra
personale proprio nella galleria di Carlo Grossetti, il padre di Bruno, esponendo opere già
astratte, ma ancora con molti ricordi tonali se non proprio naturalistici. L’esperienza americana
lo aveva certo cambiato, ma non nel senso di un’ammirazione – che pure c’era – verso
quei maestri, col rischio di sfociare in una specie di epigonismo, quanto piuttosto per l’individuazione
chiara del proprio oggetto d’analisi e degli strumenti da usare per mettere in atto
la ricerca.
L’oggetto è lo spazio, lo strumento la pittura.
Da quel momento, dal 1967 circa, Battaglia non si allontanerà più da queste convinzioni,
semplici come la conoscenza di semplici gesti che impegna per tutta la vita un maestro
orientale, fino alla perfezione che, si sa, non si raggiunge mai … di più, Battaglia aveva capito
come in un’illuminazione improvvisa (si vedano i suoi quadri della prima metà del decennio,
e li si confronti con questi, che pure appartengono agli “early paintings”) che lo spazio di cui
si occupa il pittore non è (per lui) e non deve essere (per lui) un’entità astratta, ma qualcosa
che ti appartiene, come la montagna Sainte-Victoire che dovrebbe appartenere – non solo
moralmente, ma anche agli uffici del catasto – a Cézanne, a furia di dipingerla. E qual era lo
“spazio più spazio” di Carlo Battaglia, il più suo, il più consustanziato alla sua persona? Era
– ed è – il mare de La Maddalena, dove era nato e dove si ritirerà alla fine, in un’estrema dichiarazione
d’amore, se ce ne fosse ancora bisogno.
Ogni pittore ha dunque il suo spazio, lo sceglie e ne viene scelto, e con questa assoluta convinzione
Battaglia si è garantito l’autonomia espressiva per tutto l’arco della sua attività, visto
che in epoche recenti – esclusi dunque i professionisti delle “marine” – nessuno ha dipinto
il mare con tanta assiduità, escludendo ogni altro soggetto. Certo, si può dire che questi
“early paintings” mostrano un mare molto idealizzato, se poi di mare si tratta, lontanissimo da
ogni tradizionale rappresentazione, ma come spesso accade, quando si è giovani – e allora
Battaglia, artisticamente, lo era molto – si ha un certo pudore nel dichiarare il proprio amore,
e si preferisce mostrarsi più distaccati, più “analitici”, più platonici. E questi lavori assomigliano
molto, nel soggetto, alla quintessenza ricercata del mare – l’idea platonica del mare, appunto…
- , e contemporaneamente, nello strumento – la pittura che l’artista usa già magistralmente
– alla minuziosa e insistita pratica analitica che di li a pochissimo lo consacrerà proprio
come uno dei capisaldi della cosiddetta “pittura analitica”.
Quando verrà invitato con una sala personale alla Biennale di Venezia del 1970, Battaglia è
il già il pittore maturo, che potrà permettersi di ripetere centinaia di volte lo stesso soggetto,
sapendo che non basta una vita ad esaurirne le possibilità.
25
ottobre 2016
Carlo Battaglia – Early Paintings (1968 – 1973)
Dal 25 ottobre al 18 novembre 2016
arte moderna e contemporanea
Location
GROSSETTI ARTE CONTEMPORANEA
Milano, Piazza XXV Aprile, 11/B, (Milano)
Milano, Piazza XXV Aprile, 11/B, (Milano)
Orario di apertura
Da lunedì a venerdì ore 10-13 e 14-18
Sabato e domenica: su appuntamento al 344 2046825
Vernissage
25 Ottobre 2016, ore 18.30
Autore
Curatore