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Carlo Battisti – Nugae
In questa mostra, Carlo Battisti, presenta alcuni oggetti, misuratori di tempo,che modifcati e sabotati ci spiazzano e fanno riflettere sulle nostre capacità percettive.
Comunicato stampa
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Est modus in rebus
di Ferruccio Giromini
Carlo Battisti, viareggino classe 1945, diploma di scultura presso l’Istituto d’Arte di Pietrasanta e studi di scenografia all’Accademia di Firenze, poi a lungo titolare di uno studio grafico e pubblicitario, è un artista di alta genialità – e di eguale e contraria umiltà nell’apparire (ovvero nel mettersi in mostra) – che ha adottato come cifra vistosa della propria espressività il rapporto con gli oggetti, affrontati e considerati quasi cose vive, o perlomeno trasformati in tale direzione, e nello stesso tempo ha ammantato i propri risultati di un velo di mistero, chiedendo spesso al pubblico una divertita partecipazione diretta per decifrare di volta in volta la regola del gioco e la sua interpretazione.
Sarà più facile comprenderne l’universo di riferimento, estetico ed etico, guardando ad alcune delle sue creazioni, molte delle quali in questa occasione troviamo antologizzate per un godimento condiviso. Si può partire con quella Sveglia che gioca subito la carta dello spiazzamento: il quadrante di questo classico orologio da comodino conta dieci ore anziché le canoniche dodici; e quando ce ne accorgiamo è inevitabile un attimo infinitesimale di vertigine (ma gli attimi, come unità di tempo, si calcolano e dividono in base dieci, o base dodici, ovvero ventiquattro?). Su questo genere di sorpresa Battisti torna con risultato altrettanto efficace con il suo Orologio dall’apparenza del tutto normale, tik, tik, tik… fino a quando scopri che le sue lancette scorrono regolari all’indietro (kit, kit, kit…).
È così che i misuratori ufficiali del tempo, accelerandolo o invertendolo, divengono sabotatori della stessa dimensione temporale – o perlomeno della percezione che noi ne abbiamo.
Ma alle frammentazioni del tempo, lì dove con i ritmi naturali si incontrano quelli artificiali della musica di produzione umana, Battisti è affezionato. Lo dimostrano le sue sculture sonore, dove registrazioni di suoni naturali – il frinire dei Grilli, gli stridii delle Rondini – danno voce a delicati simulacri da tavolo; così come i richiami a musiche note, suggerite o riprodotte da inediti interpreti (Fumo negli occhi, Usignoli, Guarda che luna, Petite fleur) per una colonna sonora di artificiosa naturalità e naturale artificiosità; ma poi pure una sorprendente partita virtuale di ping-pong, giocata su uno schermo di laptop che ne batte e ribatte la misura regolare; o perfino (in questa mostra presente solo in foto) l’imponente imbuto denominato Orecchio di Demetra, posizionato in studiata corrispondenza con un verde tappeto naturale per ascoltare nientemeno che il suono dell’erba che cresce (“appoggiare con cura la testa sul bordo di feltro presente all’estremità ad imbuto del captatore acustico facendo in modo che un’orecchia ne sia contenuta; con una mano a coppa comprimere l’altra orecchia; chiudere gli occhi e concentrandosi sull’azione, lenta ma costante, dell’erba che sta crescendo, attendere di percepirne il suono”); non lungi dalla pura astrazione di Imagination Music, risonante nella nostra testa siccome nel ventre ideale di Madre Natura. La chiusura ideale del cerchio non può essere dunque che la performance Apologia del silenzio.
In realtà, al di là dell’abilità tecnica rigorosamente certosina e dell’anarchica inventiva concettuale neodada (ma declinata con una ironia tutta patafisica – e non a caso al Nostro bisognerebbe rivolgersi come Sua Sommità!), l’artefice Battisti utilizza la parola come puro strumento poetico per sottolineare il suo fare linguisticamente contaminante e il suo percepire (con i sensi e con la mente) i rebus della realtà con sottile animismo panteista. Lo confermano uno stampo d’aria e un pezzetto di nuvola, quattro mostre del tutto naturali, l’infinito orizzonte in un nastro di Moebius, e perfino una pietosa bestemmia da leggersi in alfabeto braille. Per avere il coraggio di guardarci negli occhi e scoprire infine che tutto è il contrario di tutto.
di Ferruccio Giromini
Carlo Battisti, viareggino classe 1945, diploma di scultura presso l’Istituto d’Arte di Pietrasanta e studi di scenografia all’Accademia di Firenze, poi a lungo titolare di uno studio grafico e pubblicitario, è un artista di alta genialità – e di eguale e contraria umiltà nell’apparire (ovvero nel mettersi in mostra) – che ha adottato come cifra vistosa della propria espressività il rapporto con gli oggetti, affrontati e considerati quasi cose vive, o perlomeno trasformati in tale direzione, e nello stesso tempo ha ammantato i propri risultati di un velo di mistero, chiedendo spesso al pubblico una divertita partecipazione diretta per decifrare di volta in volta la regola del gioco e la sua interpretazione.
Sarà più facile comprenderne l’universo di riferimento, estetico ed etico, guardando ad alcune delle sue creazioni, molte delle quali in questa occasione troviamo antologizzate per un godimento condiviso. Si può partire con quella Sveglia che gioca subito la carta dello spiazzamento: il quadrante di questo classico orologio da comodino conta dieci ore anziché le canoniche dodici; e quando ce ne accorgiamo è inevitabile un attimo infinitesimale di vertigine (ma gli attimi, come unità di tempo, si calcolano e dividono in base dieci, o base dodici, ovvero ventiquattro?). Su questo genere di sorpresa Battisti torna con risultato altrettanto efficace con il suo Orologio dall’apparenza del tutto normale, tik, tik, tik… fino a quando scopri che le sue lancette scorrono regolari all’indietro (kit, kit, kit…).
È così che i misuratori ufficiali del tempo, accelerandolo o invertendolo, divengono sabotatori della stessa dimensione temporale – o perlomeno della percezione che noi ne abbiamo.
Ma alle frammentazioni del tempo, lì dove con i ritmi naturali si incontrano quelli artificiali della musica di produzione umana, Battisti è affezionato. Lo dimostrano le sue sculture sonore, dove registrazioni di suoni naturali – il frinire dei Grilli, gli stridii delle Rondini – danno voce a delicati simulacri da tavolo; così come i richiami a musiche note, suggerite o riprodotte da inediti interpreti (Fumo negli occhi, Usignoli, Guarda che luna, Petite fleur) per una colonna sonora di artificiosa naturalità e naturale artificiosità; ma poi pure una sorprendente partita virtuale di ping-pong, giocata su uno schermo di laptop che ne batte e ribatte la misura regolare; o perfino (in questa mostra presente solo in foto) l’imponente imbuto denominato Orecchio di Demetra, posizionato in studiata corrispondenza con un verde tappeto naturale per ascoltare nientemeno che il suono dell’erba che cresce (“appoggiare con cura la testa sul bordo di feltro presente all’estremità ad imbuto del captatore acustico facendo in modo che un’orecchia ne sia contenuta; con una mano a coppa comprimere l’altra orecchia; chiudere gli occhi e concentrandosi sull’azione, lenta ma costante, dell’erba che sta crescendo, attendere di percepirne il suono”); non lungi dalla pura astrazione di Imagination Music, risonante nella nostra testa siccome nel ventre ideale di Madre Natura. La chiusura ideale del cerchio non può essere dunque che la performance Apologia del silenzio.
In realtà, al di là dell’abilità tecnica rigorosamente certosina e dell’anarchica inventiva concettuale neodada (ma declinata con una ironia tutta patafisica – e non a caso al Nostro bisognerebbe rivolgersi come Sua Sommità!), l’artefice Battisti utilizza la parola come puro strumento poetico per sottolineare il suo fare linguisticamente contaminante e il suo percepire (con i sensi e con la mente) i rebus della realtà con sottile animismo panteista. Lo confermano uno stampo d’aria e un pezzetto di nuvola, quattro mostre del tutto naturali, l’infinito orizzonte in un nastro di Moebius, e perfino una pietosa bestemmia da leggersi in alfabeto braille. Per avere il coraggio di guardarci negli occhi e scoprire infine che tutto è il contrario di tutto.
24
novembre 2012
Carlo Battisti – Nugae
Dal 24 novembre al 15 dicembre 2012
arte contemporanea
Location
MUSEO NUOVA ERA
Bari, Strada Dei Gesuiti, 13, (Bari)
Bari, Strada Dei Gesuiti, 13, (Bari)
Orario di apertura
da martedì a sabato 17-20
Vernissage
24 Novembre 2012, ore 19
Autore
Curatore