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Carlo Carrà, una via italiana ed europea
Una sessantina di opere tra olii, disegni e incisioni saranno i protagonisti dell’importante mostra di Carlo Carrà a Viterbo, voluta dal Sindaco Giancarlo Gabbianelli e dal Delegato alla Cultura Aldo Belloccio.
Comunicato stampa
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L’artista, nato a Quargnento (Alessandria) nel 1881 e morto a Milano nel 1966, è stato insieme a de Chirico nel 1917 fondatore di quella pagina indimenticabile dell’arte moderna quale è stata la stagione della Metafisica. L’esposizione patrocinata dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Viterbo, verrà ospitata, grazie alla disponibilità della Sovrintendenza Archeologica dell’Etruria meridionale, presso il Museo Nazionale Rocca d’Albornoz dal 12 marzo al 30 maggio 2004.
Un avvenimento che appare motivato da un interessante spunto di riflessione inteso a sollecitare una innovativa chiave di lettura sull’opera del maestro. E’ la sua una ricerca che in linea con la tradizione italiana ed europeista, appare molto attuale nel contesto primario dell’identità costituzionale della Comunità Europea. A questo proposito vale la pena di citare una sua frase: “…con Russeau, costruisco la nuova pittura europea…”.
Carlo Carrà, una via italiana ed europea, questo il titolo dell’esposizione che sottende come l’esperienza sulla ricerca della tradizione italiana fosse in grado di coniugare passato e futuro, classico e moderno, mitigando gli eccessi di atteggiamenti più rivoluzionari manifestati dalle Avanguardie coeve e da qui far sorgere il dubbio sulle motivazioni e sull’essenzialità di certe radicali posizioni così estreme e violente.
La via europea di Carrà, con salde radici nel primitivismo di Giotto e del Quattrocento, offre indubbiamente una risposta convincente e responsabile alle dissacranti ribellioni spesso nichiliste del Novecento e alle prevaricanti posizioni informali d’oltre oceano.
Dopo una breve parentesi cubista e l’adesione al movimento futurista nella storica mostra del 1913 al teatro Costanzi, il successivo sodalizio con de Chirico nel 1917, maturò con la metafisica del quotidiano un segno spoglio, scarno, sobrio, espressione di un feeling con il reale quale evidente presa di distanza dagli eccessi enfatici, illustrativi, decorativi, gratuiti della perfezione classica, causa questa delle profonde reazioni, laceranti e devastanti, dell’arte moderna.
Rimane esemplare il tema tra i più noti della sua produzione: “l’Antigrazioso” (1916), in cui si afferma l’immagine moderna scevra di ridondanze e forzature estetiche che evidenzia un solodo impianto formale nella densità coloristica della classicità. Allo stesso modo, “L’idolo ermafrodito” del 1917 recupera il tema della figura umana nonostante l’apparenza di manichino. Nella “Natura morta metafisica”, 1919, e nell’ “Amante dell’ingegnere”, 1921, l’artista costruisce lo spazio con forme semplici e pure mettendo in evidenza la composizione geometrica nella quale l’ombra ha lo stesso valore degli oggetti.
L’arte di Carrà riesce a cogliere attraverso le tracce delle “cose ordinarie” l’affermazione delle voci della vita. Il nucleo centrale della mostra, per lo più corredato da splendidi paesaggi, quali “Paesaggio toscano” del 1956, “Cinquale” degli anni ’40, oppure da suggestivi affetti come “Madre e figlio” del 1934 e “L’attesa” del ’26, attesta quei valori del segno tradizionale che hanno resistito all’agitata esperienza futurista culminata tragicamente nel secondo conflitto mondiale.
Opere intessute dal battito pulsante della vita nel rifugio di sentimenti incantati espressi in poetici quadri familiari che il devastante segno informale d’oltre oceano non è riuscito a prevaricare.
Un avvenimento che appare motivato da un interessante spunto di riflessione inteso a sollecitare una innovativa chiave di lettura sull’opera del maestro. E’ la sua una ricerca che in linea con la tradizione italiana ed europeista, appare molto attuale nel contesto primario dell’identità costituzionale della Comunità Europea. A questo proposito vale la pena di citare una sua frase: “…con Russeau, costruisco la nuova pittura europea…”.
Carlo Carrà, una via italiana ed europea, questo il titolo dell’esposizione che sottende come l’esperienza sulla ricerca della tradizione italiana fosse in grado di coniugare passato e futuro, classico e moderno, mitigando gli eccessi di atteggiamenti più rivoluzionari manifestati dalle Avanguardie coeve e da qui far sorgere il dubbio sulle motivazioni e sull’essenzialità di certe radicali posizioni così estreme e violente.
La via europea di Carrà, con salde radici nel primitivismo di Giotto e del Quattrocento, offre indubbiamente una risposta convincente e responsabile alle dissacranti ribellioni spesso nichiliste del Novecento e alle prevaricanti posizioni informali d’oltre oceano.
Dopo una breve parentesi cubista e l’adesione al movimento futurista nella storica mostra del 1913 al teatro Costanzi, il successivo sodalizio con de Chirico nel 1917, maturò con la metafisica del quotidiano un segno spoglio, scarno, sobrio, espressione di un feeling con il reale quale evidente presa di distanza dagli eccessi enfatici, illustrativi, decorativi, gratuiti della perfezione classica, causa questa delle profonde reazioni, laceranti e devastanti, dell’arte moderna.
Rimane esemplare il tema tra i più noti della sua produzione: “l’Antigrazioso” (1916), in cui si afferma l’immagine moderna scevra di ridondanze e forzature estetiche che evidenzia un solodo impianto formale nella densità coloristica della classicità. Allo stesso modo, “L’idolo ermafrodito” del 1917 recupera il tema della figura umana nonostante l’apparenza di manichino. Nella “Natura morta metafisica”, 1919, e nell’ “Amante dell’ingegnere”, 1921, l’artista costruisce lo spazio con forme semplici e pure mettendo in evidenza la composizione geometrica nella quale l’ombra ha lo stesso valore degli oggetti.
L’arte di Carrà riesce a cogliere attraverso le tracce delle “cose ordinarie” l’affermazione delle voci della vita. Il nucleo centrale della mostra, per lo più corredato da splendidi paesaggi, quali “Paesaggio toscano” del 1956, “Cinquale” degli anni ’40, oppure da suggestivi affetti come “Madre e figlio” del 1934 e “L’attesa” del ’26, attesta quei valori del segno tradizionale che hanno resistito all’agitata esperienza futurista culminata tragicamente nel secondo conflitto mondiale.
Opere intessute dal battito pulsante della vita nel rifugio di sentimenti incantati espressi in poetici quadri familiari che il devastante segno informale d’oltre oceano non è riuscito a prevaricare.
12
marzo 2004
Carlo Carrà, una via italiana ed europea
Dal 12 marzo al 30 maggio 2004
arte contemporanea
Location
MUSEO NAZIONALE ETRUSCO – ROCCA ALBORNOZ
Viterbo, Piazza Della Rocca, 21, (Viterbo)
Viterbo, Piazza Della Rocca, 21, (Viterbo)
Orario di apertura
continuato 9:30-18:30
Vernissage
12 Marzo 2004, ore 18:00
Autore