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Carlo Cecchi – Francesco
Carlo Cecchi ha riflettuto su un tema difficile, la Resistenza, ed espone il lavoro che è nato da questa riflessione, carico di umanità ma anche di un’insolita leggerezza
Comunicato stampa
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Carlo Cecchi ha riflettuto su un tema difficile, la Resistenza, ed espone il lavoro che è nato da questa riflessione, carico di umanità ma anche di un’insolita leggerezza. La mostra-evento bolognese presenta un grande olio su tela ed un’installazione di 80 disegni a carboncino. In questa occasione verrà presentato il libro, “Francesco”, pubblicato dalla casa editrice Affinità Elettive di Ancona.
Carlo si avvicina al tema della resistenza in punta di piedi, con disinvoltura. Lo spunto è una storia fortemente intima e privata, quasi a voler contraddire e mutar di segno il carattere opposto – per eccellenza appartenente al collettivo ed al sociale - della resistenza. Sono infatti vicende raccontategli dal padre e vissute da suo zio, Francesco, bello come un abitante d’altro pianeta, biondo e con gli occhi azzurro mare, martire giovanissimo della lotta partigiana.
Una narrazione che procede per l’occasione ad un ritmo sicuro e avvincente, con andamento svelto. Le forme si susseguono con vertigine di soluzione, amplificano i fatti concreti desunti dalle descrizioni di cronaca locale per colorarsi di emozioni fortemente soggettive e domestiche. Tragicità del ricordo che colpisce e che al contempo assorbe tutto nel tono uniformante di nero carbone sfumato. Carlo lavora sulle immagini, dà voce alle mille esperienze individuali, ai tanti percorsi esistenziali anche a quelli più in ombra, sconosciuti ai più e vivi come ricordi sigillati nello spazio stretto, magari d’un cassetto di fotografie ingiallite quasi mai aperto, di un quotidiano familiare. Sono segni forti quelli prodotti, che non scadono nel didascalico e che non evadono la prossimità empatica con gli avvenimenti. Carlo accoglie su di sé i racconti più leggendari per farne, nel ricordo sentito, poesia. Egli accoglie tutto ciò che lo tocca nell’intimo, capace di sorprenderlo davvero, di provocargli pensieri e forme essenziali, immagini capaci di evadere dagli steccati alzati dalla cronistoria esatta.
Carlo Cecchi, di origine toscana, nasce a Jesi nel 1949, lavora abitualmente tra Jesi e Roma. Alle scuole medie è sempre bocciato in disegno, perciò all’epoca la sua passione principale è la musica. Suona la batteria, fonda diversi gruppi e contemporaneamente frequenta l’istituto d’Arte in cui si diploma nel 1969. In quella sede conosce lo storico dell’arte Vittorio Rubiu, Alberto Burri e lo scultore Mannucci, fondatore della scuola. In quello stesso anno si iscrive al corso di Pittura dell’Accademia di Belle Arti per diplomarsi nel 1973. Tra i suoi docenti ci sono tra gli altri: Concetto Pozzati, Pierpaolo Calzolari, Alberto Boatto, Benato Bruscaglia, Roberto Sanesi, Tommaso Trini. In quell’ambito comincia a crescere in lui la voglia di fare l’artista, quindi opera e realizza le prime esperienze espositive. Il suo lavoro si orienta verso il linguaggio “concettuale” e l’arte povera, sono gli anni ‘70, cerca però le giuste distanze da quelle tendenze per collocare in autonomia un proprio modo di esprimersi. Le sue frequentazioni sono comunque trasversali, ama la scrittura, è amico di poeti e letterati con cui talvolta realizza eventi. Viaggia spesso, frequenta gallerie e musei in cui tiene mostre e realizza istallazioni in sintonia con la complessità degli spazi espositivi, sceglie luoghi inconsueti nei quali far nascere il proprio lavoro. La sua pittura interagisce con la scrittura, alcuni suoi testi vengono presentati nei teatri letti dagli attori. Il suo lavoro che, a volte, sconfina anche nella scultura, è dotato di forte riconoscibilità, è presente in collezioni pubbliche e private ed è oggetto di testi di critici e storici dell’arte.
Carlo si avvicina al tema della resistenza in punta di piedi, con disinvoltura. Lo spunto è una storia fortemente intima e privata, quasi a voler contraddire e mutar di segno il carattere opposto – per eccellenza appartenente al collettivo ed al sociale - della resistenza. Sono infatti vicende raccontategli dal padre e vissute da suo zio, Francesco, bello come un abitante d’altro pianeta, biondo e con gli occhi azzurro mare, martire giovanissimo della lotta partigiana.
Una narrazione che procede per l’occasione ad un ritmo sicuro e avvincente, con andamento svelto. Le forme si susseguono con vertigine di soluzione, amplificano i fatti concreti desunti dalle descrizioni di cronaca locale per colorarsi di emozioni fortemente soggettive e domestiche. Tragicità del ricordo che colpisce e che al contempo assorbe tutto nel tono uniformante di nero carbone sfumato. Carlo lavora sulle immagini, dà voce alle mille esperienze individuali, ai tanti percorsi esistenziali anche a quelli più in ombra, sconosciuti ai più e vivi come ricordi sigillati nello spazio stretto, magari d’un cassetto di fotografie ingiallite quasi mai aperto, di un quotidiano familiare. Sono segni forti quelli prodotti, che non scadono nel didascalico e che non evadono la prossimità empatica con gli avvenimenti. Carlo accoglie su di sé i racconti più leggendari per farne, nel ricordo sentito, poesia. Egli accoglie tutto ciò che lo tocca nell’intimo, capace di sorprenderlo davvero, di provocargli pensieri e forme essenziali, immagini capaci di evadere dagli steccati alzati dalla cronistoria esatta.
Carlo Cecchi, di origine toscana, nasce a Jesi nel 1949, lavora abitualmente tra Jesi e Roma. Alle scuole medie è sempre bocciato in disegno, perciò all’epoca la sua passione principale è la musica. Suona la batteria, fonda diversi gruppi e contemporaneamente frequenta l’istituto d’Arte in cui si diploma nel 1969. In quella sede conosce lo storico dell’arte Vittorio Rubiu, Alberto Burri e lo scultore Mannucci, fondatore della scuola. In quello stesso anno si iscrive al corso di Pittura dell’Accademia di Belle Arti per diplomarsi nel 1973. Tra i suoi docenti ci sono tra gli altri: Concetto Pozzati, Pierpaolo Calzolari, Alberto Boatto, Benato Bruscaglia, Roberto Sanesi, Tommaso Trini. In quell’ambito comincia a crescere in lui la voglia di fare l’artista, quindi opera e realizza le prime esperienze espositive. Il suo lavoro si orienta verso il linguaggio “concettuale” e l’arte povera, sono gli anni ‘70, cerca però le giuste distanze da quelle tendenze per collocare in autonomia un proprio modo di esprimersi. Le sue frequentazioni sono comunque trasversali, ama la scrittura, è amico di poeti e letterati con cui talvolta realizza eventi. Viaggia spesso, frequenta gallerie e musei in cui tiene mostre e realizza istallazioni in sintonia con la complessità degli spazi espositivi, sceglie luoghi inconsueti nei quali far nascere il proprio lavoro. La sua pittura interagisce con la scrittura, alcuni suoi testi vengono presentati nei teatri letti dagli attori. Il suo lavoro che, a volte, sconfina anche nella scultura, è dotato di forte riconoscibilità, è presente in collezioni pubbliche e private ed è oggetto di testi di critici e storici dell’arte.
11
maggio 2006
Carlo Cecchi – Francesco
Dall'undici al 13 maggio 2006
arte contemporanea
Location
DESIA
Bologna, Via Dell'inferno, 1/4, (Bologna)
Bologna, Via Dell'inferno, 1/4, (Bologna)
Vernissage
11 Maggio 2006, ore 18
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