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Carlo Del Corso – Luci, segni e sogni
Il toscano trapiantato a Torino Carlo Del Corso è un indiscusso maestro nell’uso e nelle molteplici applicazioni di uno strumento tecnologico duttile e primario come la luce al neon
Comunicato stampa
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Il toscano trapiantato a Torino Carlo Del Corso è un indiscusso maestro nell’uso e nelle molteplici applicazioni di uno strumento tecnologico duttile e primario come la luce al neon.
Accanto ad una attività tra l’artigianale e l’imprenditoriale avente come referente principale l’arcipelago della pubblicità e della comunicazione Del Corso diviene, fin dalla seconda metà degli anni ’60, amico e sodale di vari protagonisti di quella stagione artistica : galleristi d’avanguardia come Franz Paludetto, Giorgio Persano e Tucci Russo e numerosi artisti tra i più significativi dell’epoca, tutti legati all’area del Concettuale, che con la luce al neon intrattenne un rapporto di proficua collaborazione, adoperandola come prezioso ausilio per le installazioni che caratterizzano quella fase. Tra gli artisti va citato in primo luogo Mario Merz, con cui Del Corso stabilisce un rapporto quasi simbiotico, concretizzando le idee di quello che è stato il principale esponente dell’Arte Povera e ponendo al suo servizio la capacità di materializzare con il neon le sue argute elaborazioni concettuali , rispetto alle frasi ed alle citazioni, cosi come per la celebre serie dei numeri di Fibonacci, elemento centrale nella poetica dell’artista recentemente scomparso.
Da un decennio circa Carlo Del Corso si è messo in proprio, dando corpo ad una febbrile attività artistica, sempre caratterizzata dall’ausilio imprescindibile del neon. Dopo una prima fase in cui l’attenzione si è rivolta verso la simbologia letteraria e l’archetipo, la magia e l’inconscio, come nella serie dedicata al tema de “I letterati e lo sciamano”, ispirata all’opera di uno studioso delle antiche mitologie religiose come Ellemire Zolla ed alla spiritualità trascendente degli Indiani d’America, che influenzò a sua volta la controcultura psichedelica degli anni ’60 e ’70, ed una forte e mai scemata attrazione per la religione e la scrittura dell’antico Egitto, in cui il collante assemblativo costituito dal neon stabilisce uno stimolante connubio tra pre e post modernità, senza dimenticare frequenti incursioni nell’ambito delle arti applicate e del design, attualmente Del Corso è approdato ad una definitiva maturazione compositiva. Le sue installazioni si sono liberate dal retaggio artigianale, seppure sempre d’alto livello, che inevitabilmente, stante la storia professionale dell’artista, caratterizzava i primi cicli. L’opera si configura adesso agile e pronta ad invadere lo spazio con il ritmo visivo e la magia evocativa impartita dal neon. L’iconografia è decisamente indirizzata verso un nucleo assortito di immagini e sagome nitide ed essenziali ispirate ad un vasto campionario zoomorfo, scelto per la sua forte carica simbolica ed allusiva della situazione contemporanea, tesa alla ricerca di un più equilibrato ritmo biologico, in cui la tecnologia possa essere davvero, nella sua immaterialità ed economia formale, strumento per innalzare la qualità della vita e non solo invasivo dispositivo mediale. In questo senso, per l’ennesima volta, la luce del neon è tramite linguistico prezioso per indicare la volontà di ricerca di un rapporto utile e fecondo tra artificio e natura. Nuova ed azzeccata tappa del percorso attuale dell’artista è questa personale, intitolata “Luci, segni e sogni”, allestita presso la galleria Omnia Tempora di Nino Dell’Aquila, collezionista ed innamorato dell’arte di ogni tempo e ogni luogo, che dovrebbe conoscere nei prossimi mesi più ampio sviluppo spaziale nell’ex cimitero di San Pietro in Vincoli. Il soggetto scelto da Del Corso per questa ennesima rappresentazione, i segni dello zodiaco, è quanto mai consono al suo stile dal punto di vista formale ma soprattutto concettuale, essendo evidente l’attenzione verso la dimensione dell’archetipo. Sin dalla remota antichità l’astrologia si è posta l’obiettivo di indagare sull’influsso degli astri, visti come simbologie con caratteristiche divine, nelle vicende degli uomini e, più in generale, sulle trasformazioni di ogni elemento della natura terrestre. Questa dottrina, all’oggi spesso vilipesa oltre misura dai seguaci di un razionalismo estremo confinante con la paranoia, ha avuto notevole dignità filosofica ad esempio nella concezione stoica della ciclicità del divenire e dell’eterno ritorno, riflessione estremamente aderente al percorso dell’arte e della cultura, non a caso fu nella stagione ellenistica che si inaugurò la pratica della citazione, mentre più avanti, con il tramite di Plotino, si affermò una interpretazione di impronta neoplatonica, meno deterministica, per la quale i moti degli astri sarebbero in sostanza segni o indizi significativi di eventi possibili. Questa ipotesi, tralasciando i successivi sviluppi post medievali, tra Rinascimento esoterico e Ottocento positivista, mi pare la più consona per una valutazione serena dell’astrologia nella dimensione contemporanea, sulla scia dei suggerimenti offerti dalla psicologia junghiana, secondo cui i segni dello zodiaco non sono interpretabili in chiave scientifica, ma vanno intesi come archetipi dell’inconscio collettivo. La “technè” di Carlo Del Corso e la magia della luce al neon sono tramiti ideali per intuire la profondità della dimensione astrologica.
Edoardo Di Mauro, novembre 2005.
Accanto ad una attività tra l’artigianale e l’imprenditoriale avente come referente principale l’arcipelago della pubblicità e della comunicazione Del Corso diviene, fin dalla seconda metà degli anni ’60, amico e sodale di vari protagonisti di quella stagione artistica : galleristi d’avanguardia come Franz Paludetto, Giorgio Persano e Tucci Russo e numerosi artisti tra i più significativi dell’epoca, tutti legati all’area del Concettuale, che con la luce al neon intrattenne un rapporto di proficua collaborazione, adoperandola come prezioso ausilio per le installazioni che caratterizzano quella fase. Tra gli artisti va citato in primo luogo Mario Merz, con cui Del Corso stabilisce un rapporto quasi simbiotico, concretizzando le idee di quello che è stato il principale esponente dell’Arte Povera e ponendo al suo servizio la capacità di materializzare con il neon le sue argute elaborazioni concettuali , rispetto alle frasi ed alle citazioni, cosi come per la celebre serie dei numeri di Fibonacci, elemento centrale nella poetica dell’artista recentemente scomparso.
Da un decennio circa Carlo Del Corso si è messo in proprio, dando corpo ad una febbrile attività artistica, sempre caratterizzata dall’ausilio imprescindibile del neon. Dopo una prima fase in cui l’attenzione si è rivolta verso la simbologia letteraria e l’archetipo, la magia e l’inconscio, come nella serie dedicata al tema de “I letterati e lo sciamano”, ispirata all’opera di uno studioso delle antiche mitologie religiose come Ellemire Zolla ed alla spiritualità trascendente degli Indiani d’America, che influenzò a sua volta la controcultura psichedelica degli anni ’60 e ’70, ed una forte e mai scemata attrazione per la religione e la scrittura dell’antico Egitto, in cui il collante assemblativo costituito dal neon stabilisce uno stimolante connubio tra pre e post modernità, senza dimenticare frequenti incursioni nell’ambito delle arti applicate e del design, attualmente Del Corso è approdato ad una definitiva maturazione compositiva. Le sue installazioni si sono liberate dal retaggio artigianale, seppure sempre d’alto livello, che inevitabilmente, stante la storia professionale dell’artista, caratterizzava i primi cicli. L’opera si configura adesso agile e pronta ad invadere lo spazio con il ritmo visivo e la magia evocativa impartita dal neon. L’iconografia è decisamente indirizzata verso un nucleo assortito di immagini e sagome nitide ed essenziali ispirate ad un vasto campionario zoomorfo, scelto per la sua forte carica simbolica ed allusiva della situazione contemporanea, tesa alla ricerca di un più equilibrato ritmo biologico, in cui la tecnologia possa essere davvero, nella sua immaterialità ed economia formale, strumento per innalzare la qualità della vita e non solo invasivo dispositivo mediale. In questo senso, per l’ennesima volta, la luce del neon è tramite linguistico prezioso per indicare la volontà di ricerca di un rapporto utile e fecondo tra artificio e natura. Nuova ed azzeccata tappa del percorso attuale dell’artista è questa personale, intitolata “Luci, segni e sogni”, allestita presso la galleria Omnia Tempora di Nino Dell’Aquila, collezionista ed innamorato dell’arte di ogni tempo e ogni luogo, che dovrebbe conoscere nei prossimi mesi più ampio sviluppo spaziale nell’ex cimitero di San Pietro in Vincoli. Il soggetto scelto da Del Corso per questa ennesima rappresentazione, i segni dello zodiaco, è quanto mai consono al suo stile dal punto di vista formale ma soprattutto concettuale, essendo evidente l’attenzione verso la dimensione dell’archetipo. Sin dalla remota antichità l’astrologia si è posta l’obiettivo di indagare sull’influsso degli astri, visti come simbologie con caratteristiche divine, nelle vicende degli uomini e, più in generale, sulle trasformazioni di ogni elemento della natura terrestre. Questa dottrina, all’oggi spesso vilipesa oltre misura dai seguaci di un razionalismo estremo confinante con la paranoia, ha avuto notevole dignità filosofica ad esempio nella concezione stoica della ciclicità del divenire e dell’eterno ritorno, riflessione estremamente aderente al percorso dell’arte e della cultura, non a caso fu nella stagione ellenistica che si inaugurò la pratica della citazione, mentre più avanti, con il tramite di Plotino, si affermò una interpretazione di impronta neoplatonica, meno deterministica, per la quale i moti degli astri sarebbero in sostanza segni o indizi significativi di eventi possibili. Questa ipotesi, tralasciando i successivi sviluppi post medievali, tra Rinascimento esoterico e Ottocento positivista, mi pare la più consona per una valutazione serena dell’astrologia nella dimensione contemporanea, sulla scia dei suggerimenti offerti dalla psicologia junghiana, secondo cui i segni dello zodiaco non sono interpretabili in chiave scientifica, ma vanno intesi come archetipi dell’inconscio collettivo. La “technè” di Carlo Del Corso e la magia della luce al neon sono tramiti ideali per intuire la profondità della dimensione astrologica.
Edoardo Di Mauro, novembre 2005.
07
dicembre 2005
Carlo Del Corso – Luci, segni e sogni
Dal 07 dicembre 2005 al 10 gennaio 2006
arte contemporanea
Location
GALLERIA OMNIA TEMPORA
Torino, Via Borgo Dora, 23d, (Torino)
Torino, Via Borgo Dora, 23d, (Torino)
Orario di apertura
tutti i giorni festivi compresi 9-13 e 16-20
Vernissage
7 Dicembre 2005, ore 18-21.30
Autore
Curatore